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ORIENTE E ORIENTALISMO IN SOUMISSION

6. L’ORIENTALISMO NEL XXI SECOLO, IL CASO DI SOUMISSION DI MICHEL HOUELLEBEQ

6.3 ORIENTE E ORIENTALISMO IN SOUMISSION

La presenza dell’Oriente nell’opera è manifestamente evidente e ricercata, tuttavia vedremo come essa sia in realtà una maschera letteraria posta dallo scrittore per indurci a riflettere sull’Occidente e sulla sua cultura. Nondimeno poi l’immagine che ci appare dell’alterità è quella di un Oriente occidentalizzato, nel senso che dell’Occidente assume non solo lo spazio, in questo caso geografico, sociale e culturale, ma anche il modo di comportarsi, seppur da una prospettiva opposta. Ma andiamo per ordine.

Si è già accennato al fatto che il titolo del romanzo sia la traduzione letterale della parola Islam, ovvero, “sottomissione completa a Dio”. Tale definizione, in rapporto al romanzo, si può comprendere come la conseguenza della privazione delle libertà individuali e del libero arbitrio, in ottemperanza ai dettami religiosi. Si badi bene che nel romanzo questo stato di cose è presentato come desiderato dai francesi, e per estensione dagli europei, stanchi del peso della libertà.

Come ci ricorda Brugnolo Houellebecq cita Dostoevskij e Tocqueville per i 151

quali la libertà è un “dono” insopportabile per gli individui delle società di massa, che non sanno cosa farsene.

Altra parola sulla quale focalizzarci è incontrovertibilmente il nome del protagonista, François, al quale non viene mai accompagnato un cognome; anzi, possiamo specificare che è l’unico personaggio di rilievo, assieme a Miryam, del quale il cognome non viene proprio detto.

Probabilmente è per far risaltare ancora di più il nome di battesimo che è stato scelto di proposito per legare il protagonista alla Francia, e per estensione all’intero Occidente, di cui è metafora ed incarnazione.

S. Brugnolo, La tentatione dell’altro, pp.117 e sgg. 151

Così come la Francia ha perso la propria identità e vive una crisi di valori, così François abita la propria esistenza disordinata fra lacerazioni sentimentali e inconsistenza spirituale.

Le sue vicende personali le dobbiamo leggere come espressione metaforica della degradazione occidentale. Il protagonista sta così al racconto in un rapporto molto stretto. Il suo asservimento alla religione islamica, che ha il culmine nella conversione finale, va di pari passo con la sottomissione dell’intera Francia ad un regime musulmano.

Entrambi i processi sono subiti passivamente e accettati con remissione a causa dell’inerzia indentitaria e valoriale prima della Francia, poi di François. Lo stesso Brugnolo, nel già citato saggio, rimarca questo aspetto e ci ricorda anch’egli che il nome del protagonista è strettamente legato alla propria provenienza.

Il dramma di François è dunque tipicamente europeo. Come argomenta Brugnolo152 gli esiti della “cattiva modernità” occidentale conducono il protagonista al rimpianto del passato pre-moderno, dunque ad un ritorno alla centralità della religione.

Si può dire che questo sentimento nostalgico sia l’espressione più contemporanea possibile del going native di cui avevamo già parlato: soffocato dall’individualismo e dal razionalismo con cui è dovuto scendere a compromesso, l’uomo occidentale moderno sente la necessità della religione come riconquista della propria dimensione irrazionale e spirituale. L’originalità di Houellebecq sta poi nell’individuare questa ripresa religiosa non nel Cristianesimo, bensì nell’Islam e ciò è spiegato nel romanzo da argomentazioni geopolitiche: “Il massiccio arrivo di popolazioni intrise di cultura tradizionale […] costituiva una occasione storica per il riarmo morale e familiare dell’Europa ”.153

Vediamo ora come l’alterità fa il proprio ingresso nel romanzo. La prima manifestazione dell’Oriente in Soumission è infatti incarnata nel corpo delle studentesse, siano quelle cinesi presenti alle lezioni di François, siano quelle musulmane che seguono le lezioni del collega Steve. Ormai possiamo dire che

Ivi, p. 118 152

Sottomissione, p. 276 153

l’associazione fra Oriente e corpo femminile è un vero e proprio leitmotiv del nostro lavoro. Associazione che continuerà ancora, con la presenza di 154

Miryam, ebrea, e delle prostitute arabe che il protagonista incontrerà nella seconda metà del romanzo.

Nel romanzo l’Oriente però si esprime nella sua totalità attraverso la politica, rassicurante e moderata, attuata dal candidato della Fratellanza musulmana Mohammed Ben Abbes. Infatti è notevole l’instaurarsi di un regime, perlopiù musulmano, rimanendo all’interno del processo democratico. Ciò mette in luce infatti tutta la fragilità di questo sistema, ma c’è di più. Houellebecq infatti non applica alla Francia una versione, per così dire, preconfezionata dell’Islam, ma ne ritaglia una speciale variante su misura, smussandone gli angoli e ed allacciandone i contenuti con la tradizione europea:

“[…] il grande pubblico apprese che il distributivismo era una filosofia economica nata in Inghilterra all’inizio del XX Secolo su impulso dei pensatori Gilbert Keith Chesterton e Hilairie Belloc.

