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Gli albori del giornalismo videoludico in Italia

CAPITOLO 2: LE RECENSIONI DEI VIDEOGIOCHI E L’INDICE METACRITIC

2.1 Storia del giornalismo videoludico italiano

2.1.1 Gli albori del giornalismo videoludico in Italia

Il giornalismo videoludico è quella branca del giornalismo che riguarda la discussione dei videogiochi.

La prima rivista interamente dedicata all’industria dei videogiochi fu il periodico mensile Play Meter, il quale inizia la pubblicazione nel 1974 e copre il settore dell’intrattenimento a moneta (le cosiddette coin-op), quali il jukebox, i flipper e anche i videogiochi, i cabinati7677, presente sul territorio americano. Alla rivista

Play Meter seguirà l’arrivo di RePlay Magazine l’anno successivo.

Nel 1977 Atari, al tempo pressoché monopolista del neonato mercato dei videogiochi casalinghi, con la sua console VCS 2000, dà inizio alla diffusione dei propri cataloghi, i quali costituirono per i primi anni Ottanta il principale veicolo di informazione dei videogiochi. Per quanto riguarda le riviste indipendenti, ossia quelle slegate dai produttori di hardware e software, la prima risale al 1982: Electronics Games si rivela in poco tempo un insperato quanto sorprendente successo editoriale. Questo fa sì che nel corso degli anni ci sia un incremento molto significativo delle riviste che trattano di videogiochi: nascono in questi anni

75 Per la parte relativa al giornalismo videoludico in Italia, per approfondimenti, consultare: Emiliano Dario Esposito, “Storia del giornalismo italiano sul tema videogiochi: dagli albori fino al 2007”, Università degli Studi di Salerno.

76 Alcuni esempi sono rappresentati da Donkey Kong, Puzzle Bobble e Metal Slug. Questo particolare mercato è ancora molto vivo in Giappone, con le principali case produttrici di videogiochi che realizzano conversioni di giochi destinati alle console, come la versione arcade di Mario & Sonic ai Giochi Olimpici di Rio 2016 (uscito nel 2016), oppure vengono sviluppati titoli come Tekken e Pokkén Tournament, i quali sono presenti sul mercato prima in formato arcade e successivamente vengono convertiti ed ottimizzati su console. Questo modello riprende quello utilizzato negli anni Settanta e per buona parte degli anni Ottanta, dove il gioco da sala diventava sempre più l’anticipazione della propria conversione per console o home computer, che sarebbe seguita da lì a uno o due anni. Nello specifico in questi anni, sempre meno la sala giochi avrebbe mantenuto la sua autonomia, e sempre più avrebbe vissuto in funzione del mercato casalingo – anche se, a uno sguardo distratto, sarebbe potuto sembrare il contrario.

77 La rivista Play Meter è tuttora in continua pubblicazione. Fonte: http://www.playmeter.com/. Ultima consultazione: 30/11/17.

magazines importanti come la giapponese Famitsu78 e la britannica Edge,

rispettivamente nel 1986 e nel 1993.

Il giornalismo videoludico approda in Italia tramite la figura di Riccardo Albini, il quale scoprì i videogiochi negli Stati Uniti intorno al 1979, dove egli rimase stupito dalla mole di sale giochi presenti a San Francisco; dal punto di vista mediatico, i giornali ne parlavano quotidianamente, anche e soprattutto il Wall Street Journal. Albini comprese che questo fermento videoludico percepito in America sarebbe arrivato prima o poi anche in Italia.

Al suo rientro nel 1982, dopo aver verificato che al tempo non c’era neanche una rivista esclusivamente dedicata ai videogiochi, insieme a Benedetta Torrani e Stefano Guadagni fondò lo Studio Vit e propose l’idea alla più importante casa editrice di riviste informatiche, la Jackson. La risposta, arrivata nei primi di novembre, fu dirompente: essa accolse con grande entusiasmo il progetto, al punto da esigere un numero pronto per uscire in edicola prima di Natale. Lo studio prese ispirazione dalle riviste americane come Electronics Games per il primo numero, seguendo la struttura news-preview-review, e ottenne alcune immagini promozionali di Tron da parte di Disney e altro materiale dai distributori di informatica e di tecnologia. Il primo numero della rivista “Video Giochi” uscì nel dicembre 1982, sebbene venne datato gennaio 198379.

