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Quali diritti umani richiedono l’adempimento degli obblighi di non-refoulement?

Commissione africana sui Diritti Umani e dei Popoli

Capitolo 2: L’espulsione e il rispetto dei diritti umani Questo capitolo esamina i limiti fissati dal diritto internazionale dei diritti umani e

I. Il principio di non-refoulement

3. Quali diritti umani richiedono l’adempimento degli obblighi di non-refoulement?

Come è stato osservato in precedenza, non è completamente definito l’ambito dei diritti la cui violazione può comportare un obbligo per gli Stati di impedire l’al-lontanamento di una persona. Il rischio delle più gravi violazioni dei diritti umani esige il rispetto del principio di non-refoulement. In seguito, verranno analizzati tali diritti, seguendo l’interpretazione evolutiva giurisprudenziale dei tribunali e dalle corti internazionali, con conseguente ampia applicazione del principio di non-refoulement. Tuttavia, la giurisprudenza che individua i diritti e le situazioni in base alle quali si applica il principio di non-refoulement è in continua evoluzione e, nella pratica, questo principio potrebbe avere un’applicazione più ampia di quella qui descritta.

a) Non-refoulemente il divieto della tortura o di pene e trattamenti crudeli, inumani e degradanti

Nessuno Stato può “esporre gli individui al pericolo di tortura o di subire una pena o un trattamento crudele, inumano o degradante al rientro in un altro Paese a seguito di estradizione, espulsione o refoulement.”379 Tutti i trattati contengono questa norma e la giurisprudenza afferma la natura assoluta di questo principio, dichia-rando il divieto di allontanamento sia per il pericolo di essere sottoposto alla tortura sia per quello di subire una pena o un trattamento crudele, inumano o degradante.380

376. Vedi, inter alia, Al-Sadoon e Mufti c. Regno Unito, C.edu, Ricorso n. 61498/08, Decisione sull’ammissibilità, 30 giugno 2009; Osservazioni Conclusive sugli USA, CCT, op. cit., nota n. 46, par.20; Osservazioni Conclusive sugli USA, CDU, op. cit., nota n. 322. Si considerino anche CCT, Commentario Generale n. 2, op. cit., nota n. 31, parr. 7, 16 e 19; Manfred Nowak e Elizabeth McArthur, The United Nations Convention Against Torture. A Commentary, New York City: Oxford University Press, 2008, pag.129, par.4; pag.147, par.72 e pag.199, par. 180-1; e l’approccio adottato dal Comitato sui Diritti Umani nel suo CDU, Commentario Generale n. 31, op. cit., nota n. 46, parr. 10-11; Osservazioni Conclusive sul Regno Unito, UN Doc. CAT/C/CR/33/3, 10 dicembre 2004, parr. 4(b) e 5(e).

377. Lauterpacht/Bethlehem, op. cit., nota n. 301, parr. 62-67, concludono che: “il principio di non-refoulement si applicherà alla condotta dei pubblici ufficiali dello Stato o a quelli che agiscano in rappresentanza dello Stato dovunque il fatto succeda, che sia al di là del territorio nazionale dello Stato in questione, ai posti di frontiera o in altre postazioni d’ingresso, in zone internazionali, in punti di transito, ecc.” (traduzione ufficiosa). Vedi anche, ibid., par. 242. Vedi inoltre, ACNUR, Advisory Opinion on the Extraterritorial Application, op. cit., nota n. 292.

378. Vedi, Caso sui respingimenti ad Haiti, Comm.IADU, op. cit., nota n. 46, parr. 163, 168 e 171.

379. Rubin Byahuranga c. Danimarca, CDU, op. cit., nota n. 331, par. 11.2 (traduzione ufficiosa); Commentario Generale n. 20 relativo al divieto di tortura e trattamenti o pene crudeli, CDU, UN Doc. HRI/GEN/1/Rev.9 (Vol.I), 10 marzo 1992, par. 9.