Voleva essere una terza via, lontana tanto dal capitalismo quanto dal comunismo - considerato un capitalismo di stato. […] Il distributivismo, avrebbe precisato Ben Abbes, era pienamente compatibile con gli insegnamenti dell’Islam ” 155

D’altronde un Islam ad uso e misura della Francia non è ipotesi tanto remota, la religione musulmana, nella sua accezione moderata, non è rigida. Si pensi, come viene espressamente detto nel romanzo, alle profonde differenze fra l’Islam praticato e applicato in Marocco, Arabia Saudita o Indonesia, ad esempio . Oltretutto, ad ulteriore conferma di questa versione di soft Islam vi è 156

la dura presa di posizione di Ben Abbes contro i principi sauditi , giudicati 157

troppo estremisti, e per questo ignorati dal governo durante il ricevimento per inaugurare la nuova Sorbona, ormai totalmente finanziata dai loro petrodollari.

Si ricordino Alatiel, la principessa di Tunisi, Armida e Clorinda. 154

Sottomissione, p. 173. Si noti, come in questo esempio, che Ben Abbes fa di tutto 155

per coniugare Islam e tradizione europea. Sottomissione, p. 134

156

Sottomissione, p. 201 157

Gli stereotipi cominciano a manifestarsi attraverso gli occhi di François quando osserva una Parigi che, dall’insediamento del nuovo governo, ha già mutato volto. Il primo cambiamento che nota è la scomparsa del supermarket Kosher158, spiegato tuttavia da François con ragioni di opportunismo commerciale più che religiose.

Nota poi anche la chiusura di catene di moda occidentale sia femminile che maschile, sostituiti da negozi di diverso genere; la cosa che però lo incuriosisce di più è il cambiamento nelle donne. Se da una parte i veli orientali sul capo non sono aumentati molto, constata invece un’assenza totale di gonne e abiti succinti, sostituiti da pantaloni larghi e bluse lunghe oltre il ginocchio. Questa trasformazione è dunque descritta come graduale e quasi impercettibile, ma comunque inarrestabile, l’islamizzazione della Francia procede a piccoli ma significativi passi, pervadendo ogni aspetto della vita, anche il più quotidiano come l’abbigliamento.

È poi superfluo immaginare che le colleghe, donne, di François sono tutte state licenziate dai loro incarichi accademici, così come in quasi ogni altro campo lavorativo. Secondo François, un massiccio ritorno al patriarcato e la conseguente uscita in massa delle donne dal mercato del lavoro ha l’effetto di abbassare notevolmente la disoccupazione e iniziare a far crescere il Paese. In generale, questo e altri provvedimenti, sono visti di buon occhio dall’opinione pubblica e dallo stesso François, perché paragonano la nuova Francia a quella dei Trente Glorieuses. Altro proposito poi è pure l’ingresso nell’UE di Turchia 159

e Marocco.

In tal proposito le idee di Ben Abbes sono chiare, egli vuol creare un’Unione Europea a trazione mediterranea, a immagine e somiglianza dell’Impero Romano. Come mai Houellebecq prospetta questo scenario?

Viene detto che Ben Abbes ha come modello Augusto e come scopo la creazione di una sorta di Eurabia, questo perché ciò che desidera è la creazione di una civiltà. l’Europa è ormai svuotata di senso e di ideali che solo un ritorno alla dimensione religiosa può riportare in auge. Tant’è che il protagonista prende ad esempio e confronta la civiltà patriottica francese nata

Marchio notoriamente ebreo della grande distribuzione. 158

Trentennio di grande crescita economica successivo alla fine della Seconda Guerra 159

dalla Rivoluzione del 1789 e la civiltà cristiana medievale. La prima, figlia dell’Illuminismo come quella odierna e figlia del razionalismo, è durata poco più di un secolo, la seconda è stata una civiltà millenaria, che ha segnato profondamente la storia umana.

La celebrazione dell’Europa cristiana medievale avviene anche da parte di Rediger, il nuovo rettore della Sorbona, il quale ne riconosce la grandezza passata e al contempo la pone come maestoso modello per la civiltà islamica europea ventura.

Anche in tale caso possiamo quindi notare come l’obiettivo della critica di Houellebecq non sia tanto l’Islam, quanto piuttosto la mancanza di valori morali e ideali necessari per legare insieme gli stati membri dell’UE, presenti invece nell’Europa sia durante il medioevo sia durante il dominio romano: quelle sono, per Rediger e Ben Abbes, le vette morali e culturali toccate dall’Occidente. Per fare ciò è necessario che l’uomo occidentale abbandoni l’individualismo materialistico per sposare un nuovo progetto di civiltà, che implica il riconoscimento di un’identità comune e collettiva.

