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iii Il testo sincretico: influenze stilistiche e tematiche, strategie sceniche e linguistiche

Storie e parabole postcolonial

P. LAVOSIER He had God

3.2.2 iii Il testo sincretico: influenze stilistiche e tematiche, strategie sceniche e linguistiche

In questa parte lo scopo è di cercare di “mettere in scena” tutti gli elementi che confluiscono in questo testo e che lo rendono già molto vicino ai testi sincretici più recenti del teatro di Walcott.

Partendo dalle influenze la prima che in ordine di apparizione è quella del teatro greco.

Giocando con la lingua e con i suoi personaggi animali, Walcott esplicitamente rende omaggio alla tradizione del teatro classico, regalando ai personaggi della natura la funzione di coro e narratore.

FROG

Greek-croak, Greek-croak. CRICKET

Grek-croak, Greek-croak. ...

Before you fly home, listen, The cricket cracking a story a story about the moon. FROG

If you look in the moon,

Though no moon is here tonight, There is a man, no, a boy, Bent by a weight of faggots...439

438Paola Gullì Pugliatti “Per un'indagine sulla convenzione nel testo drammatico”, in La semiotica e il doppio teatrale,

Napoli ,Liguori ed., 1981. pp. 61-83.

Se gli elementi faunistici, integrati con la natura del paesaggio tropicale sono in grado di assumere l'autorità dei drammatici greci, e sono quindi capaci di raccontare una storia, è vero anche che “tutti” possono parlare. Come accennato, si tratta di un ulteriore ribaltamento di prospettiva o di un tentativo di deviazione testuale che presenta l'opera. Come già scritto in riferimento alle favole di Fedro e Esopo, l'oggetto (gli animali) della favola diventa, qui in parte, soggetto, attraverso la parola. La deviazione rappresenta la volontà di Walcott di dare voce a coloro che “di norma” e/o per “natura” non l'hanno mai avuta. Il gioco di finzione walcottiano, la dimensione favolistica permette ancora di intravedere sulla scena la creazione di uno spazio in cui è possibile rivoluzionare i ruoli, operazione che sarà sempre più evidente nelle opere successive.

Altro elemento derivante dal teatro greco è l'uso della maschera affidata all'attore che interpreta i tre ruoli connessi alla figura del diavolo: Papa Bois, il proprietario terriero bianco e il diavolo. Il ruolo è stato infatti affidato allo stesso attore sia nella produzione del testo originale, mai pubblicato, nel 1958, Errol Jones, sia nella versione pubblicata nel 1970, rappresentata a Trinidad nello stesso anno, dove triplice ruolo venne affidato ad Albert Levau.

Come afferma la madre dei tre fratelli, il diavolo assume molte forme e sembianze, per questo è bene fare attenzione in quanto non facilmente riconoscibile. L'affermazione della madre è simultanea a quanto avviene sulla scena affinché lo spettatore percepisca da un lato la finzione del diavolo all'interno della storia in rapporto ai personaggi e dall'altro la non-finzione verso il pubblico e il lettore. Il diavolo si maschera direttamente sulla scena in base a quanto dettato dalle stage directions :

(Enter DEVIL masked as a PLANTER)440

GROS JEAN

... I ent vex, I ent vex, chief. Joke, joke, boss... EXPLOSION

( When the smoke clears, the DEVIL, his PLANTER's mask removed, is sitting on the log, calmly, nibbling the flesh from a

bone).441

L'intento di Walcott è pertanto quello di indurre pubblico e lettori a percepire il mascheramento del diavolo e di creare quella situazione in cui il pubblico sa più dei personaggi, conoscendo la vera natura maligna del personaggio. Il fatto che si riveli a Ti Jean non solo rafforza la sua sconfitta regalando al personaggio vincente lo status di privilegiato come spetta al pubblico del suo spettacolo. Il gioco della finzione e il mascheramento rendono il pubblico consapevole della malvagità del demonio ma anche della sua funzione simbolica come rappresentazione del colonialismo.

La maschera compare quindi sulla scena come oggetto esplicitamente polifunzionale. Da un lato serve a rendere immediatamente consapevoli pubblico e lettori dell'ambiguità del personaggio di Papa Bois e a considerarlo come il diavolo, indovinando ed eventualmente anticipando gli sviluppi dell'intreccio. Dall'altro, si crea un referente culturale che rimanda diverse tradizioni di teatro in cui l'uso della maschera rientra nella pratica della recitazione. Oltre al teatro greco, è riscontrabile nel teatro No giapponese, dove l'uso si rapporta alla caratterizzazione del personaggio definita da espressioni fisse che alludono al carattere immutabile. Similmente, nella tradizione greca, la maschera aveva la funzione di determinare la personalità in maniera irreversibile. Nel testo e sulla scena dell'opera di Walcott, tuttavia, il personaggio, con triplice funzione rappresentativa, Papa Bois/vecchio/negriero/diavolo, ha più maschere e se le toglie volutamente. Il vero volto del personaggio è quello del diavolo a sua volta

440Ibid. p. 110. 441Ibid. p. 114.

maschera usata dall'attore. A differenza dell'uso che se ne faceva in antichità, e nel teatro giapponese e di quanto poteva determinare il carattere anche come “tipo” nella Commedia dell'Arte, la maschera walcottiana assuma una funzione leggermente diversa. E' certo fonte di comunicazione visuale di un personaggio negativo, per il quale non è auspicabile uno sviluppo positivo o un cambiamento, ma allo stesso tempo, proprio nel cambiamento e nella molteplicità ci vuole informare dell'assurda possibilità che anche un personaggio malvagio come il diavolo possa negoziare con la propria identità e metterla in crisi. Inoltre, la sovrapposizione dei volti mascherati a cui Walcott costringe l'attore che interpreta il personaggio triplicato, è indicatore della totale diffusione del male provocato dalla colonizzazione. L'oggetto-maschera pertanto non si rivela solo più come una semplice acquisizione di una o più tradizioni culturali, bensì si rinnova attraverso un significato preciso, diventando funzionale alla comunicazione prodotta dal testo e da ciò che compare sulla scena. Come scrive Balme:

The figure of the Devil in Ti-Jean, for example, wears three masks corresponding to the three personae he inhabits: a devil's mask, the mask of an old man, and the mask of a planter. 442

La maschera ha tuttavia anche un effetto straniante rendendo pubblico e lettori consapevoli sia della finzione teatrale, sia della volontà di rendere il personaggio simbolico.

