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6. L’ORIENTALISMO NEL XXI SECOLO, IL CASO DI SOUMISSION DI MICHEL HOUELLEBEQ

6.6 NOTAZIONI FINAL

Analizzando l’opera e le idee dell’autore abbiamo compreso come Houellebecq strutturi il proprio impianto letterario per criticare aspramente alcune caratteristiche della società europea ed occidentale.

Ma in sostanza, da chi o da cosa l’Europa e l’Occidente dovrebbero essere salvati? Brugnolo ci suggerisce che la risposta potrebbe essere la libertà e 174

l’individualismo. Si è già accennato a Dostoevskij e a Tocqueville, con la loro concezione di libertà, scendendo ora nel dettaglio possiamo aggiungere che gli occidentali avvertono questa costante possibilità di scelta con fastidio e confusione.

Per Houellebecq fra gli occidentali, sebbene i media celebrino la libertà in ogni sua forma, cresce sempre più velocemente il bisogno di una sottomissione, che sia ad una legge o ad una religione, come reazione agli ideali di indipendenza e autodeterminazione che furono propri dell’illuminismo; i cui valori hanno la pecca di elevare la natura umana: “si facevano un’alta idea della libertà umana, della dignità umana” . 175

Intervista a cura di F. Grilli, pubblicata sulla pagina online de Il Giornale il 9/01/2015, 173

presso il seguente indirizzo: http://www.ilgiornale.it/news/cultura/houellebecq-cambia- idea-corano-meglio-che-pensavo-1081230.html

S. Brugnolo, La tentazione dell’altro, p. 217 e sgg. 174

Sottomissione, p. 250 175

È poi importante anche l’ambito della sessualità, dove la libertà femminile derivante dalla sua emancipazione avrebbe creato danni irreversibili con la lotta fra i due sessi per il primato sociale, ognuno avrebbe cercato di affermare se stesso, sacrificando l’amore e la dedizione per l’altro. Infatti le più grandi trasformazioni effettuate da Ben Abbes sono, da un lato, in ambito familiare con il ritorno al patriarcato e alla centralità della famiglia. Dall’altro lato le innovazioni si riscontrano nel campo sessuale, separando i generi per mansioni, nascondendo i corpi e limitando all’essenziale la libertà di seduzione e di scelta. Ciò lo possiamo vedere nel caso della futura moglie di François, che secondo Rediger verrebbe scelta non da lui stesso, ma da una mezzana:

“[…] Com’è noto, gli uomini, messi in condizione di scegliere, fanno tutti le stesse identiche scelte. È questo ad aver portato la maggior parte delle civiltà, in particolare la civiltà musulmana, all’istituzione delle mezzane.

È una professione molto importante […] In quanto donne, le mezzane hanno ovviamente il diritto di vedere le ragazze spogliate, di effettuare quella che non si può che definire una specie di valutazione, e di mettere in rapporto il loro fisico con la condizione sociale dei futuri sposi.” 176

Un’obiezione che si può rivolgere a Houellebecq è quella di essere troppo concentrato sul proprio Paese natale. Si può spiegare in molti modi come mai lo scrittore abbia scelto proprio la Francia, a cominciare dal fatto che sia proprio il Paese di origine, quindi ne conosce le dinamiche politiche, essenziali per la struttura del romanzo, ma si può spiegare anche con altre motivazioni.

Proprio a causa del lungo, complesso e travagliato passato coloniale in zone a religione musulmana, la Francia si presenta oggi come uno degli stati più multietnici dell’Europa, in cui il dibattito sull’integrazione culturale è ormai ampiamente standardizzato da anni, quindi più avanti rispetto a stati che fino a pochi decenni fa non conoscevano un’immigrazione così massiccia di popolazioni musulmane.

Inoltre, praticamente tutte le ex colonie francesi hanno come prima lingua alternativa alla parlata locale proprio il francese, ciò permette un fluente scambio intellettuale e culturale fra Francia e Paesi musulmani.