Altro elemento da far emergere è quello sessuale. Houellebecq è stato sovente accusato di aver indugiato troppo nella descrizione di scene erotiche all’interno del romanzo. Questo fatto è sicuramente vero, tuttavia per la nostra analisi occorre soffermarsi solo nel momento in cui da tali episodi possiamo ricavare un confronto fra Oriente e Occidente.

Salta subito all’occhio la differente concezione della donna occidentale e di quella orientale, in questo caso Houellebecq fa largo uso di stereotipi e pregiudizi. La prima è infatti descritta come curata e finemente abbigliata nel mondo del lavoro, alla ricerca di auto affermazione e prestigio sociale, ma, di contro, trascurata e stanca nell’ambiente domestico e pertanto incapace di godere delle gioie familiari.

La donna orientale, chiusa nel burqa o nel velo nel mondo esterno della vita quotidiana, è invece la regina della casa, pronta a soddisfare il marito in ogni aspetto. Queste descrizioni è evidente come utilizzino sic et simpliciter luoghi comuni e stereotipi per entrambe le parti in causa. Stereotipi che raggiungono il culmine nella constatazione, da parte di François, delle differenti mansioni delle due mogli di Rediger:

“E non potevo fare a meno di pensare al suo modo di vivere: una sposa di quarant’anni per la cucina, una di quindici anni per altre cose… aveva sicuramente una o due spose di età intermedia, ma non mi sembrava il caso di approfondire.” 160

Pregiudizi messi da Houellebecq in mente a François, il quale arriva pure a cedervi piacevolmente nella parte finale del romanzo, quando gli viene prospettato un matrimonio con una, o più d’una, giovane donna musulmana. La scelta avverrebbe poi senza nemmeno l’incombenza di cercare e corteggiare la ragazza, perché, come afferma Rediger:

“Se la specie umana è minimamente in grado di evolvere, lo deve proprio alla plasmabilità intellettuale delle donne. […] Si può perfino, in un certo modo, persuaderle dell’alto valore erotico dei docenti universitari…” ”. 161

Possiamo quindi dire che tali stereotipi siano messi in mostra più che altro per mostrare l’arrendevolezza dell’everyman occidentale, François, più che per criticare le usanze arabe.

“La cerimonia della conversione, in sé, sarebbe stata molto semplice: probabilmente si sarebbe svolta nella grande moschea di Parigi […]

poi, in una sala più piccola, anch’essa decorata con raffinati mosaici, immersa in una luce azzurrognola, avrei lasciato che l’acqua tiepida scorresse lungamente, molto lungamente sul mio corpo, finché il mio corpo non si fosse purificato. In seguito mi sarei rivestito, avrei preso dei vestiti nuovi; poi sarei entrato nella grande sala dedicata al culto […]

Poi, con voce pacata, avrei pronunciato la seguente formula: “Ach-Hadou are la ilàha illa lahou wa ach-adou ana Mouhamadane rassouloullahi”. Che significava: “Testimonio che non c’è divinità se non Dio e che Maometto è il suo profeta”. E poi sarebbe finita; sarei stato, da quel momento in poi, un musulmano. […] una nuova opportunità mi sarebbe stata offerta; e sarebbe stata l’opportunità di una seconda vitasenza molti rapporti con la precedente. Non avrei avuto niente da rimpiangere.” 162

Sottomissione, p. 222 160 Sottomissione, p. 248. 161 Sottomissione, pp. 297-300 162

Il romanzo termina con una lapidaria riflessione del protagonista: “Non avrei avuto niente da rimpiangere”. Queste parole ci lasciano l’impressione avuta nelle pagine appena precedenti: ovvero il mancato entusiasmo di François nei confronti della sua nuova religione. È vero che prospetta per sé una vecchiaia migliore, come avvenuto per il padre, una vera e propria seconda possibilità, tuttavia è pur vero che si approccia a questa nuova vita con raziocinio e freddezza. Il cambiamento avviene solo in parte e solo nello strato più superficiale.

L’atteggiamento mentale di François, e in una certa misura anche di Rediger e degli altri personaggi convertiti, è più che mai ancora materialistico e occidentale. Potremmo ben dire che la conversione di François e degli altri personaggi è dettata solo da opportunismo sociale, ovvero, migliorare la propria condizione di vita. Il protagonista infatti accetta la conversione perché avrà conseguenze migliori rispetto a un prima di cui non rimpiangerà nulla. La conversione in definitiva è dettata da future comodità, non vi è traccia alcuna, e non potrebbe essercene in un romanzo del genere, di vocazioni spirituali significative.

In conclusione possiamo affermare che, malgrado i profondi mutamenti sociali avvenuti nella Francia houellbecqiana, la versione occidentalizzata dell’Islam non sia molto distante dal cristianesimo laico precedente e che François, nel profondo, rimanga il solito personaggio iniziale, nichilista e, fondamentalmente, ateo.

6.4 LA GERUSALEMME LIBERATA E SOUMISSION: DUE OPERE