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Segue e la sua critica

Nel documento La tutela dei creditori del legittimario (pagine 111-119)

“quota di legittima”

9. Segue e la sua critica

9.1. I rilievi di carattere storico

All’esposta teoria secondo la quale la qualità di erede appartiene ipso iure al legittimario, distinguendo tra quota di eredità e quota legittima, sono sta- te mosse numerose critiche ritenendola, oltre che antistorica, altresì gravida di effetti aberranti, in aperto contrasto con il diritto positivo 77.

Invero, è stato osservato come l’esposta teoria paia trascurare che nel

Code civil, ritenuto modello di riferimento per il nostro codice, l’istituto

della réserve è frutto della fusione della légitime de droit con la réserve cou-

tumière di cui ha assunto il nome «par suite de ces hasards de langage dont

76 Si veda in proposito ancora A.C

ICU, Successione necessaria (rass. di giur.), cit., p. 270, e le riflessioni critiche di L.MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Succes-

sione necessaria, cit., p. 57.

77 Si fa in particolare riferimento alle critiche di L.M

ENGONI, Successioni per causa di

morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., p. 57, il quale tuttavia aveva in precedenza

accolto la stessa teoria in La posizione giuridica del legittimario preterito, in Studi in onore di

Antonio Cicu, I, Milano, 1950, p. 499, per poi discostarsene a partire dalla terza edizione del

il ne faut pas se préoccuper» 78, mantenendone la configurazione di quota

hereditatis. Pertanto, l’evoluzione di tali istituti – trasfusi dal diritto con-

suetudinario francese al codice napoleonico – ha condotto all’affermazio- ne dell’unitarietà tra riserva (acquistata ipso iure dal legittimario) e legit- tima (destinata ad integrare la prima in caso di mancata attribuzione al riservatario della frazione di utile netto), intesi quali profili del medesimo diritto successorio. Nell’ordinamento transalpino, tuttavia, tale quota di riserva non è devoluta ope legis al legittimario con conseguente sua auto- matica investitura nella qualità di erede.

La quota ereditaria riservata non persegue una finalità indipendente dalla porzione legittima: è dunque anacronistico reputare che riserva e le- gittima siano due concetti distinti da cui deriverebbe una duplicità di di- ritti e di tutele.

Parimenti, si rivela antistorico l’argomento che fa leva sul tenore lette- rale dell’art. 735, comma 1, c.c. sulla nullità della divisione, dal quale Cicu arguisce che la norma presupporrebbe che il legittimario pretermesso sia chiamato ipso iure alla quota di riserva. Invero, tale disposizione deriva dall’art. 1047 del codice Pisanelli del 1865 che, in materia dell’allora previ- sta divisione d’ascendente 79, affermava: «è interamente nulla la divisione,

nella quale non siano stati compresi tutti i figli che saranno chiamati alla successione e i discendenti dei figli premorti», riproducendo così l’art. 1077 del Code civil. Mentre nell’attuale codice civile la divisione testamen- taria realizza una distribuzione dei beni ereditari tra i chiamati a succede- re dallo stesso testamento, nel codice napoleonico la divisione aveva una funzione distributiva dei beni nella successione intestata.

Pertanto, la nullità prevista dall’art. 1047 del c.c. del 1865, in cui la divi- sione coinvolgeva tutti i discendenti secondo le quote ab intestato, era giu- stificata dalla lesione del diritto di quota intestata del figlio pretermesso nella divisione e non sul diritto alla quota di riserva, su cui invece si fonda la nullità stabilita dall’odierno art. 735, comma 1, c.c. Nel nostro ordina- mento la divisione assume la natura di atto meramente esecutivo della vo- cazione ereditaria sia legale sia testamentaria, di talché ad essa devono partecipare tutti gli aventi diritto ad una quota dei beni inclusi nella stessa divisione, dunque sia gli eredi istituiti sia i legittimari, pena la nullità per carenza di causa della divisione quale negozio distributivo 80. Di conse-

78 Così, M. T

ROPLONG, Des donations entre-vifs et des testaments, I, Bruxelles, 1835, n.

738, p. 250.

79 L’art. 1044 del c.c. del 1865 – non riproposto nella codificazione del 1942 – consentiva

al padre, alla madre e agli altri ascendenti di dividere e distribuire i loro beni tra i loro figli e discendenti, includendo nella divisione anche la parte non disponibile. Su tale istituto si veda V.POLACCO, Della divisione operata da ascendenti fra discendenti, Verona-Padova, 1884, p. 265.

