160 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini Forlì, 3 Aprile 1998 presa di interpretarne le esigenze che
possono essere differenti da quelle del mercato interno. Si tratta quindi di un approccio più strutturato, dove per essere competitivi occorre inve-stire in progettazione e produzione, orientate specificatamente ai bisogni della domanda estera. Se nel primo caso gli investimenti a sostegno del-l'attività commerciale con l'estero so-no prettamente orientati verso un'ot-tica di breve periodo, nel secondo caso occorre attuare politiche che siano strutturali e di medio-lungo pe-riodo. È in questo secondo caso che è pertinente parlare di internaziona-lizzazione. Va infatti sottolineato che internazionalizzazione non significa soltanto la capacità di esportare, ma più propriamente quella di radicarsi sul mercati conquistati con i propri prodotti.
L'internazionalizzazione, preveden-do una forte integrazione con i mer-cati di sbocco, è una operazione co-stosa che va pianificata in maniera accurata. La scelta dei mercati che possono rappresentare il target più interessante, la creazione di una for-te presenza nei mercati di riferimen-to con servizi in loco e comunicazio-ne efficiente, la credibilità presso l'u-tilizzatore finale di avere la stessa ca-pacità di risposta di un'impresa loca-le, rappresentano i principali fattori competitivi dell'impresa internazio-nalizzata e integrata nel contesto in cui opera. Diventa quindi interessan-te verificare se le aziende regionali hanno attivato un processo di inter-nazionalizzazione, inteso quindi non solo come partnership commerciale,
ma soprattutto come presenza attiva dell'industria emiliano-romagnola sui mercati esteri.
Un’indagine dell’Unioncamere regionale
Recentemente l'Unioncamere ha condotto un'indag¡ne su un campio-ne molto ampio di imprese esporta-trici avente come oggetto di studio i comportamenti e i servizi all’interna-zionalizzazione.
I principali risultati dell'indagine pos-sono essere riassunti, in estrema sin-tesi, attraverso la lettura di pochi nu-meri. Un primo dato molto significati-vo evidenzia che solo il 4% delle im-prese manifatturiere emiliano-roma-gnole ha decentrato produzioni all'e-stero. La delocalizzaz¡one dei proces-si produttivi è una strada percorsa in maniera significativa solo dal settore chimico e dalle imprese appartenenti al sistema moda. Nel 30% dei casi si tratta di un decentramento effettuato in Paesi aderenti all'Unione Europea (Spagna e Francia in particolare), nel 27% dei casi in Paesi del centro est Europa (Ungheria, Repubblica Ceca, Romania), il 17% riguarda i Paesi del-l'Asia centrale e orientale (Cina, In-dia). Un’impresa su dieci ha una pro-pria sede operativa all'estero, nella maggioranza dei casi si tratta di filiali commerciali o di uffici di rappresen-tanza, in misura minore di unità pro-duttive e di magazzini.
Quasi un terzo delle imprese ha ac-cordi con partner esteri. Sono so-prattutto le imprese che esportano di più a collaborare con partner stra-nieri, anche se la percentuale per le
piccole esportatrici sfiora il 25%. I settori maggiormente coinvolti in ac-cordi di collaborazione esteri sono il chimico (la metà di imprese ha part-ner fuori dal territorio nazionale) ed il metalmeccanico, mentre il fenome-no fenome-non sembra interessare il siste-ma moda dove meno di due imprese ogni dieci intrattengono accordi con partner esteri. Gli accordi di collabo-razione sono in maggioranza di tipo commerciale (64%) e stabiliti con partner comunitari nel 53% dei casi.
E’ importante rilevare che il 3% ha in atto altre attività con l'estero, quali la partecipazione a programmi europei o scambi di tecnologia.
I canali utilizzati per esportare sono principalmente quelli tradizionali. Al crescere della quota esportata dimi-nuisce la percentuale di imprese che percorrono il canale della vendita di-retta e aumentano le aziende che ri-corrono a modalità più strutturate per affrontare i mercati esteri. Va inoltre sottolineato come circa il 60%
delle imprese esportatrici siano an-che importatrici.
L'approccio delle imprese emiliano-romagnole al mercato estero sembra dunque essere orientato quasi esclu-sivamente al commercio, solo poche imprese hanno intrapreso con deci-sione la strada dell'internazionalizza-zione intensificando le collaborazioni con partner stranieri, aprendo sedi e filiali all'estero e, in alcuni casi, de-centrando parte della produzione.
