Capitolo 7. ANALISI DEI RISULTATI E DISCUSSIONE
7.2.2 Sotto-tema: stereotipo → individualità
Questo sotto-tema connesso alla percezione è stato definito ‘stereotipo (tendente) → all’individualità’. I diversi intervistati, anche se con contenuti e forme diverse, hanno connesso queste due concezioni opposte collocabili sullo stesso continuum:
Figura istituzionale maltese: ...ci sono dei preconcetti, per esempio che i gay sono promiscui che i
gay sono pedofili… questi preconcetti sono difficili da abbattere
(…) Potrebbero esserci molte situazioni che mi fanno sentire diverso come persona e ho bisogno di avere una società che accetti le differenze e non mi zittisca dicendo "Non sono d'accordo".
(...) … creando situazioni in cui si incontrano, perché poi non si incontra una persona di colore, si
incontra John, che è di colore ma conosci lui, la sua famiglia, i suoi figli”.
Dirigente irlandese: dico sempre a mio figlio: «è meglio essere diversi e non dire di essere unici,
anche tu sei una persona diversa». Quindi dipende da come usi la parola "diverso". Poi è meglio essere diversi che essere tutti uguali, sarebbe noioso, no?”
Dirigente italiana: ... i pregiudizi sono inversamente proporzionali all'età: più sono grandi e più ne
maturano più sono piccoli e meno ne hanno…
(...)… quando si fanno i giochi per vedere il potenziale di razzismo nei ragazzi, che si vedono delle immagini di stranieri in un determinato modo, poi si dice «secondo te chi è stato l'assassino?». Cioè, stai sicuro che era quello con la pelle nera che era l'assassino, perché tanto…
(…) ... a settembre non li presentiamo i ragazzi perché non vogliamo che nessun insegnante che prende i ragazzi abbia dei preconcetti. Perché poi uno, un ragazzo in tre mesi può cambiare perché sono in crescita, in evoluzione e perché possono cambiare le dinamiche familiari di quel ragazzo ma anche il fatto molto più semplice che un ragazzo può crescere
(...) i pregiudizi sono inversamente proporzionali all'età: più sono grandi e più ne maturano più sono piccoli e meno ne hanno.
Dirigente maltese: Facciamo del nostro meglio per dare un caloroso benvenuto a questi bambini,
ma penso che, specialmente nella nostra scuola, nella nostra piccola isola succede ancora, specialmente quando c’è la barriera linguistica, a chiamarli ‘Il-barrainin’, i forestieri
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(…) Nel nostro sistema, tendiamo ad avere, sai, una mentalità rigida. Abbiamo bisogno che questa mentalità sia più flessibile e più pronta ad adattarsi ai bisogni dei bambini. Nel nostro sistema sono i bambini che vanno a scuola e non viceversa. La direzione deve cambiare, l’indicazione che punta dai bambini alla scuola deve cambiare, la direzione deve essere dalla scuola ai bambini, ma questo significa, sai, cambiare, cambiare la mentalità, cambiare le condizioni, renderle più facili per i bambini, per gli insegnanti attraverso strutture, attraverso il riconoscimento di questa nuova dimensione e non semplicemente un rattoppo”.
Insegnante irlandese: Penso che ci sia una lotta culturale. L'ho visto… le aspettative della loro
stessa cultura sono molto diverse dalla cultura che abbiamo qui. L'abbiamo visto anche con i genitori. Il nostro sistema educativo è molto diverso da quello da dove vengono, che è molto severo, rigido… come nel caso degli studenti che non hanno ottenuto tutte “A”. Abbiamo dovuto parlare con i genitori di questo. Eravamo preoccupati che questi studenti venissero puniti, anche fisicamente per non aver ottenuto voti alti. Questo è accettabile nella cultura d’origine, ma qui non è accettabile”.
