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Ritratto di Antonio Colbertaldo

Affresco, 102 x 102,5 cm | Inv. 550

Provenienza: Castello di Asolo

Iscrizioni, in alto si legge la scritta a caratteri lapidari: (virt)VTIS [ergo]

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esponenti di Casa Colbertaldo si ricavano dal citato mano- scritto di Iseppo Antonio Colbertaldo, il cui testo è edito da Luigi Comacchio (19812, pp. 307-310 doc. 6), sono com-

pendiate da Trieste de Pellegrini (1780, pp. 43-61) e Pivet- ta (1876, ms., IV, cc. 731-742). Si apprende che Antonio II fu avviato agli studi di grammatica dal pubblico maestro di Asolo che all’epoca era Paolo Nervi da Arzignano. Poi- ché «assai grandicello era divenuto che poco nelle lettere humane havea pensiero m’attendea a darsi solatio e piaceri che la Reina di Cipro in quel loco dimorando ne prendea», al fine di distrarlo dalla vita di corte, fu indirizzato dallo zio Bartolomeo e dal fratello maggiore Giovanni a compie- re i suoi studi a Bassano prima, dopo due anni a Vicenza presso Marcantonio Coccio il Sabellico che vedrebbe così confermato il suo soggiorno nella città dei Berici (Tateo 1982, 26, pp. 510-515; D. Perocco 2012, p. 16 nota 6). In tale circostanza Colbertaldo strinse amicizia con il poeta Alvise da Porto (Vicenza 1485-1529) che, in seguito, fu più volte ospite ad Asolo «per vedere e mirare la real corte e i solazzi della reina». Come noto, quest’ultimo fu in ami- cizia con Pietro Bembo conosciuto ad Urbino, lo attesta per gli anni che qui interessano l’inviò di una copia degli

Asolani a Vicenza (lettera di Bembo da Venezia del 16 otto-

bre 1505; Patrizi 1986, 32, pp. 736-741; Bembo 1987, pp. 202-203).

Secondo la biografia di Iseppo Antonio Colbertaldo dopo nove anni di studio, cinque dei quali dedicati al diritto civile (avendo quale docente Giasone Maino) e quattro al diritto canonico, Antonio II si laurea in legge a Padova il 18 maggio 1508, dov’era giunto all’età di ventisette anni, ma più correttamente a ventitré in base alla data di nascita accertata (D. Perocco 2012, p. 16 nota 9). Tuttavia Trieste de Pellegrini (1780, p. 51) fa concordare le date, dicendo- lo addottorato nel 1512. Ritornato ad Asolo, nell’ultima Nonostante l’assoluta incongruità, è da ricordare come

Comacchio (19812, p. 90) individui nell’affresco in esame

il ritratto di Antonio Colbertaldo II, senior (Asolo 1476- 1553) eseguito da Jacopo Bassano di cui fa menzione Isep- po Antonio Colbertaldo nel manoscritto sui personaggi illustri di tale casato: «negli ultimi anni della sua vecchiaia cinque anni avanti morise si fece ritrare per mano de ser Giacomo dal Ponte famoso pitore da Bassano, morse il dì 11 Aprile dell’anno 1553 e vive anni 77» (Colbertaldo sec. XVII, ms. 13, c. 20). La notizia è riportata ancora da Trie- ste de Pellegrini (1780, p. 53): «Fu dipinto dal famosissimo Bassanese Pittore Jacopo da Ponte per eccitamento, sic- come meritava, de’ Figli suoi, e de’ Concittadini ancora». Secondo Roberta Battaglia (1988, scheda OA), l’affresco sembra risentire dell’influsso di Bartolomeo Montagna, tanto nella soluzione prospettica adottata quanto nell’in- venzione compositiva. La studiosa è dell’opinione che la maniera pittorica di questo artista, presente anche a Bas- sano con gli affreschi in palazzo comunale, ma si sottoli- nei nel 1487 (Puppi 19621, pp. 76, 155), continui a essere

ripresa, con gusto accademico, in ambito provinciale fino quasi alla metà del XVI secolo.

