volontà testamentaria
6. La legittima come quota hereditatis o pars bonorum
Nonostante, come anticipato, il codice del 1942 si distacchi dalla tradi- zione francese in cui costituiva il limite ai diritti dei congiunti, la disciplina successoria italiana non è esente da echi transalpini che considerano la le- gittima quale quota di eredità: invero, l’art. 552 c.c. stabilisce che il legitti- mario rinunziante all’eredità, quando non opera la rappresentazione, può ritenere sulla disponibile le donazioni o conseguire i legati a lui destinati.
Pertanto, nonostante autorevole dottrina affermi che il nostro sistema «si presenta più chiaramente come il risultato della fusione dei sistemi romano e germanico-francese» 45, sarebbe più opportuno ritenere la disci-
plina “rapsodica” in quanto caratterizzata da scelte legislative non sempre coerenti e organiche.
La questione della qualificazione della legittima nel senso di quota he-
reditatis o di pars bonorum fu espressamente oggetto di dibattito in sede di
commissione parlamentare, tanto che nella Relazione al progetto prelimi- nare del codice si legge che «in verità si potrebbe pure pensare che, essen-
44 Proprio con riferimento a tali due norme espressioni della duttilità del legato, G.IUDI-
CA, Il legato in conto di legittima nel sistema dei legati in favore dei legittimari, in Familia, 2003, p. 287, parla in termini di «sistema», nell’ottica di una «rinascita dell’autonomia testa- mentaria» ritenuta «prevedibile» alla luce degli sviluppi della legislazione fiscale.
45 Così, A.C
ICU, Successioni per causa di morte – Parte generale, in Trattato di dir. civ. e
do estraneo al nostro diritto il principio “solus deus heredes facere potest”, nessun bisogno vi sia di attribuire la qualità di erede a chi il de cuius non volle che fosse proprio erede, e che lo scopo della legge, consistente nel ri- servare a talune persone una parte dei beni del defunto, potrebbe essere raggiunto anche col configurare i diritti successori attribuiti ai legittimari come appartenenti al tipo di quelli che solgono essere qualificati come le- gati ex lege. Il che porterebbe alla conseguenza di sottrarre alla responsa- bilità ultra vires chi ottiene quel minimo di entità patrimoniale che la leg- ge gli riserva contrariamente alla volontà del de cuius. Ma prevalse nella commissione il concetto di riaffermare la qualità di erede dei legittimari, per mantenere il principio che competono loro non singoli beni, ma una quota dell’eredità, e che ad essi passi il possesso dei beni del defunto sen- za bisogno di apprensione materiale e senza bisogno che lo chiedano all’erede della disponibile» 46.
Pertanto, la commissione parlamentare propose «che si affermi senz’al- tro che la quota di legittima si considera quota di eredità, proponendo che si aggiunga un apposito capoverso alla fine del primo articolo del capo, il 79 (ora art. 536), dopo la enunciazione dei legittimari» 47.
Il legislatore del codice preferì, tuttavia, non seguire il suggerimento e tracciare una cesura con la tradizione d’oltralpe ritenendo «incongruente e contrario ai principi considerare successore universale il titolare del di- ritto di usufrutto, qual è il coniuge superstite. Ho anzi ritenuto opportuno modificare l’intestazione della sezione, non parlando più, come faceva il progetto, di “quota dovuta ai legittimari”, espressione che serve a indicare propriamente il contenuto del diritto dell’erede, ma solo di “diritti riserva- ti ai legittimari”» 48.
Si ammise così la possibilità di soddisfare il diritto alla legittima con attribuzioni liberali recanti una diversa struttura causale e nondimeno tutte ascrivibili alla composizione della legittima stessa.
Ciò si concretizzava, nel codice civile del 1942, in due istituti: l’indivi- duazione della legittima del coniuge superstite nell’attribuzione di un di- ritto di usufrutto parziario (poi sostituita con la riforma del diritto di fa- miglia dall’attribuzione del diritto ad una quota in piena proprietà) 49 e il
46 Così, Relazione al progetto preliminare del codice civile compilato dalla Commissione
Reale per la riforma dei codici, in Il codice civile, Libro delle successioni e donazioni, illustrato
con i lavori preparatori, Roma, 1939.
