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do le varie tesi sulla posizione giuridica del legittimario

Nel documento La tutela dei creditori del legittimario (pagine 195-200)

La rinunzia all’azione di riduzione, a differenza della rinunzia all’eredi- tà, non ha invece ricevuto analoga attenzione dalla disciplina. Pertanto, la sua assoggettabilità all’azione revocatoria esige preliminarmente un’inda- gine circa la sua collocazione dommatica nell’ambito del diritto successo- rio in modo da verificarne la natura in termini di rinunzia abdicativa o di rifiuto.

A tal proposito è nuovamente dirimente la qualificazione della legitti- ma come pars bonorum o quota hereditatis, confermando la pregiudizialità di tale configurazione ai fini dell’individuazione della tutela rimediale in capo ai creditori del legittimario.

6.1. La rinunzia all’azione di riduzione quale rifiuto impeditivo

Secondo l’orientamento che considera il legittimario un successore a ti- tolo particolare, vale a dire un legatario ex lege, attesa la natura della legit- tima quale quota di utile netto 56, con il vittorioso esperimento dell’azione

di riduzione il legittimario pretermesso non assumerebbe la qualifica di erede, conseguendo non già una quota di eredità, bensì unicamente una parte dei beni corrispondenti al valore della quota astratta riservatagli sul- 224. Negli stessi termini con riferimento al Code civil P.RAYNAUD, La renonciation à un droit, in Rev. trim. droit civil, 1936, p. 764, secondo il quale «les diverses hypothèses de renoncia-

tion sont très difficilement susceptibles d’être ramenées à l’unité», e pertanto la rinunzia «ap- paraît ainsi comme une sorte d’acte abstrait susceptible d’être utilisé pour réaliser des opéra- tions juridiques tout à fait différentes».

56 Si rinvia in proposito a quanto esposto supra, cap. II, § 7.1 in merito alla posizione so-

stenuta da Azzariti. Si vedano sul punto, in particolare, G.AZZARITI, Successioni e donazioni,

cit., p. 231; ID., Il legittimario pretermesso, in Giur. it., 1971, 1, 1, p. 102; ID., Legittimario non

erede e azione di riduzione, in Giust. civ., 1991, I, p. 714; G.AZZARITI-A.IANNACONE, Successio-

l’attivo, eventualmente residuata dopo la riunione fittizia. Invero, l’azione di riduzione avrebbe come conseguenza il restringimento entro il perime- tro della porzione disponibile delle quote o dei diritti attribuiti in via te- stamentaria, mantenendo immutate le quote di eredità e la proporzionale responsabilità per i debiti: il legittimario pregiudicato acquisterebbe, dun- que, i beni mortis causa in virtù della legge e non per delazione ereditaria.

Di conseguenza, se quanto ottenuto in seguito al positivo esperimento dell’azione di riduzione non concorre a formare la quota ereditaria del le- gittimario leso o pretermesso, la rinunzia all’azione di riduzione non può influire su di essa, che rimarrà immutata secondo quanto attribuito in se- de testamentaria o ab intestato.

Inoltre, quanto il legittimario ha diritto di ottenere agendo in riduzione non concorre a costituire la quota ereditaria in cui succede il legittimario leso, il quale entrerà a far parte della comunione ereditaria solo nei limiti della quota attribuitagli secondo la delazione testamentaria o legale. La comunione creatasi in esito al positivo esperimento dell’azione di riduzio- ne tra il legittimario e il beneficiario della disposizione lesiva, non origi- nandosi da una delazione in virtù dei soli modi di delazione possibili ex art. 457 c.c., sarà quindi qualificata come semplice comunione ordinaria. Pertanto, per effetto della rinunzia all’azione di riduzione non risulterebbe accresciuta la quota legittima degli altri legittimari, anche in ragione del limitato perimetro applicativo dell’art. 674 c.c. riferito unicamente alla ri- nunzia ad una quota di eredità.

È ovvio, tuttavia, che, poiché la base di calcolo della quota indisponibi- le muta in dipendenza del numero dei legittimari che effettivamente ven- gono alla successione, la rinunzia all’azione di riduzione da parte di un ri- servatario produrrà indirettamente un incremento della quota concreta- mente dovuta agli altri legittimari: invero, il legittimario pretermesso che rinunzia all’azione di riduzione (se ad egli non è lasciato un legato in so- stituzione della legittima) è escluso dal computo della determinazione del- la quota indisponibile in quanto, avendo manifestato una volontà contra- ria al conseguimento della sua pars bonorum, non può essere qualificato come soggetto che ha mantenuto il proprio diritto alla quota di riserva 57.

