1.2 Le origini della politica industriale 22
1.2.3 I mercati e la loro regolamentazione 42
1.2.3.3 Il potere di mercato 47
L’equilibrio di mercato fin qui descritto implica tra le sue condizioni fondamentali che a partecipare alla dinamica dello scambio dalla parte dell’offerta ci siano numerosi attori; infatti, la presenza di una pluralità di soggetti che competono per vendere dei beni omogenei fra loro fa sì che non ci sia nessun soggetto capace di influenzare il prezzo di equilibrio, poiché questo sarà dato dall’incontro tra le curve di domanda ed offerta, e i profitti saranno pari a zero. In questa situazione, la suddivisione tra il surplus dei produttori e quello dei consumatori dovrebbe essere stabile e le imprese che rimarranno a produrre sul mercato sono solo quelle più efficienti, ossia capaci di minimizzare i costi e di conseguenza di massimizzare i profitti.
Tuttavia, non tutti i mercati hanno una struttura tale da permettere la presenza di molte imprese, e può anzi verificarsi che a causa della scarsità delle risorse o di un’incapacità estesa di investimento, il soggetto ad offrire sul mercato un determinato bene o servizio sia semplicemente uno. In questo caso, che si definisce monopolio o monopolio naturale, si forma un potere di mercato, ossia la parte offerente, avendo completamente a sua disposizione il sistema di offerta può decidere di agire sul prezzo di equilibrio a proprio vantaggio, sottraendo il surplus del consumatore.
Un esempio classico di monopolio è quello che è stato detenuto dalla compagnia telefonica AT&T nel mercato delle telecomunicazioni americano fino al 1984. Infatti, fino a questa data in cui lo stato americano ha costretto il colosso telefonico a dismettere alcune delle sue linee ed ad aprire il suo network a dei concorrenti locali, AT&T aveva privatamente costruito e gestito la diffusione del servizio telefonico, stabilendo arbitrariamente le proprie tariffe. A differenza di questo caso, in cui il monopolio si è costituito su base privata, esistono delle fattispecie in cui è impossibile allargare i mercati alla concorrenza perché le risorse effettivamente disponibili sono limitate. Le infrastrutture di trasporto, così come le reti elettriche ed idriche sono classici esempi; per realizzare queste infrastrutture sono stati necessari lavori di bonifica ed investimenti che spesso superano la soglia dell’economicità, e che non sarebbero stati quindi sviluppati se lasciati all’iniziativa di un soggetto privato. I costi marginali di questi investimenti sono solitamente molto bassi e quindi la determinazione di un prezzo di equilibrio rischia di non essere in grado di assorbire neanche nel lungo periodo gli investimenti fatti in capitale fisso, che rendono molto alti i costi medi.
In altre situazioni, il mercato si compone attorno alla presenza di un numero ristretto di soggetti offerenti, perché esistono delle barriere all’entrata o perché anche in questo caso le risorse risultano essere limitate. In questa fattispecie, che è solitamente chiamata oligopolio, i soggetti potenzialmente si accordano per ottenere una massimizzazione dei propri profitti e sottrarre completamente il surplus dei consumatori (questa possibilità di collusione viene identificata sotto il nome di cartello).
Esistono tuttavia, anche dei modelli di concorrenza oligopolistica, cosiddetti alla Cournot e alla Bertrand, per i nomi degli economisti che li hanno analizzati. In questi modelli si crea un gioco d’interessi tra le parti che nel raggiungere un equilibrio porta comunque alla sottrazione di una parte del benessere collettivo. Nell’oligopolio alla Cournot (1838), le imprese fissano le quantità che andranno a produrre in maniera simultanea e le loro scelte sono fatte cercando di tenere conto di quelle degli altri. Cournot, che usa delle curve di reazione per stabilire i volumi di equilibrio che verranno prodotti in regime di oligopolio, introduce un principio di comportamento strategico che sarà successivamente sviluppato ed ampliato dal matematico J.Nash (1951)18. Questo principio, che presuppone la razionalità degli individui e un accesso limitato alle informazioni, determina che le scelte vengano fatte attraverso un calcolo della perdita associata ad ognuna di esse, ed alla selezione di quella che comporta la perdita minore. Nel caso di collusione in un oligopolio alla Cournot ad esempio, le imprese raggiungeranno una massimizzazione dei loro profitti attraverso la produzione di un numero inferiore di unità rispetto a quello che risulterebbe ottimale dalla loro competizione, evidenziando come la simmetria informativa tra di esse possa contribuire a fargli ottenere posizioni strategiche migliori. Nell’altro caso, quello dell’oligopolio alla Bertrand (1883), le imprese competono sulla determinazione del prezzo; per cui, data la somiglianza dei propri prodotti, esse cercano di conquistare una quota di mercato maggiore rispetto alle altre, applicando dei prezzi inferiori. Anche qui, le aziende fanno le loro scelte in maniera simultanea e ne risulta che l’unico esito possibile, che minimizza le loro perdite, è quello di vendere i propri beni ad un prezzo pari a quello del costo marginale, ossia con zero profitti. Anche in questo caso tuttavia, l’ipotesi di collusione può contribuire ad aumentare i profitti delle imprese e pertanto è facile che in mercati dominati dalla presenza di pochi imprenditori, questi possano trovare un accordo per sottrarre in maniera congiunta parte del surplus dei consumatori. In quest’ultima ipotesi, quella della collusione, gli incentivi e i disincentivi alle imprese a formulare o meno degli accordi tra loro saranno molteplici. Infatti, nonostante l’apparente convenienza sul lato dei
18 Il principio di Nash dice che ogni attore presente in un sistema di cui fanno parte altri attori prenderà delle decisioni di comportamento in base a quello che pensa faranno gli altri. Quindi ogni impresa fa come meglio può dato ciò che fanno i suoi concorrenti.
profitti, alcune componenti dell’accordo potrebbero decidere di uscire dal gioco cooperativo, adottando un comportamento opportunistico. Questo comunemente accade nel gioco di concorrenza, se un produttore si accorge che la non- cooperazione è un’alternativa più profittevole, almeno nel breve periodo.
Tutte le forme di potere di mercato fin qui riviste, contribuiscono a ridurre il benessere del consumatore, facendo sì che se ne approprino i produttori di beni. In questi casi, in cui non c’è una diminuzione del benessere totale, ma una diversa allocazione di esso, lo stato nel corso della storia è intervenuto cercando di riequilibrare la distribuzione e utilizzo delle risorse. In particolar modo, negli Stati Uniti alla fine del diciannovesimo secolo è nata la disciplina dell’antitrust, che nel corso degli anni ha contribuito a limitare la nascita ed il rafforzamento di posizioni dominanti all’interno dei mercati.