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Ritratto di Caterina Cornaro Regina di Cipro

Olio su tela, 55 x 45 cm | Inv. 541

Iscrizioni: (Ca) TERINACORNARAREG(in)A D(i) CIP(ro) Provenienza: Legato Benedetto Beltramini, 1881

Restauri: Volpin, 1977.

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nobiliari asolane per l’effigie di Caterina Cornaro regina di Cipro e Signora di Asolo. Come ricorda Battaglia (1988, Scheda OA) nella lettera data in Roma il primo agosto 1765 indirizzata a un amico di Napoli da Giovanni Trieste, canonico di Treviso, riguardante Brevi notizie spettanti alla

vita della regina Caterina Cornara Lusignana, è segnalato an-

che presso la famiglia Colbertaldo un «ritratto di lei [della regina] in tela di buona mano di grandezza al naturale, e di cui ella stessa regalò il suo ben amato Rettore, come lo chiamava, Adamo Colbertaldo dottore» (Trieste 1766, p. 443; Idem 1767, pp. 333-334; testo trascritto in Fapanni,

Caterina Cornaro, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana,

ms. It. Classe VI, 410 = 5971, c. 130v).

Si aggiunga la notizia, destituita per ragioni anagrafiche dell’artista, riportata da Colbertaldo (2012 [sec. XVI, ms.], p. 116) che fu Dario da Treviso, ben noto in terra asolana, a eseguire per ordine della Serenissima il ritratto di Caterina Cornaro da inviarsi a Giacomo II di Lusigna- no a Cipro quando, nel 1469, fu eletta sua sposa. Notizia ancora sostenuta da Verci (1775, p. 23; D. Perocco 2012, pp. 34, 50; Eadem, in Colbertaldo 2012, p. 116 nota 334). La ritrattistica cornariana e le sue vicende collezionisti- che, in definitiva, si intrecciano con quelle del mito della Regina di Cipro e Signora di Asolo. Quale conferma si ten- ga conto che il ritratto degli Azzoni Avogadro è dichiarato dall’iscrizione (apocrifa) eseguito da Antonello da Messi- na e donato nel 1500 alla damigella Fiammetta Bucari nel giorno delle nozze con Rambaldo degli Azzoni (Molmenti 1905, pp. 117-121; Idem 1906, II, p. 518; Barzan - Piovesan 1984, pp. 46, 51 fig. 9).

Nella valutazione di Puppi (1994) il ritratto inv. 541 è ri- tenuto un «bel dipinto», per cui «occorrerebbe tentar di restituire la storia e fissare la paternità». Le didascalie che accompagnano la riproduzione del dipinto asolano, dalla segno che l’avrei ritenuto per una copia di esso se in calce

non vi fosse stata quella leggenda». Del ritratto in oggetto inv. 541 non è nota una versione grafica. Pertanto, in base ad altre specifiche fornite nella lettera, si può ritenere che Trieste debba aver visto in vendita a Venezia la litografia di Samuele Levi Polacco, la cui matrice in rame si conserva presso il Museo asolano (cat. 106, inv. 539), che traduce il ritratto della collezione Manfrin di Venezia e documenta tutt’altra linea iconografica del ritratto di Caterina Cor- naro che si direbbe di “invenzione tardo settecentesca”. In base a quanto sopra riportato, si deve correggere l’i- dentificazione di questo ritratto inv. 541 con quello di Caterina Cornaro donato al Museo asolano dalla signora Caterina de Kay Bronson il 30 ottobre 1890, come riporta Battaglia (1988, Scheda OA). Tale erronea identificazione porta anche a giudicarlo «copia tratta da un originale per- duto di Gentile Bellini», come sostenuto con dubbio da Comacchio (19812). Il ritratto de Kay Bronson corrispon-

de a quello che reca il numero inventariale 551 (cat. 105). Puppi e Carpeggiani (1978) nel classificare il ritratto inv. 541 come di autore ignoto avanzano l’ipotesi che sia «co- pia da un ritratto contemporaneo perduto». Si tenga conto che, nella stessa circostanza, tali studiosi schedano come di anonimo anche il Ritratto di Caterina Cornaro della Col- lezione Rambaldo degli Azzoni Avogadro di Treviso senza stabilire un nesso con quello qui illustrato inv. 541, dal quale si ritiene dipenda.

