• Non ci sono risultati.

L’informatica e la pedofilia; moltiplicazione della possibilità di illeciti sui minor

L’utilizzo dell’informatica è ormai parte integrante del processo di crescita e di socializzazione dei giovani, che cominciano ad usare internet ad età sempre più precoci.

In rete ci si esprime, si coltivano amicizie, si afferma la propria individualità.

Tali attività, oltre agli innegabili aspetti positivi, comportano anche, per il minore, l’esposizione a nuove forme di pericolo connesse a tipologie di crimine legate al mondo digitale; veri e propri nuovi reati e, vecchi reati perpetrati con nuovi mezzi. Internet è il luogo-non luogo dove enormi quantità di immagini pornografiche relative a minori vengono archiviate, diffuse e scambiate e dove sono inoltre possibili interazione e scambi di carattere pornografico anche, e soprattutto, con l’avvento dei

social networks, tra minori ed adulti, spesso sconosciuti, finalizzate all’adescamento a

fini sessuali (grooming) del minore e dove, con l’utilizzo delle webcam o delle fotocamere degli smartphone, è possibile assistere a esibizioni o spettacoli pornografici “dal vivo”, e finanche ad abusi commessi in tempo reale su minori in altre parti del mondo.

L’universo della pornografia minorile è un universo composito, entro il quale si trovano categorie diverse di immagini: si va dagli snipe, immagini scattate all’insaputa del bambino; i poose, dove i bambini assumono pose innaturali di nudo; i p.c. (private

collection), collezioni private scambiate con programmi di files sharing che possono

contenere di tutto; gli snuff o necro-pedo, dove piccoli senza nome, bambini rapiti o provenienti dalle zone più povere del mondo, sono ritratti e ripresi mentre sono sottoposti a sevizie e violenze, soprattutto sessuali, anche fino alla morte.

I bambini ripresi in queste scene di violenza hanno mediamente tra i tre ed i dodici anni ma il settanta percento delle immagini esposte su internet riguarda piccoli che hanno tra i quattro e gli otto anni.

Non è raro comunque trovare immagini di violenza su bambini di quindici o venti giorni.

Purtroppo i programmi di files sharing quali “Torrent” ed “Emule”, solo per citarne alcuni, nati per scopi completamente diversi, ben si prestano a fornire ai criminali la fruizione gratuita di immagini pedo-pornografiche, facilitando inoltre al massimo grado l’anonimato e l’impunità di chi scambia o colleziona tali immagini, permettendone la circolazione in modalità “P2P”, senza necessità di intermediazione da parte da parte di un titolare di server, in quanto i files passano direttamente da un computer all’altro.

Nella maggioranza dei casi, le immagini pornografiche minorili riguardano bambini in età prepuberale e, come sopra specificato, immagini di ogni tipo.

Purtroppo i più recenti studi delle organizzazioni che si occupano di contrastare o comunque conoscere questo macabro mercato sono unanimi nel riconoscere una tendenza ad una sempre maggior estremizzazione verso contenuti sadici e violenti, soprattutto quando le violenze riguardano i bambini più piccoli.

Da segnalare inoltre, che vi è una importante percentuale di abusi riscontrati di produzione familiare, essendo la famiglia il contesto all’interno del quale il bambino di quell’età è più facilmente accessibile.

Nel caso della pornografia relativa alla fascia di età adolescenziale e giovanile, assumono rilievo due fattori: quello dell'interazione autonoma del minore con altre persone via Web (è spesso il minore che invia immagini di pornografia minorile, o si esibisce via webcam in spettacoli pornografici) e, quello, collegato ma non equivalente, del possibile consenso del minore stesso.

Non si tratta solo di un consenso di fatto: va infatti ricordato che anche se, per diritto, l'età a partire dalla quale è considerato valido il consenso per produrre e consumare pornografia è di 18 anni, per compiere atti sessuali questa scende a 14 anni (13, se con altro minore che non sia più vecchio di tre anni).

Il risultato di questa discrepanza sarà quello di vietare la rappresentazione fotografica o filmica di attività, in sé, lecite e consentite, che potrebbe confondere notevolmente il minore.

Il fenomeno del c.d. sexting, della pornografia prodotta direttamente dei minori stessi (self-generated content), utilizzando le fotocamere e le videocamere incorporate nei telefoni cellulari, spedite ad uno specifico destinatario, è ad oggi molto diffuso, come anche evidenziato dal questionario sottoposto agli studenti (vedi infra). Si tratta di un vero e proprio fenomeno sociale.

E tanto gli adolescenti sono oggetto di pressione sociale da parte dei pari verso questo tipo di prove di coraggio, quanto spesso sono inconsapevoli dei gravi rischi ai quali, in tal modo, si espongono.

