Storie e parabole postcolonial
P. LAVOSIER He had God
3.2.2 ii Il patto con il diavolo
Il simbolismo dell'opera, che appare piuttosto evidente dallo sviluppo tematico, è racchiuso anche nella caratterizzazione dei personaggi. Sebbene la sfida riguardi tutti e tre i fratelli e li coinvolga completamente, essa rimane sempre circoscritta in un rapporto bilaterale, ovvero il testo -- modellato sulla struttura narrativa di una favola -- non prevede che i fratelli combattano uniti, ma sempre soli di fronte al diavolo. E' vero che questo è implicito nello stesso patto, ma nel testo non risulta esserci nessun legame effettivo tra i tre fratelli se non per una breve circostanza alla fine del prologo. In pratica la vicenda si ripete per tre volte seguendo le stesse modalità narrative che determinano l'intreccio delle tre scene:
− partenza
− incontro con il diavolo mascherato da vecchio
− lavoro alla piantagione
− scontro diretto con il diavolo
− morte/vita
L'unica alternativa è proposta nella scena finale che si conclude con il sopravvento della vita sulla morte e la sconfitta del diavolo. A questo punto giunge quasi spontaneo pensare ad una parabola sulla storia dei Caraibi e pensare alla rivoluzione di cui si è già parlato nella sezione precedente a proposito delle opere della raccolta di The Haitian Trilogy, Il percorso di Gros Jean e Mi Jean rappresenterebbe due fasi diverse della storia delle Antille. La prima fase, quella relativa a Gros Jean si rapporterebbe, come allegoria, a tutto il periodo coloniale, a partire dalle grandi scoperte, includendo il Middle Passage e lo sfruttamento della forza fisica dell'uomo schiavizzato. Troppo inesperto per condurre una vera e propria rivolta contro il diavolo, Gros Jean, come tutti coloro che vuole simboleggiare, fallisce nel suo desiderio d'indipendenza. La seconda fase, il periodo in cui lo schiavismo è già stato abolito, vede lo sviluppo di un consistente gruppo di neri che formano una cosiddetta “intellighenzia” di colore il cui scopo è quello di rivendicare la propria “cultura” e le proprie radici opponendosi a tutto ciò che è e ha rappresentato l'Occidente. Mi- Jean non a caso resiste maggiormente di fronte alle provocazioni del diavolo, grazie ad una maggiore arguzia rispetto al fratello maggiore; è tuttavia ancora “schiavo” delle proprie convinzioni, e non cercando una vera mediazione, soccombe. Ti-Jean è il vero rivoluzionario. Diversamente dai fratelli si rende conto di appartenere ad una comunità forte su cui può contare per sconfiggere il male:
TI-JEAN
Hey, all you niggers sweating there in the canes! Hey all you people working hard in the fields! VOICES
(far off)
TI-JEAN
You are poor damned souls working for the Devil? VOICES
Yes!Yes! What you want TI_JEAN
Listen, I'm the new foreman! Listen to this: The Devil say you must burn everything, now. Burn the cane, burn the cotton! Burn everything now! VOICES
Burn everything now? Okay, boss! (drums. Cries:caneburners' chorus)428
Ti-Jean si trasforma nel capo della comunità: ha carisma e organizza la rivolta. E' l'unico dei tre fratelli che riesce a trasformarsi in maniera costruttiva e combattere il male. Da schiavo a padrone, Ti-Jean è tuttavia qualcosa di più rispetto ai grandi rivoluzionari, uomini "araldici" della storia di Haiti. La rivoluzione di Ti-Jean non è solo politica e sociale ma agisce sulla cultura del canone.
