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Il Sincretismo teatrale: interculturalità, riscritture e memoria.

Le opere trattate in questa sezione sono state redatte tra gli anni settanta e anni novanta, Tale periodo comprende momenti cruciali, ma anche di forte tensione nella vita del poeta e drammaturgo, tra cui la rottura con il Trinidad Theatre Workshop, il trasferimento temporaneo a Boston, l'incarico di professore all'università e il conferimento del premio Nobel nel 1992. Temi centrali di questo gruppo di opere restano sempre le questioni post-coloniali, anche se la ricerca di Walcott pare incentrarsi sulla riflessione del ruolo del teatro come strumento di comunicazione nell'ambito della società caraibica e come questo possa rappresentare uno spazio di articolazione di nuovi contenuti culturali. La ricerca stilistica, impostata sia sulla lingua che sui metodi di recitazione portano Walcott ad interrogarsi continuamente sul valore del teatro e dell'artista che vi lavora e deve confrontarsi con una società sempre più complessa e fondata sulla fusione e sullo scambio culturale. In questo senso il teatro, di cui l'isola diventa più volte la metafora, si configura come il luogo dell'incontro e dello scontro di culture, ma anche della relazione e del confronto di esperienze. La messa in scena è anche concepita come esplorazione della psiche dei personaggi, causa di crisi interiori scaturite dal confronto con il proprio passato, i propri sentimenti e la costruzione di un'identità sempre più in bilico tra mondi e atmosfere dissonanti. Per questo motivo le tracce postcoloniali si confondono con istanze universali, nell'intento di strutturare uno spazio in cui si annullano confini e dicotomie. Non bisogna mai dimenticare che studiare i testi teatrali di Walcott significa sempre tenere a mente le prerogative di un testo teatrale post-coloniale pertanto contenente tutti quei “markers” che sono stati identificati da Gilbert and Tompkins e dovutamente citati in questo ambito(secondo capitolo). L'analisi riportata infatti tende a circoscrivere varie tipologie di testi e di esperienze teatrali in senso post-coloniale, multiculturale e interculturale. In base a quanto si vuole realizzare in questo capitolo è possibile intuire una completa confluenza di queste suddivisioni nei testi walcottiani: l'istanza post-coloniale è sempre marcata e presente, anche nelle opere relative alla storia americana; tuttavia ciò non ha impedito lo sviluppo e il generarsi di una visione aperta, in continuo divenire incentrata sia sull'intercultura che sul multiculturalismo. Partendo da questa considerazione è lecito ipotizzare uno sviluppo tematico e stilistico, anche se resta sempre centrale l'intento di Walcott di realizzare uno spazio di completa fusione culturale, come effettivamente si cercherà di dimostrare nel corso di questa analisi. Il raggruppamento delle opere prevede l'enfasi su determinati aspetti indicati nel sottotitolo ma non preclude l'inclusione anche in altre opere. Del resto risulterebbe particolarmente difficile riuscire a enucleare in modo esaustivo tutti gli aspetti tematici e linguistici di ogni opera e per questo motivo si è preferito focalizzare su alcuni temi che risultano più “aggressivi” rispetto ad altri. Come conseguenza, manca il rispetto della cronologia in quanto O'Babylon precede le opere del suo gruppo ma è rappresentata dopo The Joker of Seville, opera analizzata all'interno del secondo gruppo. Lo scopo è quello di cercare adeguatamente al testo, un'identità culturale che rende la cultura dei Caraibi sempre più creolizzata e al contempo globalizzata. La dinamica dell'incontro-scontro tra e con culture diverse dovrebbe risultare come un elemento endogeno all'interno della stessa cultura caraibica che si modula sempre più attraverso il confronto con l'altro – anche se doloroso e faticoso – e un'assimilazione che la proietta in una dimensione “esterna”, fuori dai confini spaziali delle isole stesse. Il teatro di Walcott – sempre più sincretico e sempre proteso alla ricerca di nuove forme espressive – cerca questa soluzione: non significa, come abbiamo visto un ritorno alle primordiali radici africane, non significa ritrovare un'identità esclusivamente nello spazio dei Tropici, ma significa importare ed esportare una qualità

