5. L’abuso di dipendenza economica “
5.1. La fattispecie di abuso dell‟interruzione arbitraria delle relazioni in atto “
Il comportamento di abuso non è descritto, ma solo esemplificato attraverso il ricorso ad un elenco di ipotesi, dal rifiuto di vendere o di comprare, all‟imposizione
123 F.C
AFAGGI, Il contratto di rete, cit., p. 145.
124 Così secondo l‟interpretazione che riteniamo di accogliere, condivisa da gran parte della
dottrina tra cui v.: G. VETTORI, Autonomia privata e contratto giusto, in Rv. dir. priv., 2000, I, 44; S. BENUCCI, La dipendenza economica nei contratti tra imprese, cit., 221; M.R. MAUGERI, Abuso di dipendenza economica e autonomia privata, cit., 139; F. BORTOLOTTI, I contratti di subfornitura. La nuova legge sui contratti di subfornitura nei rapporti interni e internazionali, cit., 145; FABBIO, Interruzione delle relazioni commerciali in atto e abuso di dipendenza economica, in Riv. dir. comm., 2002, 331; L. DELLI PRISCOLI, L‟abuso di dipendenza economica nella nuova legge sulla subfornitura, cit., p. 833; C. OSTI, L‟abuso di dipendenza economica, cit., p. 47; V. PINTO, L‟abuso di dipendenza economica “fuori dal contratto” tra diritto civile e diritto antitrust, cit., p. 405; M.S: SPOLIDORO, Riflessioni critiche sul rapporto fra abuso di posizione dominante e abuso dell‟altrui dipendenza economica, cit., 191.
Un altro orientamento ritiene che la sola condizione di rilevanza della disposizione sia l‟assenza di alternative soddisfacenti sul mercato (v. CERIDONO, Legge 18 giugno 1998, n. 192. Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., p. 436).
Altri segnalano la difficoltà di individuare parametri diversi dal requisito dell‟assenza di alternative soddisfacenti, anche se il legislatore riconosce tale possibilità (Cfr. V. PINTO, L‟abuso di
dipendenza economica “fuori dal contratto” tra diritto civile e diritto antitrust, cit., p. 405).
Un altro filone interpretativo ritiene che un‟interpretazione letterale della norma porterebbe ad escludere che l‟esistenza di idonee alternative debba essere considerata requisito essenziale della dipendenza economica, con la logica conseguenza di concedere tutela anche se l‟imprenditore, al quale siano state imposte condizioni contrattuali eccessivamente gravose, avesse potuto reperire altrove alternative di mercato soddisfacenti (Cfr. D.MAFFEIS, Abuso di dipendenza economica, in G. DE NOVA (a cura di), La subfornitura, Milano, 1998, p. 80; A. RENDA, Esito di contrattazione economica e abuso di dipendenza economica: un orizzonte più sereno o la consueta “pie in the sky?”, in Riv. dir. imp., 2000, p. 300, secondo il quale «riguardo alla problematica delle alternative disponibili sul mercato…l‟impressione di fondo è comunque che si tratti di un refuso mal digerito appartenente ai disegni di legge precedenti, nei quali emergeva l‟intenzione di portare il disposto dell‟articolo 9 a integrazione e modifica del contenuto dell‟articolo 3 della L. n. 287 del 1990»). Del tutto eventuale sembrerebbe, in quest‟ottica, il riferimento alla situazione del mercato, la cui mancata menzione creerebbe un ulteriore elemento di discontinuità rispetto alle normative vigenti in altri Stati europei.
Secondo un‟altra impostazione la congiunzione “ancora” indica che il criterio dell‟assenza di alternative soddisfacenti non è l‟unico requisito su cui fondare la dipendenza economica (cfr. A. BARBA, L‟abuso di dipendenza economica: profili generali, cit., p. 329).
44 di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, all‟interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto. Queste dovrebbero essere le manifestazioni più gravi e diffuse dell‟abuso, ma non le uniche. L‟uso della congiunzione “anche” fa pensare che l‟elencazione non sia esaustiva125: l‟interprete è
abilitato a trovarne altre,126giacché sarà il mercato a stabilire cosa è abusivo e cosa non. L‟art. 9 individua, dunque, una clausola generale in grado di comprendere al suo interno un‟eterogenea gamma di possibili estrinsecazioni dell‟abuso, relative tanto alla fase della determinazione del contenuto del contratto quanto alla condotta esecutiva dello stesso. Il loro comune denominatore è individuato dalla dipendenza di un‟impresa la quale genera, per relationem, una condizione di potere suscettibile di essere abusata. Nell‟interpretare la norma occorre fare riferimento ai parametri elaborati in relazione a quella disciplina, cosicché il comportamento tenuto dall‟impresa in posizione di dominanza dovrà essere considerato abusivo se differente da quello praticato su mercati geograficamente diversi avente uguale struttura, ma su cui operi la concorrenza, anche imperfetta. Invece non avrà alcuna rilevanza né l‟eventuale inefficienza dell‟impresa forte, né servirà un‟enorme sproporzione perché l‟abuso possa dirsi integrato.
