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4.4 Effetto del broadband sullo sviluppo 135

4.4.3 Effetti sul capitale sociale 150

Negli ultimi anni è diventato particolarmente diffuso il sistema dei social network, ossia delle reti di socialità virtuale che vengono sviluppate attraverso e per mezzo di Internet. boyd e Ellison (2008) definiscono i social networks come:

“web based services that allow individuals to (1) contruct a public or semi- public profile within a bounded system, (2) articulate a list of other users with whom they share connections, (3) view and traverse their list of connections and those made by others within the system” (p.211).

Le autrici danno questa definizione riferendosi specificatamente ai “social network site” e non al “social networking”; la distinzione seppur apparentemente insignificante, in realtà implica che la seconda categoria si riferisca più nello specifico alla costruzione di legami tra persone che non si conoscevano prima (networking enfatizza l’inizio di una relazione). All’interno dei social network tuttavia, seppur sia possibile iniziare relazioni da zero, è più frequente riscontrare la presenza di gruppi che erano già attivi nella vita reale.

I social network infatti sono nati nel 1997 come strumenti di solidarietà per gruppi già esistenti fuori dalla rete che attraverso di essa hanno trovato un mezzo per scambiarsi messaggi e informazioni in maniera semplificata. I primissimi social

network ad apparire sulla rete sono stati sixdegrees.com - un social network

basato sulla teoria dei sei gradi di separazione -, asianavenue.com e blackplanet.com, entrambi social network per raccogliere testimonianze e manifestazioni di solidarietà di gruppi e minoranze razziali.

Questi esperimenti nel campo dei social network, sono stati studiati per capire in che modo la rete e le sue applicazioni potessero influire sulla formazione e l’accrescimento di capitale sociale nella società reale. La sociologa Byrne (2007) ad esempio, ha studiato tra il 2006 e il 2007 le discussioni apparse sul forum di blackplanet.com per vedere se e come i partecipanti di questo social network avessero usato la rete per creare coinvolgimento su tematiche di interesse comune. Per fare questo, la Byrne ha studiato il tasso di partecipazione di ogni utente alle discussioni pubblicate sul forum e attraverso un’analisi di contenuto ha individuato i temi maggiormente presenti. I suoi risultati l’hanno portata a concludere che i temi trattati nella rete, anche se pertinenti al capitale sociale e al coinvolgimento civico, di rado superano il livello discorsivo per sfociare in vere e proprie mobilitazioni civili, per difendere, o ottenere dei diritti della comunità. Clay Shirky (2008), un altro studioso della rete, fa notare tuttavia che la rete abbassa fortemente il costo di formazione di nuovi gruppi e quindi il costo associato al loro fallimento. In questa prospettiva, la rete potrebbe essere intesa come un aggregatore di interessi che non richiede particolari investimenti per essere costituito e che può permettere la realizzazione di attività collettive dentro e al di fuori di essa. Marco Diani (2000) infine, sempre discutendo gli effetti della comunicazione mediata attraverso i computer sull’ organizzazione sociale, evidenzia il potenziale della rete nel permettere a gruppi sociali di organizzarsi per instaurare delle discussioni di carattere plurale, anziché bilaterali. Egli rileva inoltre che la rete può essere un mezzo per diffondere più facilmente identità collettive e per facilitare il dialogo tra individui ed organizzazioni. Tuttavia, valutando la possibilità che la rete possa essere un reale mezzo di inclusione per la società, Diani (2000) afferma che questa è ancora profondamente legata ad un ruolo strumentale piuttosto che simbolico. Ossia che la sua capacità di coinvolgimento sia in realtà limitata ai gruppi che tradizionalmente e storicamente risultavano essere più coinvolti.

Box 1 Appunti integrativi sul capitale sociale

Il concetto di capitale sociale è stato introdotto brevemente nel corso del primo capitolo, quando si è parlato delle esternalità di rete e della loro capacità di creare valore. Si riassume in questo paragrafo brevemente che cosa si intende per capitale sociale, distinguendolo in una risorsa individuale e collettiva, per vedere in che modo esso possa interagire ed essere influenzato dalla rete.

