2.2 Il modello americano 64
2.2.4 Il sistema di innovazione nazionale 79
Nonostante la retorica impiegata dalla maggior parte delle amministrazioni federali repubblicane contro l’intervento del governo nelle dinamiche di mercato, sotto le amministrazioni Reagan e Bush (senior) sono state intraprese significative iniziative in favore dello sviluppo tecnologico delle imprese americane; tra cui: la
costituzione del National Center for Manufacturing Science (NCMS), the Semiconductor Research Consortium (SEMATHEC), the Advanced Technology Program (ATP), and the National Science Foundation’s Engineering Research Centers. Inoltre furono stabiliti dei limiti alle restrizioni volute dal sistema dell’antitrust e migliorata la legislazione per la protezione della proprietà intellettuale. L’amministrazione Reagan supportò anche il National Cooperative Reserach Act del 1984 con il quale si ridussero le sanzioni inflitte dall’antitrust per la collaborazione tra imprese durante le fasi di ricerca prima della commercializzazione. Lo sforzo governativo per assicurare maggiore protezione della proprietà intellettuale fu iniziato durante i primi anni ottanta e promosso a livello internazionale attraverso gli accordi dell’Uruguay Round. Inoltre, altre riforme cruciali degli anni ottanta furono: il Bayh-Dole Patent and Trademark Amendment Act (1980) che permetteva alle agenzie federali di dare delle licenze di utilizzo di alcuni brevetti alle imprese small business e ad altre istituzioni non profit; e il Federal Technology Transfer Act (1986) che permetteva ai laboratori di ricerca federali di condurre attività di ricerca in cooperazione con le imprese private.
Il cambio di prospettiva rispetto alle politiche che supportavano la ricerca e sviluppo e il cambiamento legislativo permisero l’introduzione di alcune novità all’interno del sistema di innovazione statunitense che cambiarono la modalità di competizione tra le imprese e ne ha modificato il rapporto con i concorrenti internazionali. In particolare, in molte imprese vennero esternalizzate le funzioni di ricerca e sviluppo e vennero creati dei laboratori di ricerca congiunti che in alcuni casi creavano delle alleanze strategiche anche con l’estero. Inoltre, si creò un nuovo ruolo per le università che accolsero molti laboratori di ricerca di base ed applicata con lo scopo di poter utilizzare le loro scoperte in ambito commerciale grazie alla partnership con le aziende private. Infine la competizione internazionale mise in evidenza l’importanza delle differenze qualitative e quantitative delle risorse impiegate dai diversi piani di innovazione nazionali, mettendo in luce le carenze relative del sistema statunitense che, in parte per motivi ideologici e in parte per una mancanza di coordinamento, era rimasto indietro rispetto alle potenze asiatiche.
L’amministrazione Clinton (1993-2001) secondo Shapira (2001) definì dei nuovi principi per il ruolo del governo federale nelle policy per la tecnologia e l’innovazione. Questa enfatizzò infatti il ruolo delle partnership tra pubblico e privato, promuovendo il raggiungimento di obiettivi di carattere civile e di progresso. Clinton inoltre continuò il finanziamento dell’innovazione e della ricerca intrapreso dalle amministrazioni precedenti e sotto la sua guida si sviluppò in maniera consistente il Manufacturing Extension Partnership Program (MEP). Quest’ultimo è un programma federale costituito da un network di centri non profit distribuiti su tutto il territorio degli Stati Uniti, che hanno il compito di mettere in contatto la piccola e media industria americana con i centri di ricerca tecnologica e scientifica dedicati alla manifattura.
I centri MEP forniscono un servizio diretto agli imprenditori e cercano di migliorarne le operazioni di produzione fornendo la tecnologia appropriata. Questi centri sono un ottimo esempio delle partnership tra pubblico e privato perché essi ricevono finanziamenti e ricoprono gli interessi di diversi attori, tra cui: i singoli stati, lo stato federale, la comunità scientifica ed universitaria in cui operano e gli imprenditori a cui offrono un servizio.
L’esistenza dei centri MEP in alcuni stati risale a molto prima della fine degli anni ottanta, ma la loro struttura venne formalizzata a livello nazionale come programma federale nel 1988 attraverso l’Omnibus Trade and Competitiveness Act. Alcuni stati americani in cui la tradizione manifatturiera era più radicata, come il Michigan, la Pennsylvania e l’Ohio, erano particolarmente attivi sul fronte dell’intervento pubblico a favore dell’industria già da prima che il governo federale facesse qualche passo avanti.
Questi fatti dimostrano che gli Stati Uniti, nonostante la retorica del congresso in sfavore dell’espansione dell’azione di governo a sfere della vita privata come il mercato, sono stati tutt’altro che fermi sul fronte dell’intervento. Si ricorda che all’epoca di Roosvelt si erano formate delle unions di lavoratori piuttosto grandi, che nei momenti di crisi avevano saputo intervenire per far sì che il settore manifatturiero statunitense resistesse alle crisi ed alla competizione internazionale. Il problema della deindustrializzazione che era iniziata negli anni settanta e peggiorata durante tutti gli anni ottanta, è stato infatti un problema di
assorbimento della disoccupazione e di riconversione delle attività produttive in cui le parti sociali hanno saputo far valere il proprio ruolo anche grazie alla presenza di risorse e programmi come l’MEP.
L’amministrazione Clinton fece molto per il programma, oltre quello che avevano fatto i suoi predecessori, perché riuscì a convincere il congresso della efficacia dell’intervento e quindi della necessità di protrarne il finanziamento. Attraverso dei cicli amministrativi durante i quali l’MEP è stato più o meno sostenuto dalle parti governative e da quelle civili30, i centri del programma operano ancora oggi
sul territorio, offrendo, oltre alla tecnologia, dei servizi di coordinamento per le filiere produttive, delle certificazioni di qualità e una consulenza strategica alle imprese.