Antonio di Paolo di Adamo Colbertaldo e di Franceschina di Francesco Ottello da Bassano, appartiene a una famiglia legata alla corte di Caterina Cornaro, figura come Anto- nio II senior nell’albero genealogico di famiglia a cui ci si attiene (Colbertaldo sec. XVII, ms. 13, c. 1 ante, c. 35v) in luogo di quello stabilito da Binotto (1996, p. 180: Antonio IV). Alla morte del padre ebbe come tutore lo zio Bartolo- meo (Asolo 1442-1505), laureatosi dottore in utroque iure a Padova. Nel 1499 Bartolomeo fu gerente del dominio di Asolo quando Caterina Cornaro si rifugiò a Venezia a motivo della scorreria turca. Si guadagnò in tale modo la fiducia della regina per gli anni a venire. Le notizie sugli

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terin orn ro ritr tti

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secondo la tradizione famigliare e poté valorizzare le testi- monianze dell’avo nella stesura della biografia di Caterina Cornaro composta tra il 1586 e il 1592 (D. Perocco 2012, pp. 16-17). Se ne conservano varie copie manoscritte, di cui una presso la Biblioteca Marciana (pubblicata nel 2012 a cura di Daria Perocco). Il Trieste de Pellegrini a tal pro- posito afferma di aver visto «una copia di mano antica del- la predetta Storia della Regina Caterina» da Matteo Zan- chigna, arciprete della collegiata di Umago (1780, p. 53). L’esistenza di una biografia di Caterina Cornaro di Barto- lomeo Colbertaldo è data per certa da Pietro Trieste come si apprende dalla citata lettera del 31 agosto 1835 a Luigi Cuccetti in cui risulta essersene messo sulle tracce senza esito: «non ho potuto trovar la vita di essa Regina Cor- nera della Nobile famiglia Colbertaldo di Asolo di cui era un Bartolomeo fu Rettore di Asolo per essa Regina l’aveva scritta, ma nelle carte di essa famiglia più non la si trova» (Fapanni, Caterina Cornaro, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. It, VI, 410 = 5971, sec. XIX, c. 145r). Nella Historia di Caterina Corner Antonio IV iuniore riporta un brano della pastorale composta dall’avo Antonio II per celebrare il ritorno della regina in Asolo dopo che si era rifugiata a Venezia a causa dell’occupazione delle truppe dell’imperatore Massimiliano I nel contesto delle guerre cambraiche (Colbertaldo 2012 [sec. XVI, ms.], pp. 173-175). Quanto ad Antonio II senior egli è autore di un’opera in- titolata Cosmografia iniziata nel 1533 e terminata nel 1551 dopo diciotto anni di lavoro. Lo ricorda in questi termini Iseppo Antonio Colbertaldo (sec. XVII, ms. 13, cc. 17v- 18v): «Principiò poi l’anno 1533 mentre era Pretore ser Nicolao Pisani la sua opera del sito del mondo e li stetero anni 18 a darli il compimento, la quale piaciuta ad un altro Rettore e a cittadini suoi lo fece pingere nel Publico Salone dalla sua testa con un motto che così dicea virtutis ergo, stagione della corte di Caterina Cornaro, si dedicò a stu-

di di diritto e filosofia, esercitò l’avvocatura. Si dedico a «compor diverse composizioni come rime, comedie, villote e toscane, anzi mai era un carnavalo che ad Asolo, Bassano o Trevigi o altri circonvicini luoci non si rappresentasse quella sua compositione» (Colbertaldo sec. XVII, ms. 13, c. 17; Trieste de Pellegrini 1780, pp. 50-53).

Una produzione lasciata manoscritta, per di più non in lingua toscana, per cui il biografo lamenta come egli non abbia potuto ricevere fuori della sua terra la fama meritata e con ciò solleva l’usata questione sulla lingua: «Fece anco diverse altre compositioni come comedie pastoralli, sonet- ti et altre opere. Li scritti del quale se col benefitio della stampa si divulgasero al mondo sì come egli è riguardevole nella patria ove con sua molto gran laude si leggono, così per tutta l’Italia sarebbe il nome suo honoratissimo; vero è che alcuni l’imputavano che quelle sue compositioni non erano adornate di terso e toscano idioma. Egli li dicea scu- sandosi che l’usare i vocabolli duri e disolati e l’afetatione de fastidiosi toscanizanti erano da fuggire, perho le sen- tenze chiare e leggiadre non si possono se non oscure e senza gratia proferire, e se per aventura ad uno piaque a mile sogliono dispiacere e il comun uso gli fanciuli l’ap- prendono e dall’universiade è assai più lodato e approvato» (Colbertaldo sec. XVII, ms. 13, cc. 18v-19).