culturale che si fonda sulla fusione e sull'armonia di tutto quanto è centrifugato dalla genialità e dalla sensibilità di un autore che ha saputo guardare al proprio mondo con uno sguardo intenso, proiettato sulla sua terra e di conseguenza su tutto ciò che essa poteva assorbire e rielaborare dall'esterno. Questa dinamica dovrebbe risultare particolarmente evidente nel primo gruppo di opere, mentre nel secondo si cercherà di enfatizzare oltre gli aspetti più introspettivi e psicologici, l'incontro tra la tradizione e le nuove prospettive interculturali in un ambito di ri-scruttura. La memoria, come incontro di memoria storica, collettiva e personale risulta la traccia comune del terzo gruppo di opere, cercando di sottolineare come queste diverse istanze portano a scelte di comunicazione teatrale che sfociano nel sincretismo. E' bene sottolineare comunque che la divisione proposta è un'ipotesi di lavoro che include la possibilità di tornare e di esaminare le diverse problematiche in tutte le opere analizzate. Come ben sappiamo la drammaturgia walcottiana risente degli sviluppi poetici e spesso i critici hanno evidenziato i parallelismi tematici tra le produzione nei due generi. Centrale in Walcott è sempre, all'interno della definizione della propria identità culturale, il senso profondo di divisione. Il problema della divisione, dello "split" interiore del poeta rimane un problema ancora irrisolto che tenta di trovare voce e soluzione in The Gulf, dove l'acqua che separa St. Lucia dagli Stati Uniti diventa metafora della spaccatura tra il poeta e tutto ciò che ama, tra la consapevolezza adulta e i suoi ricordi d'infanzia, tra i suoi mille interessi a livello internazionale e il sentimento di unione con la sua terra d'origine. Questi rimarranno i temi costanti di molte sue poesie in particolare da Another Life, un lungo poema autobiografico che esamina il ruolo della poesia, della memoria e della coscienza storica nel tentativo di collegare le distanze all'interno della psiche post-coloniale, fino all'ultima opera poetica di Walcott The Prodigal, anch'essa una lunga poesia autobiografica, dove l'autore attraverso un lungo viaggio in Europa, tra storia, arte e ricordi personali, sembra esprimere un ultimo testamento spirituale, cioè quello di essere comunque legato ad un'identità diasporica e di trovare una dimensione nell'atto del ritorno, cioè di appropriazione del proprio luogo -l'isola di St. Lucia- solo dopo avere fatto esperienze in luoghi diversi e lontani. La ricerca di un "compromesso" tra l'essere un artista nato nei Caraibi e l'essere in continua tensione verso un mondo "altro" è trasferita anche nelle successive opere drammatiche. Come già precedentemente delineato le opere drammatiche degli anni '70 (O'Babylon e The Joker of Seville) approfondiscono i temi legati alle problematiche relative alla ricerca di un'identità caraibica in uno scenario di conflitti politici e razziali, dove la divisione interiore del personaggio si risolve in un dramma personale.

Le opere successive Remembrance (1977) e Pantomime (1978) si confrontano ancora con il tema dell'identità fratturata e della schizofrenia culturale, politica e personale. Il protagonista di Remembrance, Albert Perez Jordan, è un maestro di scuola il cui figlio maggiore è rimasto ucciso nei disordini della ribellione del movimento Black Power nel 1970. Il suo dramma comprende un senso di rabbia e angoscia causata da un impegno politico che non riesce né a comprendere, né a giustificare. Incapace di confrontarsi con il suo passato e con la sua famiglia, Jordan si ritrova diviso tra la generazione più vecchia devota alla tradizione, e quella giovane impegnata nell'istanza rivoluzionaria. I personaggi di Pantomime vivono una situazione di "split" molto simile, anche se in quest'opera è molto più marcata la questione razziale. Riprendendo nuovamente la storia di Daniel Defoe, Walcott crea un "play-within a play", dove il cameriere d'albergo nero Jackson recita la parte di Crusoe e l'impiegato bianco quella di Friday.Il rovesciamento della relazione codificata tra servo-padrone mette in luce il preoccupante rapporto che lega i bianchi e i neri, servi e padroni, colonizzatori e colonizzati .A differenza di altre opere, tuttavia il protagonista, Jackson, si realizza in una situazione ben lontana dall'essere irreparabile: infatti unendo il suo talento di cantante di calypso alla creazione poetica in

lingua inglese, propone come soluzione il rispetto delle differenze e la possibilità di "curare" le vecchie ferite.

