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Gli elementi comun

Nel documento Il Diversity Management a Scuola (pagine 169-171)

PRO-AZIONE &

8.3 Gli elementi comun

Dalle risposte alle interviste e dall’approccio umano osservato, sembra che il nuovo, l’altro, il diverso, stimolino interesse e curiosità. Come se in queste scuole le persone fossero in grado di percepire con occhi diversi, con la consapevolezza che la percezione dell’altro è frutto di un costrutto sociale. La visione stereotipata del diverso, che spiana la strada a paure e pregiudizio, sembra sia stata sostituita da una visione che considera l’individualità nella sua specificità. La disponibilità dimostrata, le modalità di interazione, nonché quello che è stato riferito durante le interviste, inoltre, danno l’impressione di avere a che fare con persone attente, dotate di quel coraggio in grado di contrastare la paura dell’ignoto e che fa arretrare. Anzi, il nuovo in questi contesti, sembra motivare, viene percepito come una sfida. Questo atteggiamento consente di trasformare ciò che di solito è percepito come bisogno in un arricchimento e quello che potrebbe essere un limite in una risorsa. Pertanto, nei contesti simili a queste scuole, in cui le minoranze presenti comunque sono presenti in elevate proporzioni, la diversità non può essere percepita come un’eccezione, ma deve essere considerata necessariamente norma.

In queste realtà scolastiche, alla diversità che sta divenendo sempre più la norma, non si reagisce con l’improvvisazione, ma con pro-azioni caratterizzate da continui aggiustamenti (Kelly, 1995) e che gradualmente tessono una strategia d’intervento. Innanzitutto, sembra che tutti gli attori siano – o diventino sin dai primi giorni – consapevoli della mission o dell’ethos della scuola. Per gestire al meglio la diversità, per rispondere alle richieste che possono essere avanzate da insegnanti, dalla scuola, dalla comunità, sembra che il presupposto di base sia il contatto e la partecipazione dell’individuo, del “clan”, del team, della classe, della scuola, dell’ente, dell’istituzione, ecc. Dunque, allontanarsi e chiudersi, privilegiando l’interazione coi propri simili, riducendo i contatti e/o addirittura escludendo gli altri quando sono percepiti come diversi, oltre a rendere sempre meno capaci di interagire, finisce per alimentare le paure. Si innesca un circolo vizioso in cui la retroazione fa crescere la paura dell’ignoto e il senso del pericolo. In questi casi la “salvezza” verrà

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avvertita solamente nell’isolamento. Dalle ipotesi iniziali e dai dati raccolti, però, sembra che le scuole partecipanti alla ricerca si pongano esattamente al contrario.

Qui, chiunque può avanzare la sua proposta nelle sedi opportune e democraticamente viene vagliata ed eventualmente approvata. In questo modo, passa ciò che piace. Tuttavia, vi sono anche attività didattiche obbligatorie che piacciono più di altre. Gli studenti danno l'impressione di gradire maggiormente le lezioni in cui gli insegnanti gli permettono di condividere e di esternare ciò che li contraddistingue, in cui si riconoscono e che fa della propria diversità un motivo di vanto e orgoglio. In queste circostanze è come se insegnanti ed alunni facessero parte della stessa squadra, si crea un clima di collaborazione e al contempo di sana competizione.

La pro-azione e l’agire strategico, prevedono competenze specifiche, ossia, un bagaglio di conoscenze utilizzabile per risolvere situazioni nuove e/o problematiche, acquisito grazie ad esperienze o a personali capacità, oppure che possono essere apprese con la formazione.

Ma, laddove ci fosse carenza o assenza completa di capacità frutto di esperienze pregresse o di attitudine, vocazione e/o altro, allora il gap deve essere colmato, altrimenti l’obiettivo verrebbe raggiunto con più difficoltà. Le istituzioni, i dirigenti, infatti, consapevoli di questo aspetto richiedono al loro staff di restare aggiornati. Per questo, la formazione nel settore pubblico non è più qualcosa di auspicabile da parte di qualcuno, bensì, sembra essere diventata un po' ovunque inevitabile per tutti i professionisti e soprattutto per coloro che operano in ambito scolastico.