Le quartine e la terzina di un sonetto è quanto di lui ci rimane a corredo della biografia, solo in quanto testimo- nianza delle vicende non felici di padre che lamenta come il figlio Razzolino non fosse dedito agli studi e l'altro, Jaco- po ne sperperasse le sostanze per troppa generosità (Col- bertaldo sec. XVII, ms. 13, cc. 17-18). Quest’ultimo sposò la vicentina Maddalena de’ Conti da cui ebbe due figli, Albano e Antonio IV iuniore (Asolo 1556-1602?), il qua- le si dedicò agli studi umanistici e poi giuridici a Padova

di Asolo con quella di S. Pietro da Treviso». Lo studioso si rammarica del fatto che «passati tali Volumi da mano a mano, si sono da indi in poi smarriti, non sapendosi pur ora né meno appresso chi rimasti, o conservati essi sieno; e temesi, che di questi altresì avvenuto sia ciò che accad- de di parecchie altre Opere vecchie degli Asolani, le quali passarono sgraziatamente fino a terminare nelle mani di un qualche pizzicagnolo».

Dobbiamo alla biografia di Iseppo Antonio Colbertaldo (sec. XVII, ms. 13, c. 19) la testimonianza che l’avo Anto- nio II «fu poi di statura mediocre più tosto magro che cor- pulento con occhi vivissimi quantunque pel lungo studio di fora voltate le ciglia». Un ritratto ripreso da Trieste de Pellegrini (1780, p. 53) anche per quanto riguarda i modi composti ed eleganti.

Dalla lettura del testo di Iseppo Antonio Colbertaldo (sec. XVII, ms. 13, cc. 2v, 3) laddove si sofferma sulla conside- razione goduta dagli esponenti della sua famiglia, si trae l’informazione, tra l’altro, dell’esistenza del ritratto cele- brativo di un altro Colbertaldo affrescato sulle pareti del Pubblico Salone di Asolo il dato sull’ubicazione. Infatti, egli ricorda «Le piture dell’effigie di Adamo e Antonio nel Publico Pallagio Regio l’uno de quali al primo latto Adamo ingirlandato di lauro col motto che dice Felix in virtute consi-

stit, nel fine poi del Salone al sinistro vedesi Antonio di por-

pora vestito con la verga in mano col motto Virtutis ergo». Oltre a quella pervenutaci di Antonio senior, della quale si viene a conoscere la precisa ubicazione, si tratta dell’effigie celebrativa di Adamo II di Girolamo (Asolo 1470-1549), il cui profilo spetta a Colbertaldo (sec. XVII, ms. 13, cc. 8-14). Tale personaggio è messo a confronto con Antonio

senior nella citata lettera di Merlo a Gradenigo.

Iseppo Antonio Colbertaldo (sec. XVII, ms. 13, cc. 10v, 11) nel delinearne il profilo trova il modo di informare sulle nella destra mano tenendo la verga per lasciato assai vol-

te vicegerente e nell’altra il mondo dimostrando volendo quell’opera, nella quale oltre il descrivere la superfficie di tutta la terra dipinse gl’elletti amatori d’un errante gio- vane che una bella donna ricercava si come dice il Mer- lo poeta e suo coetaneo in quella lettera indirizzata a ser Giorgio Gradenigo nobile e poeta famoso così mentre di ser Adamo parlò e poi soggiunse: Un Colbertaldo giudice che solo/ ogni vil loco potria render degno/ ma di cui va il nome per l’Italia a volo.

