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La natura multiforme dell’esperienza migratoria

Commissione africana sui Diritti Umani e dei Popoli

III. La natura multiforme dell’esperienza migratoria

La quota di migranti internazionali in riferimento alla popolazione mondiale è rimasta stabile negli ultimi cinquant’anni, attestata a un tasso del tre per cento della popolazione mondiale. Pertanto, anche se i movimenti particolari della popolazione possono essere occasionali o ciclici, il fenomeno migratorio è costante.6 Nel 2009, la popolazione totale di migranti nel mondo è stata stimata in circa 214 milioni di persone.7 Il quarantotto per cento della migrazione internazionale totale è composto da donne, molte delle quali ora emigrano per conto proprio anziché come fami-liari di altri migranti.8 L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) ha stabilito che il novanta per cento della migrazione internazionale è composto da migranti in età lavorativa e dai loro familiari. Solamente il sette o otto per cento dei migranti sono rifugiati o richiedenti asilo.9 Nel 2009 è stato stimato che cinquanta milioni di persone vivessero e lavorassero in un Paese straniero senza regolare permesso.10

Una difficoltà per qualsiasi pubblicazione che si proponga di affrontare i problemi della migrazione – da un punto di vista legale o pratico – riguarda la complessità e la diversità dell’esperienza migratoria. Le ragioni per cui le persone emigrano sono

6. Vedi, UNDP, Rapporto sullo sviluppo umano 2009 – Sorpassare le barriere: mobilità umana e sviluppo, 2009, pag. 2.

7. Vedi, ibid., pag. 21. Si veda anche, Migrazioni in un mondo interconnesso: Nuove direzioni per l’azione, Rapporto della Commissione Globale sulla Migrazione Internazionale, ottobre 2005, par. 2; Migrazioni internazionali per lavoro, Un approccio basato sui diritti, Ginevra, Ufficio Internazionale del Lavoro, 2010, pag. 1.

8. Vedi, Ibid., pag. 25. Si veda anche, Migrazioni internazionali per lavoro, Un approccio basato sui diritti, op. cit. nota n. 7, pagg. 1, 3; Raccomandazione Generale n. 26 sulle donne migranti lavoratrici, CEDCD, UN Doc. CEDCD/C/2009/WPAG.1/R, 5 dicembre 2008, par. 8. Si veda anche, Comm.IADU, Secondo rapporto del Relatore Speciale sui lavoratori migranti ed i loro familiari nell’emisfero, op. cit. nota n. 2, par. 43. 9. Vedi, Migrazioni internazionali per lavoro, Un approccio basato sui diritti, op. cit., nota n. 7, pag. 2. 10. Vedi, UNDP, Rapporto sullo sviluppo umano 2009, op. cit., nota n. 6, pag. 2.

molteplici, complesse e soggette a cambiamento; inoltre, le persone che emigrano non sono facilmente classificabili, perché provengono da esperienze personali e ambienti sociali differenti.11

In linea di massima, i migranti sono persone che si spostano dal loro Paese di resi-denza o di cittadinanza verso un altro territorio. Un migrante può muoversi per ragioni economiche o culturali, o per sfuggire alle persecuzioni, a violazioni dei diritti umani, da minacce alla vita o all’integrità fisica, da guerre e disordini civili. La distinzione tra le cause migratorie non è semplice ed i limiti tracciati dal diritto inter-nazionale non sempre rispecchiano la realtà della vita dei migranti. Per esempio, un migrante può lasciare il proprio Paese a causa di persecuzioni basate sulla razza oppure perché viveva in condizioni di estrema povertà: nel primo caso avrà diritto di rivendicare lo status di rifugiato; nel secondo caso sarà considerato un caso di migrazione “economica” che non giustifica una particolare protezione internazio-nale, anche se la minaccia alla vita individuale può essere altrettanto significativa. Quest’ultima situazione riguarda anche le persone che lasciano il loro Paese a causa di catastrofi naturali causate dai cambiamenti climatici, anche se la discussione sull’esistenza di “profughi del cambiamento climatico” è appena iniziata a livello politico.12

Con riferimento all’ingresso, o al tentativo d’ingresso, di un migrante in un Paese straniero possono essere identificati un certo numero di gruppi di migranti, che spesso si sovrappongono:

ƒ Migranti regolari: migranti che entrano nel territorio dello Stato dopo aver ottenuto un visto d’ingresso dallo Stato di destinazione per un soggiorno temporaneo o permanente;