Di questo legame si avvede invece Battaglia (1988, scheda OA) nel ritenere che entrambi, quello degli Azzoni Avoga- dro e quello del Museo di Asolo, derivino dallo stesso ori- ginale che la studiosa ritiene (discutibilmente come sopra accennato) di Gentile Bellini.

L’accertamento della provenienza Beltramini lascia ipotiz- zare un interesse collezionistico antico presso le famiglie

perle e il gesto di sollevare la mano sinistra aperta come in un gesto di richiesta o di accoglienza. Si valuta il dipinto del Museo asolano quale replica di questa tipologia ritratti- stica, quale versione parziale che fin dall’origine si limita al taglio al busto, forse per ragioni di inserimento in una serie così predeterminata e che, pertanto, esclude sia la mano si- nistra sollevata, sia il tendaggio di fondo.

Le versioni di questa tipologia del ritratto di Caterina Cornaro sono oggetto di studio, più di recente, da parte di Daria Perocco (2012, pp. 51-52), Monica Molteni (2013, pp. 11-31) e Candida Syndicus (2013, pp. 34-77).

Di particolare interesse è il fatto che la presentazione di Caterina Cornaro in abito vedovile di questi ritratti singoli trova corrispondenza in teleri celebrativi dei momenti sa- lienti della vicenda della Regina: Andrea Vicentino, Caterina

Cornaro cede il regno di Cipro in cambio di Asolo, Venezia, Colle-

zione privata; Domenico Tintoretto, Caterina Cornaro lascia

Cipro, Venezia collezione privata; Pittore veneziano, secolo

XVII, Caterina Cornaro sbarca a Venezia, Lione, Musée des Beaux-Arts (Rossi 1973, pp. 261-264; Molteni 2013, pp. 16- 18, figg. 2-3). Può essere associato a questi il telero, ora in collezione privata, di Paolo Veronese e Carletto Caliari, ma significativamente assegnato a Carletto e Gabriele Caliari da Ridolfi (1648, I, p. 341) quando si trovava in Palazzo Cor- ner, detto Ca’ Granda, in San Maurizio a Venezia, il quale raffigura La rinuncia al Regno di Cipro nelle mani del doge Bar-

barigo (Pignatti - Pedrocco 1995, II, p. 524 cat. A82). Esso

è documentato dalla stampa di riproduzione ottocentesca dedicata a Ranieri duca d’Austria di cui Bartolomeo Mar- kovic è il disegnatore e Marco Comirato l’incisore e dalla litografia di Giovanni Bizeghel su disegno di Giusto Rosa (Lugato, in Caterina Cornaro 1995, pp. 148-153).

Maggiore importanza assume il fatto che si aggiungono a queste altre rappresentazioni come quella attribuita a discreta fortuna iconografica, ribadiscono trattarsi di ope-

ra di pittore veneto della fine del secolo XV-inizi secolo XVI (Bassotto, in Caterina Cornaro 1995, p. 95; D. Perocco 2012, fig. 4), ma ogni volta senza giustificazione.

In concreto, il punto di partenza per la valutazione del dipin- to inv. 541 è il rapporto comparativo da istituirsi con le ver- sioni di uno stesso ritratto a tre quarti di figura e orientato verso destra che comprendono quella del Niedersächsischen Landesmuseum di Hannover (inv. KM 67; Werner 1995, pp. 190-191 cat. 121), quella del Cyprus Museum di Nicosia e della Collezione degli Azzoni Avogadro sopra citato.

