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Orientamenti critici; specificità del teatro di Walcott

Il teatro in Derek Walcott

2.3 Orientamenti critici; specificità del teatro di Walcott

La vita artistica di Walcott non è solo la ricerca di quella identità di cui numerosi critici hanno parlato e scritto, bensì si configura come il tentativo di costruzione di un percorso creativo che superi ogni etichetta (postcoloniale, postmoderno) per rifugiarsi nell'universalità dell'essere e delle sue problematiche esistenziali. Il linguaggio artistico di Walcott ha un unico punto di partenza e di arrivo – quasi sempre e inesorabilmente i Caraibi – ma si fonde con tanti momenti culturali nello spazio e nel tempo. La sua opera è un lungo viaggio, come per Joyce fu Ulysses, nella cultura e nei luoghi geografici e mentali dell'uomo.

Il teatro di Walcott, forse in misura ancora maggiore della sua poesia, è la potente testimonianza della cultura e della vita di un uomo nato e vissuto nelle Indie Occidentali, ma è anche la realizzazione di

249Ibid. p. 50.

250Derek Walcott “The Caribbean: Culture or Mimicry?”, in R. Hamner ( a cura di ) Critical Perspectives on Derek Walcott,

una ricerca artistica che unisce l'eleganza della lingua poetica in inglese alla dinamicità e all'esuberanza caraibica, attualizzata nello spazio visivo del palcoscenico.

Proprio partendo da questa affermazione, l'utilità di questo studio potrebbe basarsi anche sulla definizione degli elementi specifici che emergono dall’analisi critica del teatro di Walcott. La volontà di creare un teatro nazionale, rappresentativo di storie e di figure eroiche completamente caraibiche; la necessità di ampliare gli spazi discorsivi dando voce -- nel teatro, attraverso il corpo e al movimento dell’attore -- a coloro che in un ambito di letteratura coloniale non potevano parlare e configurando una nuova visione della storia; la creazione di una scrittura e, conseguentemente di una lingua, ambivalente, non solo nel senso che si è sviluppata dall’incontro tra tradizione occidentale e lingua vernacolare, ma anche come riflesso di una costante e penetrante ambivalenza culturale e psicologica dell’uomo nato e cresciuto nelle Antille. Infine, la creazione di un teatro sincretico, sviluppatosi dalla fusione di momenti e tratti culturali multipli, dall’intersezione di generi teatrali, e dalla volontà di utilizzare in modo sempre più ampio tutte le potenzialità espressive dei diversi segni e codici del teatro. Sottende a tutti questi caratteri che emergono dalla lettura dei saggi critici sul teatro di Walcott, un’altra tendenza comune, che si collega a quanto poco fa rilevato: le innumerevoli influenze che vanno a comporre il testo e la messa in scena. Da questa considerazione, ci si potrebbe porre il quesito: cosa si può trovare di veramente originale nel teatro di Walcott se si ha a che fare con ri-scritture, riferimenti continui ad altri testi teatrali, e manipolazioni linguistiche? Tuttavia parte dell’originalità di Walcott, è quella di avere creato una rete di connessioni e di riferimenti culturali con grande armonia e genialità. Ciò significa che leggendo un’opera teatrale di Walcott non si avrà mai la sensazione di leggere un testo che ce ne ricorda un altro, bensì si percepirà -- a volte anche intuitivamente -- la forte presenza della cultura – o delle culture – del passato o di altri luoghi all’interno dell’anima dell’autore. Molti critici hanno evidenziato, ad esempio, il parallelismo tra Riders to the Sea di Synge e The Sea at Dauphin, in particolare nell’elaborazione del complesso rapporto tra i pescatori e il mare che regola in maniera spesso violenta e implacabile il destino degli uomini. Questa prospettiva rischia spesso di oscurare altri aspetti, come l’elemento religioso, l’ambivalenza di personaggi come Afa e Hounakin, la contaminazione linguistica che riproduce abilmente la parlata dei poveri pescatori dell'isola, modulata su un patois a base francese e inglese. Ciò significa quindi, che è essenziale mettere in evidenza i riferimenti ad altre opere letterarie e teatrali che possono contenere i testi drammatici di Walcott, ma è necessario considerare come queste influenze si inseriscono nella dinamica testuale e spettacolare dell'opera. La maggior parte dei critici esaminati, tra cui Hamner, Baugh e Stone lasciano intendere che il testo teatrale walcottiano presenti una forte matrice di “classicità”, sia che essa sia riferita proprio al teatro greco, sia ad un teatro “occidentale” definito in maniera più generica. I rimandi più consistenti si riferiscono spesso al teatro elisabettiano e giacobita, in particolare in riferimento a Henry Christophe o The Haithian Earth, testi in cui la ricerca dell'autore è mirata alla creazione di un linguaggio alto, adatto ad una figura eroica, centrale, ritratta all'interno di un dramma storico riconducibile unicamente al contesto caraibico. Anche in questo caso, il parallelismo che i critici hanno creato tra Henri Christophe e il teatro di Shakespeare non dovrebbe impedire di tralasciare particolarità tematiche molto importanti come la ri-scrittura della storia secondo la prospettiva di coloro che, in fase imperialista, non hanno avuto modo di esprimere la propria individualità e la propria soggettività. Come si vedrà, la vicenda di Henri Christophe, racchiude la possibilità di articolare la responsabilità storica, secondo una prospettiva diversa, partendo da quella dei “subalterni”, creando una possibilità di collegamento – sebbene con implicazioni diverse – tra l'opera di Walcott e i Subaltern Studies. A questo proposito, è risaputo che l'intento del gruppo di studiosi che si occupano di studi subalterni, in