380. Art. 7 PIDCP; art. 5(b) CIEDR; art. 3 CEDU; art. 5 CADUP; art. I DADDU; art. 5 CADU; art. 8 CArDU. Per la giurisprudenza si vedano, inter alia, Saadi c. Italia, C.edu, op. cit., nota n. 308, parr. 69, 127; Chahal c. Regno

Il Comitato sui Diritti Umani ha precisato che il principio di non-refoulement si applica a tutte le attività vietate dall’art. 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici.381 La Convenzione contro la tortura prevede esplicitamente l’obbligo di non-refoulement unicamente per la tortura come definita nel suo art. 1. Il Comitato contro la Tortura non ha affrontato il refoulement riguardante i rischi di subire altri maltrattamenti vietati dall’art. 16.382 Il pericolo di essere sottoposto alla tortura o a maltrattamenti può anche derivare da attività connesse con l’imposizione della pena di morte, tema che verrà affrontata in seguito.

Con il termine di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti vengono indicati non solo gli atti che provocano un grave dolore fisico o lesione corporale, ma anche quei comportamenti che causano alle vittime intensa sofferenza mentale, paura, angoscia o sentimenti di inferiorità, degradandole e umiliandole.383

La soglia di punibilità per tali condotte può dipendere dall’età, dal sesso, o dalla salute della vittima.384 Oltre ai maltrattamenti fisici eseguiti durante l’arresto o l’interrogatorio,385 i meccanismi internazionali di tutela dei diritti umani hanno giudi-cato come atti di maltrattamento i seguenti comportamenti:

Unito, C.edu, op. cit., nota n. 43, parr. 74 e 79; Na c. Regno Unito, C.edu, op. cit., nota n. 308, par. 109; Nnyanzi c. Regno Unito, C.edu, op. cit., nota n. 308, par. 51; Cruz Varas e al. c. Svezia, C.edu, op. cit., nota n. 308, par. 69; Soering c. Regno Unito, C.edu, op. cit., nota n. 294, parr. 85-91; Rafael Ferrer-Mazorra et al. c. USA, Comm.IADU, Caso 9.903, Rapporto n. 51/01, Merito, 4 aprile 2001, par. 177; Caso sui respingimenti ad Haiti, Comm.IADU, op. cit., nota n. 46, parr. 168 e 171; Institute for Human Rights and Development in Africa (IHRDA) c. Angola, Comm.ADUP, Comunicazione n. 292/2004, 43a Sessione Ordinaria, 7-22 maggio 2008, parr. 79 e 84; Zimbabwe Lawyers for Human Rights (ZLHR) e l’Institute for Human Rights and Development (IHRD) (in rappresentanza di Andrew Barclay Meldrum) c. Zimbabwe, Comm.ADUP, Comunicazione n. 294/2004, 6a Sessione Straordinaria, 30 marzo – 3 aprile 2009, pag. 34, par. 93; Osservazioni Conclusive sull’Argentina, CEDR, UN Doc. CERD/C/65/CO/1, 10 dicembre 2004, par. 13; Osservazioni Conclusive sui Paesi Bassi, CEDR, UN Doc. CERD/C/64/CO/7, 10 maggio 2004, par. 14; Osservazioni Conclusive sull’Azerbaigian, CEDR, UN Doc. CERD/C/AzE/CO/4, 14 aprile 2005, par. 13; Osservazioni Conclusive sulla Georgia, CEDR, UN Doc. CERD/C/GEO/CO/3, 27 marzo 2007, par. 17; Osservazioni Conclusive sulla Lituania, CEDR, UN Doc. CERD/C/LTU/CO/3, 11 aprile 2006, par. 14; Osservazioni Conclusive sull’Uzbekistan, CEDR, UN Doc. CERD/C/UzB/CO/5, 4 aprile 2006, par. 14; Osservazioni Conclusive sulla Tanzania, CEDR, UN Doc. CERD/C/TzA/CO/16, 27 marzo 2007, par. 17; Osservazioni Conclusive sul Kazakistan, CEDR, UN Doc. CERD/C/65/CO/3, 10 dicembre 2004, par. 15.

