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Il nuovo scambio di materiale pedo-pornografico; Dropbo

Lo scambio del materiale illecito avviene oggi tramite una “cartella condivisa” on-line tra gli utenti, solitamente, una cartella del programma di file sharing “Dropbox”.

Nato per lo scambio di materiale scolastico o semplicemente per avere sempre i propri documenti a disposizione, i “nuovi” pedofili della rete internet hanno intuito che

Dropbox sarebbe stato un ottimo strumento per poter mettere a disposizione di altri

criminali i files (foto o video) a contenuto pedo-pornografico, bypassando il sito internet pedofilo (di vecchio stampo), che in passato era l’unico intermediario tra chi produceva il materiale illecito mediante abuso sui minori e chi, scaricava questi files detenendoli.

Per mezzo della cartella condivisa, il criminale non ha più bisogno dell’intermediario, può direttamente mettere in commercio i files diventando egli stesso l’intermediario commercializzando direttamente la cartella sui social networks.

Il funzionamento è molto semplice: l’utente creatore della cartella condivisa, carica (attività di uploading) i contenuti - in questo caso pedo-pornografici - all’interno della stessa.

Per mezzo di quest’attività, il criminale mette a disposizione di altri utenti (la cartella può essere pubblica o privata), il materiale all’interno di essa.

Più persone accedono a quella determinata cartella e detengono il materiale in essa contenuto, più veloce sarà l’attività di downloading degli stessi contenuti da parte degli altri utenti che vi accederanno in futuro.

Solitamente la cartella è protetta da una password che viene rilasciata attraverso il pagamento di un prezzo.

La cartella condivisa viene pubblicizzata attraverso la rete Twitter da profili pedofili creati ad Hoc, i quali vengono aperti e chiusi nel giro di un paio di giorni, giusto il tempo di ottenere abbastanza visualizzazioni ed evitando di essere segnalati e rintracciati.

Viene naturale chiedersi come è possibile che, disattivando un profilo e riaprendone un altro così spesso, dato che ogni nuovo profilo dovrà avere un nome utente diverso, gli altri internauti (criminali) riescano a ritrovarlo e di nuovo continuare lo scambio files- denaro.

La risposta la si individua negli hashtags, già analizzati in precedenza.

Alcune parole chiave, utilizzate in larga parte dai pedofili, permettono di rintracciare gli accounts criminali e permettono, agli utenti interessati, di mettersi in contatto con il titolare del profilo, solitamente per mezzo di Whatsapp, per i motivi già analizzati di irrintracciabilità della conversazione.

Molti sono gli hashtags utilizzati dai pedofili ma due in particolare sono quelli utilizzati maggiormente dai “nuovi” criminali, la cui traduzione in italiano, ci fornisce una precisa idea di cosa stiamo parlando.

La “parola d’ordine” per un pedofilo su Twitter, è Jailbait; una parola che deriva dallo

slang americano e che in italiano si traduce come “esca da prigione”.

Si riferisce, prevalentemente, ma non solo, a ragazze che sono in realtà bambine, poiché di età anagrafica inferiore ai 16 anni, (di solito la fascia d’età interessata maggiormente dai pedofili sulla rete internet è 12-14 anni), ma che sembrano fisicamente più mature di quello che sono nella realtà.

I criminali sono a conoscenza del fatto che avere un rapporto sessuale con queste bambine, comporterebbe una sanzione penale corrispondente alla detenzione carceraria, ecco appunto il “gioco” di parole utilizzato, “esca da prigione”.

Esca sta a significare implicitamente, che la colpa dell’eventuale rapporto sessuale, ricadrebbe interamente sulle bambine.

Definendole esche infatti, è chiaro il meccanismo che si instaura nella mente del pedofilo, che tenta di addossare interamente la colpa dell’eventuale rapporto alle bambine e che si sente esso stesso una vittima, finito nella trappola di queste “adescatrici”.

Un’altra parola molto utilizzata dai pedofili è una frase, forse ancora più significativa della prima; #legalicenalasde16 o #legalicenalasde12/13/14/15 ovvero, “legalizziamo il sesso con le ragazze di 12 - 13 - 14 - 15 - 16 anni”.

Una disperata assurda richiesta, da parte di questi criminali, che ritengono un loro diritto avere rapporti sessuali con queste bambine perché le ritengono fisicamente mature e che pubblicano, utilizzando questi hashtags appunto, foto delle minorenni “rubate” dai vari profili socials od ottenute tramite Snapchat nel modo sopra indicato; chi è a conoscenza del significato di tali hashtags, è in grado di muoversi liberamente nella rete Twitter e trovare foto o video simili, riconoscendo nel titolare del profilo, un soggetto pedofilo e dunque, un soggetto da contattare via messaggio per ottenere o scambiare foto o video.

Il pedofilo che vuole avere accesso ad un archivio (la cartella condivisa), che di solito contiene centinaia di files pedo-pornografici, basta che utilizzi una delle parole chiave individuate in precedenza per trovare i vari profili che detengono tali archivi.

Gli hashtags utilizzati dai nuovi criminali, permettono ad altri pedofili di individuare numerosissimi profili Twitter che spiegano i passaggi da effettuare, per mezzo di Whatsapp principalmente, ma non solo, per ottenere il contatto diretto con i venditori e l’accesso ai contenuti delle cartelle Dropbox da essi detenute.

I vari social networks, compreso Twitter, sono dotati tutti o quasi, di un servizio che permette di segnalare al gestore del social network, chi commette reati o comunque non si comporta secondo le regole generali della piattaforma o, più semplicemente, importuna, molesta, intimidisce o ancora minaccia altri utenti.

Di solito un profilo attivo che vende materiale di questo genere, arriva fino a 500 seguaci e poi viene sospeso a seguito delle numerose segnalazioni ma, nel tempo che intercorre tra l’attivazione e la chiusura, (di solito passano due o tre giorni), riesce comunque ad immettere nel mercato della rete pedofila, migliaia di files illeciti. Ecco allora che il cerchio si chiude.

Siamo di fronte a un vero e proprio mercato parallelo a quello legale di una qualsiasi merce, dove si ha la produzione, pubblicità e commercio, di materiale, in questo caso pedo-pornografico e che oggi, grazie all’utilizzo dei social networks, permette di

bypassare il sito internet intermediario c.d. classico che fino a non molto tempo fa, per

mezzo dei pagamenti effettuati con carta di credito, permetteva più facilmente l’individuazione dei soggetti attivi nel mercato pedo-pornografico.

Capitolo 14