particolare Gayatri Spivak e Ranajit Guha,251 è quello di cercare di dare accesso alla storia delle

popolazioni sottomesse, nel caso specifico in contadini indiani. Pare ovvio che lo scopo di Walcott non si pone in maniera così esplicita e radicale come nel caso degli autori indiani, anche se l'analisi delle sue opere terrà conto in modo preponderante di questa prospettiva in quanto si collega con la visione della storia dello stesso autore. Ogni opera teatrale di Walcott pare rappresentare, pertanto, un universo molto complesso, che a seconda della prospettiva scelta per l'analisi testuale e spettacolare rimanda sempre ad altri temi e motivi. Sarebbe forse inutile enucleare tutti i riferimenti messi in evidenza dalla critica, alcuni di essi molto evidenti come quelli citati, (Synge, Shakespeare) o come quelli che risultano da una ri-scrittura come The Joker of Seville, opera che rimanda a El Burlador de Sevilla di Tirso de Molina; altre influenze possono essere meno palesi, ma ricercate all'interno di particolari enunciazioni o configurazioni di personaggi, come, ad esempio, la Stone riesce a collegare il capolavoro walcottiano Dream on Monkey Mountain all'Otello essendo la donna della visione di Makak, bianca come la moglie, Desdemona, del Moro di Venezia. Pare esserci una volontà di ricercare, a volte “ a tutti i costi,” riferimenti e connessioni con il teatro “classico”. Come appurato, è innegabile che esistano: il teatro di Walcott può essere definito anche partendo da questa definizione come sceglie J. Stone. Il rischio di ricercare troppo a lungo e troppo marcatamente i riferimenti al teatro greco o shakespeariano è quello di non riuscire a percepire la funzionalità di questi riferimenti nell'opera di Walcott. Altro elemento comune di analisi critica in questo ambito è il rimando al teatro di Brecht. L'autore regista tedesco ha prodotto -- attraverso le sue opere e i suoi scritti teorici -- un teatro epico in cui il coinvolgimento dello spettatore si distacca dalla teorizzazione aristotelica riferita al momento catartico di purificazione spirituale di fronte alla tensione finale creata nella tragedia. Il teatro di Brecht si propone di adottare un atteggiamento partecipativo dello spettatore che presuppone la non identificazione con ciò che sta succedendo sulla scena. Il meccanismo del Entfremdungseffekt o Verfremdungseffekt252 produce una situazione di straniamento o di distanziamento del pubblico rispetto