Oltre alla maschera, elemento ricorrente nei secoli e nelle diverse tradizioni di teatro, compaiono ripetuti riferimenti a Brecht, avvertita in particolare, attraverso il personaggio della madre. Walcott è un grande conoscitore dell'opera brechtiana. Più volte, come risulta documentato dal volume di Bruce King, avrebbe pensato di inscenare la Mutter Courage del drammaturgo tedesco nel programma della sua compagnia teatrale, optando poi alla fine per un testo di Genet. Il fatto è tuttavia significativo in quanto seppure non giustificabile di un trattamento diretto, può avere lasciato qualche traccia nel pensiero di Walcott. Non si sa infatti quale fosse il testo originale -- quello scritto a New York -- ma conosciamo quello che è stato manipolato nel 1970, anno in cui Walcott aveva pensato alle rappresentazioni di Brecht per il Workshop. La madre coraggio di Brecht ha tre figli, due maschi e una femmina, la cui paternità è attribuita a tre uomini diversi che non compaiono mai nel testo e/o sulla scena. Similmente non sappiamo nulla del padre dei figli della madre del testo di Walcott. E' una madre che cerca di proteggere a tutti i costi i propri figli e che combatte contro un'entità malvagia: lo sfruttamento coloniale in Walcott, la guerra in Brecht. I figli della madre coraggio muoiono tutti, i figli della madre di Walcott muoiono quasi tutti. La madre di Walcott muore, la madre di Brecht sopravvive. I figli dei due testi presentano delle somiglianze. Il maggiore è un aitante soldato destinato ad una carriera brillante nell'esercito, ma sarà condannato a morte e fucilato a causa dell'abuso di troppa forza che lo porta ad uccidere una contadina. Il secondo figlio, all'opposto del primo, è vittima della sua onestà. La figlia minore di Madre Coraggio, Kattrin è muta e sarà uccisa mentre cerca di salvare un gruppo di bambini. Mentre il parallelismo è evidente tra i primi due figli delle madri, il ruolo di Kattrin si rende molto vicino a quello di Ti-Jean, attraverso un gesto simbolico: salvando la vita dei bambini. L'inno alla vita che conclude l'opera di Ti-Jean è un dono di vita al feto abortito, dando la possibilità al bambino di godere della gioia dell'esistenza stessa. Se per Ti-Jean è una vera vittoria, su cui tuttavia aleggia l'addio minaccioso del diavolo, per Kattrin è un sacrificio che celebra pur sempre l'istinto materno e il valore inestimabile della vita. La scelta di Walcott di salvare uno dei fratelli non è solo dettata dalla volontà di creare un personaggio eroico, quale risulta essere Ti- Jean nel testo, ma è anche data -- probabilmente -- dall'intenzione di renderlo profondamente diverso dai fratelli e di creare un

destino esemplare, quasi di redentore dell'insuccesso e del fallimento familiare, tradotto nella storia del suo popolo. Come nella storia biblica di Giuseppe e i suoi fratelli, Ti- Jean è considerato il semplicione, e il meno dotato, anche se in realtà ha dei poteri nascosti. Se Giuseppe è un sognatore che riesce a predire il futuro, Ti- Jean riesce a “smascherare” il diavolo, ed è l'unico dei tre fratelli che parla con i personaggi del paesaggio benedicendoli:

TI-JEAN ....

God bless you, small things. It's a hard life you have, Living in the forest.443

Significativo è il riferimento alla luna iniziale da parte della rana narratrice. Si parla di una storia sulla “luna”. Perché? Cosa si può vedere da un pozzo se non solo la luna? La luna racconta di un ragazzo che parte per un viaggio alla scoperta di sé e trova un diavolo da sconfiggere. Così Giuseppe mandato dal padre Giacobbe parte per un lungo viaggio alla ricerca dei fratelli -- il male -- che lo nasconderanno in un pozzo, invidiosi del racconto del sogno in cui Giuseppe aveva rivelato che i covoni dei fratelli si sarebbero piegati al suo. Giuseppe, venduto dai fratelli, si vendicherà attraverso la propria saggezza, ma è un personaggio scelto da Dio, per la nascita del popolo eletto. Dio sceglie Giuseppe come capo di una stirpe, Dio scegli Ti- Jean come capo della lotta e eroe della rinascita di un popolo nuovo in uno spazio pieno di luce e di magia.

La vicenda di Ti- Jean diventa emblematica, mostrando come la presenza divina ha reso chiaro il cammino di un semplice viaggiatore:

FROG

And so it was that Ti-Jean, .(....) that God made him the clarity of the moon to lighten the doubt of all travellers through the shadowy wood of life (...)444

Ti-Jean eroe errante e diasporico -- come Giuseppe -- incarna la stessa anima dell'autore che attraverso lo spazio scenico e linguistico riesce a creare un ponte tra le storie universali.