Video Giochi era una rivista che non trattava una macchina da gioco specifica, ma tutti i sistemi che erano in commercio – non era, in questo senso, monotematica o, come diremmo ai giorni nostri, monopiattaforma –, all’interno della quale erano presenti le principali tipologie di rubriche quali gli articoli, gli speciali e le recensioni dei giochi. Focalizzando l’attenzione su questo aspetto, una delle caratteristiche che hanno sempre contraddistinto la qualità di una testata editoriale è stata l’analisi e il giudizio di un esperto nei confronti di un videogioco, analisi utile per indirizzare il lettore verso i prodotti più meritevoli.

78 Famitsu è una rivista giapponese che tratta di videogiochi, pubblicata da Enterbrain Inc. e Tokuma. 79 Fonte: http://www.prismomag.com/riviste-di-videogiochi-in-italia/. Ultima consultazione: 30/11/17.

Sotto l’aspetto delle recensioni, la rivista Video Giochi si rileva particolarmente innovativa per il tempo, in quanto i giochi venivano descritti, piuttosto che giudicati: il giornalista espone una valutazione, ma non è mai sbilanciata e soprattutto non sfocia ancora in un unico voto numerico. In questo senso, si tratta di recensioni qualitative, e non quantitative. Nell’anno successivo, le recensioni vengono suddivise in paragrafi, ciascuno dei quali analizza un particolare aspetto del gioco, ed è presente una sintesi finale, sebbene manchi ancora il voto complessivo.

La crisi del mercato dei calcolatori e dei relativi software non aiuta le vendite della rivista, la quale subisce un cospicuo ridimensionamento degli investimenti da parte della casa editrice, fino alla chiusura della rivista stessa nell’aprile 1986.

Nel maggio 1986 lo Studio Vit si prepara, questa volta insieme all’editore Edizioni Hobby, a far uscire nelle edicole il primo numero di un nuovo giornale videoludico: Zzap!, magazine che si presenta come la “edizione italiana della rivista inglese più venduta”, ossia Zzap!6480.

Rispetto alla rivista Video Giochi, Zzap! si distingue per il diverso approccio che ha verso il lettore: mentre Video Giochi si poneva verso il proprio lettore come una seria ed autorevole guida all’interno dell’intrattenimento videoludico, Zzap! era alla ricerca di un pubblico nuovo e più giovane, utilizzando un tono meno autorevole, ma più fresco e divertente.

Le recensioni dei videogiochi erano molto più numerose e avevano dei veri e propri giudizi finali, con altrettanti e molteplici parametri di valutazione. Entrano in campo alcuni termini di valutazione quali “Presentazione”, “Grafica”, “Sonoro”, “Appetibilità”, “Longevità” e “Rapporto qualità/prezzo”, il quale verrà presto modificato in “Valore”. Ai giochi migliori, inoltre, veniva assegnata una medaglia d’oro oppure il titolo di “gioco caldo” per distinguerli dagli altri.

80 Zzap!64 è stata una rivista che trattava inizialmente i videogiochi pubblicati unicamente sul Commodore 64, dopodiché espanse la sua analisi anche sui giochi che giravano sull’Amiga. L’edizione italiana, su autorizzazione del publisher originale, non si limitava solo al C64, ma prendeva in considerazione anche altre macchine a 8bit come lo ZX Spectrum e le console Atari 8-bit. Fonte: http://www.zzap64.co.uk/. Ultima consultazione: 30/11/17.

Si apre dunque la strada verso una recensione quantitativa di un videogioco, rispetto alla valutazione qualitativa sulla quale Video Giochi aveva puntato, riferendosi ad un pubblico più adulto.

Per avere una relazione sempre più diretta con i lettori, Zzap! crea una vera e propria comunità attorno a sé, attraverso il tono umoristico delle recensioni e l’angolo dedicato alla posta che da un lato consente una maggiore interazione con il pubblico, ma che con il tempo si distingue sempre più per le accese critiche da parte sia tra i redattori e i lettori, sia fra i lettori stessi.

