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334 BERNARDO TASSO, Favola di Piramo e Tisbe, cit., vv. 1-32, pp. 249-250.

335 Cfr. FRANCESCO PINTOR, Delle liriche di Bernardo Tasso, Pisa, Tipografia Succ. Fratelli Nistri, 1899 [sulla Favola di Piramo e Tisbe, pp. 133-136], p. 134: «Il poeta, nell’invocazione, invita Ginevra Malatesta […] a riconoscere nella triste leggenda il segno d’angoscia che si è venuto imprimendo, per la lontananza di lei, nella sua vita e, di riflesso, nel suo stile poetico. A questo non so se spontaneo atteggiamento di tristezza fa riscontro lo studio di colorire di luce pietosa fin gl’inizj del racconto, con additare in ogni circostanza, in ogni atto de’ due giovani gli avvisi della sorte che li attende»; EDWARD WILLIAMSON, Bernardo Tasso, cit., p. 64: «The favola opens with a

135

Data tale equivalenza, l’atteggiamento nei confronti degli amanti, esibito finanche

nella repetitio lessicale, non potrà che essere, a vano risarcimento della «nemica

sorte»

337

e della condotta dei «dispietati / parenti»,

338

estremamente pietoso:

[Tisbe:] “O mia vera salute, o di mia vita albergo, unico bene di questa miser’alma, ove dimori? Qual caso mi t’ha tolto? hai già perdute le voci? non rispondi a la tua spene, Piramo, a Tisbe, ai tuoi graditi amori? Deh Piramo, rispondi, or che ti chiama l’amata Tisbe tua!” Al caro nome gli occhi coperti di mortali orrori misero aperse, e con pietosa brama gli affisò nel bel viso e ne le chiome, indi li chiuse in queto sonno eterno.339

[Tisbe:] “[…] Attendi, anima cara, il passo affrena,340

which, insisting on the sorrow caused Tasso by the deprivation of Ginevra’s presence, sets a sad and sentimental tone for the whole poem».

336 Cfr. la dedicatoria del primo libro degli Amori alla medesima Ginevra Malatesta: «Ben vi prego, poi ch’altro non posso, ch’almeno perdoniate la loro [scil. delle rime] asprezza, alla

conformità ch’hanno col mio acerbo e misero stato, che è tale quale il vuole colei che sola il puote»

(BERNARDO TASSO, Rime, I. I tre libri degli Amori, a cura di Domenico Chiodo, cit., pp. 15-17: p.

15, corsivo mio); l’appaiamento dei versi con tale excerptum, per quanto agevole, non mi sembra sia stato effettuato sinora da alcuna lettura critica.

337 BERNARDO TASSO, Favola di Piramo e Tisbe, v. 128, p. 253. 338 Ivi, vv. 130-131, p. 253, corsivo mio.

339 Ivi, vv. 296-307, p. 258, corsivo mio.

340 Per il motivo cristiano dell’incontro delle anime dopo la morte, già intravisto nei cantari, cfr. GABRIELE BUCCHI, Au delà du tombeau: Pyrame et Thisbé dans deux réécritures de la Renaissance

italienne, cit., p. 65: «Dans la réécriture de Tasso le motif du “seul tombeau” pour les deux amants

trouve une continuation métaphysique dans la réunion des âmes, libérées enfin de la prison du corps […], dans l’au-delà». Si osservi inoltre come, in conformità ad un uso gradualmente radicatosi, Bernardo Tasso si sofferma lungamente sull’enfance dei protagonisti e, in particolare, sulla maturazione del sentimento amoroso: «[…] Amor col tacito focile, / ne l’età fanciullesca, e ancor in erba, / ne’ lor teneri cori accese il foco, / tale, ch’avendo ogn’altra cosa a vile, / mentre la pargoletta etate acerba / i lor dolci sospir tornava in gioco, / e consentiva a le lor prime voglie, / i semplici pensier partiano insieme / […] O lieta vita, se più ardita speme / non fosse nata in lor; ma così vole / chi ne regge e governa iniqua stella. / Crebbe l’etate, e col cangiar degli anni / cangiossi il puro e semplice desio, / che viene e parte con l’età novella; / e a far s’incominciar del cor tiranni / pensier più arditi, dal cui grembo uscio / nova speme, e desir caldi e cocenti; / allor viver in altri, e in sé morire / incominciar; et a pagar il fio / di lagrime ad Amore, e di tormenti, / che fece le lor guancie impallidire. / Portar gli anni il desio, ma gli levaro / l’agio d’addurlo a la bramata riva; / la misera fanciulla con martire / dal proprio padre, a cui gradito e caro / era il suo onor, di libertà fu priva. / O mondane venture! or che non pote / brama quel che potea quando non volse» (BERNARDO TASSO,

Favola di Piramo e Tisbe, cit., vv. 41-73, pp. 250-251). Cfr. FORTUNATO PINTOR, Delle liriche di

Bernardo Tasso, cit., p. 134: «il poeta, scostandosi dall’originale, accompagna i loro primi anni e ne

136 ch’io vo’ teco venir, come solea

mentre mi fu benigno il mio pianeta; arbor, che già ricopri la terrena spoglia mortal d’un amante infelice, or per coprir di doi, conserva i segni di tal pietà, sì che si spenga a pena la memoria, ma ’l tronco e la radice tua, del sangue di doi molle, s’ingegni di produr frutto che conforme sia ad ambi i sangui, e testimonio vero di nostra morte ai peregrini degni che qui addurrà pietate e cortesia”. Così detto, sul ferro crudo e fero appoggiata col fianco, il freddo core trafisse, e mandò l’alma ignuda e sciolta a ritrovar per solingo sentero

l’altra (forse salita al suo fattore). L’arbor del novo sangue un’altra volta asperso, di color negro et oscuro

vestì i suoi frutti; e di pietate adorno, perché sì rara fé non sia sepolta, memoria tien del caso acerbo e duro; e terrò ognor, fin che fia stanco il giorno di far dietro a l’Aurora a noi ritorno.341

Si tratta di una pietas mostrata sia a titolo personale (nei termini di una malcelata ed

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