Corollario di tale orientamento è la qualificazione della rinunzia all’a- zione di riduzione non già alla stregua di un atto dispositivo-traslativo a fa- vore dei beneficiari delle disposizioni lesive, bensì nei termini di una omissio

adquirendi ovvero di un rifiuto impeditivo privo di valenza dismissiva con

conseguente inapplicabilità del rimedio di cui all’art. 2901 c.c.

57 Si vedano, in particolare, le considerazioni di G.A

ZZARITI, Successioni e donazioni, cit.,

6.2. La rinunzia all’azione di riduzione quale rinunzia abdicativa

Qualora si adottasse la tesi di Ferri – che vuole il legittimario, all’apertura della successione, immediatamente titolare di una porzione di beni in forza di un legato attributivo di un diritto reale sui beni ereditari a carico dei be- neficiari delle liberalità eccedenti 58 – la legittima integrerebbe il diritto ad

ottenere la piena ed esclusiva proprietà su una parte dei beni costituenti l’as- se ereditario, gravati automaticamente del diritto reale del legittimario 59.

Con il positivo esperimento dell’azione di riduzione il legittimario leso o pretermesso accerterebbe la pre-esistenza del proprio diritto reale pieno ed esclusivo acquistato mortis causa su beni relitti determinati o su por- zioni di essi, ricollegabile tuttavia non ad una delazione ereditaria bensì alla legge. Dunque, la sentenza che accoglie la domanda di riduzione con- sentirebbe al legittimario di conseguire i beni concreti con lo scioglimento di una comunione non ereditaria, convertendo il diritto che cade su tutti i beni relitti o donati per una quota del loro valore, in diritto esclusivo su beni determinati o porzioni concrete di questi. Pertanto, la rinunzia all’a- zione di riduzione precluderebbe il ricorso al giudice per ottenere tale di- ritto esclusivo su determinati beni relitti o donati e, quindi, comportereb- be l’abbandono di un bene patrimoniale entrato nel patrimonio del legit- timario già prima ed ipso iure, a prescindere dall’azione di riduzione.

Se il legittimario preterito è fin dall’apertura della successione titolare del diritto di comproprietà sui beni dell’asse ereditario, in caso di rinunzia la sua quota rinunziata si accrescerà automaticamente in capo agli altri comunisti superstiti, in proporzione delle rispettive quote, atteso che il le- gittimario comunista che rinunzia fuoriesce dall’insieme dei compartecipi che hanno appunto la titolarità di tutto il bene oggetto della comunione e non già di una singola porzione ciascuno.

Di conseguenza, la rinunzia all’esercizio dell’azione di riduzione inte- grerebbe un atto abdicativo di natura patrimoniale avente ad oggetto la dismissione della facoltà di agire per ottenere un diritto già facente parte del patrimonio del legittimario pretermesso, di talché il creditore potrebbe dapprima agire in revocatoria ottenendo la declaratoria d’inefficacia di ta- le atto dismissivo, per poi agire in surrogatoria. In altre parole, se i legit- timari sin dall’apertura della successione sono titolari di un diritto reale sui beni relitti che può essere vantato per il tramite di un’azione volta ad accertare l’esistenza di un diritto reale pro quota su tutti i beni caduti in

58 Si rinvia a quanto osservato esposto supra, cap. II, § 7.2 e, in particolare, a L.FERRI,

Dei legittimari, Libro II – Art. 536-564, cit., pp. 13 e 156.

59 Configurando la legittima alla stregua di un legato attributivo di un diritto reale sui

beni ereditari a carico dei beneficiari delle liberalità eccedenti è applicabile l’actio interroga-

toria prevista dall’art. 650 c.c. con cui si chiede al legatario di dichiarare se intende rinun-

ziare al legato, in modo da abbreviare il termine di prescrizione per avanzare pretese sui be- ni costituenti la legittima.

successione, allora il legittimario con la rinunzia all’azione di riduzione dismette un diritto già entrato nel proprio patrimonio.

Mentre il diritto di riserva è considerato da Ferri un “bene patrimonia- le” del legittimario, la stessa dottrina non riconosce invece natura patri- moniale al diritto di accettare l’eredità, reputato un potere riconosciuto al chiamato, con conseguente inapplicabilità della disciplina della rinunzia all’eredità alla rinunzia all’azione di riduzione. La rinunzia ad accettare l’eredità farebbe cadere la delazione comportando la dismissione di un po- tere riconosciuto dalla legge e non di un bene che ha avuto già ingresso nel patrimonio del legittimario e dunque non potrebbe, a differenza della rinunzia alla legittima, essere assoggettata all’azione revocatoria.

La medesima dottrina reputa 60, tuttavia, il rifiuto al diritto di accettare

l’eredità impugnabile ai sensi dell’art. 524 c.c., mentre lo stesso rimedio non è ritenuto applicabile, dato il suo carattere eccezionale, né alla rinun- zia alla legittima né alla rinunzia al legato 61. Pertanto, i creditori personali

del legatario rinunziante sarebbero sprovvisti di qualsiasi mezzo di tutela.