In una definizione generale, il capitale sociale è un insieme di risorse potenziali e concrete che viene generata dalle sinergie all’interno di una rete. Nella sua dimensione individuale esso è una risorsa strumentale a disposizione delle singole persone che possono ottenere dei benefici diretti per mezzo di esso. L’appartenenza ad un gruppo infatti, può costituire una risorsa strategica per l’individuo per raggiungere determinate posizioni nella sfera sociale o per accedere a determinate informazioni. Secondo Bordieu (1980) il volume del capitale sociale si misura con la dimensione della rete e dalla quantità e qualità delle risorse possedute da questa. Nella stessa accezione Coleman (1994) definisce il capitale sociale come una risorsa produttiva che permette l’ottenimento di obiettivi individuali.

Nella sua accezione collettiva, il capitale sociale è visto invece più come una risorsa capace di portare un maggiore benessere diffuso nella società. Infatti il capitale sociale è inteso come un collante che lega le persone, creando coordinamento e cooperazione tra gli attori. Risorse fondamentali su cui si fonda questo tipo di capitale sociale sono le norme di reciprocità, la fiducia e il senso civico.

Nella sua dimensione collettiva, il capitale sociale è deterministico, ossia è determinato dal livello di fiducia e di civicness diffusi nella società. In questo senso il capitale sociale può essere interpretato come un bene pubblico, ossia una risorsa disponibile alla collettività, il cui consumo non è escludente e dei cui benefici non è possibile appropriarsi completamente.

Putnam (2000) è tra gli studiosi contemporanei che più si sono interessati ed hanno scritto del capitale sociale e della sua valenza come risorsa pubblica che è in grado di creare sviluppo. Nel suo celebre trattato “Bowling Alone. The

Collapse and Revival of American Community” (2000), Putnam asserisce che l’effetto dei mezzi di comunicazione di massa come la televisione, e lo sviluppo economico hanno fatto sì che nella società americana venisse meno un senso comunitario e di conseguenza si affievolisse la capacità degli individui di associarsi e creare massa critica per il cambiamento sociale. La visione sconfortata di Putnam è supportata da dati che registrano un andamento calante per quanto riguarda l’associazionismo e un diffuso senso di sfiducia verso il prossimo registrato attraverso le statistiche e i sondaggi nazionali. Pamela Paxton (1999), partendo da questa stessa visione, critica la conclusione semplicistica di Putnam per proporre una lettura più complessa del decadimento in termini di capitale sociale registrato negli Stati Uniti. Il suo punto di partenza è che il capitale sociale, come risorsa collettiva, si costruisce su di una serie complessa di elementi diversi. Gli elementi che l’autrice individua come sintesi di quanto detto dalla letteratura a proposito del capitale sociale sono: il livello di associazionismo oggettivo che esiste tra gli individui e i legami di tipo individuale (p.93). La prima componente indica che esiste una struttura oggettiva di legami che collega gli individui, ossia che le persone sono legate tra di loro nello spazio sociale. I legami di tipo individuale invece devono comprendere la reciprocità, la fede, e sentimenti positivi. Secondo la Paxton, attraverso questi elementi il capitale sociale diventa una risorsa positiva, in grado di aumentare la capacità di azione e facilitare la produzione di alcuni beni. In questa descrizione del capitale sociale, possono sussistere contemporaneamente le connotazioni soggettivistiche e collettive di esso; infatti, sempre secondo la Paxton, quando il capitale sociale è attivo, questo facilita l’ottenimento di vari obiettivi per i membri di un gruppo e per il gruppo stesso nel suo complesso (p.93). Woolcock (1998) a tal proposito, mette in relazione il valore del capitale sociale presente in una nazione con il livello di sviluppo della stessa. Secondo l’autore infatti, il capitale sociale nei paesi in via di sviluppo sarebbe in grado di far accedere gli individui ad un numero maggiore di opportunità, attraverso cui realizzare crescita economica. In questa visione, il capitale sociale è rappresentato dal numero e dalla densità di organizzazioni e associazioni presenti in un territorio e dalla qualità delle istituzioni politiche e legali, sia pubbliche che private. La Banca Mondiale e l’OECD hanno cominciato

a considerare il capitale sociale nelle loro analisi a proposito dello sviluppo, a partire dagli anni 2000.