Insegnante maltese: ...Devo essere sincera, trovi dei maltesi che sono ancora…, non accettano i
musulmani, anche a causa del terrorismo che ci circonda, associano l'arabo, il siriano, tutti loro sono collegati al terrorismo. Sono consapevoli di ciò che sta accadendo nel mondo, ma in qualche modo li associano ed è come se tutti fossero terroristi. Certo, allora è il nostro ruolo da adulti, come educatori a spiegare e, sai, a spiegare e a guidare i bambini come porsi verso la diversità.
(…) … Racconto un aneddoto: stavo camminando per la strada e passa una bella ragazza di
colore, dei ragazzi maltesi hanno detto qualcosa su di lei ovviamente sul lato sessuale, pensando che non comprendesse il maltese. Invece la ragazza gli ha risposto in maltese e loro si sono stupiti «Oh mio Dio! Questa conosce il maltese più di noi». È un pregiudizio che una persona perché di colore, non conosce il maltese. Invece, questa ragazza stava a Malta da quando era piccola. E va bene! Quindi dobbiamo cambiare, cambiare mentalità, ma questo cambiamento deve avvenire negli adulti, soprattutto nei genitori, da casa, deve iniziare da lì.
(...) Ci sono quelle poche persone che hanno ancora le loro convinzioni che no, sono diverse, non le accetto, ma penso che siano meno adesso, non è come prima.
(...) … la mia mentalità è diversa dalla tua, da quella di P, così anche la diversità. C'è una vasta gamma di diversità anche tra noi maltesi.
(…) ... penso che creiamo la differenza tra le persone e non siamo nati, sai, sentendoci diversi. (…) Sì, alcuni studenti non li aiutano sono meschini in un certo senso, non cercano di aiutarli, dicono cose cattive su di loro, mentre altri cercano di aiutarli e dicendo dovremmo integrarli e cercano di aiutare, sì…”
Staff italiano: ...Cambiare l'occhio e la prospettiva alle persone è la cosa più difficile... perché
(sic) la categoria ti rende tutto più facile, perché nella categoria i ragazzi sono l’handicappato, il dislessico, il BES, lo straniero
Staff maltese: ... Penso che noi ancora, noi, là [sic] stiamo ancora etichettando le persone secondo
il paese da cui vengono [sic] da ... questa è la mia opinione ma siamo migliorati molto, siamo migliorati molto.
(…) Se etichettiamo e se insistiamo molto sulla diversità perché sono diversi da noi, perché hanno un diverso colore di pelle, allora sì; ma questo, sempre con i bambini, è il modo di presentare
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l'argomento. Se entro in classe e dalle mie azioni si accorgono che sono arrabbiata, quindi sarà quello che otterrò. Mentre se entro in classe prospetto una bella giornata, loro accoglieranno questo messaggio e questo sarà ciò che otterrò
(…) Penso che non sia solo educare i maltesi ... Chi arriva ha bisogno di imparare ad ascoltare, ed accettare voi avete le vostre credenze religiose e noi abbiamo la nostra, quindi entrambi, penso, dobbiamo guidarli a sapere accettare anche la nostra diversità, per poter vivere in armonia l'uno con l'altro...
(…) Penso che la diversità significhi persone che [sic] hanno religioni diverse, culture diverse e ti integri con loro in modo da non dire di no è un musulmano, non lo so, non ho intenzione di essergli amico, lui è americano, io sono dell'Inghilterra, no. La diversità significa tutti noi insieme, ecco cosa, questo è ciò che penso.
Alunna irlandese: perché è cristiano o musulmano, questo non significa "Oh no, non mi piace
questa persona, perché è musulmana o cristiana"…. non ci importa da dove proviene, basta trattare tutti alla pari, lo sai…
(…) ... alla fine della giornata, come ho detto che siamo tutti scheletri... È solo la tua personalità e questo (sic) è davvero importante per me, perché sai che tutti sono diversi e rispettiamo questo… (…) … Quello che ci importa è la persona e se è un buon pugile o un buon giocatore (risata)
(…) Penso che in comunità, c'è il rischio che le persone vengano segregate. Sto parlando a livello
nazionale. È davvero importante che, quando le persone arrivino nel nostro paese, che siano supportate per essere integrate nella comunità senza perdere la propria identità.