In un mondo che si è andato sempre più globalizzando i centri MEP costituiscono ancora uno spaccato della vecchia America manifatturiera: essi infatti sono popolati da un personale che storicamente è legato ai territori ed alle tradizioni manifatturiere incorporate in essi. I loro esperti conoscono a fondo le problematiche delle piccole e medie aziende americane perché loro stessi in prima persona spesso ne hanno dovuto affrontare le difficoltà. Il capitale relazionale e il valore della conoscenza integrata in questi centri tuttavia è difficilmente misurabile in termini reali e quindi spesso la loro azione, che è finanziata in parte dallo stato federale, è fraintesa e sminuita.
Tra i meccanismi di controllo che ne regolano le operazioni, l’MEP, come tanti altri dei programmi di public policy americana, sono sottoposti ad un rigido sistema di valutazione e monitoraggio. I centri riportano al National Institute of Standard and Technology (NIST), che è l’organo preposto alla loro valutazione, ogni singolo contatto con i propri clienti, registrando il costo dei servizi e i compensi percepiti per le loro prestazioni. Sul fronte della valutazione degli output inoltre il NIST a partire dal 1996 ha sottoposto le aziende che partecipano ai programmi dell’ MEP ad un sondaggio in cui si rilevano gli impatti creati in termini di performance, di miglioramento delle prestazioni del personale e di
30 Per una trattazione estesa del programma e dei suoi cicli di vita all’interno delle diverse amministrazioni si veda Hallacher (2005).
savings. Inoltre si cerca di valutare l’effetto relativo al livello di singoli clienti in
termini di ritorno sugli investimenti fatti dal governo federale per ogni centro31. A proposito della valutazione, sono sorti nel corso degli anni numerosi dibattiti sugli strumenti più appropriati a misurare l’effettiva efficienza ed efficacia del programma. Voytek et al. (2004), che sono tra i componenti del nucleo di valutazione dei centri MEP interno al NIST, sostengono che creare un buon sistema di misurazione della performance di un programma è un’operazione complessa, in quanto presuppone che chi esercita questa funzione sia in grado di capire la “funzione di produzione” o il “modello logico” del programma. Per modello logico intendono la struttura teorica secondo cui viene costruito un programma d’intervento che mette in relazione a livello concettuale gli input, i suoi output o outcomes, e quello che viene rilevato durante il percorso che permette la trasformazione degli input in output.
Concludendo, l’MEP è un esempio della programmazione americana dedicata allo sviluppo delle risorse tecnologiche e dell’innovazione che identifica un impegno civile ed istituzionale congiunto per sostenere la competitività e il progresso del sistema industriale. E’ stato trattato un po’ più nel dettaglio per dare un’idea dei programmi di intervento che sono nati alla fine degli anni ottanta come risultato del dibattito politico e teorico. Come è stato illustrato precedentemente alla fine della guerra fredda l’economia americana ha risentito fortemente della competizione straniera e ha dovuto gestire i problemi e le criticità sollevate da una rapida trasformazione del sistema verso la terziarizzazione. Questi cambiamenti hanno fatto sì che il “neoliberismo metodologico” usato dal governo americano rispetto alla gestione del proprio sistema economico interno si piegasse finalmente alla necessità dell’intervento, senza usare l’investimento nel settore della difesa come escamotage per giustificare, e allo stesso tempo velare, l’impegno delle
31 Per far questo i valutatori del NIST hanno creato cinque indici della performance dei centri MEP che sono: il costo federale per ogni cliente trattato (ossia il totale della spesa federale per ogni centro sul numero dei clienti che hanno partecipato al sondaggio e che riportano un impatto positivo), il bottom-line-client-impact-ratio (ossia la somma dei risparmi riportati dai clienti + il 15% dell’impatto sulle vendite totali diviso l’investimento federale), l’investment-leverage ratio (che sarebbe la somma dei nuovi investimenti riportati dalle aziende sull’investimento federale fatto per centro), un indice di soddisfacimento dei clienti ed infine il tasso di risposta al sondaggio da parte dei clienti.
istituzioni a favore dell’industria. Le soluzioni che ne sono emerse, come si è cercato di illustrare, hanno preso la forma di rimedi ai fallimenti del mercato in quanto tendenzialmente hanno favorito l’intervento solamente nelle circostanze in cui il mercato da solo non è stato in grado di trovare una soluzione ottimale all’allocazione e all’impiego delle risorse. Quando si è parlato dei fallimenti del governo e della critica che questo approccio teorico implicitamente fa all’intervento dello stato nella gestione dell’economia, è stato detto anche che il governo americano è stato più volte accusato di questo tipo di fallimenti dai sostenitori più estremi di un impiego minimo delle risorse nazionali nella gestione dei flussi economici. I sistemi di valutazione di cui si è brevemente discusso prima, sono un tentativo di arginare i fallimenti del governo e di stabilire delle regole di condotta per l’utilizzo delle risorse. E’ possibile affermare che il sistema anglosassone è stato pioniere in questo e che i metodi applicati sono diventati sempre più sofisticati (Barbieri et al. 2006).
Tuttavia, il dibattito sull’intervento in America è ancora vivo ed è tornato particolarmente in auge durante gli ultimi anni, in cui gli effetti della crisi finanziaria hanno spinto il governo americano ad investire nuovamente sulla manifattura per la creazione di posti di lavoro e sulla creazione di nuove infrastrutture. Si vedono nel prossimo paragrafo le politiche di salvataggio del “too big to fail” e gli ultimi risvolti di questa nuova fase del dibattito di politica industriale in America.