È interessante osservare che l'83%
delle aziende ha dichiarato di aver programmato per il prossimo futuro uno sviluppo delle attività in ambito
in-Globalizzazione dell’economia e politiche per le imprese in Emilia-Romagna
Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 161 Forlì, 3 Aprile 1998
ternazionale. Nel 70% dei casi co-munque si tratta di strategie aziendali mirate ad un aumento delle esporta-zioni, non ad una presenza maggior-mente dinamica sui mercati esteri.
La struttura del tessuto economico emiliano-romagnolo e le scelte stra-tegiche adottate dalle imprese regio-nali non lasciano intravedere per l'immediato futuro un radicale cam-biamento di scenario dettato dal processo di internazionalizzazione.
L'elevata organizzazione raggiunta a livello locale attraverso i distretti in-dustriali e la capacità di agire come network hanno consentito di non subire eccessive penalizzazioni e, in alcuni casi, di trarre vantaggi com-petitivi dall'apertura del commercio internazionale e dall'internazionaliz-zazione della tecnologia.
In una prospettiva di medio-lungo periodo, in presenza di una globaliz-zazione crescente, occorre imprime-re maggioimprime-re dinamismo al sistema economico regionale, evolvendosi da una struttura statica che subisce passivamente i mutamenti imposti dal mercato, ad una maggiormente attiva promotrice delle innovazioni.
Ciò non comporta semplicemente la trasposizione della rete locale in una globale in quanto molte delle s¡ner-gie vincenti a livello regionale non sono replicabili su scala internazio-nale, ma occorre ripensare le regole che stanno alla base del modello di sviluppo emiliano-romagnolo e adat-tarle al nuovo contesto.
Anche i rapporti esistenti tra le impre-se di uno stesso territorio devono es-sere rivisti in quanto sono venute a
cadere molte delle motivazioni che determinavano la convenienza del-l'appartenere ad uno stesso distretto.
La vicinanza di processo e di prodot-to che ha caratterizzaprodot-to gli anni ses-santa e settanta ha perso progressi-vamente di importanza. Gli anni ot-tanta hanno avuto come elemento coagulante la condivisione di strate-gie orientate al consumatore, mentre lo scambio di informazioni e di tecno-logia sembra essere il fulcro delle al-leanze degli anni novanta, in un siste-ma caratterizzato dalla forte presenza di imprese di piccole dimensioni è im-portante consolidare la presenza di un gruppo di imprese leader capaci di coniugare la realtà locale con lo sce-nario internazionale, le economie di scala con la flessibilità, la cooperazio-ne tra imprese con la competitività.
Il ruolo della Pubblica Amministrazione
In questo passaggio verso il mercato globale un ruolo importante dove es-sere giocato anche dallo Stato e dal-le istituzioni locali. Una affermazione che spesso è associata alla parola globalizzazione è "meno stato, più mercato", intendendo la progressiva riduzione dell'intervento statale nel-l'economia.
E’ opinione diffusa, non solo tra gli imprenditori, che i principali ostacoli all'internazionalizzazione incontrati dalle imprese derivino non tanto da logiche di mercato, ma soprattutto dall'inefficienza dell'Amministrazione Pubblica e dal fallimento delle politi-che di Stato. Tale insoddisfazione verso l'operato dello Stato trova
conferma nelle indagini condotte dall'Unioncamere, nelle quali le mag-giori difficoltà denunciate dalle im-prese sono direttamente correlate al-l'Amministrazione Pubblica: l'ecces-siva burocrazia che costringe ad un'infinita teoria di pratiche, le infra-strutture pubbliche non adeguate, l'intervento statale che, in diverse occasioni, più che un supporto all’in-ternazionalizzazione ha rappresenta-to per l'economia un vero e proprio collo di bottiglia nel processo di apertura verso i mercati esteri.
Portare il sistema infrastrutturale na-zionale al livello di quello dei princi-pali Paesi concorrenti, favorire lo svi-luppo delle reti telematiche, snellire l'iter burocratico, devono essere gli obiettivi prioritari dello Stato nei prossimi anni. Sono interventi ne-cessari, essenziali alla crescita delle imprese, indipendentemente dalla dimensione aziendale e dalla loro lo-calizzazione territoriale.
I servizi a sostegno dell'internazionalizzazione Più complessa appare la definizione delle linee strategiche da seguire e dei servizi da approntare a sostegno dell'internazionalizzazione.