Alunna maltese: “Penso che la diversità significhi persone che [sic] hanno religioni diverse,
culture diverse e ti integri con loro in modo da non dire di no è un musulmano, non lo so, non ho intenzione di essergli amico, lui è americano, io sono dell'Inghilterra, no. La diversità significa tutti noi insieme, ecco cosa, questo è ciò che penso.
(…) una volta abbiamo avuto degli italiani e in un primo momento alcuni maltesi li bullavano,
ovviamente questo non è piaciuto a noi e agli insegnanti…”
Genitore irlandese: “...a volte penso che alcune delle credenze culturali potrebbero effettivamente
ostacolare l'istruzione. Ad esempio, il fatto che i bambini portano quello che si fa a scuola a casa, il discutere apertamente … e questo potrebbe essere percepito qualcosa di negativo a casa, ….questo sta ancora accadendo in Irlanda….Di recente, quando sono arrivati persone dalla comunità africana, hanno riscontrato un modo diverso… dicono che i loro figli stanno davvero sfuggendo di mano, perché i bambini sono attivi, ma hanno realizzato che questo è il modo che si fa qui..”
Genitore maltese: Sì, è triste ma purtroppo, anche gli insegnanti hanno degli stereotipi (…) Ora c’è
il Ramadan e quindi c'era qualcuno nell’aula insegnanti che commentava sul Ramadan e rideva, non potevo far finta di niente, mi sono seduta con loro e gli ho spiegato cos’è il Ramadan...
(…) Penso che siamo tutti diversi, la diversità è tutto di noi. Siamo tutti, lo sai. Non c'è nessuno, nessuna famiglia è uguale, non c'è comunità uguale …
Incrociando una persona per strada, da un semplice sguardo si possono avere solo relative informazioni: chiunque potrebbe riuscire a capire il genere sessuale, l’etnia di appartenenza, la fascia di età; uno che osserva un po' meglio potrebbe capire anche le emozioni che prova in quel momento, lo stato fisico, ecc..; uno ancora più attento e un po' più esperto potrebbe fare ipotesi circa
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i gusti, lo stato di salute e lo stato sociale, il livello di scolarizzazione, ecc... Per verificare le ipotesi di qualsiasi genere è necessario informarsi, scoprire dati più certi sulla persona incrociata, bisognerebbe adottare l’atteggiamento dell’investigatore che al contempo agisce come un sapiente tecnico e un insipiente umanista. Un modo di fare da apprendere, poiché per la dirigente maltese richiede una «...mentalità più flessibile e più pronta ad adattarsi ai bisogni dei bambini...», che crescendo struttura le sue: rappresentazioni, pensieri, sistemi di credenze e valori. Mazzara (1997) sostiene che il cervello elabora lo stimolo ricevuto e ne trae delle informazioni che possono essere lette, interpretate ed elaborate in funzione dei modelli socio-culturali appresi, ‘contenitori’ di immagini mentali condivise che formano stereotipi, il cui nucleo cognitivo Allport (1954) lo riconosce nel pregiudizio. L’insegnante maltese ne spiega gli effetti raccontando la gaffe fatta da alcuni ragazzi suoi connazionali nei confronti di una ragazza di altra etnia incrociata per strada. Studiando più da vicino chi ci interessa, come faceva notare Allport già nel 1954 e più tardi molti altri (Page-Gould, Mendoza-Denton, Tropp, 2008; Vezzali, Giovannini, Capozza, 2012; Passiatore, Pirchio, Carrus, 2017), oltre a sapere qualcosa di più e di più accurato si possono ottenere dati che frantumano lo stereotipo mentale e permettono di superare il pregiudizio.
