Capitolo 7. ANALISI DEI RISULTATI E DISCUSSIONE
7.2.1 Sotto-tema: costrutto sociale
In diversi punti delle interviste si evince che diversità e normalità sono meri costrutti sociali. Ciò viene espresso diffusamente da diversi intervistati, tra i quali vi è qualcuno che lo dice chiaramente.
Figura istituzionale maltese: È la società che ha creato una norma e la condizione in cui la
persona non vi rientra (…) Le diversità sono le cose create dalla società, che creiamo a causa della norma. Quindi certe disabilità sono disabilità perché abbiamo creato una posizione in cui alcuni non sono in grado di realizzare qualcosa, quindi... Per esempio, io inizio sempre le mie lezioni mettendo qualcosa molto in alto su un mobile alto e chiedo alla persona più piccola della classe di prenderla ad una condizione, che non usi niente se non se stessa. Ovviamente iniziano a ridere perché non la raggiungono. Quindi, in pratica ho creato una persona disabile mettendola nella posizione di avere bisogno di qualcosa, che però non può ottenere. Ho creato una persona disabile, quindi, sono io che sto creando la disabilita; lei non ha nulla di sbagliato. (...) Ora, creando situazioni dove la diversità è vista come un meno, è problematico, ma questo è un problema della società, delle persone che lo creano, ma la diversità è essa stessa bella. È impegnativo ma è bellissimo …”
Dirigente italiana: la diversità presuppone una normalità quindi è... è la normalità che
bisognerebbe indagare per poi andare a vedere se effettivamente c'è una diversità. La diversità è insita in ciascun individuo, in quanto è unico. Ergo, esistono delle differenze di genere, esistono delle differenze del colore della pelle, però poi dopo è... ehm, è la società che rende, che fa si che esistano delle... ehm, delle diversità e non delle differenze. Cioè il famoso diverso da chi? No!? Se io non ho... se io ho un paradigma rigido della normalità tutto diventa diversità.
(...) spesso le problematiche del ragazzo sono le nostre problematiche, cioè quando un docente non gestisce un ragazzo non è mai al 99% una responsabilità del ragazzo lì, è il docente…”
Insegnante italiano: Forse una volta era un ambito definito proprio netto dell'handicap poi invece
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Insegnante maltese: … Credo che se metti insieme sin dalla nascita due bambini di cui uno di colore, non si accorgeranno che sono diversi, ma se gli fai notare le loro diversità noteranno la differenza. Penso che i bambini imparino ad amarsi automaticamente. Siamo noi adulti che mettiamo l'odio nei bambini e facciamo credere loro di essere diversi e non lo fai mescolare con quello o con quel tipo. Sai, per loro non fa differenza, anche se parlano diverse lingue giocano insieme e riescono a... sai, a comunicare tra loro, anche con un gesto. Quindi penso che creiamo la differenza tra le persone. Sai non siamo nati sentendoci diversi!
(…) Secondo me, ci sono studenti maltesi che ancora guardano male lo studente che proviene da una cultura diversa. Penso che questo venga appreso da casa. Credo che, alla fine, tutto parta da casa, i genitori, le persone attorno a loro, chiunque essi siano. Quindi, se io come genitore imparo ad affrontare la diversità sin dal primo giorno con i miei figli, allora si infiltrerà ovunque così...”
Genitore italiano: “Allora dal mio punto di vista diversità si dovrebbe intendere semplicemente
qualcosa che si discosta dalla media”.
Gli intervistati parlano di normalità e diversità come se fosse qualcosa che la persona crea per trovare e dare senso a sé, alla realtà e al proprio contesto relazionale. I costrutti personali, come dice Kelly (1955), permettono alla persona di anticipare la realtà facendo rientrare gli stimoli non riconosciuti (diversi) nei propri «paradigmi mentali», come li definisce la dirigente italiana.
L’insegnante maltese afferma che «...siamo noi adulti che mettiamo l’odio nei bambini e facciamo credere loro di essere diversi...». La docente illustra l’influenza che esercita la società su quelle che sono le nostre costruzioni mentali. Sherif (1936), infatti, già prima di Kelly, dimostrò che è il contatto con gli altri che influenza la percezione del singolo, il quale tende a rifarsi ad una sorta di norma percettiva condivisa. In linea con Sherif circa gli effetti dell’influenza sociale sull’individuo, Asch (1952) riprende il concetto usato da Kelly, parlando però di ‘costrutto sociale’. È però Bateson (1965) che spiega come l'individuo influenza il suo contesto venendone simultaneamente influenzato tramite la sua costante interazione. Ueda, Kopecky, Cramer, Rensink, Meyer, Kitayama, Saik, (2018), in linea con Vygotskij, dimostrano che i fattori socio-culturali influenzano la percezione umana.
Per Connell (2006) anche la distinzione di genere, poiché implica pratiche sociali (cura dei bambini, tipo di gioco, interazione sessuale), dipende dai fattori culturali. Molti studi dimostrano differenze culturali nella percezione e presuppongono l’esistenza di similitudini con i processi di livello più alto, come pensare e ragionare (Abel, Hsu, 1949; Chua, Boland, Nisbett, 2005; Ji, Peng, Nisbett, 2000; Kitayama, Duffy, Kawamura, Larsen, 2003; Masuda, Gonzalez, Kwan, Nisbett 2008; Masuda, Nisbett, 2001). Bruner (1996, p. 17) afferma: «La cultura pur essendo essa stessa una creazione dell’uomo, al tempo stesso plasma e rende possibile l’attività di una mente tipicamente umana».
Il potere dell’influenza sociale nell’interazione tra docente e discente è riconosciuta anche dagli intervistati. Infatti, per la dirigente italiana «spesso le problematiche del ragazzo sono le nostre problematiche», sulla stessa lunghezza d’onda l’insegnante maltese sostiene che «Siamo noi adulti
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che mettiamo l'odio nei bambini e facciamo credere loro di essere diversi», aggiunge, che la diversità è una costruzione sociale, poiché alla nascita non l’avvertiamo.
Perciò costruiamo il nostro modo di percepire, che non è indifferente all’ambiente. Chi vive nello stesso contesto, infatti, sembra che tenda ad assumere una visione simile delle cose e a conformarsi alla maggioranza, come dicono Moscovici e Doise (1992). Le costruzioni sociali, anche per Nicolini e Pojaghi (2000) sono condivise e danno significato al mondo sociale complesso. Sistemi di influenza e sistemi di credenze costruiscono e guidano la mente umana, come ricorda Watzlawick (1981) incidono sulla costruzione della realtà, determinata e determinante per la percezione del mondo e di ciò che si vive. Pertanto, Gotsis (2015) sostiene che l’approcciarsi al DM dovrebbe prevedere un discorso sociale in grado di considerare il sistema di credenze e le influenze contenute nei costrutti sociali della persona.