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3. L’ORIENTALISMO IN GIOVANNI BOCCACCIO PRESENTAZIONE E ANALISI DI QUATTRO NOVELLE SCELTE DAL DECAMERON

3.3 GIORNATA SECONDA, NOVELLA SETTIMA

La Novella Settima della Seconda Giornata è narrata dal più giovane della comitiva, ovvero Panfilo, la cui etimologia onomastica, “tutto amore” dal greco

παν φίλος, suggerisce la tematica amorosa ed erotica dei racconti da lui narrati.

Il racconto inizia, anche stavolta, con un discorso rivolto alle donne che precede lo svolgimento. Successivamente il racconto viene contestualizzato nella Babilonia governata dal Saladino Beminedab, nome di fantasia, probabilmente ispirato al biblico Aminedab ; in uno spazio temporale non definito (“già è buon 55

tempo passato”).

In seguito appare in scena la figlia del Saladino, Alatiel, indiscussa protagonista di questa novella. La principessa di Babilonia, della quale si evidenzia la bellezza impareggiabile, è promessa in sposa al re del Garbo , il quale aveva 56

aiutato Beminedab in battaglia.

Avviene così che la nave, con Alatiel e il suo seguito di corte, salpa da Alessandria d’Egitto alla volta del Garbo, tuttavia superata la Sardegna si levano venti forti che preannunciano un terribile naufragio. I marinai provano, invano, a salvarsi su una scialuppa, lasciando Alatiel e le sue ancelle sulla nave in balia della tempesta. Il mattino successivo alla sventura la principessa si accorge di trovarsi da sola su una spiaggia e da questo momento hanno inizio le sue peripezie.

Il primo incontro avviene con Pericon da Visalgo, personaggio inventato che rimanda tuttavia al luogo del naufragio, Maiorca, in quanto Visalgo era un castello dell’isola. Inizia quindi a svelarsi l’impianto narrativo di costruzione del testo, infatti a Pericone si succederanno altri otto uomini che approfitteranno di

Nome inventato, forse reminiscenza del biblico Aminedab. 55

Nome utilizzato per indicare la regione di Algarvio (oggi Algarve), la provincia più 56

settentrionale del Marocco. Il Regno di Algarvio comprese, nel periodo più fiorente, anche gran parte della costa occidentale sul Mediterraneo e una parte della penisola iberica: ai primi del Trecento era il più noto dei regni moreschi euroafricani.

Alatiel, in uno schema che vedrà in quasi tutti i casi il vecchio amante ucciso dal nuovo pretendente. Pericone verrà ucciso dal fratello Marato durante il sonno il giorno prima di imbarcarsi per mare.

Proprio sull’imbarcazione che porterà il fratricida con Alatiel verso Chiarenza 57

conoscerà la morte lo stesso Marato per mano dei due capitani della nave i quali, invaghiti a loro volta della principessa araba, gettano in mare il nuovo amante, per poi venire alle mani l’uno contro l’altro per avere la precedenza sulla ragazza, perdendo uno la vita e l’altro riportando gravi ferite.

Attraccati al porto di Chiarenza la bellezza di Alatiel giunge alle orecchie del principe locale che decide di prendere la giovane per sé e trattarla come se fosse sua moglie.

Al principe fa poi visita l’amico e parente duca di Atene, il quale, innamoratosi a sua volta della ragazza, escogita un piano assieme al servo Ciuraci per uccidere l’amante di Alatiel e prendere quest’ultima per sé. Gettato il principe dalla finestra durante la notte, il duca fugge quindi ad Atene, ma questo omicidio, una volta scoperto, dà luogo ad una guerra fra Romania e Atene. In aiuto di quest’ultima decide di intervenire Costanzio di Costantinopoli, genero del duca, il quale a sua volta, fingendo di rendere vendetta alla sorella tradita, rapisce Alatiel portandola a Chios, dove dimora con lei alcuni anni prima di essere ucciso, durante una notte di assedio, dal turco Osbech il quale non solo rapisce Alatiel ma la rende pure sua sposa.

Tuttavia, per evitare una sanguinosa vendetta ai suoi danni per mano del re di Cappadocia Basano, Osbech lascerà Alatiel a Smirne da un suo fidato servitore, Antioco.

A questo punto il racconto prende una svolta, in quanto Antioco parla la stessa lingua di Alatiel la quale ora, essendo rimasta in sofferente silenzio durante la prima parte della novella, può finalmente interloquire. Nascerà quindi uno scambio di parole fra i due che li porterà ad innamorarsi e giacere insieme, tuttavia questa ennesima storia amorosa finirà male ancora una volta in quanto Antioco, di età avanzata, morirà e la ragazza verrà affidata ad un mercante di Cipro.