80 Sul punto si veda P.F

ORCHIELLI-F.ANGELONI, Della divisione. Art. 713-768, in Comm.

guenza, nella norma attualmente in vigore, la sanzione della nullità è giu- stificata dalla pretermissione del riservatario non in quanto successibile secondo la successione intestata bensì in quanto tale 81.

Da ciò deriva che, in caso di pretermissione di un legittimario e di successiva riduzione delle disposizioni lesive della legittima, stante la nul- lità della divisione del testatore, il riservatario pretermesso dovrà, pre- giudizialmente, ottenere la quota di riserva e dunque assumere la qualità di erede promuovendo congiuntamente l’azione di riduzione (come si esporrà infra) e l’azione di nullità della divisione 82. Nel caso in cui la do-

manda di riduzione abbia esito favorevole al legittimario si realizzerà pertanto una comunione ereditaria che includerà sia gli eredi testamen- tari sia il riservatario prima pretermesso, il quale sarà titolare del posses- so pro indiviso dei beni ereditari per una quota corrispondente a quella di riserva 83.

9.2. L’incompatibilità con la sistematica dei legittimari

L’esposta teoria conduce ad esiti sistematicamente incongrui là dove assegna alla legittima la natura di diritto di credito.

Invero, la configurazione dell’azione di riduzione quale mezzo volto a procurare al legittimario la pars bonorum idonea a soddisfare i suoi diritti è incoerente con l’esperimento di tale rimedio nei confronti di coloro che sono stati beneficiari di donazioni in vita dal de cuius. Atteso infatti il ca- rattere pacificamente unitario dell’azione di riduzione spettante al riserva- tario che abbia subito una lesione dei propri diritti di riserva a causa di un’attribuzione testamentaria (art. 554 c.c.) o donativa (art. 555 c.c.), a meno che non si rimuova il titolo di acquisto dei donatari, non è possibile individuare un diritto di credito nei confronti di tali soggetti causalmente estranei alla successione dell’ereditando 84. Invero, l’azione di riduzione ha

natura di mezzo di impugnativa negoziale, avente ad oggetto un atto di- in Trattato Vassalli, XII, 5, Torino 1980, p. 315; L.MENGONI, La divisione testamentaria, Mi-

lano, 1950, passim.

81 La netta distinzione interpretativa tra l’art. 735, comma 1, dell’attuale codice e l’art.

1047 del codice del 1865 è stata sottolineata dalla giurisprudenza: App. Lecce, 30 giugno 1955, in Rep. Giust. civ., 1955, voce Divisione, n. 42 e App. Napoli, 11 giugno 1951, in Foro

pad., 1952, I, p. 1104.

82 Si veda in proposito le riflessioni di S.D

ELLEMONACHE, Successione necessaria e siste-

ma di tutele del legittimario, Milano, 2008, p. 48.

83 A meno che l’unica istituzione testamentaria sia stata totalmente ridotta con la conse-

guente restituzione al legittimario di tutti i beni ereditari. In proposito si veda C.M. BIANCA,

Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, cit., p. 702.

84 In tal senso si vedano le approfondite riflessioni di L.M

ENGONI, Quota di riserva e por-

spositivo che in caso di accoglimento diviene inefficace nei confronti del legittimario 85.

In aggiunta, la distinzione fra quota di legittima, acquisibile a seguito del vittorioso esercizio dell’azione di riduzione, e quota riservata, acquisi- bile automaticamente all’apertura della successione, comporta risultati in- compatibili con la disciplina dettata dal legislatore nonché palesemente iniqui.

La descritta dicotomia è infatti in contrasto con l’art. 558, comma 1, c.c. il quale prescrive il criterio della proporzionalità per la riduzione delle disposizioni testamentarie, senza distinguere tra eredi e legatari, in modo che il rapporto tra i valori delle disposizioni ridotte si mantenga invariato.

Qualora sia istituito erede un soggetto estraneo al nucleo familiare e al contempo previsto un legato, secondo l’esposta tesi, il riservatario leso o pretermesso può, in primo luogo, fare automaticamente propria la quota di riserva e in seguito – stante il minor valore di tale quota rispetto a quel- la di legittima – promuovere l’azione di riduzione, aggredendo proporzio- nalmente il soggetto istituito erede e il legatario.

