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19622, pp. 52 fig. 2-3, 56), inoltre la mappa del 1763 con-
servata dal Consorzio Canale Brentella di Montebelluna edita da Giuseppe Mazzotti (Ville della provincia di Treviso 1954, p. 501; Puppi 19622, p. 52 fig. 1, 56),
La valorizzazione comparativa di tali testimonianze è me- rito di Lionello Puppi (19622, pp. 52-64) che tiene conto,
ad un tempo, delle altre fonti documentarie e letterarie disponibili. Ne consegue la datazione distinta dei due di- segni nella prima metà del Settecento il più antico (inv. 894) e alla metà dello stesso secolo per quello (inv. 893) che si giudica una sua derivazione.
Il disegno inv. 894 presenta nel verso lo schizzo «grossola- no» di quanto è elaborato nel recto (Puppi 19622, pp. 54
figg. 7, 8, 57, con riguardo al foglio recto; pp. 53, 56 fig. 5, 57, con riguardo al foglio verso) dove gli edifici sono rappre- sentati «secondo una prospettiva rudimentale e in termini puerili». In calce alla rappresentazione del barco del foglio
recto una nota riassume le vicende di Caterina Cornaro. A
scrivere è «forse un contadino, certo un uomo sprovvedu- to di lettere e di cultura» che copia forse un sommario di storia o riassume notizie da varie fonti. Della stessa mano sono le didascalie dei vari elementi architettonici deline- ati la cui formulazione è associabile a quella propria delle mappe catastali. Per ricostruire l’assetto degli edifici si doveva attingere, infatti, alle mappe sul tipo di quella so- stanzialmente coeva al primo disegno conservata presso il Consorzio Canale Brentella e di quella relativa alla villa di Altivole di Girolamo Tomasoni del 1716 conservata al Mu- seo asolano. Tuttavia, Puppi (19622, p. 57) non esclude che
«l’autore del disegno abbia avuto in qualche modo - per diretta esperienza personale, o attraverso una mediazione grafica - conoscenza dell’edificio» prima dei danneggia- menti. A motivo del ragionamento dello studioso si anno- vera nella scheda relativa ai disegni del barco inv. 894 e inv. Sotto la torre principale d’ingresso si legge: «Porta della
torre ove vi erano due belissime campane».
Sotto il pozzo centrale: il grande pozzo ove ella si saciò. Presso il pozzo, nell’angolo destro del complesso residen- ziale: «cisterna di acqua di Aru».
Presso la grande cisterna fuori del recinto residenziale: «didietro vi è una grande fortezza con acqua che viene dal Aru di Crispignaga per li canoni soteranji».
Sul foglio verso si legge: «sono Valerio» e altre annotazioni di spese minute.
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Il barco di Caterina Cornaro
Penna e inchiostro bruno e seppia su carta, 635 x 453 mm | Inv. 893
Iscrizioni: «Torre che conteneva due bellissime Campane”; “Cisterna di Acqua di Aru»;
«Quartiere della Fantaria»; «Palazzo di Ufficiatura»; «Loggia con entro una Fontana»; «Porta»; «Chiesa»; «Quartiere della Cavalleria»; «Grande Peschiera di dietro al Palazzo»; «Palazzo della Regina circondato da Muro»; «Grande Pozzo ove la Regina Cornera faceva gettare i suoi Drudi».
I disegni del barco Cornaro di Altivole (inv. 893, inv. 894) furono individuati nei depositi del museo asolano negli anni cinquanta del secolo scorso dal direttore Enea de Marchi e da Giuseppe Mazzotti. Il disegno inv. 894 fu esposto nel 1960 (Mazzotti 1960, p. 133). Tale documen- tazione andava a completare altre testimonianze nel frat- tempo emerse su tale monumento: innanzitutto le Map- pe catastali conservate in volume presso il Museo Civico asolano rintracciate anch’esse da Enea de Marchi (Puppi
ria, mentre il complesso edilizio del barco è rappresenta- to come una costruzione quadrangolare che racchiude un grande cortile, fiancheggiato a sua volta da una cortina muraria dotata di torri (Marson 2000, pp. 38-52).
