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Ritratto del cardinale Giambattista Rubin

Terracotta dipinta, 46 x 46 x 25 cm | Inv. 523

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un’elegante avello eretto alla di lui memoria, dal suo nipote Giambattista, col effigie del cardinale scolpita, ed espressa in candido marmo, sotto la quale leggesi una onorevole iscri- zione.». Lo ricorda a metà Ottocento Moroni (1852, LIX, p. 209). Il monumento e il suo autore non sembrano ricordati in guide della Basilica di San Marco che precedono quella di Cardella, ad esempio quella spettante a Titi (1763, pp. 179- 182) e in seguito neppure in quella diMelchiorri (1836, pp. 245-247). La menzione del monumento, senza indicazione dell’autore, spetta poco dopo a Nibby (1839, p. 327), Dono- van (I, 1842, p. 596), Visconti (1847, II, p. 191 nota 1). L’iscrizione è trascritta in più occasioni dal Settecento (Galletti 1757, p. XXIV numero 36), Riccardi (1786, p. 227), Forcella (1874, p. 361 numero 858) e Giuvato (1883, pp. 143-144): D(eo) O(ptimo) M(aximo)/ IO(anni) BAPTISTAE S(anctae) R(omanae) E(cclesiae) TIT(vlari) S(ancti) MARCI/ CARD(inali) RVBINO VENETO/ MVLTIS ECCLESIAST(icvs)

PRINCIPATVS PRAEFECTVRIS STRENVE GESTIS/ AVCTO IN- SIGNI VICENTIAE INFVLA/ AB ALEX(andro) VIII. P(ontifice)

M(aximo) A SECRETIS STATVS RENVNCIATO/ AC IN

S(anctvm) SENATVM ADSCITO/ POSTREMA NECESSITATE/ NONIS FEBR(variis) ANNO MDCCVII E VIVIS EREPTO/ IOAN- NES BAPTISTA/ EX FRATRE NEPOS/ PATRVO AMATISSIMO MOERENS/ P(ropria) P(ecvnia) P(osvit).

Quanto all’autore è definito da Max Dvorˇák (1909, p. 71 nota 1) un mestierante sulla scia di Bernini e rimane ignoto anche per Tencajoli (1928, p. 35) e Buchowiecki (1970, II, p. 379). Considerate le dimensioni del busto marmoreo (109 x 90 cm circa) quello in terracotta del Museo di Asolo, finora inedito, può esserne il modello parziale, come lasciano ipo- tizzare le notevoli qualità esecutive.

Bibliografia: Coletti 1921, ds., p. 74; Bertarelli 1925, p. 314;

Veneto 1954, p. 438.

I, pp. 79-80), dove costruì la villa famigliare con oratorio in costruzione nel 1691, ora villa de Lord, detta il Gale- ro, dove Giovan Battista Rubini si concedeva periodi di riposo (Comacchio 19852, pp. 43-47; Bonetto 19932, p. 48).

Lodovico Guerra (18051, pp. 85-86) ricorda che «di ordine

dell’eminentissimo cardinal Rubini» fu collocato «dentro della pubblica mura (…) un pezzo di marmo greco con due figure di rilievo, cioè un pedone armato, che aggredisce un soldato a colpo colla spada. Fu trovata questa pietra nella villa suburbana della nob. Famiglia Rubini, ora Bragadin, situata nel sobborgo di Costa Curta, ora chiamato monte Ricco alle falde della rocca». Tale testimonianza offre al- meno un’indicazione degli interessi del cardinal Rubini nei suoi soggiorni asolani.Si può quindi ipotizzare che il busto provenga dalla residenza asolana che fu dei Rubini. Non risulta che sia stata accertata prima d’ora la relazione fra il busto in terracotta del Museo di Asolo e il ritratto del monumento funebre del cardinale Rubini che si trova sul- la parete della navata destra della Basilica di San Marco in Roma, presso la cappella del Santissimo Sacramento. Sul ba- samento modanato in marmi misti è posto lo stemma Rubini (sormontato dal galero cardinalizio) troncato e semipartito: il primo alla figura di giovanetto, di profilo a sinistra, na- scente, tenente con le mani due triangoli incrociati (Rietstap 1887, II, p. 627; Morando di Custoza 1979, tavv. CCCI-CC- CII nn. 2709-27-12). Al di sopra l’iscrizione sepolcrale incisa su lastra di marmo nero modanata a forma di pelta è sostenu- ta da due putti in marmo bianco di Carrara ed entro clipeo vi è il busto del cardinale anch’esso in marmo di Carrara. Il monumento è ricordato a fine Settecento con utili partico- lari da Cardella (1794, VIII, p. 10) «cessò di vivere in Roma sui principi del 1707 in età di sessantacinque anni non compi- ti, e diciassette di cardinalato. Fu sepolto nella Chiesa del suo titolo, dove avanti alla cappella del SS. Sagramento, si vede