Si consideri il seguente esempio: Tizio, il cui asse ereditario è pari a 100, ha pretermesso il figlio, unico legittimario, istituendo erede universa- le un fraterno amico e attribuito un legato per 20 al cugino 86. Secondo la

teoria di Cicu, al figlio pretermesso, in quanto erede ipso iure, si devolve- rebbe automaticamente – senza alcuna necessità di esperire l’azione di ri- duzione – metà del relictum e dunque 50; tale quota, essendo gravata dal peso derivante dal legato, avrebbe un valore netto di 40 (50-10) e pertanto il figlio pretermesso (la cui quota di riserva è pari a 50, ossia metà del re-

lictum 100) risulterebbe leso per 10. Di conseguenza, per ottenere la quota

di legittima spettantegli, il riservatario dovrebbe agire contro il legatario nonché contro l’erede istituito chiedendo la riduzione in via proporzionale

85 In proposito, si veda A. P

ALAZZO, voce Riduzione (azione di), in Enc. giur. Treccani,

XXVII, Roma, 1997, p. 1-2; L.MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Suc-

cessione necessaria, cit., p. 230. Giova osservare come già nel codice civile del 1865 non si

riprodusse la distinzione tra l’azione diretta contro le donazioni e quella contro i legati che aveva caratterizzato il diritto consuetudinario francese si veda sul punto A.PINO, La tutela

del legittimario, cit., p. 26; F.SANTORO-PASSARELLI, Appunti sulla successione necessaria, (le-

zioni raccolte da L. Cosattini), Padova, 1936, p. 79; E.BETTI, Appunti di diritto civile, cit., p.

509. In proposito L.COVIELLO, Successione legittima e necessaria, cit., p. 543 afferma che l’azione di riduzione sperimentata contro le disposizioni testamentarie è volta alla loro inef- ficacia limitatamente alla porzione necessaria ad integrare la quota riservata e «non già a distruggere la qualità di erede o legatario nell’istituito al di là della disponibile», mentre quando è diretta contro i donatari «mira a produrre la risoluzione totale o parziale del loro acquisto». Pertanto, secondo tale orientamento, essendo un’azione di risoluzione di un con- tratto, l’azione di riduzione diretta contro le donazioni sarebbe azione di natura personale, giacché non si contesta il titolo del diritto di proprietà del convenuto.

86 L’esempio è dello stesso A.C

ICU, Successioni per causa di morte – Parte generale, cit., p.

sia del legato sia della quota dell’erede testamentario, già ridottasi a 40 per effetto dell’automatica devoluzione della quota di riserva al figlio pre- termesso. In base al criterio stabilito dall’art. 558 c.c., dovendosi mantene- re la proporzione di valore tra eredi e legatari stabilita dal de cuius nel te- stamento (nella specie il rapporto di 40: 20 ossia 2: 1), l’erede istituito su- birebbe una riduzione ulteriore pari a 6,66 e quindi riceverebbe 33,33 (40- 6,66) mentre il legatario una riduzione per 3,33 ottenendo così 16,66 (20- 3,33). Di conseguenza, poiché i beneficiari delle disposizioni testamenta- rie otterrebbero rispettivamente 33,33 e 16,66, rispetto alle originarie di- sposizioni testamentarie (rispettivamente 80 e 20), il legatario subirebbe una decurtazione meno che proporzionale rispetto all’erede testamenta- rio, ricevendo dunque un indebito vantaggio.

Invece, applicando alla medesima fattispecie l’art. 558 c.c. ma senza considerare il legittimario erede all’apertura della successione, al fine di far conseguire al figlio la legittima di 50, occorre operare una riduzione proporzionale delle disposizioni testamentarie e dunque conservando il rapporto di 80:20 (ossia 4: 1). Pertanto, ai sensi dell’art. 558 c.c., il riserva- tario dovrà ridurre l’istituzione di erede, dal valore netto di 80 a 40 e il le- gato da 20 a 10: così, dunque, entrambe le disposizioni testamentarie sop- porterebbero proporzionalmente il medesimo sacrificio pari alla metà.

Osservando l’esito delle descritte simulazioni, è evidente come la teoria di Cicu favorisca il legatario a pregiudizio dell’erede testamentario il quale vede la propria quota ridotta prima in ragione della devoluzione automa- tica al legittimario della quota di riserva e poi, ulteriormente, in virtù della successiva riduzione proporzionale delle disposizioni testamentarie, in spregio al criterio di riduzione stabilito dall’art. 558, comma 1, c.c. 87.

Inoltre, emerge come l’esposta tesi tratteggi in maniera intrinsecamen- te contraddittoria la quota di riserva: devoluta ipso iure al riservatario ma già proporzionalmente gravata dal legato. Non a caso, per superare tale aporia, lo stesso Cicu, in continuità con quanto previsto dalle coutumes 88,

ritiene i legati di specie nulli nella misura in cui esorbitano il valore della disponibile e i legati di quantità gravanti esclusivamente sull’erede della disponibile.