Queste non servivano soltanto da colombare, ma avevano soprattutto funzione difensiva (Kubelik 1973, p. 404). La presenza «sconcertante» (Puppi, in Giorgione 2009, p. 388 catt. 3a, 3b) riguarda il palazzo, poiché le testimo- nianze cartografiche antiche, in particolare la mappa del territorio trevigiano del 1556 (Venezia, Archivio di Stato,
Savi Esecutori alle Acque, Diversi, Disegno 5) mette in evi-
denza «soltanto il gran recinto murario racchiudente un articolato discorrere di «acque et seriole» e il cui lato lun- go di destra doveva esser accampato dalla chiesetta, dalla loggia e dagli edifici che a tutt’oggi sussistono: così, in- somma, esaurendo gli spazi architettonici allestiti sino al momento della donazione del 1500» (Kubelik 1973; Verga- ni 2006, fig. 2). L’esistenza del grande edificio residenziale sarebbe confermata in ogni caso dalla descrizione di «uno palazio cum uno zardino et uno barcho che saria onorevole a uno re di Franza» dovuta a Giovanni Gonzaga nella lette- ra a Isabella d’Este dell’agosto 1509 (Mantova, Archivio di Stato, Archivio Gonzaga, busta 1443; Puppi 1994, p. 233). Caterina Cornaro, insediatasi ad Asolo l’11 ottobre 1489, decise poco tempo dopo di far costruire nelle terre di sua proprietà un palazzo estivo, il “barco”, difatti circonda- to da un grande parco e protetto da un’alta muraglia. Il primo marzo 1491 fu aperto il cantiere per realizzare il progetto affidato a Francesco Grazioli sotto la direzione del capomastro asolano Pietro Lugato, come riporta Col- bertaldo (2012 [sec. XVI, ms.], p. 170) e confermano gli studiosi recenti (Puppi 19622, p. 62; Kolb Lewis 1977, p.
161; Brusatin 1988, pp. 31-32; Puppi 1994, p. 233). Il barco fu luogo di caccia e di soggiorni estivi secondo 893 la mappa della Villa d’Altivole di Girolamo Tomasoni
con la rappresentazione del Barco di Ca’ Corner (A.M.A., busta 90, Mappe del quarto quartiere, Foglio I, mappale n. 1, 1716). Nell’estimo viene descritto come: «N.H. Nicolò Corner procurator campi 40 tavole 125 terra parte prativa e parte arativa con case dominicale dette il Barco confina a mattina e monte altri beni di sua ragione e mezodì e sera strada commune» (A.M.A., busta 94, Stime del quarto quar-
tiere, Foglio I di Altivole, mappale n. 1, 1721-1722).
Si aggiunge altresì la Mappa della Villa di Coste dei fratelli Pie- tro e Gaetano Antonio Tessari e di Giovanni Rizzi del 1716 (A.M.A., busta 90, Mappe del quarto quartiere, Foglio II di Co- ste, mappale n. 16, 1716), anch’essa menzionata da Puppi. Nella stima si trova il riferimento al barco: «Il suddetto (Nicolò) N.H. Corner Procurator Campi sessantaquatro e mezzo A(rativa) P(rativa) V(itada) e parte P(rativa) P(iantada) V(itada) in detto locco con un palazo domeni- cale e case da coloni, tore et altro delli quali C(ampi) 64-2 (64 e mezo) fu detto esserne parte soto le Altivole ma non sapendo li confini si pone tutti sotto la detta Villa salvo però le loro ragioni; a mattina Ca’ Nani, mezodì la strada, sera terre sotto le Altivole, monte Ca’ Ravagnin et altri. Non si stima per il privilegio de Palazzo e sue adiacenze e torione. Case da coloni. La stima è lire mille duecento e novanta Tien Iseppo Pasqualon» (A.M.A., busta 94, Stime del quarto quartiere, 1721-1722).
Quanto al secondo disegno (inv. 893), di contenuto affatto simile, Puppi (19622, pp. 57 fig. 12, 58) ipotizza che l’auto-
re possa aver attinto alle stesse fonti utilizzate per quello di poco più antico (inv. 894), per concludere tuttavia che si tratta di una copia nella quale un disegnatore più fine tradisce nelle differenze l’intento «di abbellire in qualche modo i dati offerti dal primo».
Nei disegni in esame si apprezza la triplice cinta mura-
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quanto si apprende dalle testimonianze storiografiche, luogo di ricevimenti (Piovesan 20003, pp. 25-33; Eadem
20002, pp. 34-37). Lo si attesta, ad esempio, nella missiva
di Pietro Bembo al fratello Carlo del 6 ottobre 1502 (Bem- bo 1987, I, p. 131, lettera 137). Secondo Colbertaldo (2012 [sec. XVI, ms.], p. 158) Caterina Cornaro fu da Bembo «suo Domestico et famigliare, anzi con qualche parentado con-
gionto, forzata a chiamarlo “barco”, nome così greco che nella lingua nostra rissuona “paradiso” e nella latina “le- porario” o leporano».
