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(Venezia 1669 - 1748)

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quelle per il Bergamasco; altre furono destinate alle città e territori di Vicenza, Padova e alla Marca trevigiana. Per quanto non sia stata ancora affrontata la catalogazione si- stematica, quelle dotate di firma e data consentono di de- finire l’itinerario stilistico del pittore che, va sottolineato, non si caratterizza di certo per sostanziali scarti stilistici. Indipendentemente dalle recenti segnalazioni critiche di opere di culto individuate nei territori periferici, contri- buti che fanno seguito alla fase in cui il pittore era guar- dato con una certa sufficienza, si registra un significativo aggiornamento sulla considerazione da dovergli prestare. È testimoniato autorevolmente da Rodolfo Pallucchini che nel più recente profilo dedicatogli (Pallucchini 1994, I, pp. 166 - 172) esordisce rettificando apertamente quanto affer- mato in precedenza (Pallucchini 1960, p. 53), giudicandolo «un conformista reazionario», per delinearne poi un più ge- neroso itinerario operativo senza per questo «promuoverlo ad un altro rango che non sia quello di modesto pittore». Si ha la consapevolezza che a corroborare quest’ultima po- sizione di Pallucchini, oltre alla considerazione della sua opera grafica (Meijer 1980, pp. 29-32), possa concorrere il reperimento dei primi esempi di dipinti biblici “da stan- za”, come quelli del Museo Civico di Padova (Giacobbe car-

pisce la benedizione di Isacco; Tobiolo scaccia il demonio prima del matrimonio con Sara) o di collezione privata (Giuseppe e la moglie di Putifarre; Susanna e i vecchioni) che si è avuto oc-

casione di attribuirgli (Fossaluzza, in Da Padovanino 1997, pp. 232-233 catt. 178-179; Idem 1997, pp. 182, 196 figg. 51-52, 212 nota 73). Si è anche accertata la collaborazione in tali dipinti con Antonio Arrigoni che, assieme a Fran- cesco Pittoni, segnala la linea stilistica a cui il pittore par- tecipa. Con Arrigoni, in particolare, Litterini offre il suo contributo alla costituzione di un pendant con soggetti di storia antica ora in collezione privata di Treviso. Esso è ta non irreprensibile. Si deve tener conto che l’episodio è

ambientato al pozzo di Giacobbe e che il racconto fa rife- rimento a quello di Isacco e Rebecca in Genesi (24,10-67). Il dialogo che ha come culmine la rivelazione messianica di Cristo, tocca il tema dell’acqua e della salvezza, quello del marito della donna quindi della morale, infine quello del culto.

Quanto all’aspetto stilistico per Battaglia (1988, scheda OA), a proposito del dipinto inv. 509, «la cupa atmosfera chiaroscurale in cui si svolge la scena, indica l’assimilazio- ne della lezione dei tenebrosi» e osserva come la figura del vecchio venga «indagata con un compiacimento realistico, che sembra memore della pittura naturalistica del Giorda- no». Inoltre la stessa studiosa ipotizza una datazione ver- so la seconda metà del XVII secolo, eventualità suggerita dall’uso «di una tavolozza con colori scuri, che assumono negli incarnati un’intonazione rossastra».

In realtà i due dipinti devono essere riconosciuti a Bar- tolomeo Litterini, pittore difficile a confondersi pur tra i molti operanti a Venezia nei primi decenni del Settecento. Fu un figlio d’arte, essendo formato dal padre Agostino nella bottega in parrocchia di San Canciano alla cui attivi- tà collabora anche la sorella Caterina.

Il catalogo delle opere di Bartolomeo è molto ricco, al primo posto figura il San Lorenzo Giustiniani che celebra la

messa del 1697 della basilica dei Santi Maria e Donato di

Murano, tra le ultime si pone la pala delle Stimmate di san

Francesco e santi della parrocchiale di Biancade (Treviso)

del 1732. Comunque la sua produzione si conclude più tardi, la morte del pittore «travagliato de mali de nervi» sopraggiunge nel 1748 (Leopardi 1977, pp. 121-122). En- tro questo arco temporale di oltre tre decenni si compone un catalogo di opere d’arte sacra realizzate per chiese di Venezia e delle isole e per la Terraferma, numerose sono

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Il disegno è sempre pulito e meticoloso, la forma tornita, il colore levigato e della consistenza di uno smalto specie negli incarnati; le gamme chiare sono scelte e accostate con nettezza sia in presenza di un rafforzato chiaroscuro di fondo, come nella prima fase, sia in presenza di una lumi- nosità più alta che subentra dal secondo decennio in avan- ti. Ad un tempo gli è tipica quella sorta di equilibratura dei moti espressivi su cui non si concedono deroghe, per cui finiscono con il risultare più “parlanti” i gesti che sono talvolta, per estro, di una certa teatralità.

