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3. L’ORIENTALISMO IN GIOVANNI BOCCACCIO PRESENTAZIONE E ANALISI DI QUATTRO NOVELLE SCELTE DAL DECAMERON

3.5 GIORNATA DECIMA, NOVELLA NONA

La nona Novella della Decima Giornata è narrata da Panfilo. Come già detto, l’ultima giornata ha tema libero. Dopo una breve introduzione, in cui si allaccia al racconto di Filomena, Panfilo inizia a narrare.

La novella si svolge in prossimità della Terza Crociata (1189 - 1192), durante la quale Federico I Barbarossa perse la vita.

Il Saladino, volendo indagare sui preparativi delle armate cristiane in vista della Crociata decide di andare in Europa in incognito, ingannando i suoi cortigiani ai quali racconta che sarebbe andato in pellegrinaggio.

Raduna alcuni dei suoi uomini più fidati e, travestiti da mercanti, attraversano da sud a nord l’Europa, fino ad arrivare nei pressi di Pavia, con l’intento di superare i monti per giungere in Francia. Sul loro cammino incontra però un tale, Messer Torello, al quale chiedono dove poter alloggiare per la notte, non potendo entrare in città poiché è ormai tarda sera.

Torello, vedendo che si trattava di stranieri decide, con un espediente, di ospitarli a casa sua. Giunti così a casa, il Saladino si accorge subito della trovata di Torello e lo ringrazia di cuore. Quest’ultimo d’altra parte offre ai suoi ospiti un abbondante banchetto, durante il quale conversano in latino. Questa cosa fa capire a Messer Torello che i suoi ospiti sono più importanti di quello che danno a credere.

Il mattino seguente Torello mostra al Saladino la propria bravura nell’allevare i falconi, dopodiché, con il pretesto di condurli in città organizza per loro, a Pavia, un altro magnifico banchetto. Il Saladino e i compagni, sebbene fossero gran signori e abituati al lusso, si meravigliano comunque dello sfarzo, sapendo che il cavaliere era un borghese, non un nobile.

Torello si dimostra poi talmente generoso da far sì che sua moglie regali al Saladino due abiti lussuosi e cavalli freschi per affrontare il proseguo del viaggio. Dopodiché il Saladino, con grandi fatiche, concluse il suo viaggio in Europa e se ne ritornò ad Alessandria per organizzare le proprie difese, rimanendo con l’intenzione di voler ricambiare in futuro Messer Torello che si era occupato di loro con tanto zelo.

Giunge poi il momento in cui Torello, nonostante le preghiere della moglie, decide di partire per la Crociata promettendo che sarebbe tornato, ma avvertendola che, dopo un anno, un mese e un giorno senza sue notizie, si sarebbe potuta sposare nuovamente. La donna, dal canto suo, lascia al marito un anello in segno di fedeltà.

L’esercito cristiano, anche a causa di un’epidemia, viene vinto dal Saladino che, tra gli altri, cattura anche Torello, senza riconoscerlo, e lo porta in prigione ad Alessandria; lì, egli si distingue fin da subito per la capacità di allevare i falconi e ciò gli permette di sopravvivere. D’altro canto, anche Torello non aveva riconosciuto il Saladino.

Un giorno giungono ad Alessandria degli ambasciatori Genovesi ai quali Torello consegna una lettera per la moglie. In seguito il Saladino, vedendo come Torello era capace di addestrare i falconi si insospettisce, cominciando a pensare che potrebbe essere quel magnanimo uomo che lo aveva aiutato ed ospitato a Pavia.

Così lo porta di fronte alle vesti che gli aveva donato chiedendogli se ne conoscesse la provenienza, tramite questo espediente i due si riconoscono e il Saladino, una volta liberatolo, fa vivere Torello negli agi.

Avviene però, ad un certo momento, che in Europa si sparge la notizia della morte di un omonimo di Torello, ciò, unito al naufragio dei Genovesi con la sua lettera lo fanno credere morto da parte di sua moglie, della famiglia e dei suoi concittadini.