Prendendo come riferimento il saggio di T.S. Eliot, “Tradition and the Individual Talent”è possibile intuire come questo testo possa concepire un allargamento del canone. Dimenticando per un istante che il diavolo è la metafora della colonizzazione con tutto ciò che ne deriva, come si analizzerà tra breve, esso seppure attraverso una maschera rimane un referente negativo quale può essere solo e unicamente la figura di Satana. Dimenticando anche il ribaltamento dei ruoli servo-padrone che nel teatro di Walcott assume una grande rilevanza -- non solo nella maniera più diretta come in Pantomime -- e tentiamo di concentrarsi su una delle figure più rilevanti del testo, ovvero quella del maligno. Se si considera questa presenza, si può osservare che si tratta di un raro caso in cui il diavolo viene sconfitto da parte di un umano. Come si configura quindi questo personaggio diabolico? Prima di affrontare la simbologia del personaggio, il suo spessore e quindi la complessità, vale la pena di considerarlo in rapporto agli altri esempi letterari che lo ritraggono in una situazione simile: quella del patto. La storia del Faust, sia trattata da Marlowe che da Goethe conducono ad esito tragico per l'uomo. In particolare, la morte del Faust di Marlowe è descritta come intensa sofferenza e eterna dannazione.
FAUSTUS. ....
Oh God , if thou not have mercy on my soul,
Yet, for Christ's sake whose blood hath ransomed me, Impose some end to my incessant pain.
....
All bests are happy, for when they die Their souls are soon dissolved in elements, But mine must live still to be plagued in hell. ...
My God, my God, look not so fierce on me. Adders and serpents, let me breathe awhile. Ugly hell, gape not, Lucifer!429
L'esito dell'esperienza faustiana di Goethe rivela un personaggio più vittorioso benché sia sconfitto -- o comunque reso mortale -- dopo una serie di mirabili imprese, mentre benedice l'attimo meraviglioso a
428Ibid. pp. 148-149.
cui corrisponde la perfezione della sua lunga esistenza. Tuttavia sebbene il Faust illuminista di Goethe abbia la meglio rispetto a quello di Marlowe, non si può affermare che Mefistofele non riceva quanto stabilito dal contratto iniziale e ottiene comunque ciò che lo soddisfa.
FAUST:
Und Schlag auf Schlag! Werd ich zum Augenblicke sagen: Verweile doch! du bist so schoen!
Dann magst du mich in Fesseln schlagen, Dann will ich gern zugrunde gehn! Dann mag die Totenglocke schallen, Dann bist du deines Dienstes frei, Die Uhr mag stehn, der Zeiger fallen, Es sei die Zeit fuer mich vorbei! MEPHISTOPHELES:
Bedenk es wohl, wir werden's nicht vergessen430
FAUST
...
Solch ein Gewimmel möcht' ich sehn, Auf freiem Grund mit freiem Volke stehn. Zum Augenblicke dürft' ich sagen: Verweile doch, du bist so schön! Es kann die Spur von meinen Erdetagen Nicht in äonen untergehn. -
Im Vorgefühl von solchem hohen Glück Genieß' ich jetzt den höchsten Augenblick431
Salvato moralmente dal suo stesso streben, ovvero la tensione continua verso la conoscenza e la scoperta, fino al momento cruciale in cui chiede all'attimo “perfetto” di fermarsi, il Faust di Goethe non presuppone una sconfitta diretta di Mefistofele. Anzi è, e si trasforma in uomo diabolico egli stesso, come il protagonista del Doktor Fautus di Thomas Mann, Adrian Laverkuhn, “compositore
demoniaco, presentato come il padre spirituale del nazismo”432. In queste grandi opere della tradizione
letteraria dell'Ottocento e Novecento tedesco, il diavolo rappresenta la tragedia umana sia in una prospettiva storica sia in senso puramente filosofico, dato che all'uomo non è concesso di superare determinati limiti e di agire “contronatura” e contro la morale cristiana come ci hanno mostrato Marlowe e Goethe. Non si affermerà certo che il personaggio di Ti-Jean assomigli al Faust, al contrario ne è ben distante, considerando che nell'opera tedesca Faust assume persino i tratti del colonizzatore,
430W. Goethe Faust, prima parte (versione originale; trad. it. Qua la mano!/Se dirò all'attimo:/Sei così bello, fermati!/allora
potrai mettermi in ceppi, /allora sarò contento di morire!/allora suoni la campana a morto,/allora non dovrai servire più;l'orologio si fermi, la lancetta cada,/ e sia passato il tempo che mi è dato!/ MEFISTOFELE. Pensaci bene, non lo scorderemo). Traduzione di Andrea Casalegno in J.W. GOETHE FAUST, in Ferruccio Busoni Website.