Nel 1500 venne donato dalla regina al fratello Giorgio (cat. 108, inv. 542). confermato poi suo erede universale nel testamento redatto a Venezia nel 1508 ed è l’occasione per descriverlo (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana,
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Testamento di Caterina Cornaro (copia), Cod. It. VII, 480 (7785); Fietta 1881, pp. 80-81). Fu danneggiato da- gli incendi e dai saccheggi che si susseguirono tra il 1509 e il 1510 durante la guerra della Lega di Cambrai (Sanu- to 1882, VIII, coll. 449, 513, 514; Idem 18831, IX, col. 7;
Idem 18832, X, col. 576; Puppi 19622, p. 54), non al punto
da distruggere gli ambienti sul lato destro del complesso
(chiesa, Porta, Loggia, nucleo denominato Pavoni, Salone, Scala, Officiatura, Fanteria) oggi superstiti con i segni di quell’evento e con il loro apparato decorativo ad affresco (Mazzotti 1966, pp. 79-80; Marson 2000, pp. 38-52; Fossa- luzza 2003, I.3, pp. 440-479; Idem 2009, pp. 71-86). Dopo la parentesi bellica gli edifici furono restaurati dal nuovo proprietario, e in particolare dai suoi figli Marco
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Trieste, avvocato di Asolo, contenuta in una lettera «Su la Regina Caterina Corner» indirizzata a Luigi Cuccetti di Treviso data ad Asolo il 31 agosto 1835, che compare nella raccolta di memorie riordinata da Francesco Scipio- ne Fapanni (Caterina Cornaro, Venezia, Biblioteca Nazio- nale Marciana, ms. It, VI, 410 = 5971, sec. XIX, cc. 145r- 146v). Lo stato di degrado e la tempistica delle distruzioni si evince, ad esempio, dai riferimenti a «un’alta torre di mattoni che si chiudeva con una saracinesca [la quale] dava ingresso ai campi (…) questa torre quattr’anni fa fu fatta demolire dai conti Revedin proprietari di tutti i ter- reni Corner dell’Asolano e del Montebellunese». Trieste de Pelegrini vede di più della barchessa tuttora esistente: «esiste ancora ridotta ad uso colonico una Barchessa con affreschi di qualche considerazione, fra cui avvi tuttora una donna giovane e bella che cavalca un uomo che ha fre- no e briglia con redini tenute dalla donna, il volgo ritiene tuttora che quella donna sia la Regina Corner, ma non è da credersi ove non si supponga quella regina bizzarra all’ul- timo segno, benché la tradizione la qualifichi per dissolu- ta e crudele» (Fossaluzza 2003, I.3, pp. 443, 464 nota 11). Anche in questo caso di una testimonianza diretta si ha da tener conto dei condizionamenti di un’idealizzazione o del mito di Caterina Cornaro.
Bibliografia: Puppi 19622, pp. 52-64; Kubelik 1973, p. 406
nota 8; Puppi - Carpeggiani 1978, p. 110; Piovesan 1980, pp. 49-50 fig. 8, 57 fig. 81 bis, 179-183; Puppi 1988; Puppi 1994, p. 232; Bassotto, in Caterina Cornaro 1995, pp. 164- 169; Piovesan 20003, p. 32, fig. 11; Gioseffi 2008 [1972-
1973], pp. 34-36, fig. 45 (inv. 893); Puppi, in Giorgione 2009, pp. 387-388 catt. 3a, 3b; S. Rizzato, in Fossaluzza 2003, I.4, pp. 233-234 ill. (inv. 894); Dissegna 2011, pp. 138 fig. 1, 140 fig. 2; D. Perocco 2012, figg. 36, 38.
e Francesco e reso nuovamente sicuro e confortevole. Fu sistemato per conto di Nicolò Cornaro da Scamozzi (1615, pp. 280-281). Quanto, invece, rimaneva «quasi del tutto derelitto» all’epoca dei disegni considerati è descritto con diretta cognizione in Notizie istoriche (1780, p. 63) in cui si specifica: «vedonsi tutt’ora gli avanzi quasi miseri del Pa- lagio, delle Logge, delle Sale, delle Caserme militari, e del Gran Cortile, nel giro ovvero ambito di cento se non più campi circondati pur oggi da alte mura». Nel contempo le testimonianze cominciano ad essere contraddittorie e ali- mentare l’aura del barco con la sua iconografia cornariana. Il canonico di Treviso Giovanni Trieste (1767, pp. 326- 327) riporta che «si veggono tuttora le reliquie di quel pa- lazzo: in un circuito di 100 campi chiusi a muro esiste an- cora ridotta a uso colonico una barchessa con affreschi di qualche considerazione» e aggiunge il ricordo di aver visto le rovine della torre d’ingresso al barco e la celebre tordera alla quale allude Bembo nella lettera del 1502.
Non è da trascurare, la testimonianza più tarda di Pietro
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