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4.4 Effetto del broadband sullo sviluppo 135

4.4.1 Effetti sul capitale e la produzione 136

Come si è accennato nel paragrafo precedente, Internet ha la capacità di creare degli effetti, per la maggior parte positivi, sulle attività economiche e sulla produzione. Alcuni autori si ricollegano all’idea che Internet sia una general

porpouse technology (Wallsten 2010; Brynjolfsson and Hitt 2000), ossia che il

suo utilizzo sia destinato a cambiare e a condizionare una gamma di attività produttive molto vasta, non limitandosi ad influire direttamente solo sulle dinamiche di comunicazione. Una general purpose technology per le sue proprietà

intrinseche dovrebbe essere pervasiva, avere la capacità di creare dei miglioramenti tecnici anche in aree in cui non è direttamente implementata e creare lo spazio per la realizzazione di innovazioni complementari (Wallsten 2010, p. 35). Tra queste ultime, sono state valutate necessarie, per un totale sfruttamento dei benefici della rete, innovazioni tecniche, organizzative e legate al disegno dei flussi lavorativi.

Brynjolfsson e Hitt (2010) dicono che le tecniche di growth accounting che generalmente si usano per misurare gli effetti di diversi avanzamenti tecnologici sulla crescita, sottostimano il reale impatto di internet, poiché non considerano le esternalità create dalla rete e gli effetti di spillover.

Tuttavia, prima di vedere nello specifico i problemi legati alla misurabilità e stima degli effetti di internet sulla società, è bene evidenziare in che modo la letteratura ha individuato questi effetti e in che ambiti sono stati finora presi in considerazione.

Il primo ambito certo descritto dalla letteratura in cui rientrano gli effetti della rete è quello legato alla produzione e diffusione di informazione. Porter e Millar (1985) prima che fossero evidenti e diffusi i vantaggi creati da Internet, avevano riassunto in che modo l’informazione e la trasmissione di questa potessero creare dei vantaggi competitivi per le aziende. Per riassumere i loro punti, l’informazione influisce sulla competizione tra aziende in tre modi: cambiando la struttura di alcuni settori e alterandone le regole della competizione, creando vantaggi competitivi, e creando lo spazio per la creazione di nuove imprese che spesso provengono dallo sviluppo di servizi pre-esistenti, una volta interni ad altre aziende. In un quadro in cui un’azienda deve competere su diversi fronti per ottenere il proprio pezzetto di mercato e rimanere attiva, Porter e Millar affermano che le tecnologie che forniscono informazioni permeano la catena del valore delle singole aziende in tutti i suoi punti (supply chain, firm value chain, channels value

chain, and buyer value chain), trasformando il modo in cui queste attività sono

realizzate e la natura dei legami esistente tra un punto e l’altro della catena. Per spiegare come le tecnologie dell’informazione trasformano gli aspetti competitivi dei mercati, i due autori si rifanno ad un esempio, in cui il prezzo di entrata nel

settore bancario (all’alba degli anni novanta dello scorso secolo) era fortemente condizionato dall’implementazione di moderni sistemi informativi che a quell’epoca richiedevano ingenti investimenti. Evidentemente, a quasi venti anni di distanza da questo esempio, il paradigma della competitività rispetto alla rete è cambiato, perché nessuno immaginerebbe di iniziare un’attività commerciale o imprenditoriale senza un sistema informativo dalle prestazioni avanzate, in quanto questi sistemi sono diventati un carattere assolutamente imprescindibile della produzione. I sistemi informativi di oggi, proprio per la loro natura pervasiva, non sono più degli strumenti di esclusione dai mercati, quanto piuttosto il mezzo attraverso cui si abbassano le barriere informative e si abbassano i costi relativi all’ingresso di nuove aziende.

Oltre agli effetti diretti delle reti sull’informazione, Internet entra nelle funzioni di produzione delle imprese in moltissime altre dimensioni. Jayakar e al. (2010) in un paper dal carattere teorico riassumono tutti i canali attraverso cui il dispiegamento di risorse broadband ha un effetto sulla crescita economica di un determinato territorio. In particolare, il dispiegamento e l’utilizzo di reti broadband ha un effetto sulla crescita attraverso: il comportamento delle singole aziende, l’innovazione, la produttività, la creazione di nuovo lavoro. Lo schema che gli autori utilizzano per riassumere questi effetti e considerare i legami tra i diversi elementi dello sviluppo economico è il seguente (Jayakar et al. 2010, p. 4).