In sintesi, le svariate attività di queste realtà scolastiche, sia quelle per gli adulti, sia quelle per gli studenti previste e applicate secondo modalità curricolari e/o extracurricolari, solitamente, sono proposte proprio da coloro a cui sono offerte. Inoltre, sono progettate e applicate su misura per i vari livelli, possono essere destinate ai singoli (studenti, insegnanti, dirigenti, operatori, ecc…), ai gruppi (classi, consiglio di classe, staff scolastico,), così come alla comunità (quartiere, associazioni vicine alla scuola, parenti degli alunni). Sono attività che fanno parte di un progetto strategico lungimirante, che non si può esaurire nel breve tempo. In questo senso chi trama questa strategia è disposto a perdere la battaglia (investire tempo e risorse) per vincere la guerra: arrivare alla crescita e al benessere di tutti tenendo conto di ciò che nella nostra società è diventato uno stato di fatto.

8.4 Limiti

I risultati presentati si basano prevalentemente sulle osservazioni e sulle interviste da cui sono emersi i punti precedentemente discussi, che potrebbero essere considerati alla stregua di linee guida per la formulazione di best pracitce da utilizzare in ambito scolastico per approcciarsi al DM. Tuttavia, ciò non significa che qualsiasi scuola utilizzando le linee guida che orientano verso queste pratiche possa ottenere gli stessi risultati di quelle che hanno partecipato alla ricerca o che possa raggiungerli alla stessa maniera. Questi risultati non sono generalizzabili, anche perché ogni realtà scolastica per quanto possa avvicinarsi è comunque una realtà a sé.

Sarebbero potuto emergere altri aspetti e temi diversi da quelli a cui si è giunti:

a. utilizzando altri strumenti d’indagine. Nella presente ricerca, siccome si volevano raccogliere informazioni che riguardavano esperienze, percezioni e opinioni degli intervistati (Legewie, 2006) e allo stesso tempo accogliere la narrazione dall’intervistato (Flick, 2008; 2009), è stato dato peso

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innanzitutto all’intervista qualitativa semi-strutturata. Altro strumento utilizzato è stata l’osservazione, strumento intrinsecamente operatore dipendente, nonostante la comprovata efficacia e validità;

b. intervistando persone diverse, con caratteristiche e/o con ruoli diversi. Per questa ricerca sono stati intervistati la manager del dipartimento governativo Health information and Qaulity Authority in Irlanda, la Responsabile dell’Inclusione dell’Ufficio Scolastico Regionale delle Marche in Italia e a Malta il direttore del Dipartimento dell’Educazione dell’University of Malta responsabile dell’Acces Education. Nelle scuole segnalate da queste figure sono state intervistate le dirigenti scolastiche tutte e tre di sesso femminile. Ognuna, poi, ha indicato l’insegnante (di lingua francese quella irlandese; di lettere quello italiana; di lettere quella maltese), il membro dello staff (tutte e tre femmine. In Irlanda e in Italia le vicepresidi, a Malta la Guidance Teacher), gli alunni (in Irlanda una ragazzina di etnia africana del Ghana di fede musulmana, in Italia una ragazzina italiana di etnia caucasica e di religione cattolica, a Malta un ragazzino maltese di etnia sahariana e di fede musulmana) e i genitori (in Irlanda un padre di etnia africana del Ghana di fede musulmana, in Italia una mamma di etnia caucasica e di religione cattolica, a Malta una donna di etnia caucasica e di religione musulmana). Alcuni degli intervistati, infatti, presentavano loro stessi diversità vi erano persone di altra nazionalità, di altra etnia, di altra fede e con disturbi dell’apprendimento;

c. se fossero state segnalate scuole con altre caratteristiche;

d. se avessi utilizzato un approccio epistemologico diverso da quello costruttivista-strategico, che ha segnato la ricerca in tutte le sue fasi.

La ricerca ha avuto modo di sondare una sola realtà scolastica per ognuno dei tre paesi. Essendo un insegnante delle secondarie il mio interesse era prevalentemente di comprendere meglio queste realtà, per questo consapevolmente non ho aderito all’eterogeneità e ho chiesto alle figure preposte di segnalarmi solo scuole di quest’ordine e di questo grado.

Altro limite della presente ricerca è dato dall’impossibilità di produrre dati sempre e comunque validi. È necessario precisare, infatti, che probabilmente senza gli opportuni adeguamenti, sarebbe un errore utilizzarli, potrebbero non aver molto senso all’interno di altri contesti, poiché potrebbero non essere "rappresentativi" (Crossley, 2008) se non delle realtà indagate, sottoposte ad un’approfondita indagine.

Infine, un ulteriore limite della ricerca è l’esigua ampiezza. Considerando tempi e condizioni proprie del percorso seguito è stato necessario mediare, è stato disegnato un progetto di ricerca che permettesse di raggiungere i risultati e generalizzabile solo se sviluppato ulteriormente.

Nel documento Il Diversity Management a Scuola (pagine 169-171)