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Ritratto di gentildonna (Cattaruzza Priuli?)

Olio su tela, 145,5 x 114 cm | Inv. 517

Provenienza: Legato Giacomo Bertoldi, 1910 Restauri: Soprintendenza, 1971

I due dipinti, evidentemente con effigiata una coppia nobi- liare, furono restaurati durante gli anni settanta del secolo scorso. Furono acquisiti dal Museo mediante il Legato di Giacomo Bertoldi (1910), nella collezione del quale reca- vano l’attribuzione al Tintoretto. In precedenza Bertoldi (1897, p. 177) li aveva menzionati come opere di Maria, figlia di Jacopo Tintoretto.

I personaggi sono colti a tre quarti di figura entro una stanza con finestra aperta su di un paese. Stanno presso un tavo- lo, coperto da pesante tessuto con bordura impunturata, sul quale posano una mano. In entrambi i dipinti l’interno è qua- lificato da un tendaggio del medesimo tessuto della copertu- ra del tavolo, drappeggiato in modo da chiudere in alto su

tre lati la scena e da conferire alla rappresentazione una sorta di valenza teatrale. Copertura del tavolo e tendaggio sono in rosso nel ritratto di gentiluomo, nel pendant invece in verde in modo tale da stabilire un contrappunto. Nel Ritratto di

gentildonna, il palazzo che si scorge sullo sfondo di paese

potrebbe essere identificato con la villa di via Foresto Vec- chio ad Asolo, fatta costruire all’inizio del Cinquecento da Pietro, cugino di Caterina Cornaro (Battaglia 1988, sche- da OA). Sulla quale cfr. Comacchio 19852, pp. 49-55. Se

l’identificazione della villa, qui ancora priva dell’oratorio che gli venne affiancato nell’Ottocento, dovesse essere ac- certata, si potrebbe allora ipotizzare l’appartenenza alla suddetta famiglia dei personaggi effigiati. Questa ipotesi è ripresa con una scrupolosa ricerca da Meri Sclosa (2008- 2009, p. 136) che precisa la data di costruzione della villa a semplice pianta cubica con trifora al piano nobile ver- so il 1490 (Ville Venete 2001, pp. 43-44). Promotore della fabbrica fu Pietro Zen di Cattarin, del ramo dei Crociferi (Venezia, Archivio di Stato, Misc. Codici, s. I, Storia veneta, 18: M. Barbaro, Arbori de’ patritii veneti, reg. VII, cc. 376- 377). La studiosa fa riferimento a una mappa del 1571 (Ve- nezia, Archivio di Stato, Beni Inculti, Treviso, rotolo 408, mazzo 7/A, disegno 14, catastico c. 343) in cui compare il disegno della casa dominicale di Pietro Zen che per distri-

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buzione risulta simile a quella rappresentata nel ritratto asolano. È avvalorata in tal modo l’ipotesi «che la dama del nostro dipinto appartenga alla casata degli Zen».

La datazione proposta per i ritratti è tra la fine del Cinque- cento e gli inizi del secolo seguente, motivata anche dalla pettinatura dei capelli biondi come d’obbligo per le nobili «in cui le tradizionali “corna” sono riunite in un unico ciuf- fo». Sono attestati nell’ultimo quarto del Cinquecento altri aspetti del costume come l’alto collare di trina montante a ventaglio e la rete di velo ricamata del bavero che copre il seno, o il taglio dell’abito di pesante stoffa damascata. L’e- voluzione dei quali si accerta comparativamente in base alle testimonianze di Cesare Vecellio (1591) e in seguito di Gia- como Franco (1610; Davanzo Poli 2001, pp. 71-72).Secondo Sclosa, il borgo fluviale del ritratto di gentiluomo a moti- vo della «genericità della compagine urbana non permette alcuna identificazione del luogo, impedendo la definizione del ruolo pubblico o degli interessi personali legati alla località del nobiluomo immortalato», in base alla funzio- ne specifica delle «finestre di paesaggio» nella ritrattistica di Domenico alle quali la studiosa dedica un contributo specifico che ne indaga il significato (Sclosa 2010, pp. 33- 52). In aggiunta a tali osservazioni si segnala qui il dato ambientale la cui veridicità sembra consentire l’identifi- cazione sullo sfondo del paese del ritratto di gentildonna il massiccio del Monte Grappa. La scrupolosa indagine ar- chivistica condotta da Sclosa (2008-2009, pp. 72-73 nota 231) consente, dunque, di formulare l’ipotesi conclusiva che i personaggi possano essere identificati con Giovanni Battista Zen (1561-1606), il quale aveva sposato nel 1589 Cattaruzza Priuli e di cui si conoscono le ultime volontà anche riguardo ai possessi in Asolo (Venezia, Biblioteca del Museo Correr, Archivio Zen, busta 78; Sclosa 2008-2009, p. 73 nota 231). In base ai dati raccolti, le disposizioni testa-