a ciò che succede sul palcoscenico. Brecht ha introdotto canzoni, manifesti, discussioni all'interno delle sue piéces allo scopo di rendere il pubblico più partecipe e più critico in relazione alla scena. L'intento di Walcott non è -- come vedremo -- sempre quello di creare un distanziamento dalle “passioni” che si sviluppano all'interno della vicenda rappresentata. In alcune opere come Pantomime, A Branch of the Blue Nile, Walker si assiste ad una volontà di fare percepire allo spettatore/lettore le problematiche legate alla creazione artistica, al ruolo dello scrittore, del regista e dell'attore di teatro, al significato dei ruoli in una società postcoloniale. Inoltre, gli spettacoli presuppongono un allestimento scenico complesso, spesso nato dall'interazione di recitazione, danza e canto. Il pubblico sa di essere di fronte ad un complesso gioco di finzione e ad un articolato apparato spettacolare, ma, allo stesso tempo, si trova calato nella vicenda, nel “mondo possibile” presupposto dalla storia, in altre parole coinvolto nelle “passioni” dei personaggi e nel loro percorso esistenziale messo in relazione con quella rete di referenti culturali che il pubblico o il lettore possiedono per decodificare il messaggio del testo. L'accostamento con il teatro brechtiano parrebbe maggiormente incisivo se si pensa alla creazione di un ensemble, come quello di Berlino, che Walcott ha realizzato negli anni in cui è stato direttore del Trinidad Theatre Workshop, attività che lo ha coinvolto completamente, come vedremo meglio nella sezione successiva. Risulta abbastanza chiaro che in generale la critica ha da sempre cercato di

251Si veda l'opera a cura di G. Spivak e R. Guha, tradotta in italiano Subaltern Studies. Modernità e (post)colonialismo.

2002, Verona, Ombre Corte, trad. it. A cura di Gaia Giuliani.

252Bertold Brecht, Schriften zum Theater.Ǚber eine nicht-aristotelische Dramatik, Surhkamp Verlag, Frankfurt am Main,

puntualizzare i tratti comuni o le influenze che sussistono tra la produzione teatrale di Derek Walcott e la tradizione della cultura “ufficiale”. Collegata a questa tendenza -- che molto spesso ha portato alla dibattuta questione se si può parlare di imitazione o di assimilazione, questione a cui Walcott stesso ha dedicato un breve saggio – esiste la volontà da parte dei critici di dare una definizione più specifica a questa produzione teatrale. Se R. Hamner parla di anni di formazione, opposti ad un periodo successivo di maturazione che vede l'assimilazione e rielaborazione di tutti i motivi e influenze che Walcott ha utilizzato, dal rigore del Kabuki giapponese, alle tecniche coreografiche di danza di Balanchine, E. Baugh amplia il concetto di fusione e ibridismo del teatro di Walcott ammettendolo come un fatto “naturale”. Similmente J. Stone, ponendo Walcott sullo stesso piano di autori classici greci come Sofocle e Aristofane, evidenzia la tendenza integrativa di più elementi stilistici e tematici. La domanda rimane sempre la stessa: come mai esiste questa ossessiva ricerca dei critici di elementi “occidentali” nel teatro walcottiano? Perché si tenta di omologare un prodotto artistico a qualcosa che esiste già? E' innegabile non rintracciare elementi riconducibili ad altre esperienze letterarie e culturali, sebbene questo è quanto riconosce lo stesso autore nella metafora dell'artista/poeta viaggiatore che “porta dentro di sé intere culture”, sviluppata nel saggio, già citato, “The Muse of History”. Come sottolinea il critico, R. Hamner, l'aspetto più importante nel teatro di Walcott è quello sincretico, sviluppando il concetto di “blending” come elemento centrale della su arte drammatica. Questo concetto rappresenta comunque un paradigma critico centrale, comune a quasi tutti gli autori analizzati: da Baugh, Stone e Thieme si amplifica la tendenza a sottolineare l'ibridismo, il tentativo di “sposare” la lingua poetica e quella vernacolare, come rileva Stone, oppure di fondere diverse tradizioni culturali per giungere alla fondazione di un teatro caraibico (Baugh e Thieme). L'aspetto fondamentale è racchiuso tuttavia nel concetto di “assimilazione”, sviluppato da Hamner. In particolare il critico cerca di definire come la fusione di diversi elementi culturali si allontani da una prospettiva che tende a rilevare le tendenze imitatorie dell'arte di Walcott. Come lo stesso autore ha cercato di chiarire in Meanings, non si può parlare di imitazione di modelli europei quando essi stessi sono parte del suo background culturale e sociale. Esiste un'interazione continua tra forze opposte che si integrano in nuove dinamiche e portano ad un concetto di assimilazione che Hamner ha rielaborato in un articolo “Derek Walcott's Theatre of Assimilation”. Secondo Hamner il processo di assimilazione di altri modelli culturali, che non si limitano solo a quelli occidentali, bensì includono il riferimento alle radici africane, l'utilizzo di tecniche orientali, non sono mai un atto forzato, ma riflettono la naturalità del suo passato e vissuto familiare così come rispecchiano l'eredità culturale “mista” dei Caraibi. 253Il teatro dell'assimilazione è