Dalle risposte delle imprese dell'Emi-lia-Romagna intervistate emerge chiaramente una frammentazione della domanda di servizi; non è pos-sibile ricondurre le richieste delle aziende a sostegno della loro attività estera in una tipologia ristretta e ben definibile di servizi, ma esse variano in funzione della localizzazione, della dimensione aziendale, del settore di
Globalizzazione dell’economia e politiche per le imprese in Emilia-Romagna
162 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini Forlì, 3 Aprile 1998 attività, della propensione all'export
e di altre numerose caratteristiche.
Dall’analisi delle risposte è comun-que possibile estrapolare alcuni comportamenti condivisi dalla mag-gioranza delle imprese, da cui parti-re nell'approntaparti-re le politiche a so-stegno dell'internazionalizzazione.
Una prima costante è la scarsa co-noscenza da parte delle aziende dei servizi offerti dalle varie istituzioni operanti sul territorio: mediamente un terzo delle imprese non utilizza gli strumenti predisposti dalle strutture pubbliche proprio perchè‚ non ne conosce l'esistenza. Se sono noti quasi a tutte le imprese i servizi of-ferti dalle banche, un quarto delle aziende esportatrici non è al corren-te delle opportunità messe a dispo-sizione dalle Camere di Commercio e dalle associazioni di categoria, percentuale che sale drasticamente per altre strutture. Una maggior co-municazione delle attività e dei servi-zi offerti è quindi un primo punto es-senziale da sviluppare: molti dei ser-vizi richiesti dalle imprese sono già esistenti, si tratta semplicemente di renderli noti.
Un secondo elemento che emerge dall'analisi dei dati è un maggior in-teresse da parte delle imprese per tutti quei servizi destinati ad agevola-re le esportazione, mentagevola-re appaagevola-re evidente la scarsa importanza attri-buita ai supporti rivolti a sostenere un'attività p¡ù strutturata del solo commercio all'estero.
Per questa ragione le imprese privi-legiano i servizi di tipo promozionale e informativo piuttosto che quelli
consulenziali e formatavi. Sono con-siderate di grande importanza le in-formazioni sulle opportunità nei di-versi Paesi d’interesse e, soprattut-to, è richiesta la predisposizione di strumenti per valutare l’affidabilità del partner. Non sono ritenute utili le informazioni che implicano un mag-giore coinvolgimento nell’attività in-ternazionale non limitata solamente all'import-export, quali quelle ineren-ti le normaineren-tive e gli invesineren-timenineren-ti all'e-stero, gli strumenti e i programmi dell'Unione Europea.
Sempre nella stessa ottica va valuta-to il giudizio positivo espresso per fiere e mostre come servizi per la promozione dell’attività internaziona-le, mentre non sono giudicate inte-ressanti le missioni all'estero e gli in-contri appositamente organizzati in Italia. Ai servizi di assistenza e con-sulenza si rivolgono principalmente le imprese maggiormente radicate sul territorio di riferimento e le azien-de forti esportatrici. Interessa so-prattutto ricevere assistenza nella valutazione del rischio d'impresa e nella ricerca di agenti o rappresen-tanti. L'attenzione delle imprese ver-so i servizi di formazione all'attività internazionale è estremamente bas-sa, limitata all'area riguardante il fi-nanziamento e l'assicurazione dei crediti e rivolta al personale ammini-strativo incaricato delle operazioni con l'estero. Le richieste di servizi all’internazionalizzazione, come già riscontrato nell'analisi del compor-tamento sui mercati esteri, sono fortemente condizionate dalla di-mensione aziendale.
A fronte di poche grandi imprese che già hanno avviato il processo di in-ternazionalizzazione e consolidato la propria presenza all'estero, la regio-ne conta la presenza di moltissime piccole e medie aziende che solo ora si affacciano sui mercati interna-zionali. Mentre le prime, dotate di un'organizzazione interna e di una rete di consulenti privati che le rende autosufficienti, utilizzano solo pochi supporti forniti dalle strutture pubbli-che, per le seconde la qualità e l'ef-ficienza dei servizi forniti dalle istitu-zioni saranno fondamentali nel de-terminare la capacità di penetrazione nei mercati esteri. Le politiche indu-striali, dunque, devono tenere con-to di questa dicocon-tomia. Le aziende di maggiori dimensioni richiedono principalmente servizi consulenziali, in particolare sull'individuazione e sull'accesso alle risorse finanziarie e sul recupero crediti.