Un altro suo cuggin più d’alto ingegno/ d’altra eloquenza e d’intelletto acuto/del mondo pinge amor e suo disegno». Sul poeta bassanese Giorgio Merlo e il poeta veneziano Giorgio Gradenigo si vedano Francesco Saverio Quadrio (1741, II, p. 240) e Anna Siekiera (2002, 58, pp. 304-306). Dimostra di conoscere la Cosmografia e il ritratto del suo autore Trieste de Pellegrini (1780, pp. 51-52) che confer- ma, con qualche precisazione, come «piacque per modo al Podestà, ed ai suoi Concittadini, che fu per ordine di que- sti fatto dipingere nel pubblico Salone del Castello vesti- to di porpora col motto “Virtutis ergo” nella destra mano tenente la verga per essere stato assai volte Vicerettore ossia Vicario, e nella manca il Mondo, volendosi indica- re quell’Opera, nella quale oltre il descrivere la superficie della Terra, in generale, trattava particolarmente dello Stato antico di Asolo, cioè del vecchio Acilio tra le Colo- nie de’ Romani, e di quello dell’Antica Chiesa Cattedrale Asolana e delle sue prerogative». Secondo Trieste de Pelle- grini (1780, pp. 52-53), l’opera raccolta in due tomi mano- scritti, assieme ad altri componimenti, era custodita «sino al 1728 dal Nobile Signor Bartolommeo Colbertaldi, cioè sino al tempo in cui uscirono le Stampe per la Lite sì famo- sa e terminata concordemente nel 1771 tra gli Asolani ed i Trevisani, per la Concattedralità della Chiesa di S. Maria

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tata verso sinistra, per cui il volto è ripreso di tendenziale tre quarti e con lo sguardo fisso rivolto nella stessa dire- zione, in un punto indeterminato fuori campo.

Le peculiarità esecutive si distinguono solamente sul volto dall’espressività accentuata, definito con tecnica veloce, per trasparenze e tratti di rosso-ocra nel delineare i caratteri fi- sionomici. Si propone come unico riferimento l’opera molto discontinua di Marco da Mel (1496-1583), attivo nel Bel- lunese e Feltrino, il cui profilo non è ancora stato risarcito compiutamente (De Paoli Benedetti 1976, pp. 177-186). Per tecnica esecutiva ed esito espressivo un confronto indicati- vo può essere istituito con il Sant’Antonio abate sotto arcata della chiesa parrocchiale di Servo (De Paoli Benedetti 1976, p. 186 fig. 9). Inoltre Marco Da Mel è autore della decorazio- ne ad affresco di alcune facciate di palazzi feltrini, quelli del- le famiglie Muffoni, Cantoni e Pasole (Zugni-Tauro - Con- te 1993, pp. 188-189 cat. 430, 252-253 figg. 47-49, 186-187 cat. 427, 250-251 figg. 46-47, 194-195 cat. 447, 256-257 figg. 56-59). In tali esempi non mancano riscontri con l’affresco asolano, anche per quanto riguarda la propensione alla finta inquadratura architettonica. Che Marco da Mel e il fratel- lo Giovanni (1480-1549) gravitassero in ambito asolano è testimoniato, ad esempio, dalla partecipazione di quest’ul- timo alla decorazione ad affresco della chiesa di Santa Ca- terina. Tutt’altro livello qualitativo è mostrato da Marco nel più tardo e modesto ciclo decorativo della chiesa di San Martino di Castelciés con firma e data del 1568 (Fossaluzza 2004, pp. 67-80), dove non vi sono possibilità di riscontro con il più antico affresco del museo asolano.

Bibliografia: Colbertaldo sec. XVII, ms. 13, cc. 3r, 18r; Pi- vetta 1876, ms., IV, c. 738; Trieste de Pellegrini 1780, pp. 51-52; Bernardi 19491, p. 136; Comacchio 19812, p. 80.

circostanze della realizzazione del ritratto di Adamo II: «fu huomo di bellissimo aspetto, di maniere gravi e fu lonta- no d’ogni ambitione mondana, anzi più volte raggionando con mio zio Ortensio mi offerse che udendo li figlioli che si lasciase dipingere in un bello e nobile Ritratto mai asentì volse e quasi ver loro adirato li riprendean con quell’aura Sentenza che Agesilao diede a suoi più cari Amici, “si quid

praeclarum facinus gessi, hoc erit monumentum mei; sin minus, ne omnes quidem statue illustrabant mei memoriam”, e si duolse che

il Morosino pretore nel Publico Palaggio li facesse dipinge- re in quel habito e con quel motto che nel principio di miei raggionamenti ho voluto narrare».