ƒ Migranti privi di documentazione: migranti che entrano nel territorio dello Stato in modo irregolare, senza possedere una documentazione adeguata, o migranti che sono entrati in modo regolare ma la cui autorizzazione sia scaduta e, nonostante ciò, si sono trattenuti sul territorio nazionale. Questa guida utilizza la terminologia raccomandata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite,13 evitando il termine “migrante illegale” e utilizzando “migrante privo di documenti o irregolare” come sinonimi. È opportuno evidenziare che il termine migrante “irregolare” non esprime una qualità della persona ma un semplice riferimento alla sua situazione d’ingresso o di soggiorno nel Paese di destinazione.

11. Vedi, Gabriela Rodríguez Pizarro, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei migranti, Rapporto annuale 2004, UN Doc. E/CN.4/2005/85, 27 dicembre 2004, par. 74; e, Comm.IADU, Secondo rapporto del Relatore Speciale sui lavoratori migranti ed i loro familiari nell’emisfero, op. cit., nota n. 2, par. 61. 12. Si veda, inter alia, la pagina web sul “cambio climatico” (in inglese) dell’Alto Commissario delle Nazioni

Unite per i Rifugiati (ACNUR): http://www.ACNUR.org/pages/49e4a5096.html.

13. Risoluzione 3449(XXX) dell’Assemblea Generale (AG), Misure per assicurare i diritti umani e la dignità di tutti i lavoratori migranti, 9 dicembre 1975, par. 2.

ƒ Richiedenti asilo o rifugiati: migranti che entrano in un Paese, sia in modo regolare che irregolare, al fine di sfuggire al timore di subire delle persecu-zioni nel loro Paese d’origine, com’è stato definito dall’articolo 1, lett.a) della Convenzione di Ginevra sui rifugiati.

ƒ Altri migranti che richiedono protezione: questa categoria comprende vari tipi di migranti il cui status non è ben definito ma che hanno bisogno di prote-zione internazionale, riconosciuta dal diritto internazionale in vario modo. In questa categoria sono compresi gli apolidi (anche se non sono richiedenti asilo o rifugiati), vittime della tratta di esseri umani, minori non accompa-gnati il cui status non è stato definito, stranieri a cui viene negato lo status di rifugiato o migranti senza documenti che non possono essere espulsi in applicazione del principio di non-refoulement (si veda nel primo capitolo). Questa classificazione è solo parzialmente adeguata, poiché, com’è stato ricono-sciuto dalla Commissione Globale sulla Migrazione Internazionale: “un migrante potrebbe appartenere a una o più […] categorie allo stesso tempo, potendosi spostare con successo da una categoria all’altra durante il percorso migratorio oppure essere riclassificato da una categoria all’altra, come accade quando un migrante economico presenta una richiesta di asilo nella speranza di ottenere i privilegi associati con lo status di rifugiato.”14

Per scelta o a causa delle circostanze, lo status di un migrante non è quasi mai stabile. Un migrante economico potrebbe diventare un rifugiato nel Paese di destina-zione. Un rifugiato potrebbe perdere il suo status e diventare un migrante irregolare poiché nel suo Paese di origine cessano di esistere le circostanze relative al timore di persecuzione. Un migrante regolare potrebbe diventare irregolare se si trattiene oltre la scadenza del termine concesso, oppure potrebbe essere regolarizzato attra-verso una sanatoria o un lavoro regolare. La scadenza del termine di soggiorno è stata identificata come uno dei modi principali attraverso cui un migrante diventa irregolare. Com’è stato rilevato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UN Development Programme o “UNDP”) “in alcuni Stati insulari, come l’Australia e il Giappone, la scadenza del termine di soggiorno è praticamente l’unico modo di ingresso irregolare; anche in molti Paesi europei, il trattenimento dello straniero oltre il termine rappresenta circa i due terzi della migrazione non autorizzata.”15

Un impatto significativo sull’esperienza migratoria lo hanno i fattori riguardanti il sesso e il genere, l’età, la razza e l’origine nazionale. I migranti devono spesso subire discriminazioni basate sulla loro razza, nazionalità, religione, origine etnica e identità. Ciò costituisce una forma di discriminazione addizionale alla xenofobia a cui sono spesso soggetti per il semplice fatto di essere stranieri. Come il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei migranti ha avuto modo di sottolineare:

14. Migrazioni in un mondo interconnesso: Nuove direzioni per l’azione, op. cit., nota n. 7, par. 15 (traduzione ufficiosa). Si veda anche, UNDP, Rapporto sullo sviluppo umano 2009, op. cit., nota n. 6, pag. 26. 15. UNDP, Rapporto sullo sviluppo umano 2009, op. cit., nota n. 6, pag. 26 (traduzione ufficiosa).