Nel pianificare i servizi per le piccole imprese occorre non solo fornire supporti per agevolare le esportazio-ni, ma portare alla loro conoscenza le altre opportunità e risorse che l'internazionalizzazione offre, oggi non utilizzate perché non note.
Le piccole imprese devono essere accompagnate passo per passo nel-la nuova sfida competitiva, attraver-so una seria di servizi che vanno dal-la promozione aldal-la consulenza.
Le istituzioni locali, maggiormente flessibili ed in grado di cogliere le reali esigenze delle imprese legate ad un determinato territorio, hanno il compito di agevolare il collegamento tra realtà locale e scenario globale.
Globalizzazione dell’economia e politiche per le imprese in Emilia-Romagna
Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 163 Forlì, 3 Aprile 1998
La capacità di interazione tra impre-se e istituzioni locali determinerà la competitività del sistema economico regionale nei prossimi anni.
Conclusioni e proposte
In Emilia-Romagna l'offerta di servizi all'export e p¡ù in generale all’interna-zionalizzazione è indubbiamente cre-sciuta nel corso degli anni '90 e pre-senta aspetti positivi che possono es-sere così sinteticamente descritti:
• l'ampliamento dell'offerta delle ti-pologie dei servizi;
• il parziale slittamento verso servizi a più alto valore aggiunto;
• l'attivazione di strumenti di comu-nicazione mirati alle imprese e l'ini-zio di prime politiche di marketing attivo dei servizi;
• l'estensione dei servizi promozio-nali alle aree del mondo economi-camente emergenti;
• il relativo rafforzamento dei sog-getti che sul territorio operano in materia di internazionalizzazione;
• l'avvio di prime esperienze di colla-borazioni in rete tra istituzioni, enti e soggetti operanti sul territorio re-gionale, quindi l'avvio di collabora-zioni anche operative tra enti della regione ed istituzioni di altre regio-ni italiane e straregio-niere;
• l’aumento delle risorse, sia finan-ziarie che professionali, a sostegno dei processi d'internazionalizzazio-ne dell'economia e delle imprese.
Allo stesso tempo permangono evi-denti numerose insufficienze e gravi disfunzioni nell'attuale sistema d'of-ferta, che possono essere così deli-neate:
• frammentazione e dispersione del-le risorse su una molteplicità di soggetti beneficiari;
• estrema difficoltà nell'individuazio-ne dei progetti prioritari sui quali concentrare risorse e interventi;
• ridotta dimensione media dei singoli enti o soggetti erogator¡ dei servizi all'internazional¡zzazione, con evi-dente difficoltà ad orientarsi verso la produzione di servizi a maggiore va-lore aggiunto che richiedono profes-sionalità più elevate;
• insufficiente conoscenza e visibilità delle iniziative avviate sia tra i sog-getti operanti sul territorio, che tra le imprese presenti sul territorio;
• ripetute e sempre meno giustifica-bili sovrapposizioni di iniziative e conseguente mancata valor¡zza-zione delle possibili sinerg¡e tra progetti e soggetti realizzatori;
• prestazioni insufficienti, se non gra-vemente carenti, in certe aree di servizio e funzioni internazionali, quali ad esempio politiche sistema-tiche di marketing e promozione dell'immagine del sistema Emil¡a-Romagna e delle sue spec¡alizza-zioni produttive all'estero;
• debole valorizzazione del mercato privato dei servizi di consulenza export, nel quadro di un più stretto rapporto pubblico privato e del-l'auspicato sviluppo e qualificazio-ne dell'offerta di servizi all’interna-zionalizzazione da parte del mer-cato.
Rapidi cambiamenti stanno verifican-dosi sul piano interno, in particolare per quanto attiene agli assetti istitu-zionali ed alla riforma della pubblica
amministrazione (prime risultanze dei lavori della Commissione Bicamerale, Legge Bassanini, Legge di riforma ICE, Legge di riforma della CCIAA, ecc). Allo stesso tempo vanno mu-tando le esigenze delle imprese in re-lazione alle trasformazioni in atto sui mercati internazionali ed anche im-prese di dimensioni medio-piccole sono consapevoli che non è più suf-ficiente esportare, ma occorre sem-pre più acquisire una vera cultura di internazionalizzazione. Sul piano in-ternazionale, poi, le opportunità di business da cogliere e sviluppare so-no sempre più interessanti, ma an-che difficili da cogliere per imprese in maggioranza di dimensioni medio-piccole o piccolissime, oltre che per sistemi d'impresa con queste carat-teristiche. Da queste prime, generali osservazioni emerge la necessità di puntare ad assetti diversi dei servizi all’internazionalizzazione nella regio-ne, in modo tale da renderli più effi-cienti ed efficaci, rispondenti ai cam-biamenti verificatisi o in corso.
