Un inquadramento del tema dei contratti a lungo termine non può trascurare la disciplina posta dal d.lgs. 9 ottobre 2002 n. 231238 sui ritardi di pagamento nelle
234 M. G
RANIERI, Il tempo e il contratto, cit., 278-279. L‟A. rileva come il contratto di somministrazione presenti molti caratteri di relazionalità. Il legislatore per questo tipo di contratti, quando le parti non hanno stabilito la durata, ha introdotto un obbligo di preavviso per il recesso da comunicare nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi, o in mancanza in un termine congruo avuto riguardo alla natura della somministrazione.
235
G.VETTORI, I contratti di distribuzione, cit., p. 486.
236 A. F
RIGNANI, Franchising. La nuova legge,2004, p. 82.
237 L‟espressione è dell‟allora presidente del Kentucky, Fried Chicken, richiamato da G.
COLANGELO, L‟abuso di dipendenza economica, cit., p. 56.
238
In Italia la direttiva comunitaria sui ritardi nei termini di pagamento è stata attuata con un decreto apposito, che va ad integrare la legislazione speciale post-codicistica di derivazione comunitaria. Non in tutti i Paesi, però, si è fatta la stessa scelta : questo è ciò che è avvenuto in Germania, dove l‟attuazione è avvenuta mediante ricorso alla novellazione del BGB, nel contesto della complessiva riforma del diritto delle obbligazioni entrata in vigore il 1° gennaio 2002. Faremo riferimento al modo in cui la direttiva è stata tradotta in quell‟ordinamento, come referente comparatistico rispetto a quello italiano. Per un approfondimento cfr.: A.C. CIACCHI, L‟attuazione della direttiva sui ritardi nei pagamenti. B) Germania, in Europa e dir. priv., 2004, p. 197 ss.
88 transazioni commerciali, che insieme alla normativa sul divieto di abuso di dipendenza economica completa il quadro della disciplina posta a tutela delle imprese. Entrambe le normative coprono l‟area dei contratti tra imprese e mirano a conciliare l‟esigenza di proteggere l‟imprenditore con quella di salvaguardare la trasparenza e il buon funzionamento del mercato. La direttiva 2000/35/ CE di cui il d.lgs. 231/02 costituisce attuazione, parla di «abuso della libertà contrattuale» a danno del creditore, volendo identificare in tale espressione un fenomeno analogo a quello che si realizza nell‟abuso di dipendenza economica.
L‟ambito di applicazione della normativa coinvolge senza dubbio i contratti a lungo termine di cui ci stiamo occupando. L‟art. 1, del D.lg. 231/2000, riprendendo la formula adoperata dalla direttiva, prevede che la disciplina si applichi ad «ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale»239. Tale nozione viene individuata dal successivo art. 2, comma 1. lett. a) come coincidente con tutti i contratti comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo240. Occorre precisare che il termine “merce” viene utilizzato in un‟accezione ampia, indicando ogni bene mobile, diverso dal denaro, compresi i contratti d‟appalto, d‟opera, con qualche riserva sul contratto di locazione e di leasing241
. Il termine servizio è idoneo a ricomprendere al suo interno qualsiasi prestazione di facere: vi rientrano senz‟altro i contratti di somministrazione, di mandato, di appalto242
.
239 Le disposizioni contenute nel decreto, invece, non trovano applicazione per: a) i debiti oggetto
di procedure concorsuali aperte a carico del debitore; b) le richieste di interessi inferiori a 5 euro; c) i pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi quelli effettuati a tale titolo da un assicuratore.
Restano senz‟altro esclusi i contratti con i consumatori, i contratti di lavoro subordinato, i contratti di credito, i contratti di appalto d‟opera (mentre sono ammessi i contratti di appalto di servizi), e in generale, le transazioni non commerciali
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Nessun dubbio può sorgere sull‟ampiezza della portata applicativa,visto che anche la direttiva definisce le transazioni commerciali come “contratti aventi ad oggetto la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo”.
