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Commissione africana sui Diritti Umani e dei Popoli

Capitolo 1: Ingresso, soggiorno e condizione giuridica dello straniero

II. Categorie e status dei migranti

7. Gli apolidi

Le persone prive di una cittadinanza riconosciuta internazionalmente dagli Stati sono conosciute come “apolidi”. L’ACNUR stima l’esistenza di circa dodici milioni di apolidi, nonostante la difficoltà di fornire una valutazione accurata.273 Non tutti gli apolidi sono migranti, tuttavia gli apolidi migranti affrontano difficoltà particolari per accedere ai propri diritti (vedi il quarto capitolo in relazione alla detenzione). La Convenzione relativa allo status degli apolidi del 1954 (Convenzione apolidi) definisce con il termine apolide “una persona che nessuno Stato considera come suo cittadino in applicazione della sua legislazione”.274 Questa definizione ha proba-bilmente acquisito lo status di diritto internazionale consuetudinario.275 Le persone che rientrano in questa definizione sono comunemente denominati apolidi de jure. La definizione di apolidi include le persone che si trovano sia all’esterno sia all’in-terno del loro Paese di origine o di residenza abituale,276 così come i rifugiati che sono stati privati della cittadinanza nel loro Paese di origine, e ai quali si applica la Convenzione di Ginevra sui rifugiati.277 Sebbene la definizione sembri richiedere la verifica che un individuo non abbia la nazionalità di uno Stato, in realtà è solamente necessario che siano stati eseguiti gli opportuni controlli negli Stati in cui l’individuo gode di un collegamento rilevante (con riguardo alla nascita sul territorio, la discen-denza, il matrimonio o l’abituale residenza).278 A seguito di tali verifiche, la persona interessata dovrebbe essere riconosciuta apolide.

La Convenzione apolidi obbliga gli Stati Parti a garantire all’apolide alcuni speci-fici diritti, che sono prevalentemente identici a quelli previsti dalla Convenzione

271. Vedi, Conclusione n. 97 (LIV) Garanzie di protezione nelle misure di intercettazione, CE-ACNUR, 54a Sessione, 2003, par. (a)(iv).

272. Conclusione n. 23, ACNUR, op. cit., nota n. 270, par. (3) (traduzione ufficiosa).

273. Vedi la pagina web dell’ACNUR: http://www.ACNUR.org/pages/49c3646c15e.html (visitata l’11 Ottobre 2010).

274. Art. 1.1, Convenzione relativa allo status degli apolidi, adottata il 28 Settembre 1954 (Convenzione sull’apolidia) (traduzione ufficiosa).

275. The Concept of Stateless Persons under International Law, Conclusioni generali della riunione di esperti organizzata dall’Ufficio ACNUR a Prato, Italia, 27-28 maggio 2010, par. 2. Rapporto della Commissione di Diritto Internazionale, Testo del progetto di articoli sulla protezione diplomatica adottati dalla Commissione in prima lettura: commentario all’art. 8, Assemblea Generale, 59a sessione, Supplemento n. 10 (A/59/10), 2004, pag. 46.

276. Ibid., par. 4. 277. Ibid., par. 5. 278. Ibid., parr. 14 e 22.

di Ginevra sui rifugiati. La maggior parte dei diritti stabilisce una parità di tratta-mento con altri stranieri, come il diritto di proprietà (art. 13), il diritto d’associazione (art. 15), il diritto a svolgere attività lucrativa (art. 17), il diritto a esercitare un’at-tività indipendente (art. 18), il diritto a esercitare la libera professione (art. 19), il diritto all’alloggio (art. 21), il diritto a ricevere un’educazione differente dalla scuola primaria (art. 22.2), il diritto alla libera circolazione (art. 26).

Per altri diritti, il godimento da parte degli apolidi è equiparato a quello dei citta-dini: la libertà di praticare la religione (art. 4), il diritto alla proprietà intellettuale e industriale (art. 14), il diritto di adire i tribunali (art. 16), il diritto a un trattamento paritario con i cittadini nazionali nel sistema di razionamento (art. 20), il diritto alla pubblica istruzione elementare (art. 22.1), il diritto all’assistenza pubblica (art. 23), il diritto ad un ambiente di lavoro salutare, il diritto a condizioni lavorative eque e il diritto alla sicurezza sociale (art. 24), il diritto alla pari imposizione fiscale coi cittadini (art. 29).

Infine, la Convenzione apolidi garantisce agli apolidi alcuni specifici diritti: un parti-colare diritto di non discriminazione con riguardo alla razza, la religione o al Paese d’origine (art. 3), il diritto a uno status personale (art. 12), il diritto al documento di identità e di viaggio (art. 27 e 28), e specifici diritti e tutele riguardanti le proce-dure di espulsione (art. 31). Da notare che la Convenzione apolidi è stata ratificata solamente da sessantacinque Stati, limitando così gli effetti universali delle sue disposizioni.