431Wolgang von Goethe Faust , trad. it. : Vorrei vedere un simile fervore,/ stare su suolo libero con un libero popolo./
All'attimo direi:/sei così bello, fermati!/Gli evi non potranno cancellare/ la traccia dei miei giorni terreni./Presentando una gioia cisì lata/ io godo adesso l'attimo supremo.
432Ladislao Mittner. Storia della letteratura tedesca.vol. 111. Dal realismo alla sperimentazione (1820-1970), Dal fine
ma quello che rimane è il contesto del patto e della sfida. Nel momento in cui Ti- Jean scopre la coda biforcuta del vecchio Papa Bois, poco dopo che gli aveva chiesto di vedere il suo piede bovino, altro elemento che Walcott trae dalle superstizioni locali, il diavolo si rivela smascherandosi sulla scena e di fronte a Ti-Jean ribadendo la sua funzione attraverso il patto:
DEVIL:
Had you not forgotten me, fool, Just a trifle angry,
I might have played the Old Man In fairness to our bargain, But this is no play, son. For here is the Devil, You asked for him early, Impatient as the young. Now remember our bargain, The one who wastes his temper, Will be eaten! Remember that! Now, you will work!433
Ben visibile è il meccanismo metalinguistico che si intravede in questa battuta, definendo quasi ironicamente che “questo non è un gioco”, o “questo non è uno spettacolo teatrale”, ovviamente molto più sottile in inglese essendo la parola play polisemica. Significativo è tuttavia il riferimento al gioco, inteso come patto e sfida, ma anche all'opera di teatro e quindi implicitamente rimandando a tutte le altre opere dove il diavolo ha stipulato un patto. Al lettore attento e conoscitore del teatro occidentale non può sfuggire questo riferimento, così come al pubblico dei Caraibi non possono sfuggire le connessioni con il folklore locale. Ciò che ha realizzato Walcott – inteso già anche come teatro sincretico – è stato quello di attivare simultaneamente due importanti referenti culturali contenute nella figura del diavolo – quello caraibico di papa Bois e quello di Mefistofele legato alla letteratura e al teatro tedesco e inglese, con l'aggiunta di avere compiuto una “piccola” rivoluzione che ribalta il canone in cui si prevede l'inevitabile sconfitta dell'uomo e la vittoria del diavolo. Qui non è così. La vittoria di Ti- Jean non è semplicemente la vittoria degli ex-schiavi sugli sfruttatori, sarebbe forse troppo banale. La sua rivincita non è nemmeno quella che vede la realizzazione della vita contenuta nella “potenzialità” del feto abortito, il “bolom”. La sua è una vittoria dell'arte sull'arte. Ricordando che per Walcott la vera arma è il linguaggio artistico, si può comprendere che la funzione del personaggio di Ti-Jean coadiuvato dal bolom è quella di sconfiggere la sterilità dell'arte stessa. Non solo non permette al diavolo di essere soddisfatto come vogliono i testi canonici, ma permette la vita di ciò che per secoli è stato soppresso , il “bolom”. La vita del bolom si identifica con la natura del paesaggio che sembra risvegliarsi attraverso il canto di vittoria di Ti-Jean.
