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Scrive a ragione Francesco Degrada, che dell’intermezzo tragico ha fornito una lettura testuale/musicale molto convincente, a cui senz’altro si rimanda soprattutto

per la scrupolosa indagine relativa alla singolare specificità «sperimentale»

dell’opera:

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è chiaro che il motore della vicenda non è la passione dei due giovani, in sé anzi perfettamente giustificata (“[Tisbe:] Ah, non si scioglie / sì di leggieri un laccio / che il Ciel formò, che il genitor consiglia / ch’è la scelta del cuor”),501 quanto la dissennata ostinazione del Padre che non solo conculca l’inclinazione “naturale” delle due tenere e come più volte si sottolinea “innocenti” anime, ma si oppone in nome dell’odio con la famiglia rivale anche alla mediazione degli amici e del supremo garante dell’ordine sociale e morale, il Re (“[Piramo:] Vede con pena / la Reggia e la Città l’odio funesto / che le nostre famiglie ora divide / sì amiche un tempo; e a riunirle i nostri / già promessi sponsali / chiede il pubblico voto. Io degli amici / l’opra implorai per secondarlo, e tutta / Babilonia è per noi, de’ padri irati / a placar l’odio, e sforzeralli, quando / non basti l’amistà, regio comando”).502 Nel Padre di Tisbe, “troppo violento all’ira”, uomo dagli effetti [refuso per ‘affetti’] “estremi” [cfr. “Tisbe: […] È troppo il padre / violento nell’ira, e sempre in lui / sono estremi gli affetti. Io mille volte / supplichevol, tremante a’ piedi suoi / d’ammollirlo tentai / colle preci, e col pianto, e l’irritai”],503 la saggia mediazione del potere diviene inaccettabile imposizione, “l’arbitrio

499 Piramo e Tisbe. Intermezzo tragico a tre voci, cit., II, iv, 183-218 (con tagli), [pp. 32-34], corsivo mio.

500 Cfr. per es. FRANCESCO DEGRADA, Aspetti gluckiani nell’ultimo Hasse, cit., pp. 135-136: «Già l’idea di utilizzare un genere, l’intermezzo, sostanzialmente scomparso dalla scena teatrale settecentesca (vogliamo dire dalla grande corrente della musica operistica del secolo), e di modularlo in una tonalità “tragica” anziché nella naturale dimensione giocosa ad essa tipica, dice molto sul carattere eccezionale ed irripetibile di questa prova. E non possono sussistere dubbi circa l’intenzione, appunto, “sperimentale” dell’impresa, ove si ponga mente alla personalità del librettista, quel Marco Coltellini che a Vienna fu legato all’ambiente del Conte Giacomo Durazzo e di Ranieri de’ Calzabigi (del quale dopo un incerto avvio sulla scia del Metastasio si dichiarò seguace)».

501 Piramo e Tisbe. Intermezzo tragico a tre voci, cit., I, ii, 136-139, [p. 9]. 502 Ivi, I, i, 72-81, [p. 6].

195 del trono” [cfr. “Padre: Invan t’affanni e preghi. È fisso il cenno. / Compirlo è d’uopo. Io l’odio mio non cedo / all’arbitrio del trono”];504 ma proprio rifiutandone l’indispensabile, illuminata opera di temperamento e di compromesso, egli si fa “tiranno”, assassino della propria figlia, calpestatore delle leggi della natura e della società; così non potrà sopravvivere al proprio rimorso perché la sua colpa non può trovare perdono né presso gli uomini né presso il cielo.505

504 Ivi, I, ii, 167-169, [p. 11].

505 FRANCESCO DEGRADA, Aspetti gluckiani nell’ultimo Hasse, cit., pp. 140-141.

Il libretto di Coltellini fu immediatamente ripreso e rielaborato (presumibilmente da Ranieri Calzabigi) per una cantata drammatica musicata da Venanzio Rauzzini, messa in scena con ogni probabilità per la prima volta a Monaco nel 1769. Per le principali varianti, cfr. PAUL F. RICE,