Come è stato spiegato sopra, la definizione di apolide ha acquisito lo status di diritto internazionale consuetudinario, vincolando così tutti gli Stati, indipendentemente dal fatto che siano Parte della Convenzione apolidi. Tuttavia lo stesso non è stabi-lito con riguardo agli obblighi in materia di trattamento degli apolidi derivanti dalla stessa Convenzione. In ogni modo, essi sono titolari della vasta gamma di diritti sanciti dal diritto internazionale dei diritti umani che derivano dalla presenza nella giurisdizione dello Stato, senza discriminazioni basate sulla condizione giuridica piuttosto che sulla nazionalità.

All’epoca della costituzione delle norme di tutela dei rifugiati e degli apolidi, le persone che non beneficiavano di una protezione (consolare o diplomatica) al di fuori del proprio Paese di cittadinanza venivano considerati apolidi de facto. Posteriormente, il concetto è stato applicato in maniera più ampia. Come illustrato nelle conclusioni di una riunione di esperti in materia, nonostante vi sia un certo disaccordo sulla questione, la nozione di apolidia de facto si riferisce alle persone che non possiedono l’effettiva nazionalità di uno Stato e non possono o, per una valida ragione, non vogliono avvalersi della protezione di uno Stato.

Le persone che sono apolidi de facto ma non de jure non rientrano nella defini-zione di apolidia prevista dalla Convendefini-zione apolidi. Tuttavia, l’Atto conclusivo della Convenzione sulla riduzione dell’apolidia del 1961 consiglia che “le persone che sono apolidi de facto siano, per quanto possibile, trattati come apolidi de jure per

consentire loro di acquisire una cittadinanza effettiva.”279 Il problema consiste nel fatto che non esiste alcun obbligo giuridico internazionale vincolante in tal senso, e che una definizione univoca dei casi di apolidia non è stata ancora prevista nell’am-bito del diritto internazionale.280 È importante per l’operatore del diritto ricordare che tale classificazione non è ancora approvata a livello internazionale e che potrebbe essere contestata a livello nazionale. Nel caso in cui un ordinamento giuridico nazio-nale riconosce la protezione alle persone apolidi, sarà comunque efficace tentare di utilizzare questi principi. Si deve inoltre ricordare che i diritti della persona apolide de facto, sebbene non siano oggetto di alcuna specifica normativa di diritto inter-nazionale, sono richiamati dal diritto internazionale dei diritti umani. Rilevanti sono gli obblighi che vietano la discriminazione e il principio che i diritti devono essere garantiti in modi che siano pratici ed efficaci.281

La riunione di esperti ACNUR ha riconosciuto che “i migranti irregolari senza docu-menti identificativi possono o meno essere in una situazione in cui non possono o non vogliono avvalersi della protezione del loro Paese di cittadinanza.”282 In linea di principio, il migrante richiedente protezione avrebbe dovuto presentare una domanda che non veniva accolta da parte dello Stato di cittadinanza, prima della dichiarazione di apolidia de facto. Comunque, una prolungata mancata cooperazione del Paese di cittadinanza nella procedura di identificazione o in altri procedimenti possono essere considerati un rifiuto di protezione, rendendo i migranti apolidi de facto.283 Allo stesso modo, questa condizione può essere soddisfatta anche in una situazione in cui un Paese non sia in grado di esercitare la protezione diplomatica o consolare.

279. Art. I, Atto finale della Convenzione sulla riduzione dell’apolidia, adottato il 30 agosto 1961.

280. La definizione più autorevole, a presente, è quella fornita dalla Riunione d’Esperti ACNUR che ha definito gli apolidi de facto come “persone fuori dal loro Paese di cittadinanza che sono incapaci o, per ragioni valide, non vogliono avvalersi della protezione di quel Paese. La Protezione in questo senso si riferisce al diritto alla protezione diplomatica esercitata dallo Stato di cittadinanza per rimediare ad un atto contrario il diritto internazionale contro uno dei suoi cittadini, così come alla protezione ed all’assistenza diplomatica e consolare in generale, e compreso in relazione al ritorno allo Stato di cittadinanza.” The Concept of Stateless Persons under International Law, op. cit., nota n. 275, par. II(2). D’altra parte, questa definizione è controversa perché restringe la definizione dell’apolidia di fatto a coloro che si trovino fuori dal loro Paese di cittadinanza: Equal Rights Trust, Unravelling Anomaly: Detention, Discrimination and the Protection Needs of Stateless Persons, Londra, luglio 2010, pagg. 63-64. Vedi anche, Raccomandazione Rec(2009)13 sulla nazionalità dei bambini, CMCE, Doc. CM/Rec(2009)13, parr. 7-8; e, Memorandum esplicativo della Raccomandazione sulla nazionalità dei bambini, CMCE, principio 7, par. 21. La Corte Inter-Americana ha adottato un approccio centrato sulla “cittadinanza effettiva” nel caso Le Ragazze Yean e Bosico c. la Repubblica Dominicana, C.IADU, Serie C n. 130, Sentenza del 8 settembre 2005 (Caso Yean e Bosico), par. 142.