6.3. La rinunzia all’azione di riduzione quale atto impeditivo alla reinte- grazione dei diritti di riserva

La tesi dominante supportata da Mengoni 62 qualifica la legittima come

quota di eredità, predicando l’acquisizione della qualità di erede da parte del legittimario pretermesso, con conseguente partecipazione alla comu- nione ereditaria, solo a seguito del vittorioso esperimento dell’azione di ri- duzione. Pertanto, in tale ottica, la rinunzia all’azione di riduzione, al pari della prescrizione, produrrebbe per i terzi effetti soltanto riflessi.

Invero, poiché la sentenza che accoglie l’azione di riduzione ha l’effetto tipico di rendere inefficaci le disposizioni lesive rispetto al legittimario, con- siderando il bene oggetto della disposizione testamentaria lesiva come mai uscito dall’asse ereditario, la rinunzia all’azione di riduzione, precludendo al legittimario pretermesso la possibilità di diventare erede, ha l’effetto di consolidare i precedenti atti attribuitivi a favore dei beneficiari delle dispo- sizioni eccedenti la disponibile 63.

60 Si vedano in proposito le riflessioni di L.FERRI, Successioni in generale, in Comm.

Scialoja-Branca, Artt. 512-535, Bologna-Roma, 1968, p. 117.

61 Giova segnalare che nel vigore del codice Pisanelli, l’art. 949 c.c. (corrispondente all’at-

tuale art. 524 c.c.) era ritenuto applicabile alla rinunzia al legato per analogia la disposizio- ne sulla rinunzia all’eredità, come osserva A.BUTERA, Dell’azione pauliana o revocatoria, To- rino, 1934, p. 378.

62 Si veda supra, cap. II, § 10.

63 Sebbene la rinunzia all’azione di riduzione produca tale indiretto effetto favorevole non

si ritiene di doverlo qualificare come atto recettizio, nonostante il contrario avviso di Cass., 7 dicembre 1962, n. 3299, in Giur. it., 1963, I, 1, 212, atteso che in virtù della rinunzia non

In tali termini, la rinunzia all’azione di riduzione è espressione della fa- coltà del titolare del diritto di agire in riduzione, esercitabile attraverso un negozio giuridico unilaterale non recettizio, che non richiede formule sa- cramentali (al contrario della diversa ipotesi della rinunzia agli atti del giu- dizio che esige l’accettazione della controparte), attraverso il quale il legit- timario abdica alla facoltà di conseguire la legittima: si determina così un vantaggio patrimoniale solo indiretto per i beneficiari delle disposizioni le- sive, i cui diritti rimarranno definitivamente impregiudicati 64.

Attesa la non automatica investitura dei legittimari nei diritti riservati a loro favore dalla legge, la rinunzia alla legittima assume le vesti di una ri- nunzia ai diritti conseguiti a seguito di delazione ereditaria o a seguito di vittorioso esperimento dell’azione di riduzione, configurando, nel primo caso una rinunzia all’eredità e nel secondo una rinunzia abdicativa a dirit- ti già entrati a far parte del patrimonio del legittimario 65.

In proposito giova altresì richiamare le “sentenze gemelle” delle Sezio- ni Unite del 2006 66 le quali si sono espresse nel senso della “cristallizza-

zione”, al momento dell’apertura della successione, della quota di riserva spettante a ciascuna categoria di legittimari ed a ciascun legittimario nel- l’ambito della stessa categoria. Pertanto, per la determinazione di tali quo- te, occorre avere esclusivo riferimento alla situazione esistente al tempo dell’apertura della successione e non a quella determinata dopo la rinun- zia all’azione di riduzione.

Di conseguenza, mentre nella successione necessaria la rinunzia ad agi- re in riduzione non comporta l’automatico accrescimento delle quote di riserva degli altri legittimari, stante la mancanza di una vocazione solida- le ovvero di una chiamata congiunta ad una quota globale, nella succes- sione legittima e testamentaria, la rinunzia di uno dei delati alla propria quota di eredità potrebbe determinare un fenomeno di espansione auto- matica delle quote dei chiamati in pari grado, in quanto retroattiva ai sen- si dell’art. 521 c.c.

si produrrebbe sul patrimonio dei beneficiari delle disposizioni lesive alcun incremento, ma solo – come detto – il consolidamento degli effetti di precedenti atti attributivi. Si vedano sul punto le riflessioni di A.BULGARELLI, Gli atti «dispositivi» della legittima, in Riv. not., 2000, p. 489.