381. CDU, Commentario Generale n. 31, op. cit., nota n. 46, par.12

382. Art. 3 CCT. Il Comitato contro la Tortura non ha affrontato la questione se il trasferimento di una persona verso un Paese potrebbe esporre la persona al rischio di trattamenti o pene crudeli, inumane o degradanti ai sensi dell’art. 16 della Convenzione. Il Comitato ha trattato del problema concernente se la decisione di trasferimento costituisse di per sé un atto equiparabile ad un trattamento o pena crudele, inumana o degradante. Nella sua giurisprudenza il Comitato ha riscontrato che né “l’aggravamento dello stato di salute del ricorrente possibilmente causato dalla sua deportazione”, né il fatto “che la deportazione del ricorrente verso [lo Stato di destinazione] possa dar adito a timori soggettivi” equivalgono alla fattispecie di trattamento crudele, inumano o degradante (traduzione ufficiosa). Vedi, B.S.S. c. Canada, CCT, op. cit., nota n. 327, par. 10.2; David c. Svezia, CCT, Comunicazione n. 220/2002, Decisione del 17 maggio 2005, par. 7.2.

383. Raninen c. Finlandia, C.edu, Caso n. 52/1996/771/972, Sentenza del 16 dicembre 1997, par.167; M.S.S. c. Belgio e Grecia, C.edu, op. cit., nota n. 323, par. 219; CDU, Commentario Generale n. 20, op. cit., nota n. 379, par.5.

384. Saadi c. Italia, C.edu, op. cit., nota n. 308, par. 134.

ƒ le punizioni corporali386 o altre pene crudeli,387 imposte oppure no da un’or-dinanza giudiziaria;

ƒ gli atti di violenza sessuale, comprendendo, ma non limitandosi, anche lo stupro;388

ƒ la prolungata detenzione in isolamento senza potere comunicare con l’esterno (“incommunicado”);389

ƒ le pratiche dannose nei confronti delle donne e delle adolescenti, come le mutilazioni genitali femminili;390

ƒ la ripetuta detenzione in isolamento o inutilmente prolungata ;391

ƒ il sovraffollamento carcerario o condizioni detentive scadenti, la mancata attenzione all’assistenza medica in detenzione, tenendo conto degli effetti cumulativi di tali condizioni e della durata della detenzione (vedi in seguito il quarto capitolo sulla detenzione);392

ƒ le ripetute perquisizioni sulla persona o inutilmente invadenti;393

ƒ la violenza domestica;394

ƒ le forme più severe di discriminazione razziale;395

386. CDU, Commentario Generale n. 20, op. cit., nota n. 379, par. 5; Tyrer c. Regno Unito, C.edu, Ricorso n. 5856/72, Sentenza del 25 aprile 1978; Costello-Roberts c. Regno Unito, C.edu, Ricorso n. 13134/87, Sentenza del 25 marzo 1993.

387. Ryabikin c. Russia, C.edu, op. cit., nota n. 349, par. 121; Jabari c. Turchia, C.edu, op. cit., nota n. 114, parr. 41-42.

388. C. T. e K. M. c. Svezia, CCT, op. cit., nota n. 322, par. 7.5; M.C. c. Bulgaria, C.edu, Ricorso n. 39272/98, Sentenza del 4 dicembre 2003; Aydin c. Turchia, C.edu, Caso n. 57/1996/676/866, Sentenza del 25 settembre 1997, parr. 83-86.

389. Osservazioni Conclusive sugli USA, CCT, op. cit., nota n. 46, par.17; Commentario Generale n. 20, CDU, op. cit., nota n. 379, par.6; Theo Van Boven, Relatore Speciale ONU sulla Tortura, Rapporto del Relatore Speciale sulla sua visita in Spagna, UN Doc. E/CN.4/2004/56/Add.2, 6 febbraio 2004, par. 34.