Lo Studio Vit curò Zzap! dal maggio 1986 all’aprile 1988, quando l’editore Edizioni Hobby decise di occuparsi della rivista con il supporto della sola redazione esterna. Lo studio decise allora di far uscire nelle edicole italiane una rivista concorrente, chiamata K, dedicata sia ai computer a 8bit che a 16bit e edita da Glenat, la quale uscì nel dicembre 1988.

Dal punto di vista dei contenuti, K non si distingue da quanto visto precedentemente dallo Studio Vit. Ciò che caratterizza principalmente la nuova rivista è il nuovo metodo di valutazione dei videogiochi: l’approccio alle recensioni è quello sicuro ed autorevole, come se volesse essere una sorta di “guida definitiva ai giochi”, come descritto nella copertina della rivista stessa. Il testo delle analisi dei videogiochi era dai toni seriosi, era snello, conciso e rientrava in una sola pagina.

I punteggi globali vengono espressi addirittura in millesimi, cosa che spaesò una parte del pubblico, mentre altri ritenevano questa scelta uno strumento per giungere ad un verdetto ancora più “chirurgico”. In un’intervista a Gamesvillage.it, l’ex direttore di K diceva che questo metodo era sembrato alla redazione un modo di essere ancora più accurati e precisi nella valutazione81. Altri elementi di

valutazione erano il grafico del rapporto qualità/prezzo, il “K Voto” suddiviso nelle varie voci “Grafica”, “Audio”, “Fattore QI” e “Fattore K”, questi ultimi inversamente proporzionali e spiegavano in pratica se all’interno del gioco c’era

81 Fonte: http://www.gamesvillage.it/retro/news/112973/k-lex-caporedattore-luca-monticelli-racconta- una-rivista-leggendaria/. Ultima consultazione: 30/11/17.

più riflessione oppure più azione. Inoltre, era presente anche la cosiddetta “CIP”, la Curva di Interesse Previsto, un grafico che doveva prevedere l’interesse verso il gioco in termini di vendite e di approvazione da parte del pubblico.

Nel 1989, la rivista lancia un sondaggio come mezzo di rinnovarsi ed andare incontro ai gusti dei propri lettori, e nei numeri successivi aumenta lo spazio dedicato ai trucchi e alle soluzioni.

Nel settembre 1988, inoltre, comincia la pubblicazione di una delle più longeve riviste videoludiche del panorama italiano: The Games Machine. Edita da Edizioni Hobby, inizialmente era quasi totalmente tradotta dalla versione inglese della rivista, della quale l’editore deteneva i diritti.

Nei primi tempi, la rivista trattava unicamente i nuovi computer a 16bit, quindi principalmente Amiga e Atari ST – i PC avrebbero avuto un certo peso solo dalla fine del 1989 –, i quali non riuscirono ad entrare in maniera capillare nelle case degli italiani; ciononostante, l’interesse verso questa nuova tecnologia era talmente elevato da decretare d’altro canto il successo della rivista.

The Games Machine merita una menzione molto importante, in quanto nel novembre del 1990 la versione britannica chiude per motivi economici, mentre la rivista italiana non si è persa d’animo ed è stata capace di rinnovarsi negli anni, investendo molto nell’ampliamento della redazione, nel cambio della Direzione e nei metodi di valutazione di un videogioco.

Inizialmente, i criteri di valutazione erano tre, “Tecnica”, “Giocabilità” ed “Innovazione”, per passare successivamente al modello che comprendeva la “Presentazione”, la “Grafica”, il “Sonoro”, la “Giocabilità” ed infine la “Longevità”.

Il 1995 è l’anno di una grande rivoluzione multimediale, operata dallo sviluppo su larga scala del supporto ottico, ossia il CD-ROM. The Games Machine si fa pioniera di una nuova proposta commerciale, ossia la pubblicazione della rivista in due versioni, la versione stand-alone oppure con il CD, il quale contiene programmi per il computer, demo, patch correttive e livelli aggiuntivi. Questa

operazione si rileva vincente, soprattutto in quanto dava la possibilità ai lettori di provare i giochi che venivano recensiti nella rivista.