64 In proposito, secondo V.C

ARBONE, Riduzione delle donazioni e delle disposizioni testa-

mentarie lesive della legittima, in Digesto civ., XVII, Torino, 1999, p. 619.«la rinuncia all’a-

zione di riduzione rende stabili ed intangibili le situazioni giuridiche precostituite in forza delle disposizioni lesive del diritto, impedendo al legittimario rinunciatario di acquistare, in tutto o in parte, i beni necessari per reintegrare la quota di riserva, che altrimenti gli sareb- be spettata, e non può, pertanto, configurarsi come un trasferimento di beni già acquisiti».

65 In tal senso si veda L.BIGLIAZZIGERI-U.BRECCIA-F.D.BUSNELLI-U.NATOLI, Diritto civile

2, Diritti reali, Torino, 1998, p. 317.

66 Cass., sez. un., 9 giugno 2006, n. 13429, cit. e Cass., sez. un., 12 giugno 2006, n. 13524,

Il sistema delineato dalle Sezioni Unite del 2006 consente dunque di ar- ticolare il rapporto tra rinunzia all’eredità e rinunzia all’azione di riduzio- ne nel senso che il legittimario leso potrà rinunziare: (i) alla quota inferio- re alla legittima, con conseguente implicita rinunzia all’azione di riduzio- ne ex art. 564 c.c. e accrescimento delle quote degli eventuali chiamati di pari grado o in via solidale; (ii) ad esperire l’azione di riduzione volta ad ottenere l’intera quota di riserva, cui non seguirà alcun accrescimento a favore degli altri legittimari al tempo dell’apertura della successione. Il le- gittimario pretermesso potrebbe “per definizione” rinunziare solo a pro- muovere l’azione di riduzione, giacché non essendo delato non potrebbe rinunziare ad un’eredità cui non è stato chiamato.

Se la rinunzia all’azione di riduzione comporta un effetto soltanto ri- flesso per i terzi, consolidando i diritti acquistati in virtù dei precedenti atti attributivi lesivi, non si potrà riconoscere alla rinunzia all’azione natu- ra di rinunzia abdicativa bensì di atto impeditivo alla reintegrazione dei diritti di riserva 67. Pertanto, qualora il legittimario decida di rinunziare al-

l’azione di riduzione, espressamente o tacitamente, ovvero si limiti a lasciar decorrere infruttuosamente il termine di prescrizione dell’azione, non si produrrà alcun effetto d’incremento patrimoniale a favore del delato, ma unicamente la stabilizzazione dell’acquisto ereditario senza una correlazio- ne immediata e diretta con la rinunzia all’azione di riduzione 68.

L’effetto favorevole per il beneficiario della disposizione lesiva non è in- vero riconducibile alla rinunzia all’azione di riduzione del legittimario in forza di un nesso di causalità diretta in quanto il legittimario, qualora aves- se voluto tutelare il suo diritto in via giudiziale, avrebbe potuto anche non risultare poi vittorioso nel giudizio: dunque l’effetto vantaggioso per i be- neficiari non si presenta in diretta relazione causale con la rinunzia alla ri- duzione, costituendone soltanto una conseguenza riflessa e mediata.

È evidente come si giungerebbe a conclusioni diametralmente opposte

67 In proposito, secondo C.COPPOLA, La rinunzia ai diritti futuri, cit., p. 142, non vi è spa-

zio per il rifiuto nelle ipotesi in cui l’incisione della sfera giuridica altrui discende da un ef- fetto meramente riflesso di un atto di autonomia privata: «Per questa ragione, deve esclu- dersi che il concetto di rifiuto possa costituire il rimedio, concesso al beneficiario delle con- seguenze favorevoli derivanti da una rinunzia, finalizzato a respingere le conseguenze me- desime. Ci si riferisce agli effetti discendenti, in via meramente indiretta ed eventuale, dalla dismissione di un diritto, i quali possono consistere nell’accrescimento a terzi della situa- zione giuridica rinunziata o nella liberazione da un’obbligazione altrui».

68 Contra, sul punto, Trib. Novara, 18 marzo 2013, in Riv. not., 2013, p. 655 con nota di

A.BIGONI-F.GIOVANZANA, La tutela del creditore personale del legittimario tra surrogatoria, re-

vocatoria ed articolo 524 c.c., secondo la quale «Non può dirsi che la rinuncia all’azione di

riduzione costituisca una mera rinuncia ad una facoltà priva di conseguenze sul patrimonio del debitore, perché il diritto a conseguire la legittima ha contenuto patrimoniale ed è già acquisito al patrimonio del debitore per effetto della pretermissione. In questo senso, dun- que, la rinuncia deve qualificarsi come atto dispositivo suscettibile di revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c.».

Nel documento La tutela dei creditori del legittimario (pagine 195-200)