390. Kaba e Kaba c. Canada, CDU, Comunicazione n. 1465/2006, Decisione del 25 marzo 2010, par. 10.1. 391. CDU, Commentario Generale n. 20, op. cit., nota n. 379, par.6; Kuznetsov c. Ucraina, C.edu, Ricorso n.

39042/97, Sentenza del 29 aprile 2003; R. c. Danimarca, Comm.EDU, Plenaria, Ricorso n. 10263/83, Decisione sull’ammissibilità, 11 marzo 1985; McFeeley c. Regno Unito, Comm.EDU, Plenaria, Ricorso n. 8317/78, Decisione sull’ammissibilità, 15 maggio 1980.

392. Peers c. Grecia, C.edu, Ricorso n. 28524/95, Sentenza del 19 aprile 2001, parr. 67-75; Ilascu e al. c. Russia e Moldavia, C.edu, GC, Ricorso n. 48787/99, Sentenza dell’8 luglio 2004; M.S.S. c. Belgio e Grecia, C.edu, op. cit., nota n. 323, parr. 366-368; Conteris c. Uruguay, CDU, Comunicazione n. 139/1983, Decisione del 17 luglio 1985.

393. Van der Ven c. Paesi Bassi, C.edu, Ricorso n. 50901/99, Sentenza del 4 febbraio 2003; Valasinas c. Lituania, C.edu, Ricorso n. 44558/98, Sentenza del 24 luglio 2001.

394. Z e al. c. Regno Unito, C.edu, GC, Ricorso n. 29392/95, Sentenza del 10 maggio 2001.

395. Cipro c. Turchia, C.edu, GC, Ricorso n. 25781/94, Sentenza del 10 maggio 2001; Asiatici est-africani c. Regno Unito, Comm.EDU, Ricorsi n. 4403/70-4419/70 e altri, Rapporto del 14 dicembre 1973.

ƒ il tempo trascorso nel “braccio della morte” in attesa di esecuzione (vedi più avanti).

Questa lista non pretende di essere esaustiva delle situazioni tutelate. Infatti, la Corte Europea dei Diritti Umani, in una sentenza storica riguardante il caso D c. Regno Unito, ha ritenuto che l’espulsione di uno straniero diagnosticato in fase terminale di AIDS sarebbe da considerare un trattamento inumano, dato che non avrebbe potuto ricevere nel Paese di destinazione i trattamenti medici e palliativi disponibili nel Regno Unito.396 Tuttavia, la Corte ha avvisato che tali casi dovrebbero essere considerati come eccezionali. Il principio giurisprudenziale deve applicarsi “in relazione all’espulsione di una persona afflitta da ogni grave malattia fisica o mentale che possa causare sofferenza, dolori con ridotta aspettativa di vita e che richiede cure specialistiche adeguate che non sono facilmente disponibili nel Paese di origine del ricorrente oppure che richiedono l’esborso di costi notevoli.”397

Nel caso M.S.S. c. Belgio e Grecia, la Corte ha giudicato raggiunto il livello di trat-tamenti inumani o degradanti nella situazione in cui lo Stato, attraverso la propria inattività, ha consentito per diversi mesi al richiedente asilo di vivere in strada senza accesso ai servizi igienici e senza mezzi per provvedere ai bisogni minimi essenziali, in aggiunta ad una prolungata e incerta procedura di asilo.398 In conseguenza di ciò, la Corte ha ritenuto che lo Stato violerebbe i suoi obblighi di non-refoulement espellendo una persona che rischia di trovarsi nelle condizioni sopra descritte.399

b) Le sparizioni forzate

Il principio di non-refoulement si applica anche quando c’è un rischio di sparizioni forzate400 dal momento che questa pratica di per sé costituisce “una flagrante e grave violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali”401 e “un’offesa alla dignità umana”.402

c) Le esecuzioni extragiudiziali e il diritto alla vita

Le esecuzioni extragiudiziali costituiscono una grave violazione del diritto assoluto e non derogabile del diritto alla vita, al quale si applica il principio di non-refoulement,