Messer Torello inizia a supplicare il Saladino affinché lo aiuti a tornare subito a casa, per evitare che sua moglie convogli a nuove nozze.

Così il Saladino chiede aiuto al proprio negromante, il quale fa addormentare Torello su di un letto magico, pieno di ricchezze e pietre preziose, ed egli, dopo un lungo sonno si risveglia nella Chiesa dove si sarebbero dovute svolgere, l’indomani, le nozze della moglie.

Riconosciuto dal sacerdote della chiesa, e spiegate le peripezie occorsegli, decidono di escogitare un piano.

L’indomani, il giorno delle nozze, Torello trova il modo di far notare alla moglie, che non lo aveva riconosciuto a causa della lunga barba che portava secondo l’uso saraceno, l’anello che ella gli aveva dato prima della partenza per la Crociata. Ad avvenuto riconoscimento i due si abbracciano e Torello, risarcito il pretendente delle spese per il matrimonio, visse felice insieme alla moglie per molti anni.

Questa novella è la più lunga tra quelle analizzate in questo lavoro, tanto da potersi considerare una sorta di racconto a parte. Girardi afferma addirittura 63

che tale novella si avvicini alla complessità strutturale di un romanzo, con una forte contaminazione fra base realistica e ingredienti fiabeschi.

Vi sono quindi molte considerazioni e differenze che la rendono diversa dalle altre tre novelle. Prima di tutto l’elemento del magico, topos tipico della letteratura orientalistica, ma mai presente nelle precedenti tre.

Per quanto riguarda la magia nell’opera ne abbiamo già un accenno, o per meglio dire un sospetto, all’inizio della Crociata, nel momento in cui l’esercito cristiano viene decimato da un’epidemia, la causa della quale è da attribuire,

R. Girardi, Raccontare l’Altro; p. 26 63

secondo il narratore, alla buona sorte del Saladino, o, appunto, all’arte magica del sultano.

Questo breve passaggio che segue si allaccia a due filoni, sia quello dell’Oriente come luogo del magico e del soprannaturale, sia alla spiegazione, medievale, della malattia come punizione divina o azione magica, malefica, da parte di un avversario.

Ed egli presolo montò a cavallo, e detto ad ogn'uomo addio, andò a suo viaggio; e pervenuto a Genova con sua compagnia, montato in galea andò via, e in poco tempo pervenne ad Acri, e con l'altro essercito de' cristiani si congiunse.

Nel quale quasi a mano a man cominciò una grandissima infermeria e mortalità; la qual durante, qual che si fosse l'arte o la fortuna del Saladino, quasi tutto il rimaso degli scampati cristiani da lui a man salva fur presi, e per molte città divisi e imprigionati; […]”

L’elemento magico non è solamente presente, ma anche e soprattutto determinante e risolutivo della vicenda.

È infatti grazie alla magia del negromante al servizio del Saladino che Torello riesce a rientrare a Pavia in tempo per impedire le nozze di sua moglie con il nuovo pretendente.

Oltretutto, suggestivamente, la figura del “letto magico” che trasporta Torello durante il sonno, rievoca il famoso “tappeto volante” presente nelle Mille e una

notte e in generale nella mitologia persiana.

Ma, essendo già tardi e il nigromante aspettando lo spaccio e affrettandolo, venne un medico con un beveraggio, e fattogli vedere che per fortificamento di lui gliele dava, gliel fece bere; né stette guari che addormentato fu.

E così dormendo fu portato per comandamento del Saladino in su il bel letto, sopra il quale esso una grande e bella corona pose di gran valore, e sì la segnò, che apertamente fu poi compreso quella dal Saladino alla donna di messer Torello esser mandata.

[…] quindi gli fece una spada cignere, il cui guernimento non si saria di leggieri apprezzato; e oltre a questo un fermaglio gli fe' davanti appiccare, nel qual erano perle mai simili non vedute, con altre care pietre assai; e poi da ciascun de'lati di lui due grandissimi bacin d'oro pieni di doble fe' porre, e molte reti di perle e anella e cinture e altre cose, le quali lungo sarebbe a raccontare, gli fece metter da torno.