241
Anche questi tipi di contratti attribuiscono, infatti, il diritto di ricevere in consegna il bene cui si riferiscono, ma sembra si possa affermare che il legislatore italiano abbia utilizzato il termine “consegna” in modo improprio, comportando, il trasferimento, non soltanto la mera trasmissione del possesso, ma anche della disponibilità materiale e giuridica di una cosa mobile, dunque,della proprietà. Così G. DE CRISTOFORO, Obbligazioni pecuniarie e contratti d‟impresa: i nuovi strumenti di “lotta” contro i ritardi nel pagamento di corrispettivi di beni e servizi, in Studium iuris, 2003, p. 4.
242 Più discussa l‟inclusione dei contratti relativi alle prestazioni di servizi di investimento, bancari
e assicurativi, visto che con riguardo a quest‟ultimi l‟art. 1 comma 2 lett. c) del D.lg. n. 231, esclude espressamente che le nuove disposizioni trovino applicazione alle obbligazioni aventi ad oggetto
89 Dal punto di vista soggettivo la disciplina si applica ai contratti stipulati tra imprenditori o tra un imprenditore e una Pubblica Amministrazione. Il termine imprenditore deve essere ritenuto comprensivo degli imprenditori individuali e liberi professionisti, che abbiano stipulato il contratto per scopi riconducibili all‟attività professionale o imprenditoriale eventualmente svolta. Quanto agli enti collettivi, merita sottolineare che nella nozione di “imprenditore” si prestano ad essere ricompresi, oltre alle società commerciali, anche gli enti non profit che svolgono un‟attività imprenditoriale, in relazione a tutti i rapporti contrattuali che instaurano nell‟esercizio di detta attività243
.
Il cuore della disciplina e la norma che più interessa ai nostri fini è l‟art. 7 del decreto. La disposizione consente al giudice di dichiarare la nullità dell‟accordo «sulla data del pagamento o sulle conseguenze del ritardato pagamento», qualora risulti «gravemente iniquo» nei confronti del creditore, avuto riguardo ad una serie di circostanze di fatto, quali la corretta prassi commerciale, la natura della merce o dei servizi oggetto del contratto, la condizioni dei contraenti e i rapporti commerciali tra i medesimi, nonché ogni altra circostanza244.
l‟indennizzo che l‟assicuratore è tenuto a versare all‟assicurato ( o al terzo a favore del quale è stato stipulato il contratto di assicurazione).
243 La portata innovativa della norma va, però, ridimensionata se si considera che gli Stati membri
non sono obbligati a considerare le professioni liberali come imprese per scopi che non siano strettamente connessi a quelli della direttiva. Il motivo per cui il legislatore ha inserito nel nostro ordinamento il termine “imprenditore” è da ricercare nell‟iter di approvazione del testo italiano, nel cui schema iniziale compariva la parola “professionista”, successivamente sostituita con il termine “imprenditore”, più vicino allo spirito e al registro linguistico utilizzato nella direttiva.
244 Pochi i provvedimenti giudiziari anche in materia di ritardo nei termini di pagamento. Di
seguito si indicano alcune pronunce: T.A.R. Roma Lazio sez. III 22 dicembre 2008 n. 12229 (in De Jure, Giuffrè): “Sussiste la grave iniquità di cui all'art. 7 d.lg. n. 231 del 2002 delle clausole di contratto inserite dalle strutture sanitarie negli atti di gara per pubbliche forniture per la mancanza di qualsiasi giustificazione che renda costantemente e reiteratamente possibili termini di pagamento, decorrenza degli interessi moratori e saggio degli interessi diversi da quelli stabiliti negli arti 4 e 5 d.lg. n. 231 del 2002”.
T.A.R. Brescia Lombardia 26 ottobre 2006 n. 1349 (in De Jure, Giuffrè): “In materia di appalti pubblici, la rinuncia integrale agli interessi di mora costituisce clausola non solo vessatoria ai sensi dell'art. 1341 comma 2 c.c., ma anche gravemente iniqua, perché vanifica senza giustificazioni oggettive gli strumenti dissuasivi adottati a livello comunitario contro i ritardi nei pagamenti ed espone le imprese a rilevanti oneri finanziari e organizzativi ed al rischio di insolvenza; di conseguenza detta clausola deve considerarsi nulla (ai sensi dell'art. 7 comma 3, d.lg. n. 231 del 2002, di recepimento della direttiva 29 giugno 2000 n. 2000/35/Ce) ed irrilevante ai fini della partecipazione alla gara”.