Porto del Peloponneso. 57

Giunta a Baffa con il nuovo amante, Alatiel però vi incontra casualmente 58

Antigono, un tempo servitore del padre, il sultano di Babilonia; i due, dopo aver narrato gli eventi capitati l’uno con l’altra, erano passati infatti quattro anni dal naufragio, decidono di tornare a casa, a Babilonia, escogitando però un piano per permettere di salvare l’onorabilità di Alatiel agli occhi del padre.

Da questo momento inizia la parte conclusiva del racconto in cui Alatiel racconta al proprio padre, una volta tornata a casa, di esser stata salvata da quattro uomini a cavallo che l’hanno condotta in un monastero di suore, le quali l’hanno trattata con rispetto ed onorabilità.

Trascorsi lì molti anni ed imparata la lingua locale, andarono a visitare il Santo Sepolcro a Gerusalemme, così Alatiel chiese di essere lasciata a Cipro e qui incontrò Antigono con il quale è riuscita a tornare a casa.

Terminato il racconto di Alatiel al padre, avvalorato dalla testimonianza del complice Antigono, la principessa si imbarca nuovamente per mare per raggiungere, seppur con quattro anni di ritardo, il re del Garbo per l’atteso e ambito matrimonio.

Come detto, la novella ha un andamento ripetitivo e circolare in cui il lettore sa già la fine che farà ogni nuovo amante di Alatiel che compare in scena. Nonostante questo procedere del testo la fluidità narrativa è salvaguardata dagli espedienti letterari di Boccaccio che fa ampio uso di argute metafore erotiche e sessuali e di una sorta di “black humor”. Infatti le morti, oseremmo dire seriali, degli amanti di Alatiel sono trattate con comicità e leggerezza, quasi la loro sorte fosse una conseguenza inevitabile, sicuramente essenziale, allo svolgersi della trama.

Prima di concentrarci sugli aspetti orientalistici presenti in questa novella, occorre esaminare la figura di Alatiel, che di tali aspetti è sicuramente emblema, anche se nel suo ritratto letterario sono concentrate diverse istanze ed ella è rappresentante di più d’una categoria umana.

Alatiel si trova infatti a doversi confrontare con diverse barriere che non riesce sempre a superare.

Prima di tutto la barriera biologico-gender. Alatiel infatti è una donna e il suo destino è quello di esser data in sposa al re del Garbo che aveva aiutato suo

Città costiera di Cipro, l’antica Pafo. 58

padre in guerra, quindi già da principio della novella è trattata come merce di scambio, caricata su una nave come se fosse una mercanzia da esportare, secondo una prassi istituzionale dell’ordine patriarcale.

Quando si ritrova, naufraga, a Maiorca, si alza un’ulteriore barriera, quella linguistica. Alatiel infatti non parla altro che la propria lingua madre, inutile per comunicare nel Mediterraneo cristiano. Ciò, unito al fatto già evidenziato di esser donna, e per di più bellissima, la porta ad esser preda prima di Pericone e successivamente degli altri personaggi della novella. Il silenzio di Alatiel è praticamente totale nello svolgimento del racconto, mai prende parola nella parte iniziale e centrale della novella e l’unico mezzo che ha per comunicare è il corpo.

L’uso comunicativo del corpo di Alatiel segue lo stesso principio di ripetitività dell’avvicendarsi degli uomini che la vogliono per sé. Infatti appena il vecchio amante perisce o viene rimpiazzato dal nuovo, Alatiel prorompe in pianto, non tanto per l’essersi affezionata alla vittima, verso la quale mostra sempre una certa freddezza così come verso il nuovo amante, quanto per l’insicurezza su come verrà trattata dal nuovo “padrone” del suo corpo. Altro linguaggio fisico, sicuramente più importante del pianto per lo svolgimento dei fatti, è quello erotico-sessuale. Rotte le resistenze con Pericone, Alatiel si dimostra accondiscendente verso gli impulsi sessuali dei propri amanti e lo fa perché, impossibilitata a parlare, è l’unica maniera per avere salvezza e protezione temporanea dalle insidie di un mondo, l’Europa cristiana, nel quale sarebbe altrimenti perduta.

L’assordate silenzio della principessa Babilonese tuttavia si rompe quando incontra Antioco, con cui riesce finalmente a dialogare e poi con il ritrovato servo Antigono assieme al quale sceglie accuratamente le parole e la storia da narrare una volta tornati in patria. Quando Alatiel inizia a parlare quindi non solo dà una svolta narrativa alla vicenda, ma si dimostra astuta e fa ricredere il lettore che per il resto della novella l’aveva vista come un personaggio sostanzialmente privo di profondità psicologica e forza decisionale, in balia degli eventi.