La dirigente italiana afferma che il pregiudizio razziale è radicato ed è possibile riscontrarlo durante le attività ludiche dei bambini, dalla prevedibilità delle loro azioni. Arcuri (1985), sostiene che in genere si scelgono le soluzioni più rapide anche se meno esatte. In un’osservazione in laboratorio Stolier e Freeman (2016) fanno capire come mai gli stereotipi agiscono così nell’immediato; notano che dal punto di vista fisiologico nella percezione dei visi sono coinvolte non solo le aree di ordine più elevato come la corteccia orbito-frontale, ma anche il giro frontale, implicato direttamente nell'elaborazione visiva di base. James, Brief, Dietz, Cohen (2001), infatti, nella loro ricerca hanno dimostrato che pregiudizi e stereotipi possono risultare negativi poiché possono ridurre l’attitudine all’impegno e come riporta Mor Barak (2005) possono guidare le aspettative di un individuo o di un gruppo. Heider (1990) avverte che si corre il rischio di assegnare significati che riconducono ciò che si percepisce a modelli e stereotipi sociali che cercano di rendere le informazioni raccolte più comprensibili, stabili e predicibili. Solitamente si tende a definire in base ad una serie di categorie77 sociali strettamente collegate, ma apparentemente indipendenti tra loro. Nicolini e Pojaghi (2008) scrivono che la nostra mente procede per stereotipi, considerati alla stregua di strategie che semplificando la realtà fanno risparmiare energie. Ciò che Lippmann (1923) chiama euristiche. La discriminazione di cui parla l’alunna irlandese e i comportamenti di bullismo come quelli descritti dallo studente maltese probabilmente originati da stereotipi, per essere contrastati necessitano dell’intervento di figure autorevoli – tempestivo da parte della dirigente scolastica maltese - e di azioni mirate, simili a quelle formative per cui viene chiamato il genitore irlandese, o anche azioni finalizzate ad informare, come ha fatto la mamma maltese con i suoi colleghi. Diversamente, se non si interviene opportunamente, il rischio è che si perseveri in maniera disfunzionale, che per lo staff maltese significa continuare ad etichettare le persone.
77 La categorizzazione permette all’individuo di raggruppare in insiemi omogenei alcune tipologie di stimoli, così che la
mente possa inquadrare immediatamente nuovi eventi in un sistema di interpretazione coerente e, quindi, di risposte comportamentali
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Per percepire e reagire adeguatamente c’è bisogno della Destruktion heideggeriana, di ‘decostruire l’identita’ come riportano Lassade e D’Armento (2007). Azioni educative specifiche, agire per innescare un processo di riflessione che possa generare nella persona quella che l’insegnante irlandese chiama «lotta culturale», interagire facendo attenzione al «modo di presentare l'argomento» come dice lo staff maltese, sono azioni che possono predisporre ad una semplice quanto efficace strategia: l’ascolto, che segna il passaggio, lo scambio, quelle azioni incarnate nello spirito della divinità greca di Hermes.
All’estremo opposto dello stesso continuum dello stereotipo c’è l’individuo con la sua individualità, come dice la studentessa irlandese «alla fine della giornata... siamo tutti scheletri... quello che c’importa è la persona». Grobler, Warnich, Carrell, Elbert, Hatfield (2002) sostengono che ogni persona è un individuo e ogni individuo è unico pur condividendo caratteristiche ambientali e biologiche che ne influenzano le rappresentazioni della realtà. Simona Atzori (2018), dopo una sua performance78 sostenne che tutto prende un altro ‘sapore’ se si sostituisce il termine diversità con individualità. Per Zaffoli79 il concetto di ‘diversità’ evoca forme di stereotipo intellettuale che si possono trasformare in pregiudizi o addirittura in pietismo (Lancioni, 2015).
Casad e Bryant (2016) sostengono che stereotipi e pregiudizi sono una minaccia per la gestione delle diversità. Dello Preite (2013), come anche la maggior parte degli intervistati, riconosce alla scuola un importante ruolo nel contrastare i pregiudizi e nel permettere il passaggio da idee ed immagini mentali stereotipate ad un concetto della diversità intesa come individualità. Ciò, nella scuola, è possibile anche perché essa è l’ambiente dove il singolo ha la possibilità di crescere e sperimentarsi come membro di un gruppo. Valorizzare le specificità individuali e la complessa e multidimensionale identità individuale, come sostengono Buemi et al (2015), è uno dei principi del DM.