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403) proverrebbe, secondo Muñoz (1924, p. 110) e di con- seguenza Semenzato (1958, p. 178 nota 12), da Villa Falier a Pradazzi di Asolo. Tuttavia Bernardi (1938, p. 151) che classificava «Vita e morte» come «gruppo di buona ispi- razione e delicati particolari» confermava esplicitamente tale provenienza solamente per il rilievo inv. 403 (cfr. sche- da relativa, cat. 95). Semenzato ebbe occasione di ribadire in più occasioni l’assegnazione di questa Allegoria della Vita

e della Morte a Giuseppe Bernardi detto il Torretto (Pa-

gnano 1694 - Venezia 1774), da ultimo De Grassi (in Da

Paolo Veneziano 2000, p. 188 cat. 65) ha il merito di averla

condotta a Filippo Parodi.

Lo studioso osserva come le piccole sculture del Museo di Asolo, un tempo assegnate unicamente a Bernardi, presen- tino «notevoli discontinuità stilistiche, tanto da poter es- sere assegnate ad altrettanti esecutori». Fatta questa pre- messa, per quella in oggetto egli sottolinea «una precisa ricerca stilistica nel diverso grado di finitura riservato alla superficie marmorea. Così, mentre la rusticità del basa- mento è segnata dalle tracce del pettine, nel contempo dal cranio - straordinario pezzo di bravura nel suo impeccabile naturalismo - è stata omessa la lucidatura finale, riservata invece al corpo del puttino che ha assunto una lucentezza quasi alabastrina, esaltando così una resa anatomica pres- Il teschio richiama al Memento mori, alla transitorietà della

vita umana e dal punto di vista morale alla vanitas vani-

tatum. È strumento, per lo più assieme al Crocefisso, di

meditazione e attributo di molti santi penitenti, pertanto allude anche al teschio di Adamo. Sul Golgota, Luogo del Cranio (Mt 27,33) il teschio che al momento della morte di Gesù il terremoto svela ai piedi del legno del supplizio è identificato come quello del primo dei viventi, simbolo dell’umanità irredenta che la morte e resurrezione di Cri- sto ricatta per sempre (Janson 1937, pp. 423-449). Associato alla figura di un infante può riguardare la pre- figurazione della Passione, se è da riconoscervi il bambi- no Gesù, talvolta dormiente sulla croce con accanto il teschio, secondo un modello diffuso con Guido Reni. Per contrasto, può riguardare altresì un più generico richiamo al Memento mori, pertanto con riguardo alla scultura aso- lana è stato osservato che il putto «nel gesto di portare la mano alla bocca e al naso sembra sospeso tra l’assorta atti- tudine meditativa e un più prosaico turarsi il naso, quasi a voler cancellare con un gesto l’esistenza stessa della mor- te» (De Grassi, in Da Paolo Veneziano 2000, p. 188 cat. 65). L’opera, assieme alla Maddalena penitente (cat. 96, inv. 497), all’Ercole dormiente (cat. 94, inv. 498) e al rilievo raffigu- rante Gesù in preghiera nell’orto del Getsemani (cat. 95, inv.

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