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Olio su tela, 70 x 94,5 cm | Inv. 709

Provenienza: Legato Giacomo Bertoldi, 1910 Restauro: A. Bigolin, 1994.

Il dipinto con Ester e Assuero inv. 708 appare in uno sta- to conservativo discreto. Si scorgono piccole ma diffuse cadute di colore con relative integrazioni, mentre alcuni danni affiorano sul collo della protagonista e sul vestito dell’accompagnatrice. Ulteriori piccoli danni si registrano sui margini destro e sinistro e nella zona superiore. Il Salomone idolatra inv. 709 presenta invece solo alcune abrasioni localizzate lungo i margini.

I due dipinti, che per identità di misure e di stile forma- no evidentemente una coppia, furono acquisiti dal museo mediante il Legato Bertoldi (1910) con la generica attri- buzione alla scuola di Paolo Veronese.

Le composizioni riprendono due soggetti vetero-testa-

mentari di diversa fortuna iconografica. Nella prima Ester, giovane ebrea «di bella presenza e di aspetto avvenente», intercede presso il re persiano Assuero, al fine di impedi- re il massacro del suo popolo (Est 5). La seconda ricorda la vecchiaia di Salomone, quando il re d’Israele iniziò ad arrendersi sempre più ai culti pagani introdotti dalle sue molte donne straniere (1 Re, 11,1-8). Salomone in questo caso è attorniato da tre giovani donne che lo assistono e quasi lo spingono ad adorare il simulacro.

Come giustamente osserva Battaglia (1998, scheda OA), le opere sono esemplate su modelli nobili, derivati dal- le stampe di Pietro Monaco entrambe edite nella prima edizione della raccolta del 1743 e in tutte le successive ([1746], 1763, 1772, 1789, [1819-1822]; Apolloni 2000, pp. 198-199 cat. 41, 300-301 cat. 92). Ester e Assuero riprende il bozzetto realizzato da Sebastiano Ricci per il dipinto di identico soggetto, oggi custodito a Roma presso il Palazzo del Quirinale (Daniels 19761, p. 137 cat. 524; Idem 19762,

pp. 106-107 cat. 373, fig. 254). Battaglia, che ritiene per- duto l’originale, segnala solamente il bozzetto conservato presso la National Gallery di Londra (47 x 33 cm) e sug- gerisce «un prototipo ancora più stretto nel bozzetto pre- paratorio» per la parte centrale di un dipinto segnalato da von Derschau (1916, tav. 44, fig. 3; Idem 1922, p. 149, tav.

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be quasi in un’esasperazione alla Fontebasso), sia delle qualificazioni tipologiche dei volti (...). Assai interessan- te, anche dal punto di vista del costume, è il personaggio femminile che a destra chiude il corteo, il quale presenta caratteri ritrattistici. Un aspetto ancor più interessante è quello della composizione e della regia scenica. Il gruppo, allineato e assiepato, è portato in primo piano, l’incedere è ritmato da lesene e colonne poste sul fondo; l’ara è alzata su gradini curvilinei posti sulla diagonale e in prospetti- va, davanti ad essa vi sono vasi d’ornamento e incensieri dalle forme capziose, quasi appartenessero a una bizzarra collezione» (Fossaluzza 1997, p. 195). Tuttavia il dipinto del Museo di Asolo, così come già osservato per il pendant, sintetizza e semplifica la composizione riprodotta nell’in- cisione. Rispetto allo svolgimento ideato da Arrigoni, il dipinto riduce il numero dei personaggi, il nano seduto ai piedi del trono scompare, mentre le cinque donne si ridu- cono a tre e a farne le spese è proprio quel «personaggio femminile che a destra chiude il corteo», appena ricorda- to. Lateralmente però compare una tenda scostata da un moro, variante aggiunta dall’autore di questa versione in quanto assente nel prototipo.

Le due opere, pur palesando una generale coincidenza sti- listica, tradiscono in alcuni particolari una condotta pitto- rica un poco difforme, anche se pare difficile ravvisarvi la testimonianza dell’intervento di due mani diverse all’in- terno della medesima bottega. Il Salomone idolatra presenta una maggiore scioltezza esecutiva, mentre nell’Ester e As-

suero si nota una diversa meticolosità di resa nei dettagli

specie dei tessuti.

Il taglio compositivo con cui si traduce semplificando l’ideazione delle incisioni prescelte, specie nell’aspetto dell’ambientazione architettonica, trova assonanze in al- cune opere di Gaspare Diziani (Antonio e Cleopatra e Mor- 123; Daniels 19761, p. 137 cat. 525) nella collezione Rocchi

di Roma. Rispetto alla tela del Quirinale, il bozzetto lon- dinese presenta alcune piccole varianti: il primo soldato in piedi a sinistra, ad esempio, non reca l’elmo e la ten- da del baldacchino scende fino alle spalle del re, lasciando intravedere le nappe della sommità. L’incisione di Pietro Monaco è di fatto esemplata su questa versione prepara- toria che, stando alla didascalia posta in calce, si trovava nella casa veneziana di Anton Maria Zanetti a Santa Maria Mater Domini. Di questa stampa, oltre al dipinto di Aso- lo, si conosce un’altra derivazione, di dimensioni maggiori (138,4 x 92,7 cm), passata alla metà del secolo scorso in due aste londinesi (Sotheby’s, Londra 31 gennaio 1951 e 26 febbraio 1958) e considerata da Daniels (19761, p. 137 cat.

525) «una replica di bottega o copia». Rispetto al bozzetto riccesco e alla sua traduzione incisoria, la versione di Aso- lo si sviluppa in orizzontale, escludendo quindi la fascia superiore del partito architettonico. Tale soluzione venne, forse, adottata dal pittore per uniformare il dipinto al suo

pendant, raffigurante Salomone idolatra.

Questa seconda opera è ugualmente derivata da una stam- pa di Pietro Monaco, stavolta però esemplata su un dipin- to perduto di Antonio Arrigoni. Pittore attivo a Venezia e a Vicenza tra il XVII e il XVIII secolo, Arrigoni guardò inizialmente all’accademismo di Antonio Balestra, assu- mendo più tardi un ruolo decisivo nell’orientare alcuni pittori, su tutti Giambattista Pittoni, verso la moderni- tà (Fossaluzza 1997; Idem 20081). Egli quindi contribuì

a realizzare il passaggio si direbbe dal «barrocchetto» al «rococò» dei pittori veneziani della nuova generazione del primo Settecento. Nell’incisione di Pietro Monaco, che documenta l’opera nella collezione di Sebastiano Fava, «vi è ravvisabile un’assoluta fedeltà di riproduzione, sia del tratto disegnativo proprio dell’Arrigoni (ma si direb-

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con i modelli grafici, possono condurre all’identificazio- ne dell’autore che per ora si prospetta partecipe di quel- la sorta di cosmopolitismo stilistico del terzo quarto del secolo rappresentato da pittori che dopo aver maturato

te di Sofonisba, già Parigi, collezione de Balkany; Giuseppe riceve il padre e i fratelli, già Feltre, collezione Bovio; Zu-

gni Tauro 1971, pp. 74-75, 82, tavv. 61, 62, 138), non vi corrispondono invece le tipologie. Queste, mai coincidenti

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un’esperienza veneziana di carattere neoveronesiano, con riferimento precipuo a Sebastiano Ricci e al suo lascito, sono operanti nella periferia alpina sul quadrante di nord- est del Veneto e Friuli, con diramazioni verso la Slovenia,

e possono aggiornarsi guardando ai modelli grafici diffusi dalla Capitale lagunare.

Bibliografia: inedito.

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