E questo fatto, da capo baciò messer Torello, e al nigromante disse che si spedisse; per che incontanente in presenzia del Saladino il letto con tutto messer Torello fu tolto via, e il Saladino co' suoi baroni di lui ragionando si rimase.

Secondo Girardi il mezzo magico, corredato di preziosi particolari, segue uno 64

schema ricorrente della tradizione fiabesca e del rito di iniziazione in essa rappresentato. Rito di iniziazione che Boccaccio fa coincidere con uno struggente commiato fra Torello ed il Saladino, un congedo carico di aspettative e promesse, che, citando Girardi, “rischiara l’orizzonte dei linguaggi, addensandovi i segni di una devozione senza più barriere fideistiche” . Questo 65

è un punto certamente fondamentale sul quale riflettere in questo lavoro, ovvero la messa in campo, e l’eventuale superamento come in questo caso, delle barriere e degli stereotipi fra Occidente e Oriente.

Il mezzo magico di cui parla Girardi è sicuramente un tema ricorrente nelle fiabe, individuato già dal linguista e antropologo russo Vladimir Jakovlevic Propp (1895 - 1970). In Morfologia della Fiaba , Propp individua ben trentuno 66

funzioni, ovvero unità narrative grazie alle quali la narrazione procede, che si succedono a partire da una situazione iniziale. Il ricorso al “mezzo magico”, in questo caso il letto volante, corrisponde alla funzione numero quattordici; è interessante poi constatare come molte delle successive e precedenti funzioni di Propp possano applicarsi agli eventi della novella di Torello, rendendola perfettamente compatibile con il modello classico di fiaba individuato dal linguista russo.

Altro elemento su cui focalizzare la nostra attenzione è senza dubbio la cortesia. Boccaccio argomenta il tema della cortesia come una caratteristica trasversale alle due culture e categorie rappresentate.

Messer Torello dà prova della propria, sontuosa, cortesia accogliendo in casa sua con stupefacente benevolenza il Saladino, sotto le spoglie di mercante, il quale, dal canto suo, punta “a personalmente vedere gli parecchiamenti de’ signori cristiani a quel passaggio, per meglio poter provedersi”. Tuttavia lungo il R. Girardi, Raccontare l’Altro - L’Oriente islamico nella novella italiana da Boccaccio 64

a Bandello; pp. 28-29

Ibidem 65

V. J. Propp, Morfologia della Fiaba, a cura di G. L. Bravo, Einaudi, Torino, 2000 66

suo viaggio l’unica cosa che rimarrà impressa nella memoria e nel cuore del Saladino non saranno tanto i preparativi bellici, ma, appunto, la cortesia ricevuta da Torello. Quest’ultimo si fa carico di un’ospitalità quasi cerimoniosa, in una scala di crescente sontuosità, ben oltre i limiti finanziari del messere di Padova.

È importante specificare che l’orizzonte di Torello è la di grandezza d’animo. Egli, nell’incontro con l’Altro, non si lascia sopraffare dall’ansia per l’ignoto o dall’istinto della contrapposizione, ma anzi proprio il non sapere la reale identità dei suoi ospiti (si ricordi il passaggio in cui Torello si avvede che possano essere persone ben più importanti di quel che ammettono), lo spinge a instaurare un circolo virtuoso con l’Altro, circolo che si richiuderà nella seconda parte della novella, in cui Torello dovrà affidarsi alla cortesia ricambiata del Saladino.

“A messer Torello d'altra parte pareva che costoro fossero magnifichi uomini e da molto più che avanti stimato non avea, per che seco stesso si dolea che di compagnia e di più solenne convito quella sera non gli poteva onorare; laonde egli pensò di volere la seguente mattina ristorare, e informato un de'suoi famigli di ciò che far voleva, alla sua donna, che savissima era e di grandissimo animo, nel mandò a Pavia assai quivi vicina e dove porta alcuna non si serrava.

