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E REPERTI ARCHITETTONIC

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La tipologia fa riferimento, nella sostanza, alla Madonna di Trapani, scultura di metà Trecento dell’ambito di Nino Pisano (Pisa 1315 circa - 1370 circa) come documenta ad esempio Anita Fiderer Moskowitz (1986, pp. 156, 170, 174). L’immagine ebbe fortuna nel Quattrocento attra- verso le versioni elaborate presso le botteghe di Francesco Laurana (Vrana 1430 - Avignone 1502) e Domenico Gagi- ni (Bissone 1420 circa - Palermo 1492), comprensive del piedistallo sfaccettato che si ripresenta nella versione di Asolo. Il ricco catalogo delle derivazioni in un arco tempo- rale che va dalla metà del Quattrocento al 1520 è raccolto e vagliato da Kruft (1970, pp. 297-322; 1972; 1980). Altre derivazioni sono addirittura di epoca barocca, distinguibi- li per un basamento di diversa elaborazione come gli esem- plari del Victoria and Albert Museum di Londra (Pope- Hennessy 1964, II, pp. 635-636), al quale si collega quello dei depositi dell’Ermitage di Pietroburgo (Attardi, in Dal

Medioevo a Canova 2000, pp. 97-98 cat. 20).

Non mancano versioni di ambito probabilmente vene- to come quella danneggiata e di fattura più modesta del Museo Civico di Padova (inv. 394; Franco, in Dal Medio-

evo a Canova 2000, pp. 380-381 cat. 312). Non è nota la

provenienza di quella conservata nella Cappella del Santo Chiodo della chiesa di San Pantalon a Venezia che è stata Lo stato di conservazione è discreto. Una perdita si riscon-

tra nell’angolo inferiore destro della base. Vi sono tracce di policromia. La scultura è ricavata da un unico blocco di alabastro, si aggiunge la base removibile coeva e anch’essa in alabastro. I personaggi sacri indossano una lunga veste e la Vergine porta un manto dal ricco panneggio. Sul capo mancano le corone che dovevano essere in alabastro, an- ziché in metallo, delle quali rimangono i perni d’innesto. Per Roberta Battaglia (1988, scheda OA) la scultura «ri- chiama da vicino i modi di Nino Pisano nell’insistito gioco lineare delle pieghe, che risponde a una aspirazione deco- rativa ancora gotica, nella levigata perfezione formale del viso, dove la rotondità dell’ovale è segnata da lineamen- ti sottili e incisi, e nel gesto familiarmente scherzoso del bimbo». La studiosa è propensa a credere che si tratti di «una replica tarda di un prototipo di Nino Pisano, del qua- le si conoscono altre derivazioni, molto vicine alla nostra». In particolare istituisce confronti con l’esemplare della collezione Borla di Trino Torinese e con quello del Museo Diocesano di Pordenone che Paolo Goi (in Catalogo 1987, pp. 128-130 cat. 3) assegna dubitativamente a scultore veneziano del secolo XVI. Nella guida del Veneto (1954, p. 438) la scultura è menzionata come «opera veneta del secolo XV».

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Madonna con il Bambino

Alabastro, 37 x 15 x 9,5 cm; piedistallo 11,5 x 15 x 11 cm | Inv. 522

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datata alla seconda metà del secolo XIV; ma altre ve ne sono in San Michele in Isola e in Santa Maria Gloriosa dei Frari, sul pilastro della navata di fronte all’altare Pesaro (Wolters 1976, I, p. 199).

Per la fortuna veneziana del tema iconografico Leo Plani- scig (1916, pp. 176-177) aveva tracciato una linea pren- dendo in esame la Madonna con il Bambino della chiesa di San Simeone di Zara e quella del Museo Civico di Padova (inv. 135). Lo studioso indicava il modello nella statua del monumento funebre del doge Marco Cornaro della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia risalente al 1367 cir- ca, assegnata alla cerchia di Nino Pisano (Wolters 1976, I, pp. 198-200 cat. 105; II, figg. 329, 333).

Sulla versione di Padova dipendente dalla Madonna di Tra-

pani si veda il contributo di Luisa Attardi (in Dal Medioevo a Canova 2000, pp. 97-98 cat. 20) che la data al XV secolo

e propone a confronto le versioni sul mercato londinese e tedesco (Christie’s, London February 2, 1999, Lot 40, 50,2 cm; Lempertz, Colonia, 1960, n. 459).

Rispetto alle varie versioni considerate, la scultura di Asolo presenta il volto della Vergine più arrotondato e una maggiore pienezza di forme. Affatto schematica risul- ta invece la resa dei tratti somatici e dei capelli, indice di qualità mediocre. Si nota lo sforzo di tradurre dal modello il volto sorridente della Vergine. Si propende per assegna- re questa replica al primo Cinquecento, privilegiando la dipendenza dalle versioni assegnate per lo più all’ambito siciliano.

Bibliografia: Veneto 1954, p. 438.

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blicare, sso presentava fratture in più punti, i singoli frammenti sono stati ricomposti proprio in occasione del restauro che ha provveduto, altresì, a mettere in luce le tracce della prima policromia degli incarnati, accertando che sul resto erano presenti solo spolverature di colore senza legante, in particolare sul manto della Vergine. I dati tecnici consentono di avvalorare il giudizio che si tratti con ogni probabilità di un calco di fattura relativa- mente recente. Il modello poté essere costituito da una scultura verosimilmente lignea di ambito veneziano. Per iconografia e tipologia esso può essere ricondotto ai mo- delli della bottega dei Moranzon per la scultura, o di An- tonio Vivarini per la pittura. In particolare un'affinità si riscontra con i prodotti degli scultori che collaboravano con quest'ultimo. Pertanto, il riferimento cronologico ri- guarda la metà del Quattrocento o poco oltre. La soluzione compositiva conoscerà anche più tardi, nell’ultimo quarto del secolo, una larga fortuna ma con una diversa dimensio- ne monumentale (Fossaluzza 20043, pp. 127-157).

Bibliografia: Puppi 19622, p. 63.

Non si conoscono i dati sulla provenienza dell’opera alle collezioni del Museo di Asolo. Si tratta di una piccola im- magine devozionale raffigurante la Madonna con le mani giunte che tiene in grembo il Bambino addormentato, aspetto di prefigurazione della Pietà (Meiss 1966, pp. 348- 382). Il tema della Madonna dell’Umiltà con il Bambino dormiente è caro alla pittura veneta del Quattrocento. In questo altorilievo, un tempo considerato comprensibil- mente in terracotta trovandosi in stato di conservazione cattivo, Roberta Battaglia (1988, scheda OA) ravvisava l’o- pera di un ignoto scultore veneto della seconda metà del XIV secolo. In realtà l’opera era stata attribuita da Puppi (19622, p. 63) allo scultore Francesco Grazioli, attivo nell’a-

solano dall’ultimo decennio del Quattrocento fino all’anno della morte, il 1536. L’assegnazione diretta dello studioso si fondava sul confronto con un rilievo del fonte battesimale che lo stesso artista eseguì per conto della regina Caterina Cornaro nel 1499, oggi custodito presso il Duomo di Asolo. Il restauro eseguito per questa catalogazione ha accertato trat- tarsi di un rilievo in gesso di fattuta relativamente recente. Come documenta la riproduzione che si preferisce pub-