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vorrei che queste mie membra meschine

sì fosser lacerate, ohimé, come già fôro quelle sue delicate.

Poi che non posso e ’l cielo diniega a ’l mio desire gli animali voraci

che ben verriano a tempo, io prender voglio altra strada al morire…

5. Metam., IV, 148-153. Tisbe accanto a Piramo morente riconosce il proprio velo e il fodero del pugnale con cui lui s’è ucciso: “‘Tua me manus’, inquit, ‘amorque / perdidit, infelix! Est et mihi fortis in unum / hoc manus, est et amor: dabit hic in vulnera vires. / Persequar extinctum, letique miserrima dicar / causa comesque tui ; quique a me morte revelli / heu sola poteras, poteris nec morte revelli’”.

Aminta, IV, ii, 269-297. Silvia, contemplando il cinto di Aminta, esclama che la notizia della

morte di lui le toglierà la vita “se non potrà co ’l duolo, almen co ’l ferro” e soggiunge: Dovea certo, io dovea

esser compagna a ’l mondo

de l’infelice Aminta poscia ch’allor non volsi, sarò per opra tua

sua compagna a l’inferno.

6. Metam., IV, 137-142. Riconosciuto Piramo, Tisbe si percuote, abbraccia il corpo di lui e lo bacia […].

Aminta, IV, i, 96-112. Quando Silvia riconosce Aminta privo di sensi, si percuote, lo abbraccia

e lo bacia:

Ma come Silvia il riconobbe e vide le belle guance tenere d’Aminta iscolorite in sì leggiadri modi che vïola non è che impallidisca sì dolcemente, e lui languir sì fatto che parea già ne gli ultimi sospiri esalar l’alma, in guisa di baccante gridando e percuotendosi il bel petto, lasciò cadersi in su ’l giacente corpo e giunse viso a viso e bocca a bocca. […]

Poi sì come ne gli occhi avesse un fonte, inaffiar cominciò co ’l pianto suo il colui freddo viso…395

Il raddoppiamento del meccanismo della morte apparente,

396

che coinvolge, com’è

noto, tanto Silvia quanto Aminta, permette di risolvere le premesse tragiche in un

395 CLAUDIO SCARPATI, Il nucleo ovidiano dell’Aminta, cit., pp. 75-78.

396 Riferimento imprescindibile per lo studio del tema resta HENRI HAUVETTE, La “morte

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lieto scioglimento. Richiamandosi al mito di Piramo e Tisbe e alla tradizione bucolica

teocritea-virgiliana, Antonio La Penna ha potuto, pertanto, parlare di «tragedia

corretta»:

il clima pastorale è un clima di liricità felice, lievemente e voluttuosamente malinconica; ma quella felicità si presenta pur sempre come la soluzione di conflitti: conflitti, certo, che non hanno spessore tragico, ma senza cui quel mondo sarebbe una beata, tanto beata quanto immobile, inerte, età dell’oro. […] l’intreccio dell’Aminta si contrappone volutamente, rovesciandone l’esito, a intrecci tragici a cui l’autore rimanda lo spettatore o il lettore. Gl’intrecci tragici sono abbastanza noti, ma mi sembra che vada precisato e valorizzato il rapporto, il procedimento […] “narratologico”. Seguiamo il racconto della supposta morte di Silvia, quale Nerina, narrandola ad Aminta, la ricostruisce da ciò che ha visto e da ciò che immagina. […] È evidente […] che questo racconto ricalca quello di Piramo e Tisbe, reso famoso dalle Metamorfosi di Ovidio […]. In realtà Tisbe non è morta, né è morta Silvia, come si rivela nella prima scena dell’atto IV; ma nella novella di Piramo e Tisbe la conclusione era ben diversa […]. Nella favola pastorale il corso degli eventi viene deviato, la tragedia viene corretta: Silvia è viva e resterà viva. Resterà viva e supererà la sua avversione all’amore perché anche la tragedia di Aminta sarà deviata e corretta dalla sorte benigna, che rende felice il mondo pastorale. […] il modo che Aminta sceglie per la sua morte, non è quello di Piramo, che si trafigge con un pugnale: il Tasso ha scelto un modo che si collocava meglio nella tradizione bucolica: Aminta si precipita da un dirupo […], come si proponeva di fare un pastore di Virgilio (Buc., 8, 59 sgg.), che a sua volta seguiva l’esempio di un pastore di Teocrito (3, 25 sgg.). […] Il personaggio di Virgilio e quello di Teocrito nella loro disperazione esprimono un proposito: l’attuazione non è narrata o rappresentata, anche se in Virgilio tutto pare predisposto per un esito tragico; comunque Aminta, per un caso fortunato, non muore nella caduta (1876: “ma fu felice il precipizio”): la tragedia è deviata e corretta all’ultimo momento. L’autore richiamava alla memoria dello spettatore la versione letteraria con cui la propria versione si poneva in contrasto. S’intende che il contrasto di fondo si pone fra la realtà della vita più comune e il mondo della favola pastorale; ma la realtà più comune si presenta, allo spettatore e al lettore, quale è fissata in testi ben noti della

DI FRANCIA, in «Giornale Storico della Letteratura Italiana», CIII, 1934, pp. 137-139. Claudio

Gigante individua un «antecedente della soluzione narrativa dell’Aminta», per quanto concerne il rovesciamento ‘nuziale’ del meccanismo narrativo della morte apparente, nell’Italia liberata di Trissino: cfr. CLAUDIO GIGANTE, Tasso, Roma, Salerno Ed., 2007, p. 123: «L’antecedente della

soluzione narrativa dell’Aminta, come segnalavo anni fa, si legge nel terzo libro dell’Italia liberata, dove Trissino, narrando l’amorosa storia di Giustino e Sofia rimodula il tema non limitandosi a un generico lieto fine, ma destinando i protagonisti alle nozze. Da potenziale congegno di morte l’equivoco, in Trissino come in Tasso, è il preludio per il matrimonio»; il riferimento è a CLAUDIO

GIGANTE, Un’interpretazione dell’Italia liberata dai Goti (1998), in IDEM, Esperienze di filologia

cinquecentesca. Salviati, Mazzoni, Trissino, Costo, il Bargeo, Tasso, Roma, Salerno Ed., 2003, pp.

46-79: pp. 75-76: «Nell’ultima sequenza narrativa Trissino mette in gioco una rocambolesca serie di equivoci che sfiora la tragedia: ciascuno dei due amanti è portato a credere che l’altro sia morto e dispone di uccidersi. Un motivo letterario antico, la creduta morte dell’amante – si pensi all’episodio ovidiano di Piramo e Tisbe […] che aveva avuto, in tempi contigui alla composizione dell’Italia liberata, da parte di un concittadino di Trissino, Luigi da Porto […] una rielaborazione destinata a straordinaria fortuna […]. Ma Trissino ha preferito un “lieto e glorioso fine” che salvasse dalla morte i due protagonisti: una soluzione, ispirata forse alla dinamica dei romanzi greci, in fondo non lontana da quella che Tasso avrebbe escogitato per Aminta e Silvia, che gli consente di chiudere senza drammi l’unico libro lieve del suo sgraziato, inameni poema».

162 poesia classica: autore e pubblico comunicano pienamente sulla base di una comune tradizione letteraria.397

Non solo. La memoria del plot ovidiano gioca un ruolo importante in quella ‘logica

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