La maggiore iniquità sostanziale cui conduce la descritta teoria si rive- la nella sua applicazione all’ipotesi dei rapporti tra erede testamentario e

87 Riecheggia lo sfavore – poi superato dall’art. 926 del Code civil – nei confronti degli

eredi testamentari, allora legatari universali, presente nelle coutumes, nei rapporti con i le- gatari particolari là dove si presumeva che il testatore avesse voluto lasciare al legatario universale «ce qui reste après les legs particuliers acquittés» (così LEBRUN, Traité, liv. 2, ch. 3, sect. 8, n. 2, p. 262) prevedendosi che l’azione di riduzione colpisse innanzitutto i legatari universali e solo in via subordinata i legatari particolari.

88 I propres erano disponibili nella misura di un quinto (secondo la consuetudine di Pari-

gi), gli altri quattro quinti erano avvinti da un vincolo d’indisponibilità reale e pertanto i legati eccedenti il quinto dei propres erano nulli.

legittimario che abbia già ricevuto una donazione in conto di legittima. In tale fattispecie la devoluzione automatica della quota di riserva sul relic-

tum è infatti in contrasto con il disposto dell’art. 564, comma 2, c.c. che

pone a carico del riservatario che intenda agire in riduzione l’onere di im- putare alla propria porzione legittima quanto già conseguito a titolo di donazione o legato, salvo espressa dispensa 89.

Anche in tal caso la comprensione può essere agevolata da un esempio: Tizio, il cui patrimonio iniziale è pari a 100, dopo aver gratificato l’unico figlio con una donazione in conto di legittima del valore di 50 (in man- canza di dispensa dall’imputazione), muore istituendo erede universale un fraterno amico.

Seguendo la tesi di Cicu che distingue quota ereditaria di riserva e le- gittima, al figlio pretermesso sarebbe automaticamente devoluta la quota di riserva della metà del relictum (1/2 di 50 = 25), la quale, cumulata alla già ricevuta donazione per 50, permetterebbe al legittimario di ottenere un complessivo valore di 75, conseguendo così, contro la volontà del testa- tore, una partecipazione agli altri beni. In tale ipotesi, quindi il riservata- rio – pur avendo ricevuto quanto gli spetta come utile netto, con conse- guente impossibilità di promuovere l’azione di riduzione – conseguirebbe, in qualità di erede ipso iure, anche una quota di eredità.

La distinzione tra quota di riserva e quota legittima si riverbera sulla differente incidenza dell’imputazione ex se prevista dall’art. 564, comma 2, c.c., la quale graverebbe unicamente sulla quota legittima quale pars bo-

norum con conseguente limite all’azione di riduzione, non potendo scalfi-

re la quota ereditaria di riserva, acquisita ope legis, che è tutelata dall’azio- ne di petizione dell’eredità.

Al contrario, in base alla preferibile teoria che identifica quota di riser- va e diritto di legittima senza ritenere il legittimario erede ipso iure, all’a- pertura della successione il relictum ha un valore di 50 e, in seguito alla c.d. riunione fittizia, la legittima del figlio – atteso che la quota riservata è pari alla metà dell’asse ereditario (1/2 di 100 = 50) – risulterebbe intera- mente soddisfatta considerato il valore della ricevuta donazione in conto di legittima: dunque, il riservatario non potrebbe pretendere alcunché espe- rendo l’azione di riduzione 90.

Pertanto, la quota di riserva deve ritenersi non ontologicamente distin- ta dalla quota di legittima, bensì funzionalmente idonea ad assicurare l’in- vestitura ereditaria del legittimario in quanto mezzo tecnico per ottenere la quota di legittima.

Invero, abbandonando il criterio della quota fissa (adottato dal codice Pisanelli) in favore della quota mobile secondo quanto stabilito dagli artt.

89 Si veda in proposito A.PINO, La tutela del legittimario, cit., p. 51. 90 In argomento si veda A.C

ICU, Successioni per causa di morte – Parte generale, cit., p.

537 e ss. c.c., la quota di riserva può esse determinata solo in esito all’a- pertura della successione, avendo riguardo, quale patrimonio di riferimen- to, non già a quello ereditario, bensì a quello risultante dalla c.d. riunione fittizia che include anche i beni oggetto di donazioni. Se dunque la quota di patrimonio riservata esprime la misura economica del diritto di legittima, il legittimario diviene erede nella misura in cui ciò sia funzionale ad assicu- rargli l’ottenimento della legittima, senza che il titolo ereditario costituisca invece il presupposto per ottenere la quota di patrimonio che gli spetta.