Tali osservazioni generali di carattere stilistico si sono for- mulate a commento della pala della Natività di Maria che gli si è riconosciuta nella chiesa parrocchiale di Conscio di Casale sul Sile con una collocazione nel secondo decennio inoltrato, se non poco dopo (Fossaluzza, in Fondazione Cas-

samarca 2004, pp. 426-431). Si possono riprendere a pro-

posito delle due opere asolane per la perfetta coincidenza di esito stilistico, assieme ai confronti stabiliti con opere accertate come l’Incoronazione di Maria della chiesa parroc- chiale di Valzurio (Bergamo) del 1719, di cui chi scrive ha supposto la contemporaneità con il Martirio di san Pietro

da Verona di Alzano Lombardo (Bergamo), o i grandi teleri

della Moltiplicazione dei pani del 1721 e delle Nozze di Cana del 1723, che si fronteggiano nel presbiterio della chiesa di San Pietro Martire di Murano. Un’annotazione fra tanto rigore e coerenza formale merita comunque il confronto fra l’esito del Giacobbe carpisce la benedizione di Isacco e Cristo

e la samaritana al pozzo del Museo di Asolo che fa emergere

maggiormente in quest’ultima opera l’apertura di Litte- rini al chiarismo neoveronesiano della pittura accademiz- zante veneziana di primissimo Settecento fra Sebastiano Ricci e Antonio Balestra.

Bibliografia: inediti. composto dal dipinto raffigurante Ada, regina di Caria, con-

segna ad Alessandro Magno le chiavi di Alicarnasso di Arrigoni

e da quello di Berenice assolve il voto di tagliarsi la chioma di Litterini (Fossaluzza 20081, pp. 196, 197 figg. 40, 41, con

erronea indicazione dei soggetti per mancato recepimento delle correzioni apportate alle bozze di stampa).

Queste opere possono accompagnarsi ad altre di carattere devozionale di piccole dimensioni come quelle del Museo Civico di Padova, del Museo Diocesano d’arte sacra “Albi- no Luciani” di Vittorio Veneto (Crocifisso, Madonna con il

Bambino e san Gaetano da Thiene), del Collegio San Giuseppe

di Vittorio Veneto (Adorazione dei Magi, Sant’Agostino; Fos- saluzza, in Da Padovanino 1997, pp. 233-235, catt. 180-181; Idem, in Fondazione Cassamarca 2004, p. 430).

L’attestazione di un’attività dedita a soggetti “profani” di Litterini da collocarsi in palazzi veneziani viene per ora dal riconoscimento del soffitto di palazzo Zenobio con Ercole accolto in Olimpo (Pavanello 1999, pp. 67-69, 107 nota 16; Fossaluzza 20081, p. 202 nota 6). Importante

è poi l’attribuzione del fregio con Storie di Circe da fine Ottocento collocate nella State Drawing Room della re- sidenza della Marquess of Bath a Longleat (GB) ritenu- to di Pietro Liberi e vicino a Lazzarini (Ruggeri 19962,

p. 292 cat. M26), ma spettante a Litterini (Fossaluzza 20081, p. 202 nota 6).

In particolare, il primo nucleo di dipinti da stanza biblici, di storia antica e devozionali supportano più direttamente l’assegnazione a Litterini dei due dipinti asolani che con- dividono la stessa destinazione collezionistica privata. Si deve ammettere tuttavia, per quanto ovvio, l’assoluta co- erenza stilistica dimostrata da Litterini nel fare opere in grande o in piccolo. Egli si distingue in tutti i casi per una sorta di nitore formale associabile non solo a quello di Ar- rigoni ma anche a quello di Gregorio Lazzarini.

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