Sulla scorta di questa testimonianza, alcune specifiche spettano più tardi a Trieste de Pellegrini (1780, p. 49) che conferma come Adamo II «Si dolse pur assai che Giambat- tista Morosini figlio di Lorenzo Podestà di Asolo, restau- randosi il pubblico salone nel 1533 lo facesse colà dipinge- re inghirlandato di lauro col motto Felix in virtute consistit». Se ne indicano, in tal modo, le precise circostanze della realizzazione nel 1533, nel contesto del rinnovamento del Salone Pretorio, che mancano per il ritratto di Antonio II in oggetto, fatto realizzare più tardi da altro Pretore in oc- casione della conclusione della Cosmografia. Si può ipotizza- re per lo meno che si trattasse, di fatto, di un programma iconografico celebrativo che poteva rispettare nelle diver- se fasi di realizzazione la stessa tipologia ritrattistica. Lo stato di conservazione dell’affresco asolano superstite, così chiaramente documentato quale «monumento cele- brativo» pubblico di Antonio Colbertaldo senior, è tale da non consentire l’accertamento di paternità. Si riscontra soprattutto che l’ideazione, conforme alla tipologia del ritratto clipeato all’antica, manifesta distinte qualità. Si deve notare il movimento impresso alla figura che è orien-

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gione che imaginare et excogitare si potesse di ragione o di facto si possi rivocare, anullare o in alcuna parte impedire. Habiamo donato, ceduto, et transferito, et per tenore dele presente donamo, cedemo et transferimo Allo prefato Ma- gnifico et unico nostro fratello et agli suoi heredi lo Barco nostro posto nel territorio nostro di Asolo, circundato al presente de Mure con le sue habentie et pertinentie et ra- gione con tutti et cadauno de gli casamenti et fabriche che finahora sono facte et che si faranno per lo avenire con lo palagio et habitatione che habiamo terminato (piacendo a Idio) che si habij ad principiare et finire per habitatio- ne nostra et di la nostra corte agli tempi convenienti et per memoria nostra con le aque et seriole che per dentro esso Barco et circuito nostro corono et correranno per lo avvenire et con la fontana qual dala villa de Crespignaga si debbe in dicto Barco condurre, le quale aque et fontana per nisun modo o via si possino rimover dal dicto Barco ne in alchuna parte ad altri corecedere, ne per alcuno esser tolte, senza voluntate del prefato Magnifico nostro fratel- lo, o suoi heredi con tutte Massaritie et robe et guernison de caxa facte et aquistate et che si faranno et aquistaran- no per uso et adornamento de dicto Barco et habitatione et cusì bestiami et ogni altra cosa che si atrovarà in dicto Barco et con tucte le altre cose così stabile come mobile et Iesus 1500

Katherina Cornelia De Lusignano per la Gratia de Idio Regina di Hyerusalem, Cypro et Armenia Significamo a qualunque vederà et legerà le presente nostre come cono- scendo noi presentamente gli grandissimi et innumerabili Beneficij quali habiamo in ogni tempo ricevuti et che con- tinuamente ricevemo dalo Magnifico unico fratello nostro Amantissimo Domino Georgio Cornaro cavaliero, expo- nendo lui non solamente la facultate ma la propria vita con sincerissima et incomparabile fede agli servitij nostri, per modo che chiaramente habiamo conosciuto Lui più haver caro l’honore et bene nostro che la vita sua oltra che grandemente l’habbi patito ne la facultate et consyde- rando che da poi la venuta nostra de qui et la partita del Regno Lui, ogni sua cosa postponendo, ha exposto se tut- to con ogni ingegno specialmente afaticandosi redrizando et ordinando le cose nostre quale grandemente pativano et erano in grandissima confusione, siché confessamo ha- vergli molte obligatione et parendone etiam convenientis- simo che essendo nostro unico fratello et herede nostro che cusì vogliamo che 'l sia le cose nostre dapoi la nostra morte pervengino in lui et gli suoi heredi. Motu proprio per titulo et nome di pura, mera, simplice valida solemne et inrevocabile Donatione, quale per nisuna Ragione et ca-