Introduction, in VENANZIO RAUZZINI, Piramo e Tisbe. A Dramatic Cantata, edited and introduced

by Paul F. Rice, Cambridge, Cambridge Scholars Publishing, 2014, pp. 1-11: p. 6: «Significant changes had been introduced into Coltellini’s libretto by the time that Rauzzini set it. Tisbe’s father was given the name of Eupalte, and a fourth character, Corebo, was added as Eupalte’s friend. Just who introduced these changes is not known with certainty, although Ranieri de’ Calzabigi (1714 - 1795) is listed on the manuscript score of the opera found in the Österreichische Nationalbibliothek, Vienna (Ms.Mus.17829), rather than Coltellini. It is possible that Calzabigi undertook the revision of Coltellini’s original libretto. Most of the changes introduced into Coltellini’s original text take place in Act II, where different perspectives on the ensuing tragedy are presented from those found in the original text. In the revised form, Act II opens with Eupalte’s rage over Tisbe’s failure to obey him, while Corebo advises a calm and reasoned approach to the situation. Once Eupalte and Corebo set out to find Tisbe and bring her to justice, the story unfolds much as in Ovid, with the business of the lioness handled in a dumb show accompanied by a “short symphony.” At the end of the act, Eupalte and Corebo, accompanied by armed people carrying torches, are horrified to discover the dying lovers. Corebo places the blame for the tragedy squarely on Eupalte: “What sorrows on himself he’s brought! These scenes of woe his rigour wrought.” The revised plot shifts the dramatic focus away from warring families to an unhappy father/daughter relationship. Indeed, Eupalte’s hatred appears to be solely against Piramo, rather than Piramo’s family who are not even mentioned in the libretto».

Si osservi anche che, come del resto già nel libretto del Coltellini («Coltellini introduced several significant divergences from Ovid’s tale. The two young lovers are introduced together in the same room, Piramo having constructed a passageway that allows him access to Tisbe’s house», PAUL F.

RICE, Venanzio Rauzzini in Britain. Castrato, Composer, and Cultural Leader, Rochester,

University of Rochester Press, 2015, p. 35; cfr. Piramo e Tisbe. Intermezzo tragico a tre voci, cit., I, i, 41-65, [pp. 4-5]: «Tisbe: […] Qual Nume amico / qui scorse i passo tuoi? Per quale incanto / deludere i Custodi [cfr. Met., IV, 85: “fallere custodes”], e la gelosa, / onde in guardia di noi / veglia de’ genitor l’ira proterva, / vincer potesti attenta cura [?]. Piramo: Osserva. [Scopre dietro alla

Tappezzeria il foro fatto nel muro] / Questo incognito varco / è l’opra di mia man. Dal fatal giorno /

che a’ nostri padri in seno / dell’odio eterno la discordia accese / la sanguinosa face, e sciolse un laccio, / che ad unir le nostr’alme / avea di propria man composto amore, / me ne venne il pensier. Quante mi costa / vegliate notti, e quanta / cura, e timor! Sol dal tuo rischio, o cara, / misuravo il mio rischio; il tempo, e l’ora / coglièa furtivo, e quante volte, oh Dio, / un’ombra, un timor vano, / sul lavoro arrestò l’ardita mano! / Pel successo felice / dell’industre amor mio, di tutti i Numi / implorai l’assistenza; e il puro zelo / de’ miei fervidi voti accolse il Cielo»), nelle scene iniziali della cantata del Rauzzini i due protagonisti, grazie alla laboriosa intraprendenza del giovinetto, non sono separati dall’invidus paries.

Interessante e suggestiva risulta essere la lettura operata da Paul F. Rice a proposito di tale modifica apportata alla storia originaria, attribuita più che a esigenze sceniche alle implicazioni semiotiche connesse allo status del ‘musico’, ovverosia, nella fattispecie, del ‘castrato’ Rauzzini, compositore dell’opera e ad un tempo interprete del personaggio di Piramo: «Presenting Piramo and

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Nella reinterpretazione dell’antico mito fissata dall’intermezzo tragico musicato da

Hasse, «uno dei lavori più interessanti ed obiettivamente validi del decennio mitico

compreso tra il 1760 ed il 1770, anche se ancora praticamente sconosciuto nonostante

la notevole diffusione che ebbe nel secondo Settecento»,

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chiaramente si profila,

dunque, l’immagine del genitore-tiranno. Un’immagine, questa, destinata ad essere

approfondita, anche e forse soprattutto sulla spinta dell’impulso dato dall’intermezzo

firmato dal Coltellini, da numerosi libretti, che, amplificando a dismisura il breve

accenno ovidiano all’avversione dei patres nei confronti delle nozze («taedae quoque

iure coissent, / sed vetuere patres»), si concentrano e si interrogano sulla caratura

violentemente dispotica del divieto genitoriale, giungendo talora a palesare in re un

fatale cortocircuito tra la tirannide familiare e quella più squisitamente politica.

È questo il caso del dramma per musica Piramo e Tisbe (fig. 6), il cui libretto,

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