Tra le forme di abuso, l‟arbitraria interruzione delle relazioni commerciali costituisce l‟ipotesi più frequente nel settore dei rapporti di lunga durata di cui ci stiamo occupando .
Si tratta di un‟ipotesi di interruzione reale del rapporto speculare a quella dell‟imposizione di condizioni inique caratterizzata dalla minaccia di interrompere brutalmente il rapporto. Che le due ipotesi siano strettamente connesse è confermato, del resto, dalle pronunce giurisprudenziali, che hanno messo in luce come, nelle concrete dinamiche interimprenditoriali, l‟interruzione delle relazioni commerciali si realizzi proprio tramite il refusal to deal127128
Il valore normativo della previsione si risolve nell‟esclusione della pura facoltà di recedere nei rapporti tra imprese, laddove una delle parti versi in uno stato di dipendenza economica.
125 R. N
ATOLI, L‟abuso di dipendenza economica, cit., p. 126.
126
V. ROPPO, Il contratto, Milano, 2001, p. 927.
127 V. ad esempio, Trib. Bari 6 maggio 2002 e 2 luglio 2002, in cui l‟interruzione delle relazioni si
è consumata attraverso la mancata fornitura di capi d‟abbigliamento.
128 R. N
45 Come ipotesi di abuso, l‟interruzione dei rapporti rileva in quanto arbitraria: da qui la necessità di identificare questo termine. L‟ambito applicativo della regola sarà circoscritto alle ipotesi in cui la parte dipendente abbia effettuato investimenti idiosincratici, ovvero che a causa della specificità tecnica della destinazione, importano costi di riconversione molto elevati. Tale ipotesi è particolarmente rilevante nei rapporti di subfornitura industriale e nel franchising. Nella maggior parte dei casi, soprattutto in presenza di rapporti di durata senza previsione di un termine finale, la valutazione in merito all‟abusività del recesso sarà assorbita da un giudizio di congruità del termine di preavviso adottato. Rispetto a questo giudizio può considerarsi abusivo il recesso intimato prima di un decorso temporale idoneo a permettere alla controparte di recuperare l‟esposizione finanziaria, cui è stata indotta dalla prospettiva della durata nel tempo del rapporto e che lo scioglimento dello stesso rende irrecuperabile, sempre che non ricorra una giusta causa. Nei casi in cui rilevino motivazioni legate all‟esistenza di fattori determinanti o di una giusta causa, sembra attuale l‟insegnamento che collega il recesso con l‟inesigibilità e in particolare l‟affermazione secondo cui «si ha abuso quando non ricorrono ragioni che rendono oggettivamente insostenibile la continuazione del rapporto», insistendo sulla necessità «di valutare il carattere giusto, o non, del motivo di scioglimento, e di valutarlo attraverso un‟indagine legata all‟organizzazione, alla struttura e alla conservazione del particolare rapporto che si vuole, con dichiarazione unilaterale, risolvere»129.
Volendo esemplificare le ipotesi che si possono verificare si possono indicare i casi in cui il contratto ha un termine finale e l‟interruzione avviene prima della scadenza; il contratto è a tempo indeterminato; il contratto è già scaduto130.
Nel primo caso ogni recesso non giustificato rileva alla stregua di un comune inadempimento, la cui disciplina è dettata dalle norme sulla responsabilità contrattuale. Può assumere una notevole rilievo l‟esperienza giurisprudenziale
129
P. RESCIGNO, L‟abuso del diritto, Bologna, 1998, p. 123.
130
Cfr. amplius: R. NATOLI, L‟abuso di dipendenza economica, cit., p. 141. Proprio in materia di interruzione delle relazioni commerciali in atto, il Tribunale di Torre Annunziata 30 marzo 2007 (vedila in De Jure, Giuffrè) ha deciso che “In caso di condizione di dipendenza economica, l'impresa dominante può rifiutarsi di contrarre o di interrompere le relazioni commerciali purché tale azione corrisponda ad un apprezzabile interesse economico dell'impresa dominante (mutamento delle strategie di espansione commerciale, variazione di prodotto, necessità di adeguamento dei livelli qualitativi dei prodotti) e non sia arbitrario o finalizzato a danneggiare commercialmente l'impresa in condizioni di dipendenza economica)”.
