Storie e parabole postcolonial
P. LAVOSIER He had God
3.2.2. i La vicenda e i personaggi: la struttura della favola
La fonte più diretta e immediata che risulta dalla lettura dell'opera è quella del patrimonio folklorico dei Caraibi Il nome Ti-Jean è probabilmente ricavato da antiche leggende e superstizioni di Haiti, ma più di tutti, è la figura di Papa Bois, il vecchio del testo di Walcott, il personaggio diabolico, diavolo egli stesso, che riflette la volontà dell'autore di attingere alla cultura locale. Nel Carnevale di Trinidad, Papa Bois è una maschera e un personaggio legato al folklore del luogo; appare nei boschi e può assumere diverse sembianze tra cui quella di un vecchio cencioso, come nel testo di Walcott. Come vedremo, anche in questo caso, l'autore manipola un elemento culturale in base alle proprie esigenze testuali e rappresentative.
Il Papa Bois della storia incarna infatti molteplici personaggi, così come la tradizione vuole, ma è anche una figura funzionale all'opera walcottiana attraverso cui si vuole rappresentare, utilizzando un unico attore-personaggio, la diffusione del male e del carattere diabolico del colonialismo. In Ti- Jean infatti il vecchio Papa Bois non è solo un personaggio costruito sull'immaginario folklorico delle isole, ma la rappresentazione del diavolo a sua volta rappresentato come un malvagio colonizzatore.
Accanto alla figura centrale di Papa Bois, il diavolo, emergono gli altri personaggi della vicenda: una madre e tre figli, Gros Jean, Mi- Jean e Ti-Jean a cui è affidato il ruolo dell'eroe, protagonista della storia, inteso come colui che riesce a modificare il destino del suo popolo a partire da sé stesso. Anche in questo caso, la fabula coincidente con l'intreccio, è semplice. La sua funzione si mantiene sulla linea didattica-esemplificativa, per questo motivo potrebbe essere raccontata come una parabola. In questa storia, come si vedrà esaminando più a fondo le possibili fonti e gli aspetti intertestuali, sarà possibile scorgere la “Parabola dei tre anelli” elaborata da Lessing in Nathan il saggio, la “madre coraggio” di
Brecht , il patto faustiano di Marlowe e Goethe, il riferimento all'episodio biblico di Giuseppe e i suoi fratelli ripreso anche da Thomas Mann e, infine, l'esplicita ripresa di elementi del teatro greco. Menzionare queste possibili connessioni testuali ancora prima di delineare la trama dell'opera e le caratteristiche dei personaggi si rende necessario nel momento in cui ci si deve rendere conto dello spessore culturale del testo e di quanto effettivamente l'autore sia riuscito a fondere traendo sia dalla cultura afro-caraibica sia da quella occidentale.
La vicenda di Ti-Jean si delinea- come è stato messo in evidenza anche dalla critica – in maniera simile a una favola, in questo caso il genere caraibico della fiaba Anansi, il cui immediato riferimento è dato dalla riproduzione sonora del verso degli animali. Come si approfondirà anche in seguito, la presenza degli animali parlanti si inserisce nella tradizione favolistica dei Caraibi, partendo dal riferimento esplicitato nel testo walcottiano del verso della rana-narratrice "crick-crack". A questo proposito è utile segnalare la pubblicazione nello stesso anno, il 1970, di Crick Crack Monkey, di Merle Hodge, autrice di Trinidad, la cui storia narra di un bambina orfana di madre, abbandonata dal padre e poi affidata alle cure di una zia. A parte il riferimento al testo narrativo citato -- esempio di una tendenza letteraria piuttosto sensibile al mantenimento delle tradizioni locali --, è necessario tenere presente il substrato di cultura locale su cui agisce Derek Walcott. Gli impliciti riferimenti alla tradizione di Anansi sono già dati, come si ricorderà anche in seguito, dall'esordio narrativo affidato alla rana, che apre la favola con il suo "crick-crack". Esulando dagli aspetti sincretici, che saranno oggetto di analisi successiva, e tenendo conto della vicenda, è possibile inoltre individuare alcune funzioni narrative tra quelle che teorizzò lo studioso russo Vladimir Propp nel volume Morfologia della fiaba.420 Le funzioni,
identificate nell'intreccio possono essere descritte come:
− allontanamento: tutti tre i fratelli, Gros Jean, Mi-Jean e infine Ti-Jean si allontanano da casa per
combattere contro il diavolo.