47 Così, Relazione sui lavori della Commissione parlamentare, n. 37.
48 Così, Relazione alla Maestà del Re Imperatore, n. 261. Si veda in proposito E.M
ARMOC- CHI, Una proposta per la successione del coniuge: legato di usufrutto con facoltà di alienazione
in caso di bisogno, in Giur. it., 1984, IV, p. 235.
49 Nel sistema successorio attuale è attribuito al coniuge superstite, in aggiunta alla quo-
ta di eredità, il diritto reale di abitazione e di uso di cui all’art. 540, comma 2, c.c. In propo- sito si registra il contrasto tra la tesi dottrinaria secondo cui l’attribuzione dell’usufrutto
legato in sostituzione di legittima di cui all’art. 551 c.c., figura innovativa rispetto al codice Pisanelli. Tale norma espressamente afferma che se il legatario preferisce conseguire il legato «non acquista la qualità di erede», sottolineando tuttavia che tale tipologia di legato «grava sulla porzione in- disponibile» e solo qualora il suo valore supera quello della legittima gra- va sulla porzione disponibile per la mera eccedenza. Pertanto, «il legato sostitutivo è la stessa legittima in forma di attribuzione a titolo particola- re» 50.
Giova quindi operare una ricostruzione delle varie posizioni dottrinali che, successivamente all’entrata in vigore del vigente codice civile, si sono esercitate nel tentare di ricostruire la posizione del legittimario preter- messo.
Invero, a seconda che il presupposto teorico adottato sia la titolarità dei legittimari di un diritto reale o di credito sui beni relitti ovvero che si adotti la differente ipotesi ricostruttiva che vede il legittimario pretermes- so dal testatore acquistare la qualità di erede solo all’esito vittorioso del- l’azione di riduzione, si produce un differente riverbero sull’ammissibilità delle azioni a tutela dei creditori.
universale integra una disposizione a titolo particolare e non attribuisce in conseguenza la qualità di erede (sul punto si veda G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2009, p. 74) e quella giurisprudenziale secondo cui l’usufrutto generale attribuisce la qualità di erede (si veda Cass., 12 settembre 2002, n. 13310, in Nuova giur. civ. comm., 2003, 1, p. 644, con nota di F. MONCALVO, Usufrutto generale sui beni ereditari e sostituzione fedecommissaria; in Giur.
it., 2003, p. 644, con nota di P. GUIDA; in Riv. not., 2003, 2, p. 234, con nota di G. UNGARI
TRASATTI; in Riv. not., 2003, p. 580, con nota di G. CAPILLI, Usufrutto generale e qualità di
erede. Tuttavia si veda, in senso contrario, Cass., 26 gennaio 2010, n. 1557, in Nuova giur. civ. comm., 2010, 1, p. 839, con nota di D.TESSERA,Una complessa vicenda successoria: la-
scito dell’usufrutto, transazione tra coeredi e giudizio di divisione. Per una lucida riflessione
sull’evoluzione dell’usufrutto si veda D. POLETTI, Decadenza o metamorfosi dell’usufrutto?
spunti per una riflessione, in Società, 2016, p. 930.
50 Così, L.M
ENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessa-
ria, cit., p. 126. In proposito la Relazione al progetto definitivo, n. 86, si esprime nei seguenti
termini: «Nella disciplina del legato in sostituzione di legittima […] ho stabilito espressa- mente che l’accettazione del legato esclude l’assunzione della qualità di erede, in applica- zione del principio che il successore in beni determinati deve essere considerato legatario». Da tali disposizioni, un autore ha reputato che il legislatore abbia inteso così affermare il principio della dipendenza della qualificazione causale della legittima dalle caratteristiche della concreta attribuzione patrimoniale che compone il lascito in favore del legittimario: «ove a costui vengano assegnati diritti su determinati beni e non una quota dell’universum
ius defuncti, la legittima non può costituire quota di eredità, in ossequio ai principi generali
che regolano il nostro sistema successorio, salvo il disposto dell’art. 588, secondo comma, c.c. Alla stregua di tali considerazioni non desta sorpresa che il testo dell’art. 536 c.c., anche dopo la riforma del diritto di famiglia, continua a definire i legittimari come persone a fa- vore delle quali la legge riserva una quota di eredità “o altri diritti nella successione”» (così
F.MAGLIULO, La legittima quale attribuzione policausale. Contributo ad una moderna teoria