nunzia all’azione di riduzione
4. Il rifiuto quale omissio adquirent
Fattispecie differente dalla rinunzia è quella del rifiuto, che si riferisce – secondo l’orientamento tradizionale – ad un atto per il cui tramite si de- termina la perdita di un’acquisizione perfezionata ma non in modo stabile e definitivo, producendosi l’eliminazione retroattiva degli effetti di essa 25.
dall’altro assume la veste di una proposta di trasferimento della proprietà rivolta al titolare del fondo dominante, che l’acquisterà solo con l’accettazione. Così, tra gli altri,G.BALBI, Le
obbligazioni propter rem, Torino 1950, p. 195; G. BRANCA, Servitù prediali, in Comm. Scialo-
ja-Branca, sub. artt. 1027-1099, 5a ed., Bologna-Roma 1979, p. 402; ugualmente, Cass., 22
giugno 1963, in Foro pad., 1964, I, p. 1122, con nota conforme di B. BIONDI, Carattere del-
l’abbandono liberatorio del fondo servente.
24 Allo stesso modo è necessario distinguere la fattispecie della rinunzia alla quota di co-
munione dalla rinunzia dell’usufruttuario, giacché in questa ultima ipotesi il diritto di pro- prietà si espande – come detto – per il principio dell’elasticità del dominio con riferimento ad una vicenda relativa all’interazione tra due diritti di specie diversa, e non del medesimo ed unico diritto, inerente la natura stessa della comunione, il quale permane immutato e di cui restano contitolari i partecipanti superstiti. Nella rinunzia alla quota di comunione, il fenomeno dell’accrescimento della porzione rinunziata avviene a prescindere dalla presenza dell’effetto liberatorio, conseguendo ad ogni rinuncia della quota anche fuori dal perimetro di applicazione dell’art. 1104 c.c. L’accrescimento è infatti, come detto connaturato all’es- senza della comunione ed assume il carattere di specialità nell’ambito dei diritti reali, quale effetto istantaneo della dichiarazione rinunziativa che perciò si dirà satisfattiva. Sulla ri- nunzia abdicativa nella comunione si veda Cass., 9 novembre 2009, n. 23691, in Fam., pers.
e succ., 2010, p. 415: «Ogni partecipante ad una comunione ordinaria è contitolare di un
diritto e non di una singola porzione di esso autonomamente suscettibile di rinunzia abdi- cativa, per cui il venir meno di una delle partecipazioni dal punto di vista soggettivo tramite una dichiarazione rinunziativa comporta una rideterminazione pro quota dell’entità delle partecipazioni dei comunisti superstiti, i quali vedranno ipso iure accrescere in proporzione le loro quote in forza del principio di elasticità della proprietà».
25 Si tratterebbe, in altri termini, di un atto negoziale di esercizio negativo del potere di
accettazione con l’effetto di impedire l’acquisto del diritto in capo al suo autore. In tal senso si vedano L.FERRI, Rinunzia e rifiuto nel diritto privato, cit., p. 43 e F.SANTORO-PASSARELLI,
Dottrine generali del diritto civile, cit., p. 217, i quali distinguono il rifiuto dalla rinunzia,
quale atto abdicativo di un diritto già in titolarità del soggetto. In senso parzialmente diver- so G.BENEDETTI, Dal contratto al negozio unilaterale, cit., p. 172 e L.V.MOSCARINI, I negozi a
favore di terzo, Milano, 1970, p. 156; ID., Il contratto a favore di terzi, artt. 1411-1413, in Cod.
civ. comm., fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Milano, 1997, p. 69, i quali
discriminano tra il rifiuto “impeditivo” del perfezionamento di una fattispecie negoziale la-
to sensu costitutiva di una situazione giuridica soggettiva in capo al rifiutante ed il rifiuto
“eliminativo” di effetti acquisitivi già prodotti. Tale distinzione è stata applicata in tema di prelazione volontaria da P.DEMARTINIS, Rinunzia, rifiuto e prelazione volontaria, in Resp.
civ. e prev., 2014, p. 685. Secondo T.MONTECCHIARI, I negozi unilaterali a contenuto negativo,
Pertanto, a differenza della rinunzia che ha effetto essenzialmente ab- dicativo di un diritto in precedenza acquisito alla sfera giuridica del ri- nunziante, senza effetti retroattivi, il rifiuto riveste funzione impeditiva nell’ambito di un procedimento acquisitivo 26.
