5.2 Struttura della rete 168
5.2.1 Definizione delle curve di domanda e di offerta 170
5.2.1.2 L’offerta 173
Le imprese che compongono il mercato dei servizi di telecomunicazione avanzata devono sostenere generalmente ingenti costi fissi. Infatti, per rendere operativa una rete occorre costruire innanzitutto delle centrali di smistamento dei segnali, a cui si attaccano per mezzo della cablatura delle singole aree geografiche, gli utenti finali. Oltre a questi, che sono costi di investimento non recuperabili e che costituiscono la più alta barriera di ingresso al mercato della banda larga, esistono
i costi associati alla gestione e al mantenimento della rete e i costi di pubblicità. Anche questi ultimi sono costi fissi generalmente elevati; il mantenimento della rete infatti può significare il rinnovo completo delle infrastrutture dopo un certo periodo di tempo, poiché un avanzamento tecnologico può renderle sostanzialmente obsolete.
Più nel dettaglio, Faulhaber e Hogendorn (2000) distinguono tre tipologie di costo che devono essere sostenute dai produttori di servizi broadband, che sono:
- il costo per unità di utilizzo,
- il costo per singolo consumatore, costituito principalmente dai costi di accesso e cablatura,
- e i costi per ogni utente addizionale che potenzialmente si allaccerà alla rete nel prossimo futuro.
Sulla base di queste voci di costo, i provider devono decidere, prima di entrare nel mercato, la dimensione (t) e il posizionamento geografico del loro network, quanta capacità di accesso vogliono installare e quale capacità di traffico definire. Tenendo conto di questi elementi, i due autori osservano che la prima compagnia che entra in un nuovo mercato tenderà ad installare un network più ampio per bloccare l’ingresso di altri concorrenti. In generale infatti, risulta che network di più ampie dimensioni possono essere più profittevoli perché, grazie alla presenza di economie di scala, è possibile per i fornitori trarre vantaggio dalla crescita dei volumi di diffusione del servizio. Allo stesso modo non sarà più economicamente conveniente per un nuovo entrante replicare i costi fissi della rete, poiché questi risulteranno troppo elevati rispetto al guadagno atteso dalla porzione di domanda residuale.
La diffusione dei servizi è infatti strettamente legata all’investimento iniziale effettuato dai provider di rete che a sua volta è fortemente condizionato dalla dimensione della domanda potenziale. Quest’ultima, per volumi sotto una certa soglia, indurrà i distributori a non investire affatto in determinati territori. Il costo di cablaggio di una nuova area può essere infatti molto elevato e la singola impresa deciderà di non investire nella rete se non è sicura di ottenere un ritorno adeguato.
In un mercato competitivo, il prezzo delle tariffe dei servizi di rete è funzione dei costi marginali sostenuti dall’impresa. Questi ultimi corrispondono ai costi per il cablaggio dell’utente finale (last mile) - che sono generalmente molto elevati - e i costi di fornitura del servizio che, sotto i livelli di saturazione delle centrali, sono invece relativamente bassi. La fornitura del servizio ad un utente addizionale in un’area che è già coperta dalla rete (si faccia l’esempio di dover allacciare l’ultimo condomino di un’unità abitativa già cablata) non comporta costi aggiuntivi al fornitore, ponendo il produttore che è entrato per primo nel mercato in una condizione di vantaggio. Tuttavia, l’aggiunta di un utente finale può contribuire a portare la rete ad un livello di saturazione che si ripercuote negativamente sull’ efficienza del servizio in caso di sovra-utilizzo.
Come accennato precedentemente, grazie alla struttura per nodi della rete, i fornitori di servizi sono in grado di realizzare economie di scala: infatti, una volta deciso il dimensionamento della rete, l’aumento del traffico per l’aggiunta di un utente addizionale ha l’effetto di ridurre i costi medi unitari, almeno fino all’esaurimento della capacità, dopo la quale subentrano diseconomie associate alla congestione della rete. La rilevazione delle economie di scala è un altro elemento che ha contribuito per molto tempo a rendere la rete vicina all’idea di monopolio naturale; tuttavia, come si vedrà nel dettaglio, il mercato può anche supportare una struttura competitiva basata sulla coesistenza di più concorrenti, per volumi più elevati della domanda.
I provider di questi servizi, grazie alla digitalizzazione dei segnali e delle informazioni sono anche in grado di diversificare la loro offerta e di sfruttare economie di scopo, offrendo più servizi per mezzo della stessa infrastruttura. Questo costituisce un ulteriore elemento a favore dell’organizzazione monopolistica del settore: infatti l’esistenza di numerosi vantaggi associati alla produzione di un unico network ha determinato nella letteratura e nei policy maker la supposizione che fosse più conveniente organizzare la diffusione dei servizi di rete attraverso un unico operatore. Gli oppositori di tale visione sostengono tuttavia, che le economie di scala e di scopo attribuite alla rete sono solo un’intuizione della teoria economica e che non perfettamente e non sempre, si realizzano nella realtà.
A livello empirico, la stima delle funzioni di costo dei singoli servizi offerti dalle imprese operanti in questi settori è infatti un argomento tuttora controverso, in quanto – in parte per i problemi di immaterialità di cui si è discusso prima – non è sempre possibile effettuare una valutazione esatta delle singole voci di costo associate alla produzione. Di solito per stimare la funzione di costo di un’azienda operante in questo settore si usano tecniche econometriche, o semplicemente si prova a risalire ad essa attraverso l’utilizzo di dati di bilancio (Curien, Gensollen, 1995).
Per quanto riguarda l’approccio econometrico, Curien e Gensollen (1995) sostengono che la rete è una black box che impiega capitale, lavoro e materie prime e produce servizi misurabili con il numero di linee allacciate e il volume del traffico. Si possono quindi stimare dei modelli che mettono in relazione le quantità prodotte, il prezzo dei fattori e il progresso tecnico con il costo totale della rete; altrimenti è possibile cercare di stimare il volume totale di produzione utilizzando gli stessi fattori. I due autori sollevano tuttavia tre critiche verso questo approccio, che sono: nessuna conoscenza a priori sul funzionamento della rete viene incorporata nella specificazione della funzione di costo o di produzione; le osservazioni sono solitamente troppo scarse rispetto al numero di parametri per ottenere una solidità statistica delle stime ed infine in questo modo non si ottiene una determinazione di costo per ogni singolo prodotto.
Le stime econometriche possono aiutare a rilevare economie di scala, tuttavia non sono in grado di misurare la presenza e l’intensità delle economie di scopo che possono essere realizzate attraverso la rete91.
Tra le tecniche di bilancio che si usano per la stima delle funzioni di costo, Curien e Gensollen (1992) inseriscono come metodo la rilevazione dei dettagli della spesa per i fattori. Quest’ultima può essere successivamente imputata a cascata ai diversi prodotti. Nella ripartizione a cascata i costi vengono classificati per natura e per funzione secondo una gerarchia di classi interconnesse. Attraverso questo sistema i costi fissi e quelli comuni vengono attribuiti in maniera arbitraria perché è impossibile determinarne la perfetta allocazione. In conclusione, queste
problematiche di metodo non permettono di fare perfetta chiarezza rispetto alla struttura strategica del settore (p.99).