Sono gli esempi del ritratto in vesti vedovili che si trova documentato in Carrer (1838, tav. tra pp. 186 e 187) e che segue la tradizione in base alla quale in patria la Regina ebbe a mantenere i segni del lutto (Povoledo 1987, p. 137). La foggia dell’abito ha caratteri che non possono essere ante- riori alla metà del Cinquecento, con riguardo all’ampia scol- latura rettangolare in parte coperta dal velo fissato al collo con un nastrino e dal bavero che vela le spalle. Pertanto, secondo Candida Syndicus (2013, p. 36), «potrebbe adat- tarsi la descrizione del Ridolfi (1648, ed. 1914, I, p. 153) di un dipinto di Tiziano, che raffigurava “la Regina Caterina Cornara in habito vedovile campeggiando tra quelle nere spoglie il candore delle carni” di cui, secondo l’autore, esi- stevano all’epoca appunto “infinite copie”» (Schaeffer 1911, pp. 12-19; Wethey 1971, II, pp. 196-197 cat. L-9; Agostini, in Tiziano 1978, pp. 88-89 cat. 18). Le accomuna oltre al ta- glio compositivo che prevede un tendaggio rosso sul fondo e la foggia dell’abito vedovile indossato dalla regina, la tipo- logia della corona costituita dalla sequenza di punte d’oro (altre volte associate ai denti della ruota di santa Caterina d’Alessandria) applicata alla ghirlanda. Questa è indossata sopra il velo ed è arricchita da una reticella con motivo a losanghe. Le accomuna altresì il particolarissimo vezzo di

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telero veronesiano già in Palazzo Corner in San Maurizio e ora in collezione privata.

Per quanto di debole qualità la riproduzione del dipinto già a Transehe consente di valutare un carattere stilistico di- stinto, probabilmente di ascendenza veronesiana, rispetto a quello di dominante carattere tintorettesco del gruppo di ritratti singoli, ciascuno dei quali sembra ricondurre ai modi di Domenico Tintoretto con la possibilità di ricono- scere l’autografia per quelli di Hannover e, soprattutto, de- gli Azzoni Avogadro. Non si è in grado di risalire tramite questo nucleo a un prototipo tizianesco, rispondendo all’an- tica indicazione delle fonti, a maggior ragione dovendosi considerare la dipendenza dal telero già a Transehe.

L’appartenenza, invece, a Domenico Tintoretto e al suo ambito delle versioni migliori del ritratto singolo dimostre- rebbe che egli elabora o adotta una tipologia di ritratto di Caterina Cornaro più fortunata e diversa da quella docu- mentata dall’incisione del 1837 di Adiern Jean Nageot da Tintoretto, senza specificare se si tratti di Jacopo o di Do- menico, come pare più probabile anche in questo caso (Ve- nezia, Museo Correr, Gabinetto dei disegni e delle stampe; Lugato, in Caterina Cornaro 1995, pp. 106-107; D. Perocco 2012, p. 52 fig. 9). Dalla fortuna del ritratto tintorettiano dipende pertanto la versione del Museo di Asolo spettante a pittore operante nel primo Seicento che mantiene uno sti- le definibile come tardomanierista ma che dimostra di non saper mantenere quello specifico dei prototipi.

Bibliografia: Fietta 1881, p. 74; Bernardi 19491, p. 135; Idem

1952, ds., p. 13; Hill 1949, III, pp. 762-763 nota 3; Puppi - Carpeggiani 1978, p. 110; Comacchio 1979, pp. 71, 72 fig. 14; Comacchio 19812, p. 13 fig. 1; Puppi 1994, p. 230; Bassotto,

in Caterina Cornaro 1995, pp. 94-95, D. Perocco 2012, p. 51 fig. 4; Molteni 2013, p. 21, tav. 3.2; Syndicus 2013, p. 35 nota 8. pittore ignoto del secolo XVI raffigurante La partenza di

Caterina Cornaro da Cipro già Neu-Schwaneburg, collezione

Transehe (oggi Jaungulbene, Lettonia), di ubicazione at- tuale sconosciuta, e il Ritratto di Caterina Cornaro e la sorella

Cornelia di collezione privata, assegnato alla fine del secolo

XVI (Syndicus 2013, pp. 40 fig. 3, 42-43 fig. 5).

In questi ultimi due casi si conferma nella sostanza la ti- pologia e il taglio compositivo del nucleo di ritratti singoli citato (Hannover, degli Azzoni Avogadro, Cipro, Asolo). Soprattutto il dipinto raffigurante La partenza di Caterina