Nelle parole rivolte da Alatiel al padre si evince tutta la sua arguzia e maestria retorica, unita ad un’efficace ironia, nel momento in cui dice di aver prestato

servizio presso il monastero di san Cresci in Valcava, nome topografico contenente una chiara allusione sessuale che i suoi ascoltatori non possono percepire, ma i lettori riescono sicuramente ad apprezzare nel suo intento comico.

Proprio questo cambiamento comportamentale di Alatiel, avvenuto grazie alla riacquistata capacità linguistica, segna la felice conclusione della novella e in qualche modo cancella anche in lei stessa le peripezie che ha dovuto affrontare.

Si è detto delle due barriere, quella gender e quella linguistica, che impediscono ad Alatiel di imporsi socialmente. Ad esse ne va aggiunta un’altra, quella religiosa, sicuramente non meno importante, ed anzi fondamentale nella visione e nell’analisi orientalistica della novella.

La barriera culturale e religiosa è messa in evidenza dalla stessa Alatiel nel momento in cui cerca di resistere alle lusinghe amorose di Pericone:

“Ma ciò era niente: ella rifiutava del tutto la sua dimestichezza; e intanto più s'accendeva l'ardore di Pericone.

Il che la donna veggendo, e già quivi per alcuni giorni dimorata, e per li costumi avvisando che tra cristiani era e in parte dove, se pure avesse saputo, il farsi conoscere le montava poco, avvisandosi che a lungo andare o per forza o per amore le converrebbe venire a dovere i piaceri di Pericon fare, con altezza d'animo seco propose di calcare la miseria della sua fortuna, e alle sue femine, che più che tre rimase non le ne erano, comandò che ad alcuna persona mai manifestassero chi fossero, salvo se in parte si trovassero dove aiuto manifesto alla lor libertà conoscessero; oltre a questo sommamente confortandole a conservare la loro castità, affermando sé aver seco proposto che mai di lei se non il suo marito goderebbe. Le sue femine di ciò la commendarono, e dissero di servare al loro potere il suo comandamento.”

Capitata in terra cristiana, capisce che la propria autorità di principessa di Babilonia non è riconosciuta ed anzi, potrebbe accendere ancora di più i desideri di Pericone che crescono ad ogni suo rifiuto, ed ammonisce le sue ancelle a non svelare la loro identità, a meno che non sia necessario per la loro salvezza. In aggiunta a ciò afferma pure di non voler far dono della propria verginità a nessuno fuorché al suo futuro e legittimo sposo.

In questa sezione di testo quindi viene fuori non tanto uno stereotipo orientale, quanto piuttosto un atteggiamento ricorrente di Pericone, e successivamente degli altri amanti cristiani che si lasciano ammaliare e sedurre dalla bellezza orientale e alternativa, ovvero il catturare Alatiel ricorrendo a stratagemmi, inganni e, persino, delitti.

Questo episodio, e gli altri analoghi che seguono, mostra la seduzione, involontaria, operata dalla femminea fattezza di un Oriente esotico e puro. Infatti Alatiel si presenta vergine nell’Occidente cristiano, nei confronti dell’europeo che si dimostra ingannatore e brutale, violento e aggressivo per conquistare ciò che vuole e che gli è negato.

Per ottenere l’amore della principessa di Babilonia infatti Pericone fa leva su uno dei divieti che l’Islam impone ad Alatiel, ovvero il consumo di alcool. Invitatala ad una festa, le fa bere, durante il banchetto, dei vini mescolati cosicché lei finisce per ubriacarsi, allentando ogni difesa:

“Ed essendosi avveduto alcuna volta che alla donna piaceva il vino, sì come a colei che usata non n'era di bere per la sua legge che il vietava, con quello, sì come con ministro di Venere, s'avvisò di poterla pigliare; e mostrando di non aver cura di ciò che ella si mostrava schifa, fece una sera, per modo di solenne festa, una bella cena, nella quale la donna venne; e in quella, essendo di molte cose la cena lieta, ordinò con colui che a lei serviva, che di vari vini mescolati le desse bere.

Il che colui ottimamente fece; ed ella, che di ciò non si guardava, dalla piacevolezza del beveraggio tirata, più ne prese che alla sua onestà non sarebbe richiesto; di che ella, ogni avversità trapassata dimenticando, divenne lieta, e veggendo alcune femine alla guisa di Maiolica ballare, essa alla maniera alessandrina ballò.”

L’episodio del vino è sicuramente studiato, l’Islam ne vieta l’utilizzo e le conseguenze del consumo su chi non ne è avvezzo sono messe in luce da Boccaccio in chiave ironica e giocosa.