             

Figura 5 Effetti di internet sulla crescita economica. 75

Attraverso questo schema gli autori evidenziano in che modo Internet, passando per innovazione, produttività e lavoro, ha la capacità di creare un effetto mai perfettamente diretto sullo sviluppo economico. L’effetto di internet sull’innovazione avviene per mezzo di “dynamic network externalities” di cui si è parlato precedentemente. L’innovazione, a sua volta, ha un effetto sullo sviluppo economico di un paese attraverso la creazione di nuovi prodotti e servizi. Attraverso la produttività, Internet ha un effetto indiretto anche sul lavoro. Infatti esso, distinguendo tra settori a più alta e bassa intensità di lavoro, può influire positivamente o negativamente sui tassi di impiego. Internet oltretutto influisce direttamente sulla crescita economica per mezzo della produttività; infatti esso, agendo positivamente sui processi di organizzazione e gestionali di un sistema produttivo, ha la capacità di aumentarne la produttività e l’efficienza. Infine, secondo gli autori, Internet avrebbe un effetto diretto sui livelli di impiego per mezzo delle imprese che si occupano del mantenimento e gestione dei network, o dei servizi collaterali.

In quest’ ultima parte si è evidenziato come possono sussistere degli effetti negativi creati dalle reti internet sul sistema economico. Ad esempio esiste un tradeoff tra l’utilizzo di questi mezzi avanzati di comunicazione e il livello di impiego a causa di un effetto di sostituzione tra tecnologia e lavoro; esistono degli effetti negativi portati dalla delocalizzazione produttiva, ed infine attraverso                                                                                                                

Internet si sono create delle posizioni produttive e commerciali di svantaggio; come nel caso in cui il business-to-consumer e l’ e-commerce hanno reso inutile la presenza di intermediari: tra cui le agenzie di viaggio, o i negozi di musica.

Procedendo oltre, Czernick et al. (2011) affermano che Internet e le infrastrutture del broadband hanno delle funzioni ulteriori rispetto a quella di coordinamento portata dal telefono. Infatti, esse incrementano la diffusione di idee ed informazioni, incentivano la competizione e l’imprenditorialità e semplificano l’accesso al mercato del lavoro. Secondo gli autori, il broadband influenza la distribuzione dell’informazione a livello territoriale e facilita il processo di elaborazione dell’informazione decentralizzata; pertanto i territori che godono di una maggiore penetrazione dei servizi registreranno una maggiore crescita economica, più velocemente. Nell’analisi, Czernick e gli altri autori evidenziano che la relazione tra Internet e sviluppo è in effetti una relazione biunivoca, ossia affermano che i territori che sono già di per sé sviluppati strutturalmente sono anche quelli che attirano più velocemente gli investimenti per la realizzazione di infrastrutture di telecomunicazione più avanzate. Secondo questa prospettiva, sarebbe impossibile delineare con certezza l’esistenza di un rapporto causale tra la diffusione di internet e il raggiungimento di un ulteriore sviluppo.

Secondo Mack, Grubesic e Anselin (2009) , il livello di penetrazione della banda larga, e più in generale delle infrastrutture ICT, sono una risorsa di vantaggio competitivo territoriale. Infatti, la distribuzione territoriale delle infrastrutture broadband può influenzare la collocazione di aziende knowledge-intensive che secondo gli autori sarebbero quelle in grado di guidare lo sviluppo economico contemporaneo a livello locale. Per l’ analisi applicata che costruiscono nell’intento di testare la capacità delle infrastrutture di telecomunicazione di attirare nuovi capitali e lavoro, gli autori costruiscono una serie di ipotesi. La prima è che lo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione crea un effetto di sostituzione per il lavoro qualificato e una capacità ulteriore di delocalizzazione delle imprese al di fuori dei centri urbani. Questa visione presuppone una distribuzione equa delle ICT tra i diversi territori. A confutazione di questa prima

