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i La rivoluzione femminile: il corpo e la danza

Storie e parabole postcolonial

3.1.3 i La rivoluzione femminile: il corpo e la danza

La vera rivoluzione non è quella dei capi della rivolta; questo messaggio era già abbastanza evidente nell'opera giovanile di stampo shakespeariano. The Haitian Earth nasce dopo la grande maturazione artistica e teatrale prodotta con Dream on Mountain, che denuncia definitivamente ogni pretesa di presa di potere e di rivendicazione da parte dei neri. La rivoluzione concepita dall'autore sarà completamente interna al linguaggio artistico e scenico; così in questa opera si concede un ulteriore sviluppo al ribaltamento dei ruoli nello spazio di un teatro postcoloniale: la possibilità di articolare la propria storia e identità non è riferita solo al personaggio e all'attore “nero”, ma anche alla figura femminile, entrambi corpi e quindi segni di un nuovo teatro. Accanto alle vicende politiche, Walcott sviluppa la storia d'amore tra Pompey e Yette. La donna, un' ex prostituta mulatta, riceve in eredità un appezzamento di terreno e di conseguenza si dedica al lavoro agricolo. L'identificazione tra la donna e la terra come unica ricchezza dell'isola e possibilità di rigenerazione per Pompey, rappresentano il nucleo di una vera rivoluzione. Nella terra Yette ritrova la sua dignità:

YETTE:

...Not in bed but in the earth, trying to plant something. (...)374

I glad. The white part of me is the town. The black part of me is the country.

But the place coming well, and I thank you. 375

Ringraziando Pompey che le offre aiuto nel campi, Yette riconosce che è sempre la terra che fornisce la ragione dell'idillio tra i due personaggi e consolida il legame con il loro spazio naturale:

YETTE

Is so nice here. I will never go back. I can't believe that over on these hills Niggers killing each other, people dying... is so quiet and happy here. (...)376

Il senso di appartenenza alla terra li esclude dal delirio del massacro rivoluzionario mentre i due personaggi si radicano sempre di più nella terra:

POMPEY

Why I want you? Because I want to see you with your arms brown and shining picking the corn that will die if do not come. (...) Because it is the time

of peace. The war will finish. (...) you and I , we is Haiti, Yette. 377

Riconosciuti come i veri vincitori della vicenda, Yette e Pompey si estraniano sempre di più dallo sfondo politico per addentrarsi nella rappresentazione della vera anima caraibica. Il loro incontro, inciso

374Ibid. p. 334. 375Ibid. p. 355. 376Ibid. p. 356. 377Ibid. p. 386.

nella terra di Haiti, si consolida nella danza. Nella scena 11, Pompey, prima di incontrare Yette si esibisce in una danza festosa, mentre poco dopo è lo stesso ritmo che permette il primo approccio con la donna. Pompey si delinea come fisicità pura, la forza opposta al pensiero, il linguaggio del corpo che si integra con la bellezza della parola e della musica nel teatro walcottiano. Non è un personaggio completo, e come tale necessita di una metà che lo rende segno corporeo e “comunicativo” nel nuovo spazio teatrale di Walcott. Rivolgendosi a Touissant, Pompey, infatti dichiara:

POMPEY

'Ous pas kai danser? All you do is read .

day and night read...

My head. I wish I could put something in my head. No education. That is why I am so.

You know. Woman. Good time. That's why. Dancing. (...)378

La fisicità di Pompey si completa con la spiritualità di Yette. Stuprata da Dessalines -- atto simbolico di conferma di un potere labile nelle mani di un re illetterato e brutale -- Yette si vendica compiendo un rito voodoo contro Christophe, complice del violentatore della donna, dei massacri ai danni della popolazione. La descrizione del rito è sviluppata attraverso una scena “muta”, simile a quella in cui compariva Anton, anch'essa specchio dei rituali folklorici del luogo:

Scene 16

belle Maison. 1820. A Room. YETTE rises out of bed and goes to a chest of drawers, one of which she pulls out carefully, so as not to wake POMPEY. (...) She brings out an object from the bottom of the drawer. It is an effegy of CHRISTOPHE, dollsize, in coronation robes and with a crown. (...) Yette places a crucifix next to the doll king. She dips the pin into the paste. She heats and turns the long, sharp pin slowly in the flame. (...) Fade-out.379