FROG
Sing Ti-Jean, sing! Show him you could win! Show him what a man is! Sing Ti_Jean ...Listen
All round you nature Still singing. The frog's Crak doesn't stop for the dead; The cricket is still merry, The bird still plays its flute, Every dawn, little Ti-Jean...434
Il Bolom accompagna l'inno alla vita di Ti-Jean articolando la voce di chi, prima, non ha mai potuto parlare, perché impedito da un orribile e innaturale massacro. Come anticipato, il bolom è la rappresentazione della soppressione della voce dei Caraibi, della cultura di un popolo mai nato, in quanto massacrato sul nascere della civiltà occidentale; l'allusione all'aborto implicita nelle parole del Bolom, non è solo quella della madre ma riguarda la distruzione di popolazioni e culture “abortite” dalla culture occidentali – le madri – . L'azione di Ti-Jean si configura come quella del poeta che non solo canta vittoriosamente un paesaggio che prende vita, ma riabilita ciò a cui è stato negato forma, voce e la stessa possibilità ontologica: la cultura e l'identità. Per questo, e forse per altre ragioni l'opera è stata giudicata la più caraibica, o più caraibica rispetto ad altre. Tuttavia è bene pensare che questo per Walcott – il concetto di caraibico – non si basa unicamente su ciò che è unilateralmente dei Caraibi, in quanto deve includere un rapporto dialettico tra diverse culture, inclusa quella occidentale. La dinamica della fusione culturale – di cui parlano i critici – è complessa e sottile e non è semplicemente la rappresentazione di accostamenti tematici, bensì il ribaltamento inserito nel linguaggio e nella configurazione delle stesse metafore che Walcott è riuscito a generare. Il patto di Ti-Jean è il patto stipulato dallo stesso poeta con il suo background culturale più “diabolico” quello occidentale, con cui è inevitabile e necessario uno scambio affinché il mondo di Ti-Jean si rigeneri e il al bolom venga garantita un'esistenza.
Nella scena finale il diavolo si rifiuta di perdere e cerca di opporsi alla vittoria di Ti-Jean, rivendicata dal bolom assieme alla sua dovuta ricompensa. Il diavolo ammette la sconfitta e con amarezza si congeda da Ti-Jean.
DEVIL
Farewell, little fool! Come, then,
Stretch your wings and soar, pass ver the fields, Like the last shadow of night, imps, devils, bats, Eazaz, Beelzebub, Cacarat, soar!Quick, quick, the sun! We shall meet again. Ti _Jean and your new brother! The features will change, but the fight is still on. 435
Sebbene mai pronto a dichiararsi definitivamente sconfitto, con queste parole, la figura del diavolo diventa meno aggressiva e negativa. La resa lo rende più umano. Così, poco prima, nel momento in cui Ti-Jean gli rivela di avere incendiato la sua tenuta, il diavolo-padrone rivela la propria identità, si toglie la maschera da “white planter” e ammette di essere stato imbrogliato da Ti-Jean.
DEVIL
(flings the mask away)
I'll be what I am, so to hell with you. I'll be what I am(...)
I'm the prince of obscurity and I won't brook interruption! Trying to mislead me, because I bee drinking. Behave, behave. That youngster is having a terrible effect on me. Since he came to the estate , I've felt like a fool. First time in my life
434Ibid. p. 162 435Ibid. p. 164.
too. ....I'm drunk ì, and hungry ( The FROG , his eyes gleaming, hops across his path) O God. O God, a monster! Jesus, help!...436
La dimensione umana del diavolo è evidente dal riferimento ai bisogni puramente fisici -- la fame e la sete -- ma ancora di più attraverso l'invocazione a Dio e Cristo. Com'è possibile che il diavolo si metta a pregare? Com'è plausibile che il demonio chieda aiuto a Gesù? Come è possibile che si spaventi vedendo il ranocchio-narratore? Forse il suo essere mostruoso è dato dalla sua funzione come alter ego di un autore che ha il coraggio di sminuire e umiliare la maestosità del demonio? Il legame indissolubile tra il bene e il male è una verità che riguarda la speculazione filosofica, ma non per questo si può facilmente concepire una possibilità di redenzione per il principe dell'inferno. La dottrina ci insegna che il maligno è convinto della sua scelta di ribellione e niente e nessuno lo potrebbe mai convincere a cercare un “dialogo” con Dio. Resta il fatto che Walcott crea un'immagine di Satana disposto a invocare Dio. Anche questa è una trasgressione, una deviazione culturale come quella inserita nella dinamica del patto. In pratica Walcott mostra e concepisce un diavolo sconfitto da un semplice poveraccio -- ben distante dal mitico negromante tedesco che nella leggenda classica aveva persino amato Elena di Troia -- e per di più pronto ad invocare la divinità; non solo trasgressione, ma anche scambio di ruoli, pensando che l'invocazione della misericordia divina è prerogativa del dannato, come appare nella scena finale del Faust di Marlowe.