ipotesi, gli autori intendono verificare se i centri più sviluppati aumentano ancora di più la loro capacità di attrazione per capitali e nuovi business. In ultimo, l’impatto delle infrastrutture ICT potrebbe essere eterogeneo, ossia condizionato dalla dimensione di impresa e dal settore di appartenenza. Anche in questo caso gli autori rilevano un problema di endogeneità attribuito al fatto che lo sviluppo infrastrutturale può essere più concretamente considerato come causa e conseguenza dello sviluppo locale. Tuttavia, i risultati delle loro analisi empiriche verificano la prima ipotesi, ossia che sia possibile attraverso una diffusione equa della rete aumentare le capacità di attrazione di qualsiasi territorio.

Infine, si riporta un commento relativo al rapporto tra Internet e lavoro di cui si è accennato prima. Una pubblicazione di carattere empirico di Kolko (2010) può fornire lo spunto per ampliare ed argomentare questa riflessione.

L’autore, usando come campione le contee della California, cerca di testare in che modo la penetrazione delle reti broadband può influire sulla crescita economica attraverso il parametro occupazione. In particolare, egli apre la discussione sulla tipologia degli effetti che si possono verificare attraverso la rete: ad esempio Kolko (2010) esplora la possibilità che l’occupazione cresca più velocemente nelle aree dove c’è una maggiore penetrazione di internet, testa se la relazione tra occupazione ed internet cambia per diverse industrie e settori, e in che modo vengono maggiormente assorbiti questi benefici, ossia se gli effetti vengono ridistribuiti in maniera equa o se solamente alcune categorie di lavoratori risentono positivamente delle esternalità prodotte dalla rete. La conclusione è che Internet porta quasi sempre un incremento dei livelli di occupazione e che questo effetto è maggiormente verificato nel settore dei servizi. Per quanto riguarda le differenze attribuibili alle diverse categorie di lavoratori invece non sussistono elementi sufficienti, dal punto di vista empirico, per valutarne il reale impatto. Infine alcuni autori (Matcher e Mayo 2011, Czernick et al. 2011) sostengono gli effetti positivi di internet sull’organizzazione aziendale e sul management. Infatti, la rete può avere una funzione di coordinamento che riduce i costi di transazione nel trasferimento di informazioni e conoscenza. La disponibilità di risorse broadband eliminerebbe la presenza di barriere spaziali e temporali e per questo

rende più semplice il processo di coordinamento e organizzazione di attività collettive. In questa prospettiva la rete offre delle possibilità di migliorare la gestione aziendale e permetterebbe l’appiattimento di complesse gerarchie grazie alla possibilità di controllo reciproco. A tal proposito Brynjolfsson e Hitt (2000) affermano che Internet interviene all’interno di strutture organizzative gerarchiche rendendo minimo il numero di passaggi di comunicazione necessari a collegare attori multipli. Inoltre, Internet può contribuire allo sviluppo di realtà imprenditoriali più piccole a scapito di una maggiore integrazione verticale.

Tornando prima di concludere agli aspetti relativi alle difficoltà di misurazione ed identificazione degli effetti delle reti sullo sviluppo economico, Wallsten (2010) innanzitutto evidenzia le problematiche relative alla disponibilità di dati che siano effettivamente rappresentativi dei fenomeni descritti. In particolare egli si riferisce al fatto che spesso per misurare gli effetti delle reti internet sulla produttività e la crescita economica si usano dati che rilevano la penetrazione delle reti a livello residenziale. Secondo Wallsten questi dati rilevano in maniera più certa il consumo che viene fatto delle reti per comunicazioni personali, shopping e intrattenimento; ossia rilevano per la maggior parte il trasferimento di attività economiche piuttosto che la creazione di nuove attività. Sempre Wallsten evidenzia che dato che il cambiamento macroeconomico viene più efficacemente misurato nel lungo termine, i dati relativi alla produttività non possono essere utilizzati per misurare in ogni periodo i cambiamenti apportati dall’introduzione di nuove tecnologie. Infatti è improbabile riuscire a misurare gli effetti sulla produttività immediatamente dopo l’introduzione di internet (productivity paradox). Infine, Internet e le aziende di servizi che si sono sviluppate per mezzo di esso creano beni e servizi che generano valore ma che non sono ancora registrati all’interno delle statistiche nazionali. Greenstein e McDevitt (2009) evidenziano che esiste un problema nella letteratura e nell’analisi economica per misurare l’impatto di tecnologie come il broadband sul prodotto nazionale lordo e altre variabili economiche, poiché non esiste ancora una buona specificazione di modelli che mettano in relazione tutte le variabili. Riferendosi al lavoro di Fogel (1962) sullo stesso argomento gli autori affermano che per misurare tutti i