− Investigazione: l'antagonista – Papa Bois, alter ego del diavolo, cerca di sfruttare le debolezze degli
“eroi” per combatterli. In questo caso si tratta della forza fisica di Gros Jean e dell'assoluta fiducia nella propria conoscenza da parte di Mi-Jean. Entrambi i due fratelli non riusciranno a superare la prova e saranno sconfitti dal diavolo, il cui patto iniziale, stabilito dal “bolom” era quello di riuscire a farlo infuriare. Entrambi saranno a loro volta, al contrario, preda della rabbia di fronte alle pretese del diavolo, travestito da proprietario terriero, e per questo verranno divorati. A questo punto della vicenda risulta chiaro che il vero eroe altri non è che Ti-Jean, attivando così nella struttura narrativa almeno altre tre funzioni:
− Danneggiamento: l'antagonista riesce a recare danno alla famiglia dell'eroe. I due fratelli muoiono e
l'eroe rimane isolato,che parte per la sua missione e supera le prove.
− La partenza e il superamento della prova rafforzano la dimensione eroica di Ti-Jean, che riesce,
attraverso il buon senso e una forte dose di autoironia, a combattere la potenza maligna.
− Lo smascheramento dell'antagonista, ovvero la rivelazione del vecchio come una maschera del
diavolo il cui scopo era quello di trarre in inganno i fratelli e
− la punizione dell'antagonista: il diavolo dovrà rinunciare sia al “bolom”- il bambino mai nato – sia
a Ti-Jean.
Oltre al corpo narrativo centrale, l'opera presenta un prologo che introduce la storia. Qui i personaggi sono tutti animali che introducono la vicenda di Ti-Jean. L'intento contenuto nella cornice del prologo regala al testo quell'intensa qualità narrativa creata non solo dalla struttura favolistica a cui si è
accennato, ma anche dal tono iniziale di antica leggenda che persino la natura e gli abitanti del paesaggio – gli animali – riescono a raccontare. L'attività dello storytelling -legata anche al paesaggio tropicale - si trasforma in una storia fantastica che oltre ad essere rappresentata, anche con la danza, nasce dalla capacità di narrare dell'autore.
FROG
Aie, cricket, you croak the truth! The life of an old woman With her husband cold in earth,
Where the bamboo leaves lie lightly, And smell of mouldering flesh, How well I know that story!
Near where the mother was. Across the wet and melancholy Mountain where her hut was, o God, The Devil used to live!
(crash of cymbals. Shrieks, thunder. The animals cover as the DEVIL with his troop of fiends, the Werewolf, the Diablesse,
the BOLOM, somersault and dance across the stage. The sky is red)421
Il prologo affidato agli animali parlanti rafforza sia l'associazione del testo alla favola oltre che la rappresentazione carnevalesca. Il primo riferimento più diretto sono le favole di Esopo, favolista greco, conosciuto da Aristofane, che nell'Atene del V sec. a.C. raccontava favole animate di animali a scopi didattici. Nella cultura latina le favole di Fedro hanno avuto un'eguale fortuna nel tramandare messaggi morali servendosi del mondo faunistico. Nel testo di Walcott, tuttavia la situazione è leggermente ribaltata in quanto gli animali sono i narratori che a loro volta raccontano di vicende umane allo scopo di trarre una “morale”.Gli attori della narrazione sono quindi gli animali, oggetto della narrazione della favole classiche greche e latine. Si tratta di una delle tante deviazioni testuali che permettono a Walcott di “rivoluzionare” il canone letterario, come si analizzerà a breve a proposito della figura del diavolo. La narrazione si struttura nelle tre scene dell'opera che a loro volta coincidono con le tre vicende dei singoli fratelli. All'inizio Gros Jean incontra il vecchio uomo nella foresta e, vantandosi della sua forza, gli rivela quella che sarà la prova da superare. Giocato dallo stesso diavolo, mascherato, Gros Jean si ritrova schiavo, alla mercé di un proprietario terriero bianco, ulteriore mascheramento del diavolo, che provocandolo diverse volte, riesce a fare imbestialire il giovane portandolo alla morte. Un simile destino attende Mi- Jean, che in maniera opposta al fratello prestante e muscoloso, dispone dell'arma della cultura e di quella che ritiene essere la sua saggezza. Ritrovandosi alle dipendenze dello stesso padrone, Mi-Jean, pur cercando di combatterlo attraverso il silenzio, non riesce, alla fine, a mantenersi calmo nel momento in cui il diavolo-padrone osa affermare che una capra potrebbe essere più intelligente di Mi-Jean. Morto anche il secondo fratello, sarà Ti-Jean a tentare per l'ultima volta, nonostante il suo basso livello di autostima, a smascherare, anche se silenziosamente, il vecchio nel bosco. Una volta giunto alla piantagione, Ti-Jean condurrà la rivolta degli schiavi e provocherà l'incendio della tenuta causando l'ira del diavolo, definitivamente sconfitto, mentre il “bolom” -- il feto -- iniziale messaggero del maligno, sceglierà la vita e Ti-Jean come suo nuovo fratello.