Consiglio Stato sez. V 12 aprile 2005 n. 1638 (in De Jure, Giuffrè): “È illegittima, per contrarietà agli art. 4 e 7 d.lg. n. 231 del 2002, la clausola, inserita in una lettera d'invito a presentare la migliore offerta per la fornitura di prodotti medicinali, con cui un ente pubblico impone, a pena di esclusione, l'aumento dei termini per il pagamento sino a novanta giorni (rispetto ai trenta
90 Dichiarata anche d‟ufficio la nullità dell‟accordo derogatorio245
, il giudice è chiamato a ricostruire il regolamento contrattuale o applicando i termini legali o riconducendo ad equità il contratto. L‟art. 7 attribuisce al giudice un potere in più rispetto all‟art. 9 della legge sulla subornitura. A fronte della nullità non si dischiude una lacuna, che lasci spazio all‟applicazione dello ius positivum, bensì una sostituzione della clausola ed una conseguente integrazione del contenuto del contratto con altra, mutuata dalla disciplina legale dispositiva ovvero dalla riconduzione del contratto ad equità da parte del giudice246.
Ricondurre ad equità significa che il giudice è chiamato a realizzare l‟ «equo contemperamento degli interessi delle parti»247, che in questo contesto significa «corretta prassi commerciale». La disposizione ricorda la norma sulla riconduzione ad equità della penale, ma anche le disposizioni dell‟art. 1450 c.c. e dell‟art. 1467, 3° comma c.c., che consentono di evitare la rescissione e la risoluzione per eccessiva onerosità, offrendo di ricondurre il contratto ad equità248.
Il testo dell‟art. 7 del decreto non stabilisce una precisa gerarchia tra le alternative concesse al giudice di riequilibrare il contratto o di applicare i termini legali. Ove il complesso delle circostanze considerate suggerisca la fissazione di termini diversi da quelli legali, il giudice deve servirsi dei medesimi criteri indicati dalla norma, per stabilire egli stesso il diverso termine di pagamento o saggio degli interessi moratori.
giorni fissati dal decreto), in quanto introduce un indebito vantaggio per l‟amministrazione predisponente”.
245 Si deve precisare che il giudice può essere chiamato a sindacare la validità della sola clausola
che fissa un termine più lungo o un tasso d‟interesse più basso rispetto a quelli legali. Estranei al giudizio sono, invece, tutti gli altri accordi o clausole che regolano diversi aspetti del pagamento e che non rientrano nella sfera di applicazione dei termini legali.
246 Occorre considerare che nell‟art. 7 si prescinde totalmente dallo stato di bisogno di una parte
del qual l‟altra ha approfittato per trarne vantaggio e si trascura anche la dimensione della lesione di cui al comma 2° dell‟art. 1448. Sono presenti, tuttavia, elementi propri dei rapporti contrattuali rescindibili: il venire contro la corretta prassi commerciale; la riconduzione ad equità del contenuto dell‟accordo; l‟elemento soggettivo dell‟approfittamento ricorrente nell‟ipotesi di cui al comma 2° dell‟art. 7.Cfr: E. RUSSO, La nuova disciplina dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in Contr. e impr., 2003, p. 492.
247
Di “equo contemperamento degli interessi delle parti” si legge all‟art. 1371 c.c., a proposito delle regole finali di interpretazione del contratto.
248 Precisamente: «offrendo una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità» -
art. 1450 c.c.- o «offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto» - art. 1467, 3° c.c. Da tempo in giurisprudenza si ammette che, nella disciplina della risoluzione o della rescissione per eccessiva onerosità, l‟offerta di riconduzione ad equità possa avere un contenuto indeterminato e che sia il giudice a poterne stabilire la misura, avendo riguardo all‟equilibrio fra le prestazioni dei contraenti.
91 Si è opportunamente osservato che «una volta che si passi dal momento destruens del rilievo della manifesta iniquità a quello costruens della rideterminazione equa del rapporto, il compito del giudice divenga arduo, quante volte sul mercato manchino ragionevoli alternative per il contraente che resterà, dopo l‟esecuzione della propria prestazione, creditore del corrispettivo»249.
È interessante segnalare come il legislatore tedesco abbia omesso completamente di attuare l‟art. 3, co. 3 della direttiva, indicante, appunto tutte le circostanze da considerare per decidere quando una pattuizione possa definirsi gravemente iniqua.