281. Vedi, per esempio, CDU, Commentario Generale n. 31, op. cit., nota n. 46, par. 10; e l’art. 2.3 PIDESC, che proibisce almeno agli Stati sviluppati di discriminare tra cittadini e stranieri.

282. The Concept of Stateless Persons under International Law, op. cit., nota n. 275, par. II(10) (traduzione ufficiosa).

283. Vedi anche, un’analisi sull’apolidia come risultato di una mancanza di cittadinanza effettiva in: Equal Rights Trust, Unravelling Anomaly, op. cit., nota n. 280; e Hugh Massey, “ACNUR and de facto statelessness”, in UNHCR Legal and Protection Policy Research Series, Department of International Protection, ACNUR, UN Doc. LPPR/2010/01, aprile 2010.

Numerosi trattati impongono agli Stati di emanare dei provvedimenti volti a ridurre l’apolidia, richiamando il diritto a una cittadinanza sancito dall’art. 15 della Dichiarazione universale dei diritti umani.284 Tra questi ricordiamo: la Convenzione sulla riduzione dell’apolidia del 1961, la Convenzione europea sulla nazionalità, e la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione della condizione di apolide in relazione alla successione dello Stato del 2006.285 Un’importante tutela per i bambini è prevista dall’art. 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo secondo cui il bambino “deve essere registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e ad essere allevato da essi […] in particolare nei casi in cui il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.”286 Rilevante per la situazione dei migranti è l’art. 7 della Convenzione sulla riduzione dell’apolidia del 1961 che si occupa degli obblighi per evitare l’apolidia in caso di perdita, modifica o privazione della cittadi-nanza, prevedendo che “il cittadino di uno Stato Parte non può essere privato della cittadinanza, diventando apolide, a causa di una partenza, di residenza all’estero, mancata registrazione o altri simili motivi”.287

Infine, è importante notare che sia la Convenzione di Ginevra sui rifugiati sia la Convenzione apolidi prevedono che gli Stati “devono facilitare, quanto più possibile, l’assimilazione e la naturalizzazione dei rifugiati [e degli apolidi]. Devono in modo particolare prodigarsi per accelerare la procedura necessaria per la naturalizzazione e di ridurre il più possibile le tasse e le spese richieste per questa procedura.”288

284. Vedi anche, art. 7 CDF and Art. 24.3 PIDCP.

285. La Convenzione sulla riduzione dell’apolidia, 1961, prevede obbligazioni specifiche per gli Stati volte a prevenire casi di apolidia risultanti dalle circostanze in cui una persona è nata (artt. 1-4); da casi di matrimonio, divorzio, legittimazione o adozione (artt. 5-6); o a causa della perdita o rinuncia della cittadinanza, o di procedure di naturalizzazione, partenza, residenza all’estero, non registrazione o altri simili motivi (art. 7) o in caso di trasferimento del territorio di uno Stato ad un altro Stato (art. 10). Prevede che nessuna persona o gruppo possa essere privato della propria cittadinanza per motivi razziali, etnici, religiosi o politici (art. 9).

286. Art. 7 CDF. L’obbligazione è contenuta anche nell’art. 6 CADBB; art. 20 CADU, art. XIX DADDU, art. 2, Convenzione sulla riduzione dell’apolidia, 1961.

287. Art. 7.3, Convenzione sulla riduzione dell’apolidia, 1961 (traduzione ufficiosa). Si applicano eccezioni a questo principio a sensi dell’art. 7.4 a persone naturalizzate “in base alla residenza all’estero per un periodo di non meno di sette anni consecutivi, specificati dalla legge dello Stato Contraente interessato, se la persona non dichiara alle autorità competenti la sua intenzione di mantenere la propria cittadinanza”. 288. Art. 35, Convenzione di Ginevra sui rifugiati (traduzione ufficiosa); e art. 31, Convenzione sull’apolidia.

Capitolo 2: L’espulsione e il rispetto dei diritti umani