46 maturata negli ultimi anni con riguardo al recesso ad nutum dai contratti di apertura in conto corrente, al fine di far dichiarare l‟inefficacia dell‟atto di esercizio del recesso.
La seconda ipotesi offre l‟ambito di applicazione più vasto per il tipo di abuso in esame, soprattutto quando il contratto è riconducibile al franchising131.
L‟ultimo caso è quello in cui ad essere lanciati su un mercato ancora inesplorato sono i franchisees, mentre i franchisors sono protetti dal rischiare in proprio132.
L‟interruzione del rapporto può costituire un mezzo utilizzato dagli affilianti per finanziare una nuova attività senza sopportarne il rischio. Gli estremi dell‟abuso di dipendenza economica verranno integrati soltanto se il franchisee dimostri che il recesso è stato dettato dall‟unica ragione economica di trovare nuovi partners in grado di apportare liquidità alle casse del franchisor133.
Nel caso, invece, in cui il contratto sia a tempo determinato, scaduto e non rinnovato, posto che non può ravvisarsi in capo ad una parte un diritto ad un automatico rinnovo del contratto, non sembra sufficiente riferirsi al solo grado di specificità degli investimenti, per legittimare una continuazione del rapporto In particolare, sarà legittimo constatare se esso sia supportato da una valida
131
R.NATOLI, L‟abuso di dipendenza economica, cit., p. 142 ss. osserva che rilevano le ipotesi in cui i franchisees sono obbligati ad acquistare beni prodotti da società controllate dal franchisor, cosicché l‟affiliato viene utilizzato per perseguire una politica di gruppo, che va oltre il legittimo interesse a tutelare l‟immagine della rete distributiva. La fine del rapporto può costituire un modo per punire il franchisee che non abbia perseguito tale politica, perché non gli avrebbe portato un tornaconto economico. Avrà particolare rilievo l‟indagine sulle ragioni che spingono l‟affiliante ad indicare agli affiliati i fornitori presso cui reperire i prodotti, l‟analisi del prezzo pagato agli stessi e la verifica sul se questi ultimi siano soggetti economici controllati dai franchisors. Solo se verrà accertato che l‟indicazione dei fornitori è stata strumentale rispetto all‟interesse economico non cooperativo del franchisor, si potrà ritenere arbitraria l‟interruzione del rapporto ai sensi dell‟art. 9 della legge sulla subfornitura.
132 v. R.N
ATOLI, L‟abuso di dipendenza economica, cit., p. 142 ss.
133
In entrambe le ipotesi lo strumento del franchising non viene utilizzato in senso cooperativo, bensì allo scopo di finanziare gli affilianti tramite lo sfruttamento della dipendenza economica degli affiliati: in tal modo l‟istituto in esame viene ad essere un mezzo di condivisione della ratio che, secondo la migliore dottrina, informa la recente disciplina dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Significative le considerazioni di L. MENGONI, La direttiva 2000/35/CE in tema di mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie, in Europa e dir. priv., 2001, p. 80, secondo cui quando il debitore del prezzo è la parte forte del contratto, può accadere che questi “allo scopo di autofinanziarsi gratuitamente o a basso tasso d‟interesse, abusi dello stato di dipendenza economica della controparte per imporle termini eccessivi di pagamento o la tolleranza di ritardi prolungati”.
47 motivazione, alla luce degli investimenti fatti dalla controparte e dell‟aspettativa alla prosecuzione del rapporto così suscitata134.
L‟interruzione arbitraria delle relazioni commerciali, pur non essendovi menzionata, si reputa contemplata anche nell‟art 3 della L. n. 287/90, visto che è in grado di realizzare «una delle forme più pericolose di abuso, giacché un rifiuto di contrarre può rappresentare uno strumento di rarefazione dell‟offerta, in quanto realizzi una limitazione o impedimento della produzione (art. 3 cit., 1° comma, lett. b) o addirittura costituire una forma estrema di discriminazione (lett. c), in quanto non arbitrariamente opposto dall‟imprenditore alla generalità dei probabili contraenti»135.