È degno di nota il tentativo da parte di una dottrina di mantenere coe- rente la tesi della devoluzione ipso iure del titolo ereditario in favore del legittimario con il sistema normativo in materia di legittimari, evitando i descritti effetti distorsivi 91. Affermata la natura unitaria della riserva si è

infatti ritenuto che l’oggetto della delazione automatica al riservatario fos- se una quota ereditaria stimata in base al valore indicato dalla quota di le- gittima, a prescindere dalla circostanza che vi siano beni correlati ad essa. Pertanto, l’entità frazionaria della quota ereditaria sarà insensibile alle eventuali donazioni o legati in conto di legittima a favore del legittimario, senza comportare l’acquisizione di un valore economico corrispondente.

Nondimeno, tale tesi resta ancorata al postulato dell’investitura eredita- ria automatica ossia della configurazione del riservatario quale erede ipso

iure, con la conseguente antistorica individuazione del titolo di erede quale

presupposto giuridico essenziale per l’esercizio dell’azione di riduzione. Una possibile via alternativa sarebbe configurare il legittimario preter- messo come un chiamato ipso iure all’eredità 92. Sebbene per Mengoni si

tratterebbe di una modifica meramente “formale”, inidonea a mutare nel- la sostanza la tesi tradizionale di Cicu 93, tale soluzione avrebbe comunque

il pregio di ritenere il legittimario delato come mera conseguenza del vin- colo familiare. Il riservatario tuttavia acquisterebbe l’eredità – e dunque la qualità di erede – solamente con la sentenza che, accogliendo l’azione di riduzione, accerta la lesione della quota di riserva del legittimario e ne di- spone la integrazione 94.

91 Si fa riferimento all’analisi di S.F

ERRARI, La posizione giuridica del legittimario all’a-

pertura della successione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1972, p. 491.

92 In tal senso si veda M.ANDREOLI, La vocazione ereditaria, in Studi senesi, 1940, p. 267,

secondo il quale «all’atto dell’apertura della successione, il legittimario, come tale, è desti- natario di una vocazione necessaria a titolo di erede, vocazione che la norma immediata- mente ricollega al destinatario in considerazione del rapporto che lo legava al de cuius».

93 Secondo L.M

ENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione neces-

saria, cit., p. 50, nota 17, «La critica che, dopo l’entrata in vigore del libro separato delle

successioni, è stata formulata dal punto di vista dell’art. 4 (459 del codice unificato) ha un valore puramente formale. La sorte della dottrina tradizionale non è legata al problema dell’acquisto dell’eredità: risolto questo problema nel senso della necessità dell’accettazione, la tesi che il legittimario è erede ipso iure non perde nulla del suo significato».

9.3. La figura del legittimario e le sopravvenute oscillazioni di valore dei beni

Il “peccato originale” della tesi di Cicu è correttamente individuato da Mengoni nell’asserita autonomia della quota di riserva rispetto al diritto a conseguire una determinata porzione del patrimonio.

Coerentemente, con la distinzione tra legittima – intesa quale credito verso l’eredità – e riserva, la teoria di Cicu, ritiene che l’oggetto del diritto del legittimario sarebbe insensibile agli eventuali aumenti o diminuzioni di valore posteriori all’apertura della successione. Qualora invece quota ereditaria di riserva e legittima si indentificassero, il riservatario sarebbe comproprietario del relictum nei limiti del valore della quota di legittima fissato al momento dell’apertura della successione, essendo preclusa al le- gittimario la partecipazione alla divisione degli eventuali nuovi cespiti ere- ditari che dovessero sopravvenire 95.

A tale obiezione ha puntualmente replicato Mengoni 96, osservando che

l’entità del diritto del riservatario sarebbe indifferente agli aumenti e alle diminuzioni di valore sopravvenuti nella massa unicamente nell’ipotesi in cui non risultasse una lesione della legittima in seguito alla determinazio- ne della porzione disponibile ai sensi dell’art. 556 c.c.: in tal caso, il legit- timario non potrà esperire l’azione di riduzione nei confronti del legato qualora il valore del bene oggetto di disposizione testamentaria a titolo particolare sia aumentato di valore dopo l’apertura della successione. Al

Nel documento La tutela dei creditori del legittimario (pagine 111-119)