Sottomissione, p. 248 176

Queste motivazioni sono certamente vere e valide per la scelta della Francia, tuttavia, a mio avviso, è immotivata la scelta di non far cenno alla reazione degli altri stati UE al governo di Ben Abbes, che sarebbe stata sicuramente una scelta più realistica. Houellebecq prova a gettare lo sguardo oltre i confini transalpini e ci informa che pure in Belgio, altro Paese notoriamente multietnico, i musulmani si stavano attivando politicamente ed era salito al governo un partito islamico:

“Adesso il partito musulmano in Belgio era appena andato al potere. Quel fatto era ritenuto generalmente importante sul piano dell’equilibrio europeo. […] ma il Belgio era il secondo paese, dopo la Francia, in cui il partito musulmano si trovasse posizione maggioritaria.” 177

In queste parole si ravvisa una qualche necessità di Houellebecq di considerare l’esterno, ma, a mio modesto parere, risulta un maldestro tentativo di liquidare una questione che avrebbe richiesto una più articolata ampiezza narrativa, perché avrebbe implicato interessanti sviluppi di politica estera. Tale problematica non si limita alla sola Europa.

Come si pone, ad esempio, Israele nei confronti dell’esodo di massa, che ci ricorda quello avvenuto all’alba del Nazismo in Germania, di ebrei dalla Francia dopo l’elezione di Ben Abbes, di cui, tra l’altro, un personaggio importante come Myriam è protagonista? Anche ciò non ci è dato saperlo. In un lavoro come questo, che si occupa di smascherare i pregiudizi letterari, sarebbe per lo meno grottesco rispondere a questi quesiti tirando in ballo lo stereotipo del celeberrimo egocentrismo francese, ma è pur vero che in questo campo i dubbi rimangono irrisolti.

Si può dire, a parziale difesa dello scrittore, che il suo intento principale non sia la fantapolitica, ma che utilizzi il radicamento dell’Islam sul suolo europeo, e quindi la Francia sia giustamente un terreno fertile per questo scopo, per mostrare il desiderio irrealizzato di religione e tradizione da parte dell’Europa. Del resto il protagonista ha come orizzonte unico non tanto la Francia, quanto addirittura Parigi. È vero che durante il romanzo François si sposta, ma per sua

Sottomissione, p. 236 177

stessa ammissione è restio a viaggiare e i suoi interessi esterofili si esauriscono alla scelta di cibi etnici da scaldare nel microonde.

Bisogna quindi accettare il compromesso di focalizzarci solo sulla Francia, utilizzata ad exemplum per l’intero Occidente, per comprendere come quest’ultimo abbia necessità di farsi sedurre, o per meglio dire sottomettere, dall’Islam.

Infatti, non è l’Islam che assoggetta l’Occidente, ma è quest’ultimo che ha il nostalgico desiderio di Islam, inteso etimologicamente come sottomissione, e in ciò ben si incastra Huysmans: “disperato desiderio di incorporarsi ad un rito” . 178

Ovvero, di essere parte di qualcosa, sentire la sicurezza di far parte di una comunità e tralasciare consequenzialmente l’affermazione di sé.

Nondimeno, alla luce di tutta l’analisi appena svolta, dobbiamo dire che l’episodio culminante della conversione di François, di cui abbiamo già detto, sia ambivalente.

Da una parte vi è sì l’asservimento e l’accettazione, dall’altra però possiamo scorgere una sorta di paura, di sensazione imminente di “catastrofe mentale", come la definisce Brugnolo. Infatti il protagonista riconosce infine, forse, l’enorme potenzialità individuale cui sta rinunciando, sebbene sia rimasta scontata e pressoché inutilizzata nel corso della sua vita.

Qui sta il vero attacco all’uomo occidentale, eternamente sospeso fra il desiderio di ritorno alla religione, e quindi nell’alveo sicuro di un’autorità dominante, e le vertigini, paurose ma seducenti, delle sterminate libertà umane fornite dall’individualismo.