Parallelamente la poesia di questo periodo cerca di esaminare la continua tensione del rapporto tra arte e vita e ancora di più, dopo la rottura con la compagnia di Trinidad, quando a Walcott viene offerto di lavorare all'università di Boston, la sua opera riflette sulla tensione tra il suo ruolo ancora una volta diviso tra quello di educatore in un istituzione "occidentale" e quello di poeta di una piccola isola dei Caraibi. La sua poesia verterà sui temi della partenza dolorosa dal proprio luogo d'origine e dei ritorni caratterizzati dai sensi di colpa per l'assenza e il distacco dal suo popolo. In una poesia di SEA GRAPES, Walcott, infatti rappresenta la figura di Odisseo - personaggio mitico che accompagna una larga parte dell'opera recente dell'autore- come un uomo diviso, tra l'essere un marito che ritorna a casa e un adultero incapace di dimenticare le sue avventure . La grandezza di Walcott sta proprio nella sua capacità di affrontare tutte le sue esperienze cercando in esse materiale d'ispirazione artistica.

Anche in questa dimensione l'autore riflette infatti sulla propria condizione di esiliato, sull'espatrio e sul fatto che essendo un poeta caraibico la storia del suo popolo è un'assenza, una lacerazione o come la chiama lo stesso Walcott un'amnesia. Venduti come schiavi strappati dai propri villaggi africani, discendenti di "masters" bianchi che vedevano nelle donne di colore l'oggetto di sfogo dei loro istinti, gli antenati delle popolazioni delle isole antilliane hanno generato un'identità di passaggio, diasporica, fatta di molteplici etnie e culture, generando quella creolità che è in continua evoluzione e cambiamento. Questa è anche l'identità di Derek Walcott: quella che si concretizza liricamente nella realtà del viaggio e del perenne confronto con altre culture ed esperienze. Non è un caso se - come già anticipato- la figura che maggiormente si adatta alla dimensione walcottiana è quella di Ulisse. Il personaggio dell'Odissea rappresenta il mito su cui si fonda un'ampia fetta della cultura occidentale, a cui l'autore è profondamente legato; inoltre incarna il desiderio mai soddisfatto di conoscenza e di confronto, infine rappresenta la ricerca del nuovo ma anche la volontà del ritorno a casa. Sono tutte istanze riconducibili a Walcott che ha manipolato il mito di Omero, creolizzando i personaggi dell'Odissea e appropriandosi così di uno dei più importanti modelli della cultura dell'Occidente nell'opera Omeros, che nel 1992 lo ha portato ad ottenere premio Nobel.

E' grazie a questo lungo poema che la commissione per il Nobel ha riconosciuto la grandezza di un

poeta che prima di tutto ha scritto opere di teatro che hanno regalato alla letteratura caraibica una forma unica e autenticamente "nativa"proiettata in realtà globalizzata. Omeros rinarra l'epica omerica senza divinità e guerrieri, ma trasformando i ben noti personaggi mitici in pescatori caraibici i cui nomi derivanti dalla tradizione greca, nascondono le loro identità ibride. Nonostante sia scritto in terza rima e strutturato secondo uno schema ritmico e metrico ben preciso, l'opera non è un'epica nel senso tradizionale: il narratore- dalla forma transitoria e mutevole, appare sotto le spoglie di Omero in diverse parti del poema, e , invece di raccontare una singola "quest", narra diversi viaggi negli angoli nascosti della storia coloniale. Probabilmente il successo di Omeros ha a che fare con la particolare condensazione di temi che hanno caratterizzato tutta l'opera di Walcott fino a questa fase della sua carriera: la bellezza della sua isola natale, il peso dell'eredità coloniale, la frammentazione dell'identità caraibica e il ruolo del poeta nell'esprimere la propria schizofrenia culturale.