Anche se distante dal grande esempio di diavolo “umanizzato”, del Paradise Lost, dove la figura di Satana è stata apprezzata per la sua valenza rivoluzionaria, ispiratrice di figure eroiche romantiche, a partire dal byronic hero, il diavolo di Walcott potrebbe, per il suo carattere “umano”, anche pronunciare le famose parole miltoniane :
The mind is its own place, and in it self
Can make a Heav'n of Hell, a Hell of Heav'n. What matter where, if I be still the same, And what I should be, all but less then he Whom Thunder hath made greater? Here at least We shall be free; th' Almighty hath not built Here for his envy, will not drive us hence: Here we may reign secure, and in my choice To reign is worth ambition though in Hell: Better to reign in Hell, then serve in Heav'n.437
Tuttavia, nonostante il riferimento al suo status “the prince of obscurity”, il diavolo caraibico non convince come vero e unico rappresentante del male, anzi pare proprio essere sull'orlo di una piena crisi d'identità. Soltanto con la sua battuta finale pare riprendersi, congedandosi sia da Ti-Jean che dal pubblico, con un tono più austero e altisonante, cercando di ristabilire la propria autorità e la propria funzione di puro male, pronunciando gli altri nomi con cui si designa il maligno.
Tuttavia, quello che è avvenuto nel testo e di conseguenza sulla scena è incancellabile. Walcott ha creato un “mondo possibile” in cui:
− il diavolo perde,
− il diavolo mostra gli istinti umani più bassi,
− il diavolo prega e invoca l'aiuto di Dio.
436Ibid. p. 151.
La piccola trasgressione al canone da parte di Walcott è netta e evidente e rientra nella volontà di contribuire attraverso il testo teatrale, ad un allargamento del canone stesso. Come si affermava nel primo capitolo, il testo teatrale è anche un testo culturale, il quale, in base a quanto presupposto produce cultura all'interno di uno scambio tra cultura e testo come ipotizzato dallo stesso Lotman e come possibilità data al testo stesso di mettere in crisi verità acquisite ribaltando l'analisi dei contenuti. In questo senso l'opera in esame produce un simile ribaltamento manipolando la figura di Satana che si concretizza come la metafora del colonialismo ma anche come il mezzo per mostrare – dall'interno- le sua stesse debolezze. Nel saggio “Per un'indagine sulla convenzione del testo drammatico” di Paola Gullì Pugliatti, si cerca, partendo sempre dalle teorie di Lotman, di studiare la dinamica tra le deviazioni testuali inserite nella mobilità del sistema codificante e l'aumento del volume della memoria collettiva. 438L'autrice riflette tuttavia sul fatto che solo alcune deviazioni sono possibili, per non
precludere una non-leggibilità del testo escludendolo dalla memoria collettiva. Tale prospettiva facilita la comprensione dell'importanza del testo di Walcott, nel quale agendo proprio sulla memoria collettiva -- la favola e il folklore – l'autore riesce a strutturare una deviazione testuale sul sapere condiviso, anche se in maniera sottile e obliqua, o se si vuole, mascherata come è lo stesso diavolo nel testo e sulla scena. Essere riuscito ad indebolire la figura che incarna il colonizzatore e la rappresentazione del male, significa operare una rivoluzione all'interno dello stesso linguaggio, utilizzando i suoi stessi strumenti ma ribaltandoli in una prospettiva completamente inusuale se non addirittura straniante.