mentarie di Francesco Zen (1501-1538), figlio di Pietro di Cattarin, prevedevano l’istituzione di «un fidecommesso di primogenitura che comprende la casa e tutte le possessioni in Asolo» (Olivato 1971, p. 291). Pertanto si arriva a Gio- vanni Battista Zen quale erede.

Per inciso, si registra che Gabriele Farronato (cortese co- municazione scritta) assegna i due ritratti al 1706 su pre- sunte basi storico-documentarie.

I due dipinti furono rapidamente menzionati da Pallucchi- ni tra le opere di Domenico Tintoretto del quale rivelano la più tipica ricerca di un’insistita fisicità corporea e una maggiore staticità e la particolare sensibilità di una pit- tura di tocco o sfrangiata, vale a dire manieristicamente “impressionistica” che si rivela soprattutto nella rappre- sentazione dei due paesi. All’interno della produzione di Domenico Tintoretto, Battaglia ha individuato alcuni ri- tratti accostabili a questi asolani. Per quello maschile rinvia all’esemplare del Museo di Budapest, da identificarsi forse con il Ritratto del procuratore Agostino Nani (inv. 51.2971) o con il Ritratto d’uomo colto fino al busto (inv. 51.2966; Tátrai 1991, pp. 117-118). Per quello femminile scorge tangenze con alcuni esempi pubblicati da Paola Rossi (1970, pp. 92- 99), «dove è sempre presente la tendenza a sottolineare la rotondità dei tratti del viso e a condurre un’analisi insisti- ta e compiacente sui particolari delle acconciature e degli abiti. Proprio il modo in cui sono pettinati i capelli e la foggia dell’abito, presenti ad esempio anche nel ritratto di gentildonna seduta, già parte della Galleria Lichtenstein, portano a situare l’opera nell’ultimo quarto del secolo XVI». Per quest’ultimo ritratto si veda Paola Rossi (1974, p. 153 fig. 264). La motivazione a collocare i due ritratti al volgere del Cinquecento o in apertura nel nuovo secolo è stata sopra riportata e con essa concorda la proposta iden- tificativa dei personaggi. Dal punto di vista stilistico sono

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numerosi i confronti utili fra i numerosi esempi in cui vi è un controllo metodico della stesura cromatica e un’inda- gine meticolosa degli aspetti fisionomici anziché intuitiva e colta di getto in base al metodo che rientra nel lascito paterno. Si indicano pertanto a confronto il Ritratto di gen-

tildonna con fiori fra i capelli del Museo di Wiesbaden (inv.

M567; Oehler 1963, pp. 266-267; Sclosa 2008-2009, pp. 116- 118 cat. DT.17, 231 fig. 83), il Ritratto di Domenico Cappello, già sul mercato antiquario (Old Master Pictures 2003, p. 188 Lot 108; Sclosa 2008-2009, pp. 147-151 cat. DT.35, 229 fig.

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77) del 1604 circa; il Ritratto di gentiluomo venticinquenne del 1602 conservato a Longleat (Marquess of Bath Collection; Rossi 1968, pp. 69-70 fig. 96; Sclosa 2008-2009, pp. 146-147 cat. DT.34, 228 fig. 75); il Ritratto di giovane gentiluomo a figu-

ra intera, già sul mercato antiquario (Pallucchini 1981, I, p.

26; Old Master Paintings 2007, p. 191 Lot 244; Sclosa 2008- 2009, pp. 130-131 cat. DT.24, 243 fig. 117).

Bibliografia: Bernardi 19491, p. 134; Idem 1951, ds.; Pal-

lucchini 1981, I, p. 26; Sclosa 2008-2009, pp. 72-73.