Con l’inganno quindi Pericone riesce a sedurla perché lei si mostra debole ed ingenua, mentre l’europeo è astuto e conquistatore. Tale aspetto sarebbe sicuramente evidenziato da Said nella critica alla dicotomia che vede contrapposto un Occidente oppressore ed un Oriente oppresso, tuttavia tale interpretazione è molto superficiale, in quanto, poco dopo la gerarchia viene rovesciata da Boccaccio che mette comicamente in luce come, una volta

scoperte le gioie di Venere, sia la stessa Alatiel a cercarle, pentita di non aver ceduto prima ai piaceri amorosi che le aveva offerto Pericone:

“il che poi che ella ebbe sentito, non avendo mai davanti saputo con che corno gli uomini cozzano, quasi pentuta del non avere alle lusinghe di Pericone assentito, senza attendere d'essere a così dolci notti invitata, spesse volte sé stessa invitava, non colle parole, ché non si sapea fare intendere, ma co’fatti.”

Non solo con Pericone, anche la principessa di Babilonia, una volta scoperti i piaceri amorosi, è ben lieta di riceverli da ogni nuovo amante:

“La donna amaramente e della sua prima sciagura e di questa seconda si dolfe molto; ma Marato, col santo Cresci-in-man che Iddio ci diè, la cominciò per sì fatta maniera a consolare, che ella, già con lui dimesticatasi, Pericone dimenticato avea; e già le pareva star bene, quando la fortuna l'apparecchiò nuova tristizia […]”

Inoltre Alatiel non si lascia mai ammaliare del tutto dai suoi amanti e presunti salvatori, cedendo sì il proprio spazio fisico, ma mai quello intellettuale; infatti il proprio desiderio di tornare a casa è prioritario rispetto alle episodiche tappe, mai sperate come definitive.

Non solo non cede mentalmente agli uomini che la rapiscono di volta in volta, ma anzi in questi quattro anni sviluppa una furbizia ed un’astuzia che le saranno utili nel finale della novella, ribaltando il giudizio sul personaggio, da ingenuo a intelligente e resiliente, in quanto è riuscita ad adattarsi ad ogni situazione senza soccombervi.

Per arguzia e per destino, non sarebbe distante dai fatti giudicare Alatiel come una versione femminile ed orientale di Ulisse.

L’eroe omerico utilizza la propria astuzia per scampare ai pericoli che incontra, la principessa di Babilonia è altrettanto scaltra nell’utilizzare il proprio corpo per superare le peripezie. Inoltre in entrambi è fondamentale il tema del ritorno a casa già citato, del νόστος, che serve come molla e motore alla narrazione. Ulisse con le parole riesce a superare molte difficoltà e, ad esempio, nell’episodio del Ciclope, le parole sono usate con saggia comicità. Altrettanto si può dire per il discorso di Alatiel al padre, ben commentato da Boccaccio nella chiusa finale:

“Ed essa che con otto uomini forse diecemilia volte giaciuta era, allato a lui si coricò per pulcella, e fecegliele credere che così fosse; e reina con lui lietamente poi più tempo visse. E perciò si disse: - Bocca baciata non perde ventura, anzi rinnuova come fa la luna.”

Girardi torna sul tema della mercificazione del corpo di Alatiel, parlando di un erotismo seriale:

“[…] il gioco spregiudicato di Boccaccio sull’erotismo seriale di Alatiel (una serialità bloccata, una vicissitudine che fa affogare nel suo andamento ripetitivo ogni possibilità dell’eroina di incidere sulla realtà) è tutto concentrato, io credo, nel tratteggiare per paradosso, su una filigrana densissima di possibili rimandi alle reali rotte dell’avventura mercantesca, una creatura-simbolo del grande agone mediterraneo” .59

Alatiel non è solo una donna-merce, è proprio l’incarnazione stessa del denaro e come tale può essere “ripulita” ad ogni “transazione” sessuale e tornare nuovamente “spendibile” e appetibile nel mercato del Mediterraneo, secondo un meccanismo seriale, appunto. Così come ripulita e rigenerata è la propria illibatezza e apparente ingenuità che, sempre secondo Girardi, avvicina la figura di Alatiel a quella dell’Angelica di Ariosto, entrambe simbolo della fascinazione e inafferrabilità dell’Oriente.

In conclusione possiamo citare anche l’interpretazione di Bruno Porcelli che in

Studi sul Boccaccio - Alatiel e i dieci padroni definisce la principessa di 60 Babilonia un antimodello, un personaggio che “nasce come rovesciamento parodico dell’eroina del romanzo greco” . 61

Un personaggio che è sì dominato dal Fato, che governa gli eroi e le eroine greche, ma diversamente da loro Alatiel non resiste stoicamente alle disgrazie, elevandosi moralmente su di un piano superiore, bensì si abbassa e prova a trarne vantaggio.

R. Girardi, Raccontare l’Altro - L’Oriente islamico nella novella italiana da Boccaccio 59

a Bandello; pag. 32.

B. Porcelli, Alatiel e i dieci padroni, in Studi sul Boccaccio, cap. XXVI, 1998, pp. 60

179-186. Ibidem 61