Alla figura del rifiuto può inscriversi la rinunzia al legato, nella quale si realizza l’eliminazione retroattiva di un diritto già acquisito, seppure prov- visoriamente, ponendosi sul piano della dinamica acquisitiva automatica prevista dall’art. 649 c.c. L’automaticità dell’acquisto del legato senza biso- gno di accettazione implica che quella definita come “rinunzia” dalla menzionata norma si atteggi in realtà come atto negoziale unilaterale non recettizio, in forza del quale viene dismesso un diritto già entrato nella sfera giuridica del rinunziante, con efficacia retroattiva a far tempo del- l’apertura della successione.
Secondo la tesi esposta agli albori del codice del 1942, pur riconoscen- dosi la retroattività dell’eliminazione degli effetti di un acquisto già verifi- catosi, la rinunzia al legato costituirebbe comunque una rinunzia abdica- tiva in senso proprio, attesa la rilevanza e gli effetti dell’accrescimento tra collegatari (art. 675), analogo a quello che si verifica tra coeredi (art. 674 c.c.) 27. Assumendo tale configurazione, la rinunzia al legato integrerebbe
un atto che determina un decremento della consistenza patrimoniale del debitore, con conseguente ammissibilità dell’azione revocatoria da parte del creditore del rinunziante 28.
Una successiva dottrina riconosce, invece, alla fattispecie di cui all’art. 649 c.c. natura di atto di rifiuto giacché in conseguenza della “rinunzia” al legato (secondo l’impropria terminologia utilizzata dal legislatore) il dirit- to oggetto della disposizione a titolo particolare non si estingue ma ritorna nella sfera giuridica dell’erede o della massa ereditaria, intesa come com- pendio ereditario, per essere assegnato in base alle regole che disciplinano tuazione giuridica determinata, impedisce che questo acquisto si perfezioni nella sua sfera giuridico patrimoniale». Per un approfondimento sulla figura del rifiuto si vedano inoltre le riflessioni di F.NADDEO, Il rifiuto nella problematica contrattuale, Napoli, 1999.
26 Pertanto, «l’esercizio del potere di rifiuto preclude un successivo atto di rinuncia; un
valido esercizio del potere di rinuncia presuppone che un atto di rifiuto non vi sia stato» (F.
MACIOCE, Rinuncia (diritto privato), cit., p. 949).
27 In tal senso, S.P
UGLIATTI, Dell’istituzione di erede e dei legati, in Comm. cod. civ., a cura
di D’Amelio-Finzi, Firenze, 1941, p. 544.
28 Invero, il negozio incide direttamente sulla situazione giuridica soggettiva secondo le
regole generali previste in relazione alle conseguenze dell’estinzione dei diritti, e pertanto: in ipotesi di rinunzia alla proprietà immobiliare, questa verrà acquisita dallo Stato, ai sensi dell’art. 827 c.c.; nel caso di rinunzia alla proprietà mobiliare, il bene diverrà res nullius, secondo l’art. 923 c.c.; nell’ipotesi di rinunzia ad un diritto reale su cosa altrui, si verificherà la riespansione della proprietà; in caso di rinunzia ad una quota di proprietà, si produrrà l’accrescimento della stessa a vantaggio degli altri comunisti, in conformità all’art. 1104 c.c.; qualora la rinunzia abbia ad oggetto un diritto di credito, si verificherà la liberazione del debitore, secondo l’art. 1236 c.c.
la successione ereditaria 29. Invero, il rifiuto vale a non stabilizzare il dirit-
to già entrato nel patrimonio del legatario «al momento della morte del te- statore» (in forza dell’art. 649, cpv., c.c.) e «senza bisogno di accettazione» (art. 649, comma 1, c.c.), impedendo così ex tunc il completamento della struttura negoziale che determina l’acquisto 30.
Pare corroborare tale configurazione il tenore dell’art. 649 c.c. là dove fa salva «la facoltà di rinunziare»: invero, posto che, in base ai principi ge- nerali, la facoltà di rinunzia è intrinseca ad ogni diritto soggettivo dispo- nibile, si deve assegnare al suo espresso riferimento – altrimenti pleonasti- co – un valore diverso dalla mera rinunzia abdicativa al diritto 31.