benefici ottenuti dall’introduzione di un nuovo bene occorrerebbe guardare non solo alla domanda e all’offerta di questo determinato bene, ma anche ai benefici addizionali al di là di quello che avremmo potuto ottenere senza l’introduzione di questo. Seguendo questa prospettiva, gli autori si chiedono quale sia stato l’incremento in termini di prodotto interno lordo ottenuto attraverso il broadband oltre quanto si sarebbe potuto ottenere mantenendo il tradizionale sistema di comunicazione dial-up. Per rispondere i due autori si concentrano sul surplus ottenuto dai consumatori che può essere misurato attraverso il consumer price

index (calcolato periodicamente dal Bureau of Labor Statistics). Le difficoltà di

misurare la differenza tra il surplus attuale con quanto si sarebbe ottenuto dal proseguimento delle tecnologie dial-up si manifesta attraverso la scarsa varianza nel livello dei prezzi (fino al 2006 infatti i prezzi del broadband sono rimasti piuttosto costanti, mantenendosi in un range tra i 36 e il 40 dollari al mese) e nell’impossibilità di osservare l’andamento del mercato dial-up se questo fosse sopravvissuto. In conclusione, secondo Greenstein e McDevitt (2009) è difficile catturare gli effetti del broadband sul Pil a causa delle difficoltà di misurare tutte le esternalità prodotte dalla tecnologia e poiché è difficile considerare gli spillover per beni complementari. Un’altra conclusione a cui arrivano i due autori attraverso un’analisi empirica è che la domanda per il broadband è elastica, ossia fortemente condizionata dal prezzo.

Uno studio di Savage e Waldmand (2004) ha stimato la “willingness to pay” per molte categorie di consumatori. La domanda, nella stima più bassa fornita dagli autori, oscillerebbe in media tra gli 11 e i 22 dollari al mese (scontata degli effetti positivi del dial-up), una cifra di molto inferiore a quelle effettivamente presenti sul mercato. Più positivi rispetto alla domanda per il broadband erano all’inizio del 2000 Crandall e Jackson (2001); i due autori infatti, in una pubblicazione che è stata più volte citata dalla letteratura, affermavano che se il broadband fosse stato destinato a diventare essenziale come lo è il servizio telefonico di base, ci si sarebbe dovuti aspettare che la domanda per questo diventasse inelastica. Quindi:

“[a]s broadband becomes more “essential” and, therefore, less price elastic in demand, its value rise sharply” (p.21).

Nonostante la previsione positiva, la domanda per il broadband sembra ancora sostanzialmente legata al prezzo, soprattutto per quanto riguarda tecnologie più avanzate come quelle della fibra ottica. Si vedranno nel prossimo capitolo con più dettaglio i problemi relativi alla segmentazione della domanda.

A livello di singola azienda, Jayakatar e al. (2010) affermano che è difficile misurare input e output delle tecnologie di telecomunicazione sulla produttività, infatti spesso queste variabili sono influenzate dall’ utilizzo contemporaneo di diverse tecnologie ed è difficile isolare gli effetti di ognuna. Majumdar, Carare e Chang (2009) rilevano che l’implementazione di tecnologie broadband può significare un incremento di produttività per le singole aziende attraverso la possibilità di: processi di e-learning sincronizzati, il telelavoro, il clouding, lo scambio simultaneo di files, la formazione di comunità virtuali e l’elaborazione di dati complessi a disposizione dei dipendenti e dei consumatori.

Si vedranno più nel dettaglio, nella premessa all’analisi empirica gli effetti che il broadband, e Internet più in generale, possono esercitare sulle imprese di piccola e media dimensione e sul self-employment.