Dopo il premio Nobel, l'autore ha continuato a scrivere in maniera feconda pubblicando The Bounty nel 1992, un'altra opera in poesia e nel 2000 l'interessantissimo poema Tiepolo's Hound dove oltre a delineare liricamente la vita e l'arte del pittore impressionista Camille Pisarro, Walcott offre una meditazione sul significato dell'arte che nasce dall'esperienza dell'esilio, dalla dimensione dell'espatriato come nel suo stesso caso e in quello di altri artisti. L'opera infatti unisce la ricerca di due

uomini caraibici: Camille Pissarro, appunto, che nel 1830 lasciò la sua nativa St. Thomas per seguire la sua vocazione come pittore a Parigi, e quella del poeta che ricerca un particolare di un quadro veneziano che vide nella sua giovinezza a New York. Entrambi i viaggi diventano la metafora della ricerca artistica e della concretizzazione dell'arte nell'esperienza di una realtà altra, diversa da quella in cui si è nati. Nel caso di Tiepolo's Hound il viaggio riapre ancora una volta la ferita irrisolta tra il paesaggio perduto della propria infanzia e giovinezza e quello idealizzato e mitico dell'Europa continentale.

A questo proposito non sarebbero da dimenticare gli spunti di analisi offerti dalla vicinanza con una altro grande autore del Novecento, James Joyce, che come Walcott si è ritrovato "segnato" da un cammino artistico che lo ha portato ad allontanarsi dalla propria patria, che sebbene aspramente ripudiata, rimane l'anima profonda della propria arte. Non a caso entrambi gli autori hanno scelto il personaggio di Ulisse come metafora della propria poliedricità e del proprio slancio artistico mosso da una ricerca stilistica in continuo divenire.

Tiepolo's Hound ci fa anche conoscere un Walcott pittore. Fortemente affascinato dalle opere di grandi pittori come Cézanne, Gaugin, Van Gogh; Walcott ha sempre tentato di rendere visivamente le "tinte forti" del mondo caraibico, tanto che spesso i suoi versi acquisiscono una carica di plasticità che disegna i contorni del paesaggio e della gente delle Antille. In Tiepolo's Hound, Walcott sottopone al lettore i propri quadri che ritraggono l'ambiente e la vita quotidiana delle isole caraibiche: giocatori di domino, turisti sulle spiagge, una chiesa tra le palme, pescatori che preparano le reti e molti altri.

Le opere drammatiche più recenti scritte negli anni ottanta, sono The Last Carnival, Beef No Chicken e A Branch of Blue Nile. Questi testi segnano un'ulteriore evoluzione della forma drammatica walcottiana, definendo un teatro più introspettivo, maggiormente basato sul dialogo e meno sulla spettacolarizzazione della scena, caratterizzato da toni comici e umoristici, animato dalla fusione di elementi linguistici locali e standard English, e dall'esplorazione del tema incentrato sulla ricerca di una soluzione derivante dalla divisione tra mondo caraibico e mondo occidentale.

The Last Carnival in particolare affronta il tema della creolità, intesa non solo come canti calypsoes e carnevale ma anche come violenza e distruzione. In quest'opera è centrale anche la riflessione dell'artista creolo e dell'imitazione fallimentare dei modelli europei, in pratica ripropone in modo molto più profondo rispetto ad altre opere lo scontro tra eurocentrismo e identità creola.

Beef, No Chicken offre sotto le spoglie di una leggera commedia, il dramma del personaggio centrale costretto a sottostare alle leggi economiche e capitalistiche e quindi similmente ai Rasta di O'Babylon, costretto a vendere il suo piccolo ristorante all'impresa edile che costruirà una nuova autostrada.

Anche in ambito teatrale Walcott non mancherà di riproporre il mondo della mitica Grecia attraverso l'opera Odyssey A stage Version del 1993. Qui Walcott utilizza il palcoscenico per drammatizzare alcuni elementi psicologici e tematici presenti nella storia originale. L'esplorazione del viaggio di Ulisse avviene attraverso la realizzazione di coppie di particolari personaggi come Antinoo e Aiace, Nausicaa e Melantho, i ciclopi e Arneo. In questo modo i personaggi incarnano i ricordi e l'immaginazione di altri personaggi, tra cui non mancano Penelope, il figlio Telemaco, Alcinoo e la figlia, così come la vecchia balia di Ulisse Euricleia, e molti altri. L'autore cerca di forgiare in maniera autonoma la personalità di questi personaggi mitici e l'opera è inoltre caratterizzata da una vivacità dinamica, dal "sense of humour" creato da un dialogo sottile e contemporaneamente ricco di significati. Ancora una volta Walcott ha saputo dimostrare non solo il suo attaccamento al mondo omerico, ma anche la sua visione politica e culturale in relazione al mondo e all'essere umano. Per concludere questa breve introduzione si ribadisce che in questo secondo percorso si ipotizza una suddivisione delle opere

abbastanza lontana da quella tradizionale, cronologica, per seguire uno schema di sviluppo artistico dell'autore, che scaturisce dal suo background incentrato sull'incontro/scontro di diverse culture.