Inoltre, l’art. 650 c.c. prevede che chi ne ha interesse può domandare al giudice di fissare un termine al legatario affinché dichiari se intende eser- citare la facoltà di rinunziare al legato. Spirato inutilmente tale termine sen- za che il legatario abbia espresso la sua rinunzia, il legatario «perde il di- ritto di rinunziare». Pertanto, trascorso invano il termine, il legatario per- derà il diritto di rifiutare il legato ma potrà comunque rinunziare al diritto oggetto di legato, realizzando una comune rinunzia abdicativa 32.
Dalla disamina dei dati positivi (si vedano: gli artt. 1180 e 1181 c.c. ri-
29 In questi termini L.F
ERRI, Rinunzia e rifiuto nel diritto privato, Milano, 1960, p. 3.
30 Si vedano in proposito: A.M
ASI, Dei legati, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bolo-
gna-Roma, 1979, p. 1; G.AZZARITI, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, p. 521; F.GAZ- ZONI, La trascrizione immobiliare, II, in Cod. civ. comm., fondato da P. Schlesinger e diretto
da F.D. Busnelli, Milano, 1993, p. 115; G.CAPOZZI, Successioni e donazioni, II, Milano, 2002,
p. 629. Secondo invece un diverso orientamento sostenuto da A.GIORDANOMONDELLO, Legato
(dir. civ.), in Enc. dir., XXIII, Milano, 1973, p. 744, riconducendo la volontà contraria del le-
gatario alla categoria del “negozio risolutivo” il cui effetto principale consiste nel «porre fine ad una determinata situazione giuridica», qualifica il rifiuto del legato attraverso un effetto “estintivo” che è invece, tipico della rinunzia. Inoltre, G.CARAMAZZA, Delle successioni testa-
mentarie, in Comm. teorico-pratico c.c., Roma, 1981, p. 350, sulla scia delle riflessioni esposte
da A.CICU, Testamento, Milano, 1969, p. 234, ritiene la regola dettata dall’art. 649, comma 1,
c.c., come espressiva di una “presunzione di accettazione” che «il legatario può vanificare […] manifestando la sua volontà di rinunziare». Invece, C.M.BIANCA, Diritto civile, II, Fami-
glia-Successioni, Milano, 2005, p. 776 reputa che «la rinunzia è un atto unilaterale non recet-
tizio mediante il quale il legatario estingue con effetto retroattivo il suo diritto all’attribu- zione», distinguendo così fra un “diritto al conseguimento del legato” ed il “diritto legato”.
31 Si veda in proposito F.REGINE, Il rifiuto del legato immobiliare, in Not., 2014, p. 235, il
quale osserva che «l’esistenza di un potere di rifiuto, in relazione a vicende che coinvolgono la sfera giuridica del destinatario di una manifestazione di volontà altrui, non sempre è as- sodato; si pensi, per esempio, alla fattispecie prevista dall’art. 1104, comma 1, c.c., ove è sta- bilito che il partecipante ad una comunione può liberarsi dall’obbligo di contribuire alla spese rinunziando alla propria quota: in tal caso, infatti, non è previsto alcun potere di ri- fiuto in capo agli altri partecipanti, sicché sorge il dubbio se tale potere sia semplicemente inesistente ovvero se lo stesso vada ricavato in via interpretativa».
32 La differenza si apprezza – in maniera anche significativa – sul piano fiscale, posto che,
mentre la rinunzia al legato è atto soggetto a imposta fissa, la rinunzia al diritto è soggetto al- l’imposta prevista per gli effetti di volta in volta prodotti (es: la rinunzia a un usufrutto, ottenu- to in legato non rinunziato, configura una liberalità indiretta in favore del nudo proprietario).