396. D. c. Regno Unito, C.edu, Ricorso n. 30240/96, Sentenza del 2 maggio 1997, parr. 49-54.

397. N. c. Regno Unito, C.edu, GC, Ricorso n. 26565/05, Sentenza del 27 maggio 2008, par. 45 (traduzione ufficiosa).

398. M.S.S. c. Belgio e Grecia, C.edu, op. cit., nota n. 323, par. 263. 399. Ibid., parr. 366-368.

400. Art. 16, Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione, adottata il 20 dicembre 2006 (CPSF); art. 8, Dichiarazione ONU sulla protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella sua risoluzione 47/133 del 18 dicembre 1992, A/RES/47/133.

401. Art. 1, Dichiarazione ONU sulla protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata (traduzione ufficiosa). 402. Ibid. (traduzione ufficiosa).

come è stato chiaramente affermato dal Comitato sui Diritti Umani403 e nei Principi delle Nazioni Unite per la prevenzione effettiva e le investigazioni di esecuzioni extragiudiziali, sommarie e arbitrarie,404 il cui l’art. 5 afferma che “nessuno può essere involontariamente restituito o estradato verso un Paese in cui vi siano fondati motivi per ritenere che possa diventare vittima di esecuzioni sommarie, arbitrarie o extragiudiziali”.

d) Non-refoulemente la pena di morte

In base la diritto internazionale dei diritti umani, il trasferimento di una persona verso un Paese in cui esiste il rischio di essere sottoposto alla pena di morte può comportare la violazione del diritto alla vita e/o della libertà dalla tortura e a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

Il Comitato sui Diritti Umani ha rilevato che, “nei Paesi in cui è stata abolita la pena di morte, esiste l’obbligo di non esporre le persone al rischio reale della sua appli-cazione […], se si può ragionevolmente prevedere che saranno condannati a morte, senza poter garantire che la pena di morte non venga eseguita”.405 Tale obbligazione sorge sia quando lo Stato di espulsione abbia stipulato dei trattati internazionali che proibiscono la pena di morte sia quando l’ordinamento interno dello Stato prevede l’abolizione della pena di morte.406 Tuttavia, in caso di trasferimento, il divieto di trattamenti crudeli, inumani o degradanti può entrare in gioco quando esiste il rischio di subire la pena di morte perché “l’imposizione di una sentenza di condanna a morte pronunciata a conclusione di un processo iniquo equivale a sotto-mettere la persona condannata alla paura ingiusta della propria esecuzione capitale in violazione dell’art. 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici”.407 Inoltre, il Comitato ha rilevato che l’esecuzione per asfissia col gas non ha superato la prova di costituire una “minima sofferenza fisica o mentale”, e, quindi, risulta un trattamento in violazione dell’art.7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici.408

La Corte Europea dei Diritti Umani ha regolarmente riscontrato delle violazioni all’art. 3 CEDU (divieto della tortura e pene o trattamenti inumani o degradanti) nei casi di refoulement in caso di rischio della pena di morte, soprattutto quando l’esecuzione

403. Baboeram et al. c. Suriname, CDU, Comunicazioni n. 146/1983 e 148-154/1983, Decisione del 4 aprile 1985; Commentario Generale n. 6, Il diritto alla vita, CDU, 30 aprile 1982, par. 3.

404. Vedi, Risoluzione ECOSOC n. 1989/65, Prevenzione ed investigazione efficaci delle esecuzioni stragiudiziali, arbitrarie e sommarie, 15a Riunione Plenaria, 24 maggio 1989.

405. Judge c. Canada, CDU, Comunicazione n. 829/1998, Decisione del 20 ottobre 2003, para 10.4; riconfermate nel caso Kwok Yin Fong c. Australia, CDU, op. cit., nota n. 341, par. 9.4.