Da uno prima fase di conoscenza e opposizione emerge una condizione di crisi identitaria quasi perenne e “endemica”. La crisi della percezione dell'identità del soggetto e le diverse cause ed effetti portano alla creazione di uno spazio sincretico e ibrido in cui interagiscono più forze evidenziate in scambi di ruoli e riposizionamenti del singolo all'interno della storia.

Analizzando The Odyssey, sotto un certo aspetto, la si dovrebbe considerare come “climax” della produzione teatrale di Walcott, come momento finale, metaforicamente rappresentato dal ritorno all'isola, espresso in parallelo anche nella poesia con The Prodigal. Si tratta della realizzazione di un passaggio attraverso cui Walcott non rinnega tutto ciò che ha rappresentato la cultura occidentale, al contrario la rende propria in un contesto caraibico per diventare parte della letteratura mondiale. Scrive Armando Gnisci parlando della letteratura caraibica:

Le letterature antillane caraibiche – dai francofoni .... agli anglofoni D. Walcott,... oltre ai cubani – (...) esprimono la vitalità più spiccata verso uno nuova “civiltà creola” una cultura mondiale del futuro che esse già incarnano e che sembra volere scavalcare sia l'ormai lontano impero culturale europeo che quello nord-americano che globalizza in maniera “ non-creola” in mondi in un unico mondo e che incombe come un pitone arcuato su tutto il golfo caraibico534.

Come suggerisce il titolo del libro di Gnisci, l'intento di autori come Walcott è stato di “mostrare” una storia diversa, alimentata dalla fantasia, dall'immaginazione, dal potere della creazione linguistica, dalla manipolazione di testi antichi, e tutto per un unico scopo: rivitalizzare la cultura mondiale secondo nuove prospettive.

4.1 Incontri e scontri culturali 4.1.1 O'Babylon!

L'opera è stata rappresentata per la prima volta nel 1976 al Trinidad Theatre Workshop. L'autore, oltre che regista per la prima rappresentazione, ha curato anche la scenografia e i costumi assieme a Richard Montgomery. Oltre alla recitazione, l'opera prevede molte parti cantate e danzate: O'Babylon, similmente a The Joker of Seville è infatti un musical

La storia tratta delle vicende di una comunità di rastafari che vive abusivamente su una parte di spiaggia di fronte al porto di Kingston ,capitale della Giamaica. Il periodo coincide con la vista nell'isola dell'imperatore etiope Haile Selassie I nel 1966. Il movimento rastafari, la cui dottrina si basa sulla non-violenza, la pace e l'amore, identificava Selassie con Jah, il Dio Vivente.

L'azione si dipana tra due scenografie principali rappresentanti l'insediamento dei rasta sulla spiaggia da una parte, mentre dall'altra appaiono la discoteca e il lounge di un lussuoso albergo, simboli del commercio e dell'industria del turismo su cui si basa quasi l'intera economia del paese. I rasta, infatti, saranno costretti a lasciare il loro accampamento abusivo per fare posto ad un cantiere che erigerà un resort per turisti. L'iniziativa edile è capeggiata da Arnold Dewes, uno dei responsabili del piano regolatore della città, Deacon Doxy, un leader politico, che diventerà il direttore dell'albergo, assieme a Mrs Melanie Powers , direttrice del centro di riabilitazione sociale.

La comunità rasta è infatti composta da ex- criminali e venditori ambulanti che hanno ritrovato una nuova dimensione sociale nella famiglia e nel lavoro.

Nella nota introduttiva l'autore spiega anche la sua scelta linguistica, realizzata per la creazione di personaggi rasta credibili. Partendo dal presupposto che l'inglese giamaicano presenta notevoli variazioni rispetto all'inglese standard, bisogna considerare che i rastafari hanno creato una loro