“le persone il cui aspetto fisico, colore della pelle, vestiti, accento o religione sono diverse da quelle della maggioranza del Paese di accoglienza sono spesso soggetti a violenze fisiche e a altre violazioni dei loro diritti, indipendentemente dal loro status giuridico. La scelta della vittima e il tipo di abuso non dipendono dal fatto che le persone siano rifugiati, immigrati regolari, membri delle minoranze nazionali o migranti irregolari.”16 Sono state inoltre evidenziate delle situazioni in cui sono stati preferiti alcuni migranti a altri per ottenere il permesso d’ingresso o di lavoro a causa della loro razza, dell’origine nazionale o etnica, o dell’identità religiosa.17

Tale discriminazione è vietata dal diritto internazionale dei diritti umani, con speciale riferimento alla Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.18 La comunità internazionale ha respinto anche questo tipo di discriminazione, affermando con decisione nella Dichiarazione di Durban che “le politiche migratore non dovrebbero essere basate sul razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relative intolleranze”.19

Ulteriori situazioni preoccupanti sotto il profilo del rispetto dei diritti umani colpi-scono le donne migranti, a causa del loro sesso e genere femminile; esse devono affrontare, oltre alla discriminazione relativa alla loro condizione di straniere, tutta una serie di specifiche discriminazioni basate sul sesso e il genere. Il Comitato sull’Eliminazione della Discriminazione contro le Donne ha dichiarato che “frequen-temente nella pratica si manifestano diverse forme di discriminazione [verso le donne migranti], intrecciandosi quelle basate sul sesso e il genere con le sofferenze provenienti dal razzismo e dalla xenofobia. La discriminazione razziale, etnica, cultu-rale, nazionale, linguistica, religiosa o basata su altre condizioni, potrebbe essere manifestata in modi specifici quando riguarda il sesso e il genere”.20 Il Comitato sull’Eliminazione della Discriminazione Razziale ha notato che “ci sono circostanze in cui la discriminazione razziale colpisce unicamente o principalmente le donne, oppure esse vengono colpite in modo e misura differente rispetto agli uomini.”21

Inoltre, le donne migranti potrebbero essere a rischio elevato di discriminazioni

16. Gabriela Rodríguez Pizarro, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei migranti, Rapporto annuale 1999, UN Doc. E/CN.4/2000/82, 6 gennaio 2000, par. 32 (traduzione ufficiosa). Si veda anche par. 48. 17. Ibid., par. 54.

18. Art. 1, Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (CIEDR). La permissione di distinzioni tra cittadini e stranieri contenuta nell’art. 1.2 CIEDR non può inficiare il divieto di discriminazione basata sulla razza, il colore, la discendenza o l’origine etnica o nazionale. Vedi, Raccomandazione Generale n. 30: la discriminazione contro gli stranieri, CEDR UN Doc. HRI/GEN/1/Rev.9 (Vol.II), 1 ottobre 2004; e, Gabriela Rodríguez Pizarro, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei migranti, Rapporto annuale 2000, UN Doc. E/CN.4/2001/83, 9 gennaio 2001.

19. Dichiarazione della Conferenza Mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e relative intolleranze, 2001, par. 12 (traduzione ufficiosa). Si vedano anche i paragrafi 16, 38, 47-51, e per i richiedenti asilo ed i rifugiati i paragrafi 52-55.

20. CEDCD, Raccomandazione Generale n. 26, op. cit., nota n. 8, par. 14 (traduzione ufficiosa).

21. Raccomandazione Generale n. 25, Dimensioni relative al genere della discriminazione razziale, CEDR, UN Doc. HRI/GEN/1/Rev.9 (Vol.II), 20 marzo 2000, par.1 (traduzione ufficiosa).

basate sull’età, l’invalidità, la condizione sociale e di classe.22 Come sarà argomen-tato più avanti nella quarta sezione, tali discriminazioni sono proibite dal diritto internazionale dei diritti umani.