Cornaro da Cipro già in collezione Transehe a Neu-Schwa-

neburg mostra la protagonista compiere il gesto di pro- tendere la mano sinistra poi ripetuto nei ritratti singoli, giustificato dal fatto che il fratello Giorgio le indica che è il momento della partenza per raggiungere Venezia. Purtrop- po si dispone, con tutta probabilità, solo della porzione di sinistra (204 x 142 cm) di un telero di sviluppo orizzontale giudicabile con difficoltà attraverso la riproduzione d’ar- chivio. Nella parte mancante doveva essere rappresentata l’imbarcazione. In tale gesto che rientra nell’«icona» fissata dal nucleo dei ritratti singoli «si condensa il sacrificio che significa la rinuncia al regno, unita alla virtù dell’obbe- dienza verso la ragione di stato» (Syndicus 2013, p. 39). Pertanto, nei ritratti singoli tale gesto perde di significato immediato, in ogni caso «sta di fatto che la maggior parte dei ritratti della regina in abito nero si rifanno letteral- mente al gesto di Caterina Cornaro nel quadro di Tran- sehe» (Syndicus 2013, p. 41). Illustrato da Emil Schaeffer (1911, pp. 12-19), fu attribuito a seguace di Veronese con datazione a inizio Seicento da Wilhelm Neumann (1909, pp. 48-49) che segnala il pendant con la scena della consegna della corona del re di Cipro al doge Agostino Barbarigo, allora nella collezione Sernagiotto di Venezia. Rimane da verificare se quest’ultimo possa identificarsi con il citato

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i nostri padri qualificarono madre piissima!». L’errore di ritenere il dipinto su tela anziché su tavola è di Bernardi. Di certo non è identificabile con il ritratto su tela inv. 541 (cat. 104) legato da Benedetto Beltramini nel 1881 come sostiene Battaglia (1988, Scheda OA) che giudica quest’ul- timo come copia dubitativa da Gentile Bellini del secolo XV, mentre quello in oggetto (inv. 551) è ritenuto di igno- to pittore veneto con dubbio del secolo XIX da Bevilac- qua (2000, scheda OA) che giunge a ipotizzare trattarsi di una copia di un esemplare perduto di Gentile Bellini. Daria Perocco (2012) lo annovera giustamente fra i ritratti dell’Ottocento «che pretendono di esibire elementi reali- stici», accomunandolo a quello di Goustave Bouvier del 1878 della Costas and Rita Severis Collection. Secondo la studiosa può inserirsi in tal modo fra quella «serie di in- cisioni e litografie, ispirate da quadri più o meno famosi [che] ci attestano l’entità della fortuna della mitizzazione della storia di Caterina Cornaro nell’Ottocento». Su que- sto tema la più ambia veduta è di Candida Syndicus (2013, pp. 43-75) con dovizia di documentazione. In particolare fra le testimonianze iconografiche ottocentesche si vuo- le qui far menzione dell’acquaforte su disegno di Barto- lomeo Marcovich (1813-1882) con il ritratto di Caterina Cornaro da Gentile Bellini, un esemplare del quale si con- Il dipinto è in stato di conservazione discreto. La superfi-

cie pittorica è offuscata dalla vernice ossidatasi e dall’ac- cumulo del deposito di polvere. Il supporto presenta i se- gni dell’attacco degli insetti xilofagi.

Come riporta Bernardi (1952, ds., pp. 23-24) fu donato il 30 ottobre 1890 dalla signora Caterina de Kay Bronson, con residenza a Venezia e che ad Asolo «aveva acquistato presso “la Loreggia”, la vecchia casa dei Ceci, che tutt’o- ra continua a chiamarsi “la Mura”». Amica e ospite di Browning a Venezia e ad Asolo, “la Bronson” come veniva chiamata dopo aver donato nel 1889 la tavola dal soggetto identificato come «Caterina Cornaro che sbarca dall’isola di Cipro» (cat. 10, inv. 508) ed essersi impegnata a tro- vare altre cose per il Museo «Il 30 ottobre 1890 la stessa signora Bronson, fedele alla promessa, faceva seguire in dono il “ritratto di Caterna Cornaro” tela (sic) di Gentile Bellini». Il sindaco Alberico Biadene le rivolge la lettera di ringraziamento sunteggiata da Bernardi: «Non avete di- menticato Madama la vecchia sentenza noblesse oblige (sic!). Il regalo che vi compiaceste di inviare a questa città ne è la prova più convincente. Qual altra cosa mai potrebbe meglio lusingare l’amor proprio di questo paese del ritrat- to di quella Regina di Cipro la cui memoria benedetta è ancora vivamente impressa nel cuore dei popolani e che

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