Vittima e carnefice dell'ansia di potere di Dessalines e Christophe, Yette, sebbene condannata a morte, gli infligge una pena eterna: il suo rito magico e il suo sguardo prima di morire rappresentano un inferno eterno a cui il rivoluzionario è condannato. Il rifiuto della politica dei “rivoluzionari” omologati ai capi europei, rappresenta la volontà della gente di Haiti, così come il sacrificio di Yette rende il suo personaggio degno di quello di una grande eroina. Il fatto che sia una donna è doppiamente significativo. Non solo è il completamento di un doppio maschile che rappresenta la fisicità della cultura caraibica, e non solo incarna l'anima del Black magic della cultura locale di Haiti, ma, in tal senso, rappresenta anche il segno “teatrale” che permette un ribaltamento delle prospettive e una “riformulazione dei significati culturali dominanti”, citando le parole di Cristina Demaria. Il corpo dell'attore nero e il corpo femminile, nel teatro post-coloniale, agiscono come segni comunicativi visibili il cui scopo è quello di ribaltare il ruolo dei rapporti tra colonizzati e colonizzatori. In questo caso, il corpo di Yette agisce come metafora della colonizzazione: da “prostituito”, nel senso di “colonizzato” diventa proprietà della donna, azione che coincide con il suo attaccamento alla terra, intesa come ri-appropriazione del proprio corpo. Lo stupro, tuttavia, simboleggia l'atto di violenza non più come prerogativa del colonizzatore bianco, bensì come atto rappresentativo della violenza folle e insensata dei rivoluzionari, che si appropriano del territorio come del corpo di Yette. A proposito della violenza fisica è opportuno approfondire: Gilbert and Tompkins scrivono come lo stupro sia spesso

378Ibid. p. 340. 379Ibid. p. 427.

stato rappresentato nel teatro come metafora della violazione e dello sfruttamento della terra, condizione che si rafforza in Walcott poiché Yette è immediatamente identificata con la terra. Il messaggio di Walcott contro il sistema rivoluzionario si sviluppa utilizzando un motivo fondamentale del teatro post-coloniale, quello dello stupro, anche se non più riferito alla violenza dei bianchi, bensì a quella degli abitanti dell'isola verso i loro connazionali più deboli. Attraverso lo stupro Walcott inscena l'ambiguità del concetto di libertà rivoluzionaria e mette in crisi la dicotomia tra il colonizzatore e il colonizzato. Il corpo di Yette come segno linguistico, permette infatti di riflettere sui rapporti interrazziali interni delle isole, in senso interculturale e sulle difficoltà che emergono all'interno di tali relazioni. A differenza della preponderanza di figure maschili che emergono in queste opere, nella fase successiva, l'autore considera il ruolo della donna in senso cruciale sia in ambito postcoloniale che in quello inter- e multiculturale. The Haitian Earth, testo drammatico del 1984, appartiene a questa tendenza e la figura della donna ha un ruolo non solo tematico ma è anche funzionale nella concezione stessa del teatro di Walcott. Il corpo della donna, come già ribadito, al pari di quello dell'attore- personaggio nero e di colore, ha il valore di concedere un ribaltamento delle prospettive e dei ruoli sociali in una realtà ibrida e creolizzata. Yette incarna la figura della donna liberatrice, che nonostante lo stupro riesce a vendicarsi. La ragione deriva dalla sua riscoperta di un forte legame con la terra di Haiti, considerando che l'attaccamento al proprio spazio nativo, nelle opere di Walcott, si delinea come valore fondamentale per tutti coloro che popolano le terre caraibiche; in secondo luogo, proprio in questa scoperta e tramite il rito magico, si sviluppa in Yette, l'anima della strega, ovvero della donna che grazie a poteri magici riesce a manipolare la realtà. La strega è un personaggio carico di implicazioni negative, sin dall'antichità e in particolare nel teatro inglese – anche in Shakespeare, in Macbeth e persino nel personaggio femminile in The Taming of the Shrew – fino all'immagine di Abigail creata da Arthur Miller in The Crucible, la donna-strega apre in maniera netta e preponderante uno spazio di inquietudine e di ribaltamento delle certezze e dell'ordine attraverso la messa in scena

teatrale.380 Yette è, al contrario, una figura di donna positiva e incarna la possibilità di redenzione

dell'immagine dell'identità caraibica. In questo modo, Walcott rivoluziona i tradizionali ruoli femminili, consolidati da numerose immagini letterarie, in cui la figura femminile appare come angelica oppure, all'opposto, come incarnazione diabolica. Yette non è malvagia e nemmeno demoniaca, è semplicemente vittima di giochi di potere. Il legame con la terra e il ripudio della prostituzione la rendono un personaggio positivo; come donna di colore, Yette, produce l'unica vera azione rivoluzionaria possibile per l'autore, anche se è trattata e condannata come una qualsiasi strega. E' proprio da questa considerazione che si intuisce la “rivoluzione” realizzata anche dall'autore stesso: il cambiamento autentico e profondo non è causato dall'ingiusta vendetta dei capi rivoluzionari, ma da una donna nera, ex-prostituta e strega, simbolo, in parte, dell'anima ibrida e lacerata del suo stesso popolo. Yette è, quindi, una figura centrale e dominante; la sua sconfitta – nella vicenda impiccata come nella vera caccia alle streghe - è in realtà una vittoria sul palcoscenico, simboleggiando l'anima e il nutrimento della nuova e vera terra di Haiti e il recupero di un corpo femminile che- sebbene stuprato - trasmette, nello spazio della scena, il nuovo modo di concepire la storia e l'identità dei Caraibi:

POMPEY: (...)

Ah. Yette, chèrie, i took your body down To give enterrement in the Haitian earth. You will turn into grass in a high wind,

You will have no regiments but the waving canes,

You will be a country woman with a basket Walking down a red road in the high mountains. 381

Il sipario si chiude e le parole di Pompey celebrano una terra caraibica che vive di un'unica vera rivoluzione: quella di Yette.