Risulta forse superfluo ribadire che le critiche al romanzo appiattite sullo scontro fra Islam e Occidente siano inconsistenti. In realtà l’Islam di Sottomissione non corrisponde ad un “Altro” fuori di noi, bensì ad un “Altro” dentro di noi; è solo l’etichetta posta a quei bisogni di sicurezza, di identità e stabilità che oggi riteniamo inafferrabili e instabili.

l’Islam corrisponde quindi al bisogno, forse più propriamente umano che solo occidentale, di sentirsi parte di un qualcosa, di un tutto coeso. Tant’è che gli esponenti della Fratellanza musulmana tessono lodi all’Europa medievale cristiana. Ben Abbes invece ha addirittura come prototipo non l’Impero

Sottomissione, p. 169 178

Ottomano, ad esempio, ma l’Impero Romano, nella sua accezione idealizzata di

locus amoenus storico in cui l’equazione fra uniformità culturale e coesione

sociale era rispettata.

Per Houellebecq il sogno proibito dell’Occidente è il ritorno a questa età dell’oro patriarcale, dove le responsabilità dell’individuo sono sgravate da un’autorità. L’unico espediente individuato dallo scrittore francese non è il Cristianesimo, ormai secolarizzato e compromesso con il razionalismo, ma l’Islam, religione esotica e, idealmente e letterariamente, ancora incontaminata dal materialismo occidentale.

7. CONCLUSIONI

Nel presente elaborato si è cercato di studiare il rapporto fra Occidente e Oriente, nella letteratura, e come esso si sviluppi nel corso del tempo, strutturandosi attraverso alcune opere scelte, che ci sono servite da esempi di riferimento. In particolare abbiamo indagato su come, apparentemente, la letteratura occidentale si sia servita di pregiudizi e stereotipi per descrivere la società orientale, coi suoi usi e costumi, ritenuti esotici.

In questo ultimo capitolo tireremo le somme dell’intero lavoro, tenendo conto dei concetti espressi all’inizio, vedendo come sono stati elaborati e si sono evoluti nel dispiegarsi di queste pagine, e alla luce delle opere scelte. Per fare ciò, partiremo riepilogando le argomentazioni iniziali e vedremo a quali conclusioni siamo giunti.

Il presente lavoro era partito da una considerazione: la rappresentazione dell’Oriente nella tradizione letteraria occidentale, di cui è spesso protagonista, non è quasi mai oggettiva, né tantomeno cerca di esserlo. Segue invece un canone prestabilito che attinge da un vasto serbatoio di pregiudizi, stereotipi e luoghi comuni, più o meno verosimili, per creare un’immagine artificiale e, soprattutto, irreale dell’alterità orientale.

Edward Said, nel proprio saggio Orientalism, oltre ad evidenziare questa pratica, che egli ritiene propria di tutta la tradizione letteraria, prima europea e in seguito anche americana, afferma anche che tale immagine artificiosa è creata volontariamente dagli autori europei e americani per screditare l’Oriente, in particolare per renderlo il contenitore di tutto ciò che è negativo e opposto alla morale e ai valori occidentali. Nondimeno, in questa accusa ha un ruolo di prim’ordine anche la politica: infatti questa operazione, definita propagandistica, alimenta, incentiva e giustifica lo sfruttamento coloniale europeo e americano ai danni di altre popolazioni.

Un impianto artistico che ha come fine, se non unico quasi, la sottomissione dell’ ”Altro” a interessi egemonici.

Queste, a grandi linee, le ragioni di Said dalle quali siamo partiti e che abbiamo messo alla prova tramite l’analisi di quattro autori provenienti da contesti cronologici e culturali assai differenti: Giovanni Boccaccio, Torquato Tasso, Salman Rushdie e Michel Houellebecq, tutti accomunati dalla presenza dell’Oriente nelle rispettive opere.

Campioni letterari utilizzati come esempio per vedere quali stereotipi e pregiudizi contengano e se questi ultimi vengano strumentalizzati a fini propagandistici, alterando la vera identità orientale e al contempo screditandola. Abbiamo già ampiamente argomentato, nei capitoli dedicati alle diverse opere, il significato letterario, più che politico, dell’immagine dell’Oriente che viene esposta.

In questo capitolo conclusivo pertanto tireremo le fila del discorso, mettendo di fronte le ragioni di Said contro gli elementi emersi nella nostra indagine, provando a fornire una risposta definitiva, almeno per quanto riguarda le opere scelte, alla questione dell’Orientalismo e dell’immagine che la cultura occidentale costruisce per l’Oriente.

7.1 LE RAGIONI DI SAID NELLA VISIONE ORIENTALISTA DELLA