quindi il riflesso di quel mongrelismo culturale di cui parla Edward Baugh e che lo stesso Walcott, consapevolmente riproduce attraverso la metafora del levriero e del cane bastardo in Tiepolo's Hound. Il concetto di assimilazione, accanto a quello di fusione, o di “blending”, si collega a quelli di ibridismo, creolità e quindi di teatro sincretico, interculturale. Nell'opera drammatica di Walcott, attraverso la peculiarità culturale caraibica legata all'ibridismo linguistico, si concretizza non solo l'ipotesi di un teatro sincretico che nasce dall'incontro di diverse culture secondo quanto ipotizzato sia da Pavis che da Balme, ma anche la realizzazione di un processo artistico già individuato da T.S. Eliot nel famoso saggio “Tradition and the Individual Talent”.

E' nota la posizione del poeta americano che ammette l'esistenza di una continua interazione tra il “senso della storia”, che stabilisce gli standards della tradizione e ciò che l'artista produce come “nuovo”. L'ordine rappresentato dal canone letterario è, secondo Eliot, modificato dalle nuove

253Robert Hamner “Derek Walcott's Theatre of Assimilation”, West Virginia University Philologiacl Papers 25 (1979) pp.

esperienze artistiche che, comunque ed inevitabilmente, si rapportano a quelle del passato. Il nuovo non rappresenta un distacco totale dal passato, ma uno sviluppo, un possibile miglioramento di esso, attraverso una profonda consapevolezza del presente. La mente dell'artista rimbalza continuamente dal passato agli stimoli del presente, per fondersi in un unico momento creativo – come una reazione chimica -- che sfocia in un nuovo prodotto artistico, il quale non potrebbe esistere senza la mente del poeta e il suo modo di guardare al passato. Il saggio di Eliot dimostra la validità di un rapporto quasi dialettico tra il canone e la creazione artistica, e la possibilità di fondere passato e presente in una visione storica che accetta anche la dimensione atemporale. Tutto questo si rapporta perfettamente a quanto analizzato nei confronti di Derek Walcott, nel senso che, proprio grazie al supporto teorico del saggio di Eliot ci si potrebbe trovare nella condizione di tralasciare la tanto dibattuta questione dell'imitazione o della tradizione nell'arte walcottiana, per giungere a considerare l'autore semplicemente per ciò che è: un'artista geniale della letteratura di lingua inglese. Per Eliot l'arte è individuale nella stessa misura in cui è conforme alla tradizione. Il talento individuale, l'espressione delle emozioni e dei sentimenti non sono elementi diretti e scontati nella poesia, bensì frutto di una “concentrazione”, che deriva da innumerevoli esperienze, che apparentemente risultano non collegate e frammentarie. Eliot indica il rapporto di “fusione” di elementi e sensazioni che concorrono nella creazione artistica.

...the difference between art and event is always absolute; the combination which is the murder of Agamemnon is probably as complex as that which is the voyage of Ulysses. In either case there has been a fusion of elements. (...)

The business of the poet is not to find new emotions, but to use the ordinary ones and, working them into poetry, to express feelings which are not in actual emotions at all. (...) It is a concentration, and a new thing resulting from the concentration , of a very great number of experiences (...). 254