406. Questa decisione costituisce un cambio di giurisprudenza del Comitato che non aveva riscontrato precedentemente tale obbligazione. Vedi, Kindler c. Canada, CDU, Comunicazione n. 470/1991*, Decisione del 18 novembre 1993; Ng c. Canada, CDU, Comunicazione n. 469/1991*, Decisione del 7 gennaio 1994; A. R. J. c. Australia, CDU, Comunicazione n. 692/1996**, Decisione dell’11 agosto 1997.

407. Kwok Yin Fong c. Australia, CDU, op. cit., nota n. 341, par. 9.4 (traduzione ufficiosa). 408. Ng c. Canada, CDU, op. cit., nota n. 406, par. 16.4.

della pena capitale viene preceduta da una detenzione nel braccio della morte.409

Inoltre, tale espulsione può essere anche considerata una violazione del diritto alla vita, sancito dall’art. 2 CEDU. In conseguenza di ciò, viene affermato che, “nel caso in cui vi siano fondati motivi per ritenere l’estradizione di una persona in un Paese a rischio reale di subire la pena capitale, la Convenzione, ai sensi dell’art. 2, impone [agli Stati] l’obbligo di non estradare tale individuo”.410 Con maggior vigore, la Corte ha reputato che, “se lo Stato di estradizione mette consapevolmente la persona interessata a così alto rischio di perdere la propria vita con una probabilità vicina alla certezza, tale estradizione può essere considerata come privazione volontaria della vita, vietata dall’art. 2 della Convenzione”.411

La Corte Europea ha recentemente affermato che, “nel rispetto di quegli Stati che si sono vincolati con la ratifica, il diritto previsto dall’art. 1 del Protocollo n. 13 sull’a-bolizione della pena di morte, che non ammette alcuna deroga e si applica in tutte le circostanze, viene collocato insieme agli artt. 2 e 3 come un diritto fondamentale, che incorpora uno dei valori fondanti delle società democratiche che compongono il Consiglio d’Europa.”412 Inoltre, la Corte ha suggerito che l’elevato livello di ratifica del Protocollo 13, così come la pratica degli Stati Membri di osservare la moratoria sulla pena di morte, “sono fortemente indicativi del fatto che l’art. 2 è stato rifor-mato nel senso di vietare la pena di morte in ogni circostanza.”413

Considerato che la pena di morte comporta trattamenti o pene inumane o degra-danti, la Corte Europea ha specificato che “il modo in cui la [pena di morte] è inflitta o eseguita, le circostanze personali del condannato e la sproporzionalità della pena rispetto alla gravità del reato commesso, come pure le condizioni di detenzione in attesa dell’esecuzione, sono fattori in grado di portare il trattamento o la punizione ricevuta dal condannato tra le proscrizioni contenute nell’art. 3 […] come principio generale, la giovane età della persona in questione è una circostanza ritenuta capace, con altri elementi, di mettere in discussione la compatibilità con l’art. 3 delle misure connesse con la condanna a morte […].”414

La Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani ritiene che respingere i richie-denti asilo, che rischiano di esser uccisi dopo il loro tentativo di chiedere asilo all’estero, costituisce una violazione del loro diritto alla vita ai sensi dell’art. I della

409. Al-Sadoon e Mufti c. Regno Unito, C.edu, op. cit., nota n. 376, par. 137.

410. Kaboulov c. Ucraina, C.edu, Ricorso n. 41015/04, Sentenza del 19 novembre 2009 (traduzione ufficiosa). 411. Ibid., par. 99 (traduzione ufficiosa).

412. Al-Sadoon e Mufti c. Regno Unito, C.edu, op. cit., nota n. 376, par. 118 (traduzione ufficiosa). 42 dei 47 Stati Membri del Consiglio d’Europa hanno ratificato il Protocollo n. 13, ed altri tre lo hanno sottoscritto, impegnandosi in questo modo a non agire in maniera che vada contro gli scopi e gli obbiettivi del trattato fino alla ratificazione (Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati (CVDT), Vienna, 23 maggio 1969, art. 18).