All'interno della vicenda tragica dei fratelli di Ti-Jean e della sua vendetta, assumono grande rilevanza altre due varianti narrative: quella relativa alla madre e al bambino mai nato.
La madre dei fratelli non è un personaggio secondario, bensì decisivo all'interno della vicenda. Esso conferisce forza e significato all'esperienza della partenza da casa da parte dei figli, intesa come momento di grande sofferenza dovuta al distacco dal grembo materno. La madre stessa è una figura sofferente, destinata a soccombere alla potenza del male e impossibilitata a godere della vittoria del figlio. La sofferenza della figura materna si evidenzia in diversi parti del testo: nel prologo, quando la rana narratrice introduce la storia; alla fine del prologo stesso quando, per l'unica volta in tutta l'opera, madre e figli sono riuniti, e lamenta la propria condizione di povertà esprimendo il trauma della colonizzazione.
MOTHER
My sons, do not quarrel, Here all of us are starving, While the planter is eating From plates painted golden, Forks with silver tongues, The brown flesh of birds, And the white flesh of fish, What did you do today my last son Ti-Jean?422
Appare già chiaro, attraverso la battuta della donna, che il diavolo altri non è che la rappresentazione del colonizzatore mentre il suo “cannibalismo” si configura come la realtà dannata e infernale dei colonizzati. La madre accoglie il messaggero del diavolo poco dopo nel prologo e riflette sulla tragedia dei bambini mai nati :
Look, perhaps it is luckiest Never to be born,
To the horror of this life Crowded with shadows, Never to have known That the sun will go out, The green rust,
The strong tree be stricken And the roaring spring quail; peace to you unborn, You can find comfort here. Let a mother touch you, For the sake of her kind.423
Il profondo istinto materno della madre si traduce – attraverso la percezione dell'esistenza del bolom – nel suo contrario. La madre per amore dei propri figli nega la maternità, radice del suo essere più intimo, come conseguenza del trauma della colonizzazione. Come nella scena 4 in Drums and Colours, le parole della madre sembrano provenire dalle paure della schiava deportata dall'Africa verso le Indie Occidentali. La sua preoccupazione era riferita ai figli e al destino di schiavi che li attendeva. Ripetendo la frase “man is beast”, la donna giungerà alla presa di coscienza, riflettendo che, è addirittura meglio non nascere per evitare l'infame destino di colore che saranno schiavizzati e poi
422Ibid. p. 91. 423Ibid. p. 96
colonizzati. La negazione del proprio istinto materno, come la madre dei tre fratelli della favola, agisce come atto di ribellione contro la mancanza di scelta esistenziale data al nascituro, contro l'unica possibilità di una non-vita, quale è quella di coloro destinati a farsi sopprimere la propria identità già nel grembo materno. Tuttavia, nonostante lo sfogo, la madre di Ti-Jean and His Brothers è profondamente consapevole del suo ruolo, istintivamente protettivo. Questa tendenza si traduce nelle sue battute all'inizio della prima scena e della terza scena, rispettivamente alla partenza di Gros Jean e Ti-Jean, momento in cui la donna decide di regalare loro perle di saggezza e raccomandazioni:
When you go down the tall forest, Gros Jean, Praise God who make all things; ask direction Of the bird, and the insects, imitate them; But be careful of the hidden nets of the devil. Beware of a wise man called Father of the Forest, The Devil can hide in several features,
A woman, a white gentleman, even a bishop.424
Con queste parole mette in guardia Gros Jean prima della partenza. Raccomandazione che il primogenito non ascolterà in quanto, a differenza di Ti-Jean, non è in grado di comunicare con la natura e di intravedere ciò che si nasconde sotto la maschera di figure ingannevoli e apparentemente amiche. Quando si accinge a salutare Ti-Jean mostra la profondità del suo istinto materno e il timore di perdere anche l'ultimo figlio ancora troppo giovane e inesperto. Non sancisce la partenza con raccomandazioni ma con la fiducia che forse proprio il più piccolo possa uscire vincente dalla lotta con il diavolo:
If you leave me, my son I have empty
hands left,
Nothing to grieve for. You are hardly a man, a stalk, bending in wind With no will of its own, Never proven yourself In battle or in wisdom, I have kept you to my breast, As the last of my chickens, Not to feed the blind jaws Of the carnivorous grave. ...
