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1.3 Digressione sulle esternalità di rete 55

1.3.1 Social Networks e Social Capital 59

Si definisce una rete sociale, o social network, il risultato di esiti non scontati di complesse relazioni di interdipendenza tra attori sociali (Salvini, 2007), il cui contenuto può essere connotato sia materialmente che immaterialmente. Secondo questa definizione, il concetto di rete si basa sulla nozione di reciprocità, in quanto presuppone che gli attori connessi ad una rete abbiano tra di essi delle relazioni, in cui il flusso di risorse (anche di diverso tipo) è solitamente bi- direzionale.

L’istituzione di una relazione fa sì che con essa si creino dei vincoli, più o meno formali, secondo cui uno scambio avverrà nel momento in cui questo risulta essere reciprocamente benefico per entrambe le parti coinvolte.

Per contestualizzare la nozione di reciprocità introdotta in queste righe, si riporta il pensiero di Polanyi (1944), secondo il quale tale principio è stato fino ad un certo punto della storia dell’uomo il carattere dominante sotto cui avvenivano gli scambi e si costruivano le relazioni sociali.

Per Polanyi infatti, la teoria economica classica ha oscurato alcune delle caratteristiche naturali dell’uomo che hanno contraddistinto ed influenzato immutabilmente il comportamento degli individui all’interno dei gruppi sociali. Le economie primitive infatti, prima che venisse definita l’istituzione del mercato, basavano la produzione, lo scambio e il consumo di beni su due principi del comportamento umano non primariamente associati all’economia, che sono la reciprocità e la distribuzione. Per quanto riguarda la reciprocità, essa ha originariamente a che fare con l’organizzazione sessuale della società, ossia con la famiglia e la parentela; secondo questo principio l’uomo primitivo era obbligato a prendersi cura della moglie e dei figli e per fare ciò produceva ed accumulava il giusto ammontare di risorse che gli donavano reputazione e posizione sociale. È fondamentale che la reciprocità si basi dunque sulla simmetria, per cui ogni scambio è guidato non necessariamente da scritture private o dalla ricerca individuale di un profitto, quanto piuttosto dal reciproco beneficio che ne viene tratto. Ogni famiglia, ogni villaggio, o comunità avrà una controparte con cui scambia, secondo necessità, le proprie risorse.

Secondo Polanyi (1944) dunque:

“[f]ino a che l’organizzazione sociale corre nei suoi binari non occorre che entri in gioco alcun motivo economico individuale, (...); la divisione del lavoro sarà automaticamente assicurata e gli obblighi economici debitamente assolti” (p. 65).

Dunque, essendo esclusa l’idea del profitto in un una comunità di questo genere, il sistema economico risulta essere una semplice funzione dell’organizzazione sociale.

Riprendendo il concetto di social network, oggi esso viene utilizzato per spiegare una forma organizzativa della produzione e dello scambio di risorse tra gli uomini, residuale rispetto a quelle generalmente considerate di impresa e mercato. A tal proposito Powell (1990) infatti, identifica le reti come un’ alternativa dell’organizzazione sociale all’interno di un continuum tra mercato e gerarchia (intesa come imprese e istituzioni). Le reti, formandosi ai margini delle istituzioni che determinano il profitto all’interno del sistema capitalistico, facilitano l’emergere e la distribuzione di risorse che hanno carattere altamente intangibile, come norme, valori e il rispetto reciproco, che la letteratura sociologica ha infine identificato sotto il nome di capitale sociale.

Il termine, introdotto da Bordieu (1983) e Coleman (1988), nello specifico identifica un insieme di risorse potenziali e concrete generate dalle sinergie create all’interno di un network di individui. Per Coleman (1988) la struttura sociale di un gruppo è una risorsa per gli individui che appartengono ad esso, che ne possono sfruttare le connessioni per ottenere l’accesso ad un numero più esteso di risorse. Come altre forme di capitale, il capitale sociale è una risorsa produttiva, poiché rende possibile il raggiungimento di alcuni obiettivi che in sua assenza non sarebbero realizzati. (Coleman, 1988 p.S98). Inoltre, il capitale sociale che viene creato a livello macro, grazie alle interconnessioni tra più reti, avrà infine degli effetti strutturali sulle istituzioni che influenzano le dinamiche di sviluppo di un paese21.

                                                                                                               

21  Woolock (1998) a tal proposito, fornisce uno schema riassuntivo delle possibili interazioni che possono crearsi tra reti sociali, imprese ed istituzioni grazie alla formazione di capitale sociale e definisce quattro diverse fattispecie possibili dei percorsi di sviluppo di economie in crescita. Diversi livelli di integrità organizzativa, correlati con diversi livelli di sinergia nelle relazioni tra lo

Ritornando alle esternalità prodotte da una rete, sia essa sociale, economica, o di consumo, esse saranno gestite dall’intervento dello stato attraverso delle azioni che vanno oltre un’allocazione efficiente delle risorse. È probabile infatti che all’interno di un network, i fallimenti di mercato dovranno essere gestiti insieme alle parti interne alla rete, tenendo conto del capitale sociale che esse producono e scambiano tra loro e delle norme di reciprocità che governano il sistema nel suo insieme. Se l’intervento infatti, deve ristabilire un equilibrio all’interno di un’organizzazione produttiva, o più in generale in un’organizzazione economica, che sfrutta la dimensione di rete, è necessario che lo stato consideri gli effetti della propria azione non solo nel breve termine e su una porzione delle parti coinvolte, ma che guardi all’equilibrio globale del sistema ed alla sua stabilità e durata nel tempo.

Azioni di coordinamento, creazione di nuove relazioni o la fornitura di asset intangibili come la possibilità di far riferimento ad un database di contatti, saranno interventi ugualmente importanti in questo caso, quanto le manovre che solitamente nei fallimenti di mercato portano al sussidio di alcuni progetti considerati rilevanti ed alla tassazione delle attività nocive22.

A tal proposito, sempre facendo riferimento al caso del broadband, si vedrà come l’azione di intervento per la fornitura del servizio all’interno di mercati deboli negli Stati Uniti si è storicamente coordinata con le azioni promosse dalla società civile o da associazioni che hanno cercato di mettere insieme nella promozione della tecnologia cittadini, stato ed imprese.

Dopo questa breve digressione che è servita a collegare i principi della teoria neoclassica con le più moderne problematiche legate alle esternalità di rete, nel prossimo capitolo si imposta un’analisi storiografica che tocca i punti più salienti dello sviluppo economico degli Stati Uniti. Attraverso la descrizione di alcuni                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 stato e la società civile, porteranno ad ottenere situazioni diverse in cui si crea più o meno sviluppo. Woolock in particolare parla di situazioni di anarchia, tipiche dei collapsed states, situazioni di inefficienza per i weak states, corruzione e comportamenti predatori per i rougue

states, ed infine cooperazione, flessibilità ed affidabilità per i developmental states.   22 Per un approfondimento su questo tema e il concetto di network failures si veda Shrank, Whitford (2009, 2011) e Whitford, Shrank (2010).

eventi, amministrazioni e programmi di policy si spera di dare una relazione concreta del perché abbia senso parlare di politica industriale oggi negli Stati Uniti e quali principi di politica più naturalmente si applicano al loro contesto.