Con riferimento alla migrazione dei minori è richiesto un approccio diverso rispetto a quello riservato agli adulti. Tuttavia, la prospettiva tradizionale del fenomeno migratorio è stata pensata considerando l’emigrazione di persone adulte. I bambini possono avere la possibilità di trasferirsi coi familiari adulti, oppure da soli. In base al diritto internazionale dei diritti umani, il principio preminente del superiore interesse del fanciullo deve essere applicato e considerato prioritario in tutti i prov-vedimenti riguardanti i minori.23 I minori non accompagnati sono particolarmente vulnerabili allo sfruttamento e all’abuso,24 mentre i bambini che migrano con le loro famiglie, soprattutto quelle che non possiedono i documenti necessari, possono incontrare problemi di accesso all’istruzione e al sistema sanitario a causa dei loro genitori che, temendo di essere espulsi, non permettono loro di avere dei contatti con le autorità nazionali.25

Molti altri migranti possono subire delle discriminazioni fondate su altri motivi, riguardanti: l’età, la classe sociale, l’invalidità, la condizione economica o sociale, lo stato civile, oppure l’orientamento sessuale e l’identità di genere.26

In questa Guida il termine “migrante” viene usato in riferimento a tutte le persone che si trovano al di fuori del loro Paese di origine e/o di nazionalità, indipendente-mente dai motivi per cui sono emigrati. Il termine “migrante”, utilizzato in questo modo generale, include anche rifugiati e richiedenti asilo. Tuttavia, quando certi diritti o condizioni si applicano unicamente a certe categorie di migranti, essi

22. Commentario Generale n. 20, Il divieto di discriminazione nel diritti economici, sociali e culturali, CDESC, UN Doc. E/C.12/GC/20, 10 giugno 2009, par. 17. Si veda anche, Commentario Generale n. 16, L’eguale diritto di uomini e donne al godimento di tutti i diritti economici, sociali e culturali, CDESC, UN Doc. E/C.12/2005/4, 11 agosto 2005, par. 5. In maniera similare, il Comitato sui Diritti Umani ha rimarcato che la discriminazione contro le donne è spesso interconnessa con discriminazioni di altro tipo, come quelle basate sulla razza, il colore, la lingue, la religione, l’opinione politica o altra opinione, l’origine sociale o nazionale, la proprietà, la nascita o altra condizione. Si veda, Commentario Generale n. 28, L’uguaglianza di diritti tra uomini e donne (art. 3), CDU, UN Doc. CCPR/C/21/Rev.1/Add.10, 29 marzo 2000, par. 30; Raccomandazione Generale n. 25 su misure speciale e temporanee, CEDCD, UN Doc. HRI/GEN/1/Rev.9 (Vol.II), 2004, par. 12.

23. Art. 3.1, Convenzione sui diritti del fanciullo (CDF).

24. Risoluzione AG n. 50/150, UN Doc. A/RES/50/150, 9 febbraio 1996, art. 3. Si veda anche, risoluzioni AG n. 51/73, UN Doc. A/RES/51/73, 12 febbraio 1997; n. 52/105, UN Doc. A/RES/52/105, 11 febbraio 1998; n. 53/122, UN Doc. A/RES/53/122, 10 febbraio 1999; n. 56/136, UN Doc. A/RES/56/136, 15 febbraio 2002; n. 49/172, UN Doc. A/RES/49/172, 24 febbraio 1995.

25. GMG, Comunicazione sui diritti umani dei migranti in situazione irregolare, op. cit., nota n. 1

26. Un materiale utile in riferimento a quest’ultimo sono i Principi di Yogyakarta sull’applicazione del diritto internazionale dei diritti umani in rapporto all’orientamento sessuale ed all’identità di genere, marzo 2007, disponibile in inglese a http://www.yogyakartaprinciples.org/principles_en.pdf (“Principi di Yogyakarta”). I Principi sono stati sviluppati dalla Commissione Internazionale di Giuristi (ICJ) e dal Servizio Internazionale per i Diritti Umani e sono stati adottati all’unanimità durante un incontro di esperti a Yogyakarta, Indonesia, 6–9 novembre 2006.

saranno indicati con termini specifici: “rifugiati”, “richiedenti asilo” o “lavoratori migranti”.

IV. I profili generali della normativa internazionale dei