5. L’ORIENTALISMO NEL XX SECOLO SALMAN RUSHDIE, FRA VITA E OPERE
5.5 THE MOOR’S LAST SIGH
Pubblicato nel 1995, L’ultimo sospiro del Moro è il quinto romanzo di Salman 119 Rushdie, il primo dopo l’uscita de I Versi Satanici. È un’opera molto significativa per lo stesso autore in quanto è stata scritta durante il suo esilio politico dall’India.
In un’intervista del gennaio 1996 Rushdie presenta in questo modo il proprio 120
lavoro, nato nell’angosciosa vita di fuggitivo, con il peso del clamore scaturito dalle proprie parole:
“Per quasi tre anni, sono stato incapace di creare alcuna narrazione ulteriore. Ho scritto frasi, paragrafi, brevi scene su fogli di carta sparsi. In seguito, per circa un anno e mezzo, c’è stata un’intensa esplosione creativa di scrittura, durante la quale sono stato in grado di completare il romanzo.
Ovviamente, tutto il clamore (precedente) ha reso il processo più difficoltoso. Ma le cose non sono mai così pessime come le persone immaginano. Per molte ragioni, le persone pensano che sia necessario che io cambia la mia residenza ogni due giorni. In effetti devo spostarmi spesso, ma non così spesso. […] E io ho deciso che non mi importava di essere né un romanziere, cosa che ho sempre creduto di me stesso, né tantomeno una figura politica.
Ci sono così tante trappole da elefante preparate per me durante la stesura di questo libro che l’unico modo per passare attraverso la giungla è credere che non vi siano solamente trappole”. 121
Minoli Salgado afferma che il romanzo è specchio di un periodo cupo di 122
Rushdie, in cui pesano su di lui l’esilio e la condanna a morte tramite la fatwa, aprendo e chiudendo la stessa narrazione dell’eponimo Moro con la sua prematura morte in esilio.
Salman Rushdie, L'ultimo sospiro del Moro, Milano, Mondadori, 1995 119
Intervista riportata in Salman Rushdie Interviews - A Sourcebook of His Ideas, a 120
cura di P. S. Chauhan, Londra, Greenwood Press, 2001; pp. 187-188.
L’intervista originale è in lingua inglese. Si è qui proposta una traduzione in italiano 121
per una maggiore e immediata comprensione.
A. Gurnah, The Cambridge Companion to Salman Rushdie; cap. 11, The politics of 122
D’altro canto questo è tra i romanzi di Rushdie uno dei più fruibili e scorrevoli da leggere, tanto che il giornalista Stephen Baker lo ha definito: “the rediscovery of a creative, historical dimension in the reading process itself.” 123
Sempre secondo Salgado, l’intero romanzo è anche una metafora della realtà storica stratificata e multiculturale indiana, presentata come ideale e auspicabile, di contro al presente politico su cui è fatta satira; senza dimenticarci che sullo sfondo rimane la lugubre ombra dell’esilio, visto come condanna.
Lontano dall'elegante simmetria de I Versi Satanici, la struttura de L'ultimo sospiro del Moro rispecchia il pandemonio di Bombay, una città divisa tra eccesso mondano e austero fanatismo religioso, dove le accese luci dei riflettori del cinema popolare indiano si mescolano tranquillamente con il sangue versato per strada.
A dominare il romanzo c'è il formidabile personaggio della pittrice Aurora da Gama. Già il nome è indice di multiculturalismo, in quanto ci viene detto che un ramo della sua famiglia proviene dall’esploratore portoghese Vasco da Gama, mentre un altro da sefarditi stabilitisi in India.
incontriamo Aurora per la prima volta, quando, a tredici anni, apre la finestra della casa di Cochin e butta nella laguna dei soprammobili preziosi:
"le figurine di legno scolpite col naso a proboscide si allontanavano ballonzolando sulle
acque della laguna che lambivano le mura del palazzo costruito sull'isola; mentre le zanne d'avorio finemente lavorate naturalmente affondavano senza lasciare traccia" . 124
Osservando gli elefanti fluttuare, Aurora architetta l'omicidio dell'odiata nonna Epifania che è l’ennesimo dei tanti episodi di violenza che caratterizzano la storia di una casa abitata da fazioni in perenne guerra fra loro; suddivisa fin dall'inizio in territori nemici delimitati da segni fatti col gesso e barricate di spezie.
Il racconto procede con la storia di una famiglia lacerata dall'avidità e dal tradimento: per loro la tragedia fa semplicemente parte della vita quotidiana. È Letteralmente: “la riscoperta di una dimensione creativa e storica nel processo di 123
lettura stesso”. S. Baker, You Must Remember This: Salman Rushdie’s The Moor’s
Last Sigh, Journal of Commonwealth Literature 35.1, 2000; p. 46
S. Rushdie, L’ultimo sospiro del Moro 124
lasciato ad Aurora, che diventerà sia la madre di Moraes sia una delle più importanti pittrici dell'India, il compito di guarire, attraverso la sua arte visionaria, le profonde ferite provocate da questi indelebili conflitti.
Insomma, il racconto è sicuramente più incentrato sulla sua terra natia indiana, perduta a causa dell’esilio. L’Oriente è un oriente indiano, colorato, chiassoso, ma anche violento e contraddittorio, in cui gli stereotipi sono presentati come tratti caratterizzanti di una società vasta e stratificata, che pertanto non può essere sicuramente omogenea.
Vi sono poi diversi riferimenti intertestuali tra cui Othello, Il mercante di Venezia,
La Tempesta, Don Chisciotte che rendono l’opera più affine alle abitudini 125
letterarie di un lettore occidentale, diversamente da quanto abbiamo invece notato per I Versi Satanici, che pullula altresì di parole orientali e strutture narrative ispirate alla tradizione letteraria indiana.
Questa scelta stilistica si può giustificare, tra le altre cose, anche come esito dell’esilio di Rushdie dal mondo musulmano e la conseguente apertura definitiva verso il pubblico non più solo anglosassone, ma ormai ampiamente occidentale.
Bisogna anche infine considerare che questo romanzo è inevitabilmente connesso per diverse ragioni ad un’altra opera di Rushdie: I figli della
Mezzanotte, prima di tutto perché entrambi sono definiti da Salgado come
“historical novel” e in seconda istanza perché si svolgono nel medesimo 126
luogo, ovvero quell’India meravigliosa e terribile, madre e assassina, tanto cara allo scrittore.
In definitiva, con L’ultimo sospiro del Moro Rushdie prova a discostarsi dal clamore sorto dopo I Versi Satanici e torna a parlare della propria terra in un romanzo tuttavia nient’affatto pacifico, ma che evidenzia le contraddizioni e le controversie dello sterminato subcontinente indiano.
A. Gurnah, The Cambridge Companion to Salman Rushdie; cap. 11, The politics of 125
the palimpsest in The Moor’s Last Sigh, p. 156, a cura di M. Salgado.
A. Gurnah, The Cambridge Companion to Salman Rushdie; cap. 11, The politics of 126