The first of my children Never asked for my strength, The second of my children Thought little of my knowledge, The last of my sons, now, Kneels down at my feet, Instinct be your shield, ....425
424Ibid. p. 102 425Ibid. pp. 132-133
Appare evidente l'importanza della presenza del personaggio della madre sia da un punto di vista narrativo che tematico. Come evidenzia l'ultima citazione, la madre permette una certa coesione e simmetria nella struttura della narrazione -- in quanto riassume in breve la vicenda sottolineando le differenze tra l'ottusità dei primi due figli e l'umiltà di Ti-Jean -- e consente di individuare importanti sviluppi tematici come quelli legati al colonialismo e alle sue conseguenze, tema portante di tutta l'opera .
L'altra figura che non deve passare inosservata è quella del “bolom”. Il bolom è uno spettro irreale, in quanto si tratta di un'anima che non ha mai preso corpo. Rappresenta il dramma dell'aborto effettuato in condizioni di estrema povertà o per ragioni puramente sociali. Il dramma del bolom risulta nel testo come creazione del diavolo, pertanto come conseguenza della colonizzazione.
BOLOM
Listen, creature of gentleness, Old tree face marked with scars, And the wounds of bearing children, Whom the earth womb will swallow, This is the shriek
Of a child which was strangled, Who never saw the earth light Through the hinge of the womb, Strangled by a woman,
Who hated my birth, Twisted out of shape, Deformed past recognition, tell me then, Mother, Would you care to see it?426
Il rammarico e la rabbia del bolom per essere stato strozzato prima di raggiungere la vita a causa di una madre che – contro natura – odiava la sua stessa vita non solo contrasta con il profondo istinto materno della madre dei fratelli , ma anticipa anche l'entrata del male personificato dal diavolo. Il bolom è infatti presentato come un messaggero del demonio e quindi come essere infernale. Il personaggio ha tuttavia anche un valore simbolico: è un essere inesistente la cui identità è stata soppressa ancor prima di nascere. La sua dimensione esistenziale è simile a quella della cultura dei Caraibi e all'identità delle stesse popolazioni. La madre che sopprime colui o colei che non riconosce, è la “cultura “ della madre patria, libera di decidere cosa sopprimere. La cultura caraibica è anche “figlia” della cultura imperialista e colonialista, che, in quanto tale si identifica con la parte diabolica di sé stessa. Soltanto il coraggio di Ti-Jean e la vittoria del bene sul male permetterà al bolom di prendere vita :
BOLOM
No, I would have known life, rain on my skin, sunlight on my forehead. Master you have lost. Pay him! Reward him! ...
Ti-Jean can't you see it? You have won, you have won ...
I am born, I shall die! I am born, I shall die!427
426Ibid. p. 97 427Ibid. pp.160-163.
Cantando la vittoria di Ti-Jean il bolom, di per sé negazione della vita e essere infernale, si ricongiunge con il suo corpo per diventare un essere vivente. Vedremo meglio quali sono i significati più profondi che questo personaggio può contenere.
La storia ha quindi un lieto fine che non solo si delinea come la vittoria di Ti-Jean sul diavolo, ma la totale vittoria della vita sulla morte, la luce “dorata” sulle tenebre portate dal colonizzatore .