spettivamente sul rifiuto del creditore dell’adempimento del terzo dell’a- dempimento parziale, l’art. 1210 c.c. in tema di rifiuto del creditore di ac- cettare l’offerta reale, l’art. 1220 c.c. sul rifiuto del creditore dell’offerta del- la prestazione dovuta, l’art. 1333 c.c. in tema di rifiuto della proposta di un contratto da cui derivino obbligazioni a carico del solo proponente, l’art. 1381 c.c. sul rifiuto del terzo nella promessa dell’obbligazione del ter- zo, l’art. 1411 c.c. sul rifiuto del terzo di profittare del contratto a suo fa- vore) emerge, tuttavia, quale possibile contenuto semantico unitario il re- spingere un determinato effetto giuridico favorevole, a prescindere dal fat- to che questo si sostanzi o meno in un diritto e indipendentemente che ta- le situazione giuridica sia già acquisita o ancora da acquisire 33. Analoga-
mente allo schema del contratto a favore di terzo, nella remissione del de- bito ai sensi dell’art. 1236 c.c. l’atto con il quale il debitore respinge il be- neficio consistente nell’estinzione del proprio debito è qualificabile come rifiuto: secondo l’opinione tradizionale 34, in esito alla remissione il diritto
di credito si estingue, salva l’eliminazione retroattiva dell’efficacia estinti- va che seguirebbe all’eventuale rifiuto del debitore.
Le suddette ipotesi paiono collocarsi nel solco del principio generale al-
teri stipulari nemo potest 35. Il rigore di tale principio – messo in discussio-
ne già dai naturalisti olandesi 36, anche se perdurante nella sua assolutezza
fino all’ABGB del 1811 37 – risulta temperato dal codice civile con la previ-
33 In tal senso C.DONISI, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, cit., p. 118. 34 Sul punto si vedano P. P
ERLINGIERI, Remissione del debito e rinunzia al credito, cit., p.
52; C.DONISI, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, cit., p. 350; F.MACIOCE, Contributo
alla teoria del negozio di rinuncia nel diritto privato, Napoli, 1992, p. 404; P. STANZIONE, Re-
missione del debito, in Dig. civ., XVI, 1997, p. 590. Secondo invece E.TILOCCA, Remissione
del debito, in Noviss. dig. it., XV, Torino, 1968, p. 389 e ID., La remissione del debito, Padova, 1995, p. 79, la remissione configura una rinunzia al credito e reputa che essa abbia come causa solo quella di determinare la perdita del diritto, mentre la liberazione dall’obbligo e dunque l’estinzione del rapporto ne sarebbero effetto meramente riflesso; pertanto, la di- chiarazione di voler profittare della remissione assumerebbe le vesti di atto negoziale di opposizione, che produce la rinascita dell’obbligazione e come effetto ancora una volta solo riflesso il riacquisto del diritto in capo al creditore. In senso analogo, G.BENEDETTI, Struttu-
ra della remissione. Spunti per una dottrina del negozio unilaterale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1962, p. 1295 e F.GALGANO, La remissione del debito, in Trattato di dir. civ., II, Padova, 2009, p. 98. In giurisprudenza, tale ricostruzione è accolta da Cass., 3 luglio 1968, n. 2221, in Giust. civ., 1968, I, p. 1126.
35 Si veda Dig. 45, 1, 38, 17.
36 In particolare, Ugo Grozio aveva evidenziato la conformità al diritto naturale del con-
tratto a favore di terzo, si veda H.GROTII, De jure belli ac pacis libri tres, Amsterdam, 1701,
p. 360 (lib. II, cap. 11, § 18, n. 1): «Si mihi facta est promissio, omissa inspectione an mea
privatim intersit, quam introduxit jus Romanum, naturaliter videtur mihi acceptanti jus dari efficeindi, ut ad alterum jus perveniat, si et acceptet: ita ut medio tempore a promissore pro- missio revocari non possit; sed evo, cui facta est promissio, eam possim remittere. Nam is sen- sus juri naturae non repugnat, et verbis talis promissoris maxime congruit; neque nihil mea interest si per me alter beneficium acquirat».
sione sia di eccezioni al principio della relatività del contratto sia della pro- duzione di effetti negoziali favorevoli in capo al terzo 38, consentendo inol-
tre la possibilità di manifestare una volontà contraria.
La figura del rifiuto integrerebbe quindi un mezzo di autotutela rispet- to alle alterazioni astrattamente favorevoli ma che nella loro fase attuativa potrebbero comportare un pregiudizio nella sfera giuridica di un soggetto diverso dalle parti del negozio, unilaterale o plurilaterale, fonte delle mo- dificazioni non gradite 39.