A livello individuale, un altro contributo celebre della letteratura sociologica, rende chiare le potenzialità create dal capitale sociale all’interno di una società. Granovetter (1973) con “la forza dei legami deboli” ha rivelato un paradigma dello sviluppo individuale attraverso le relazioni sociali. Secondo lo schema fornito da Granovetter per comprendere le relazioni umane e la loro valenza strategica, un uomo che ha numerosi legami deboli e una serie di legami forti può essere in grado di connettere due gruppi, separatamente molto coesi tra loro, e creare per sé stesso e per gli altri delle nuove opportunità. Ad esempio, nel mercato del lavoro (che è l’esempio riportato da Granovetter), può essere rilevante venire a conoscenza nel momento giusto di posizioni aperte; attraverso relazioni deboli, che fuoriescono dalla cerchia abituale di relazioni, è più probabile che le informazioni che si scambiano non siano ridondanti e che quindi sia possibile costruire una mappa più estesa delle opportunità presenti sul mercato.

Per le qualità che sono state appena descritte, il capitale sociale risulta una risorsa difficile da misurare. Inoltre, è difficile misurare l’estensione della comunità e il livello di partecipazione espresso che contribuiscono a rendere solida la struttura del capitale sociale. Negli anni, numerosi strumenti di misurazione sono stati utilizzati per ottenere una stima di queste risorse. Questi sforzi di misurazione hanno portato allo sviluppo di tecniche specifiche che oggi vengono raccolte sotto il nome di social network analysis, una branchia delle scienze sociali che ha poi trovato applicazione in molti campi.

In collegamento all’ultimo aspetto trattato prima della digressione è possibile discutere il ruolo della rete nei processi democratici contemporanei. La rete oggi spesso supporta la capacità della società di organizzarsi, seguendo degli schemi di democrazia partecipata; è possibile vedere brevemente come80.

                                                                                                               

80 Queste riflessioni, e alcune delle seguenti, sono tratte dal discorso tenuto dal Prof.Rodotà al festival del giornalismo di Perugia 2012. Titolo dell’incontro era “Democrazia, media e potere nell’era della conoscenza” , Teatro Pavone 28 aprile 2012, Perugia.

Tra le applicazioni più dirette della tecnologia per la partecipazione democratica c’è certamente la possibilità per i cittadini di esprimere la propria opinione online. Senza arrivare all’esperienza del voto online, recentemente utilizzata in Italia dal movimento politico 5 Stelle, la rete offre una possibilità di partecipazione più estesa, poiché attraverso di questa si abbassano i costi di accesso alle informazioni e, attraverso l’interazione, si crea immediatamente una finestra di dialogo per i cittadini.

Secondo alcuni, non esiste una discontinuità tra la partecipazione tradizionale e quella nuova portata dalla rete, poiché in molte occasioni essa rafforza dei comportamenti che si erano precedentemente manifestati nella vita reale. Guardando ad alcuni esempi81, ci si accorge infatti di come non esiste una discontinuità, ma integrazione tra diverse misure e tecnologie sociali.

La partecipazione pubblica implica il controllo delle informazioni e la progettazione, due funzioni che vengono certamente facilitate dalla rete. La democrazia attraverso la rete può creare un dialogo continuo tra la popolazione e i suoi rappresentanti, superando la critica roussoniana di una democrazia silente tra un’elezione e l’altra. Internet, oltre i sondaggi che solitamente si usano per monitorare l’opinione pubblica, dà la possibilità di esprimere in maniera continuativa le esigenze e le necessità dell’opinione pubblica. Nella rete infatti, per partecipare al dialogo con le istituzioni i cittadini non hanno bisogno di rispondere a delle domande precostituite che filtrano e condizionano le loro opinioni; ma possono partecipare attivamente, parlando e suggerendo in maniera diretta i propri punti di vista sulla politica.