L'obiettivo deve essere quello del massimo coordinamento, dell'inte-grazione ed in parte dell'accentra-mento di molte funzioni proprie del-l'internazionalizzazione. Ovviamen-te, l'accentramento deve riguardare quelle funzioni che essendo molto specializzate non sono efficacemen-te organizzabili a livello provinciale, o gestibili sul piano economico senza inutili duplicazioni di spesa.
Occorre tenere conto (e non potrebbe essere diversamente in una regione come questa) di alcuni criteri guida:
• il principio di sussidiarietà,
secon-Globalizzazione dell’economia e politiche per le imprese in Emilia-Romagna
164 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini Forlì, 3 Aprile 1998 do il quale è opportuno operare a
livelli sovraprovinciali, coinvolgen-do comunque le strutture locali, solo nei casi in cui la complessità e l’onerosità delle iniziative esigano risorse e funzioni attivabili ai livelli regionali o superiori. Ciò significa che i singoli soggetti operanti nelle province ed appartenenti alle di-verse famiglie istituzionali dovran-no sviluppare attività ed iniziative ricercando da un lato la coopera-zione e dall’altro la specializzazio-ne tra i diversi soggetti;
• il principio della chiara distinzione dei ruoli e delle funzioni tra le isti-tuzioni ed i soggetti in campo: una funzione di indirizzo politico-stra-tegico negli orientamenti delle po-litiche di sostegno all’internaziona-lizzazione, propria dell’Ente Regio-ne; una funzione operativa di rea-lizzazione e gestione di attività e servizi all’internazionalizzazione, per le quali il sistema camerale si propone come punto di riferimen-to in virtù del patrimonio di espe-rienze e di professionalità accu-mulato in questi anni; una funzio-ne di verifica delle attività svolte che, utilizzando i criteri analitici dell’analisi costi-benefici, consen-ta di compiere riflessioni sull’effi-cienza dei servizi ed alimentare la funzione di indirizzo in precedenza indicata.
Globalizzazione dell’economia e politiche per le imprese in Emilia-Romagna
Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 165 Università di Bologna a Buenos Aires, 5 Aprile 1998
Presentazione di una economia regionale
L'Emilia-Romagna è situata nel nord-Italia. È una regione metropolitana policentrica, caratterizzata dalla pre-senza di aree urbane di dimensione medio-piccola, collegate da un effi-ciente sistema di infrastrutture, che le integra fra loro in modo funzionale, sia da un punto di vista urbanistico e sociale che economico. L'Emilia-Ro-magna è al centro di intensi scambi commerciali, che richiedono un'ele-vata dotazione infrastrutturale. Essa si trova al centro delle direttrici nord-sud ed est-ovest stradale, autostra-dale e ferroviaria italiana, che colle-gano il sud Italia con il nord Italia, e l'Italia con la Francia, la Svizzera, l’Austria, la Germania e la Mittelleuro-pa. Sono 4 gli aeroporti regionali, Bo-logna, Rimini, Forlì e Parma. Il più im-portante è quello di Bologna il cui traffico è in continua espansione, in particolare per i servizi internazionali.
Il porto di Ravenna è il principale del-l'Emilia-Romagna, è un porto di arri-vo, cui giungono soprattutto prodotti merci secche (derrate alimentari) e prodotti petroliferi. La popolazione emiliano-romagnola è di 3.938.000 abitanti, pari al 6,8% di quella nazio-nale e all’1% di quella dell’Unione eu-ropea. L’andamento demografico ne-gativo dal 1982 si è invertito dal 1995 ed è caratterizzato da un tasso di na-talità assai contenuto, invecchiamen-to della popolazione e da saldi migra-tori positivi notevoli. Negli anni ‘70 e
‘80 la forza lavoro è cresciuta in Italia e in Emilia-Romagna per l'affacciarsi sul mercato del lavoro di un numero
‘80 la forza lavoro è cresciuta in Italia e in Emilia-Romagna per l'affacciarsi sul mercato del lavoro di un numero