E appresso questo menati i gentili uomini nel giardino, cortesemente gli domandò chi e'fossero e donde e dove andassero; al quale il Saladino rispose: - Noi siamo mercatanti cipriani e di Cipri vegniamo, e per nostre bisogne andiamo a Parigi.

Allora disse messer Torello: - Piacesse a Dio che questa nostra contrada producesse così fatti gentili uomini, chenti io veggio che Cipri fa mercatanti.”

Uno scambio di cortesie e di virtù che è quasi utopistico, ma tutto sommato non dissonante dallo sfondo realistico del racconto (la Crociata), che viene tuttavia meno nel momento della risoluzione narrativa con l’inserimento dell’elemento magico, come abbiamo visto.

La cortesia del Saladino non è immediata quanto quella di Messer Torello, tuttavia è sicuramente più efficace ai fini dello svolgimento della vicenda. Una volta catturato, Torello, per sopravvivere alla prigionia, si dedica ad allevare e addestrare i falconi della corte del Saladino, e proprio dal suono con il quale il messere di Padova richiama gli uccelli, il sultano si insospettisce:

“E in questi termini stando messer Torello, avvenne un giorno che, ragionando con lui il Saladino di suoi uccelli, messer Torello cominciò a sorridere e fece uno atto con la bocca, il quale il Saladino, essendo a casa sua a Pavia, aveva molto notato. Per lo quale atto al Saladino tornò alla mente messer Torello, e cominciò fiso a riguardallo e parvegli desso; per che, lasciato il primo ragionamento, disse: - Dimmi, Cristiano, di che paese se' tu di Ponente?

- Signor mio, - disse messer Torello - io sono lombardo, d'una città chiamata Pavia, povero uomo e di bassa condizione.

Come il Saladino udì questo, quasi certo di quello che dubitava, fra sé lieto disse: - Dato m'ha Iddio tempo di mostrare a costui quanto mi fosse a grado la sua cortesia -; e senza altro dire, fattisi tutti i suoi vestimenti in una camera acconciare, vel menò dentro e disse: - Guarda, Cristiano, se tra queste robe n'è alcuna che tu vedessi giammai.”

     

Tuttavia non basta ciò, infatti il Saladino fa vedere a Torello le sue vesti per avere la prova definitiva riguardo alla sua identità. Superata la prova, il sultano è ben lieto di ricambiare al messere tutta la cortesia che quest’ultimo gli aveva tributato. Lo fa vivere a corte fra lusso e sfarzo, ma questo tenore di vita non è più importante per Torello del suo matrimonio, tanto che quando esso sarà in pericolo occorrerà tutta la volontà del Saladino per salvare Torello, facendo entrare in scena l’elemento magico, di cui si è scritto poco prima.

Il duplice esempio di virtù ricambiata ruota attorno ad un fatto storico concreto, la Crociata, la quale è proprio il perno narrativo del racconto, prima e dopo del quale si snodano le due parti della novella.

Il fatto storico serve per contestualizzare il racconto e fornirgli un guscio di attendibilità e di realtà. Non solo, e non tanto, da parte di Boccaccio verso i suoi lettori, ma anche e soprattutto da parte di Panfilo, re della giornata, al proprio pubblico. L’elemento realistico e storico si ferma qui, al contesto della Crociata, in quanto il resto del racconto è slegato dalla realtà. Tuttavia l’importanza dell’elemento storico è duplice: sia per Boccaccio che per Panfilo stesso.

In conclusione possiamo vedere anche in questo caso che la presunta dicotomia Occidente - Oriente non è rigida e ferrea, con differenze e ostacoli insormontabili. Invece Boccaccio, potremmo dire, mischia le carte in gioco, mostrando come la cortesia e l’aiuto reciproco nella novella, attuato fra Torello e il Saladino, sono un valore trasversale alle religioni e alle società e

costituiscono un carattere spiccatamente culturale prima ancora che una prerogativa occidentale o orientale.

Inoltre, se la fiducia verso l’ignoto, rappresentata in questo caso dall’identità del Saladino vestito da mercante, sopravanza la paura del diverso, può aprire un ciclo virtuoso che, al momento del bisogno, si richiude.