Interessante è proprio l'uso del termine “concentrazione”, in quanto permette di cogliere il collegamento all'arte di Walcott fondata sulla fusione e sul sincretismo, ma permette anche di considerare l'importanza conferita da Eliot alle modalità espressive e alla ricerca stilistica e linguistica. Parte delle affermazioni contenute nel saggio di T.S. Eliot forniscono un ulteriore strumento di riflessione per l'analisi della produzione artistica di un autore come Derek Walcott, dove le dinamiche tra passato e presente sostengono, spesso, i contenuti delle sue opere; inoltre, la modalità espressiva è centrale nella creazione dell'arte, e come scrive Eliot, il talento, l'elaborazione del nuovo si strutturano proprio sulle scelte di stile e sulla lingua che rendono grande un autore. La scelta di fondere innumerevoli stili e linguaggi da parte di un autore come Walcott rende concrete e attuali le teorie di Eliot, ancora di più se riferite al teatro dove si mescolano diversi codici e influenze culturali. In questo modo, si ritorna inevitabilmente al concetto di teatro sincretico come testo complesso, sia da un punto di vista testuale che spettacolare, poiché, come vedremo si ramifica in diverse implicazione tematiche, linguistiche, sceniche. Partendo da questo presupposto -- quello di un teatro ibrido e sincretico, tale, non necessariamente perché solo frutto del lavoro di un autore caraibico, ma derivante dall'opera di un autore con una grande consapevolezza del passato e del suo presente -- sarà necessario considerare tutti gli aspetti tematici e linguistici da una parte, e quelli più spettacolari dall'altra. Non a caso anche la critica ha optato per questi approcci. L'analisi del testo ha coinvolto autori già citati come Baugh, Hamner, Stone e Thieme, mentre altri come Balme e King hanno considerato gli aspetti più direttamente coinvolti negli spettacoli, sebbene con modalità diverse. L'interesse di Balme è fortemente

254Thomas Sterne Eliot “Tradition and the Individual Talent”, in The Oxford Anthology of English Literature, Vol. II, a cura

incentrato -- come si è già avuto modo di scoprire -- sulla creazione di un teatro sincretico, mente King ponr l'accento sulla nascita di un teatro nazionale. Assieme a Balme la maggior parte dei critici ha cercato di distinguere da una parte gli aspetti più caraibici da quelli più internazionali e di capire come questi si fondono nel teatro. Anche per questo critico rimane centrale il rapporto tra eurocentrismo e ideologia postcoloniale, basata sul recupero di forme ancestrali legate alla cultura africana, prendendo come rifermento i concetti elaborati da Walcott in “Meanings”, incentrati sulla in-betweeness, riflesso della vera natura del background caraibico. Anche Balme giunge al concetto di “fusione”, nato dall'integrazione della cultura inglese e europea con elementi deducibili dalle tradizioni locali caraibiche o africane. In particolare, Balme cerca di spiegare la posizione dell'autore in relazione alla controversa presenza del Carnevale. Argomento che necessiterà di una trattazione più approfondita, nei capitoli successivi, laddove si presenta nei diversi testi, è comunque necessario puntualizzare -- anche se già in più punti accennato -- il rapporto tra Walcott e la spettacolarizzazione del Carnevale. Si tratta in realtà di una ben nota polemica tra due autori, Errol Hill e lo stesso Walcott. Per Hill, infatti il Carnevale rappresenta l'elemento costante che il teatro caraibico dovrebbe presentare per essere definito tale in senso di cultura nazionale. Per Walcott, come sottolinea Balme, il Carnevale può essere un'arma a doppio taglio che riflette una realtà distorta, commercializzata e creata per soli scopi consumistici e turistici. Il rischio di elaborare la festa come spettacolo a tutti costi, risiede nel fatto che può perdere la sua originalità e la sua identità di forma culturale per trasformarsi in una sterile, “esoticizzante” rappresentazione di una cultura che proprio in forza di tutto questo rimane “altra” e distante. Al contrario Walcott punta ad un'integrazione del Carnevale all'interno dell'opera; egli preferisce un utilizzo della festa come elemento di riflessione all'interno della dinamica drammatica, per trattarlo come “fatto” determinante nella comunicazione e come segno teatrale all'interno di una prospettiva semiotica.

Balme riproduce questo importante dibattito che mette in luce la posizione rivoluzionaria di Walcott nei confronti dell'utilizzo del Carnevale, citando direttamente un articolo dell'autore:

It is an expression of a people with a a fantastic, original genius for the theatrical who may never produce great theatre. 255

Oltre a distinguere tra la teatralità di una tradizione folklorica e il “grande teatro”, Walcott rivela il suo