La prima campagna elettorale del presidente americano B.Obama è stata un esempio indiscutibilmente di successo di come è possibile utilizzare la rete per creare coinvolgimento e partecipazione. I fondi raccolti attraverso la rete hanno infatti superato quelli accumulati attraverso i canali tradizionali. Attraverso Internet, Obama ha catturato l’attenzione dei propri elettori, coinvolgendoli in dibattiti online e portandoli a partecipare fisicamente agli eventi organizzati per la                                                                                                                

81 Esistono episodi come quello di Seattle nel 1999, in cui gli attivisti si sono organizzati attraverso la rete per partecipare alle manifestazioni durante l’incontro dei rappresentanti dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.

campagna elettorale. Internet non è stato quindi un mezzo di rottura rispetto al fare politica tradizionale, quanto piuttosto un mezzo attraverso il quale il presidente ha reso più vivo e partecipato il proprio messaggio, affidandosi alla capacità della folla di trasmettere idee, emozioni e punti di vista.

La letteratura politica ed economica contemporanee stanno studiando in che modo la rete, nonostante le proprietà positive descritte finora, possa essere considerata un efficace mezzo di partecipazione ed inclusione degli individui all’interno della sfera politica e sociale; o quanto piuttosto, questo mezzo di comunicazione in cui si ripongono tante speranze, sia incapace di determinare una reale trasformazione rispetto al passato.

Mossber, Tolbet e McNeal (2008), tre scienziati politici statunitensi, hanno recentemente pubblicato un libro intitolato: “Digital Citizenship. The Internet, Society and Participation”. In questa pubblicazione gli autori descrivono la figura del digital citizen o netizen, ossia di quegli individui che usano costantemente la rete per raccogliere informazioni politiche, o al lavoro per il loro interesse economico. Mossberg et al., attraverso una rappresentazione empirica del fenomeno di partecipazione attraverso la rete, cercano di verificare in che termini e quanto l’uso di risorse online influisca sulla conoscenza politica e la partecipazione. I risultati positivi trovati dagli autori si basano sull’idea che l’esercizio della democrazia venga effettuato da parte di individui informati. Nello specifico, il principio democratico di cui parlano gli autori si basa su tre pilastri della concezione democratica statunitense, che sono: il liberalismo di Locke, il repubblicanesimo civico di Thomas Jefferson e le gerarchie ascrittive. Secondo tutti e tre questi principi la democrazia e la partecipazione sono opportunità equamente distribuite che possono però piegarsi a logiche di esclusione sistematica basate su alcune caratteristiche degli individui, come il reddito, la razza e il genere. Secondo questo modello, delle sacche della popolazione rimarranno sistematicamente escluse dai processi di partecipazione e deve essere ancora dimostrato se la rete possa effettivamente essere un mezzo di inclusione integrativo.

Si vedrà nei prossimi capitoli infatti come il consumo e l’utilizzo della rete sia ancora fortemente influenzato da alcune caratteristiche demografiche; per questo la partecipazione online anziché aprire le piazze alla partecipazione di tutti, rischia di essere uno strumento di segregazione ancora più pesante di quelli pre-esistenti. Rilevante per questo tipo di letteratura è anche l’utilizzo che si fa della rete, infatti non tutti i tipi di consumo effettuati attraverso di essa implicano per forza un aumento del volume di informazioni disponibili all’individuo, o la loro condivisione con gli altri. Shah, Kwak e Holbert (2001) ad esempio evidenziano che alcuni usi particolari della rete hanno una relazione sistematica e positiva con la produzione di capitale sociale, mentre una misura generica del consumo di Internet non permette di identificare questi particolari trend.

Infine, è possibile fare una distinzione degli effetti della rete sulle relazioni instaurate all’interno e al di fuori di essa; Best e Krueger (2006) attraverso una modello empirico evidenziano che le relazioni basate esclusivamente su internet aiutano ad aumentare la fiducia e di conseguenza il livello di capitale sociale presente in una società.