413. Ibid., par. 120.

414. Shamayev e al. c. Georgia e Russia, C.edu, Ricorso n. 36378/02, Sentenza del 12 aprile 2005, par. 333 (traduzione ufficiosa).

Dichiarazione americana dei diritti e dei doveri dell’uomo.415 Questo principio si applica anche ai migranti, che non sono richiedenti asilo in senso stretto, ma che rischiano, nel Paese di destinazione, un’esecuzione extragiudiziale, sommaria o arbitraria. Inoltre, la violazione si manifesta anche quando la persona da respingere è stata intercettata in alto mare e rimandata al Paese di partenza.416

e) La sindrome del braccio della morte

Sulla “sindrome del braccio della morte”, il Comitato sui Diritti Umani ha dichiarato che “periodi prolungati di detenzione in regime carcerario duro nel braccio della morte non possono generalmente essere considerati come trattamento crudele, inumano o degradante se la persona condannata si sta avvalendo dei rimedi in appello.”417 In ciascun caso concreto, “il Comitato terrà conto dei rilevanti fattori personali, le specifiche condizioni di detenzione nel braccio della morte, e se il metodo di esecuzione proposto sia particolarmente ripugnante.”418

Nella sentenza Soering c. Regno Unito, la Corte Europea dei Diritti Umani ha espresso il suo parere sulla sindrome del braccio della morte: “considerato il periodo molto lungo trascorso nel braccio della morte in condizioni così estreme, con l’ango-scia onnipresente e crescente dell’esecuzione della pena capitale, e considerata la situazione personale del ricorrente, in particolare la sua età e il suo stato mentale all’epoca del reato, un’estradizione verso gli Stati Uniti esporrebbe l’interessato a un rischio reale di trattamento che supera la soglia fissata dall’art. 3. L’esistenza, nel caso di specie, di un altro mezzo per raggiungere lo scopo legittimo dell’estra-dizione, senza provocare tuttavia sofferenze di un’intensità e durata eccezionali, costituisce una considerazione pertinente supplementare.”419

f) La flagrante negazione del processo equo e la detenzione arbitraria Nonostante che non sia ancora stata trovata una violazione del diritto a un equo processo in un caso concreto di refoulement, sia il Comitato sui Diritti Umani sia la Corte Europea dei Diritti Umani hanno ritenuto che certe violazioni del diritto a un processo equo nel Paese di destinazione potrebbe provocare la protezione di non-refoulement.

Il Comitato sui Diritti Umani ha suggerito che, in certi casi, il provvedimento di espul-sione non può essere eseguito se una conseguenza prevedibile di tale trasferimento comporta per la persona trasferita la violazione del diritto a un equo processo,

415. Caso sui respingimenti ad Haiti, Comm.IADU, op. cit., nota n. 46, par. 168. 416. Ibid., par. 169.

417. Kindler c. Canada, CDU, op. cit., nota n. 406, par. 15.2 (traduzione ufficiosa). 418. Ibid., par. 15.3; Vedi anche, Ng c. Canada, CDU, op. cit., nota n. 406, par. 16.1.

419. Soering c. Regno Unito, C.edu, op. cit., nota n. 294, par. 111 (traduzione ufficiosa). Vedi anche, Ilascu e al. c. Russia e Moldavia, C.edu, op. cit., nota n. 392, parr. 429-432; Al-Sadoon e Mufti c. Regno Unito, C.edu, Ricorso n. 61498/08, Sentenza del 2 marzo 2010, parr. 123-145.

ai sensi dell’art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici.420 La Corte Europea dei Diritti Umani ha ripetutamente affermato che “non può essere escluso che una decisione di estradizione potrebbe eccezionalmente creare delle