Facendo sexting, il minore rischia che le immagini inviate vengano poi diffuse sul Web o attraverso il telefonino da terze persone per scopi diffamatori o persecutori, con conseguenze irreversibili per il minore stesso in relazione alla sua dignità e al senso della sua identità sociale.

D'altro canto, proprio la pressione esercitata sui minori in favore di tali comportamenti nell'ambito dei rapporti tra pari e della cultura giovanile, a cui si aggiunge la non remota possibilità che la relativa sollecitazione possa provenire anche da adulti, la diffusione del materiale pornografico auto-prodotto può essere solo apparentemente frutto di genuino consenso: il fatto che il comportamento sia tenuto in prima persona, infatti, non implica automaticamente che esso sia anche liberamente voluto dal minore. Lo status del sexting, all'interno dell'universo della pornografia minorile è, dunque, posto in bilico tra consensualità (per quanto questa nasca in mezzo a pesanti pressioni culturali e sociali) e abuso della stessa; tra l'essere espressione di una libertà sessuale positiva per il minore adolescente, e l'enorme potenzialità criminogena, contro lo stesso minore, di tale materiale, una volta che egli ne prenda il controllo; tra l'essere, non per ultimo, un grezzo strumento di seduzione, usato dagli adolescenti inesperti per le loro prime conquiste, e, allo stesso tempo, raramente considerato tale dagli adolescenti, un crimine gravissimo, duramente sanzionato.

Nel panorama giuridico Italiano ed internazionale, desta qualche perplessità il fatto che tale apparato sanzionatorio non si preoccupi di distinguere, nel suo sforzo repressivo, i casi in cui questo materiale sia prodotto od utilizzato in maniera abusiva, come nel caso della pedo-pornografia, da quelli in cui la pornografia minorile sia veramente prodotta e detenuta liberamente e consensualmente dai suoi stessi protagonisti (sexting) . 57

Si potrebbero avanzare varie ipotesi di tipo sociologico sulle ragioni profonde di questa deriva culturale, che, al di là della sua apparente contingenza, appare legata al gioco eterno del rapporto di potere tra i sessi.

E, infatti, che dietro l'apparenza trasgressiva della moda si nasconda un pericolo molto serio per il minore imprudentemente ritratto - sostanziato nel potere dato a chi controllerà poi tale materiale di arrecare, divulgandolo, danni gravissimi alla sua immagine e alla sua vita - appare evidente non appena l’immagine “sextata” esce dalla sua esclusiva disponibilità e dalla privacy del rapporto per il quale era stata prodotta. La vergogna, lo shock ed il panico prodotti dalla divulgazione, per leggerezza, per bullismo o, come spesso accade, per vendetta a seguito di una rottura sentimentale, di immagini sessualmente esplicite sono irreversibili: è sufficiente consultare la cronaca ed i frequenti casi di suicidio associati a tali atti, per vedere quanto pervasivo e profondo sia il trauma che in tali casi viene subito dalla vittima.

Quando la vittima è poi un minore, questo viene a subire certamente, di conseguenza, un blocco, spesso definitivo, del suo percorso di crescita, con conseguente gravissima compromissione del suo sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale e della formazione della sua intera personalità . 58

L’articolo 600ter c.p., nella sua formulazione iniziale, non era stato pensato per questo tipo di condotte, chi erano all'epoca ancora scarsamente frequenti: esso fu invece pensato con l'obiettivo di combattere essenzialmente lo sfruttamento pornografico dei minori volto ad alimentare, soprattutto, il circuito della pedofilia.

A. Verza, “Sexting” e pedopornografia: i paradossi, in Ragion Pratica, 41, 2013, pp. 569-591.

57

A. Verza, The Rule Of Exposure From Bentham To Queen Grimhilde’s Mirror, in ARSP, 2014, 4, pp.

58

Per quanto riguarda il sexting, vi è una recente sentenza della Corte di Cassazione 59 riguardante il caso di una ragazzina minorenne che effettuava delle fotografie attraverso degli autoscatti (selfie) dal contenuto pornografico con il proprio cellulare e cedeva, di propria iniziativa e senza l'intervento di alcuno, i sopra citati scatti, ad oggetto la propria persona, ad altri minorenni conoscenti: gli stessi avevano trasmesso ad altri/e le sopra citate immagini a sua insaputa e senza il suo consenso.

Ai sopra citati ragazzi che avevano trasmesso ad altri soggetti determinati le fotografie della minorenne nuda veniva contestato il reato di cessione di materiale pedo- pornografico previsto dall'art. 600ter c.p..

Il Tribunale dei Minorenni dichiarava con sentenza del 10 novembre 2014 non luogo a procedere nei confronti dei ragazzi perché il fatto non sussiste: il Tribunale ha evidenziato che, nel caso in esame le immagini erano state riprese in autoscatto direttamente dalla minorenne, senza intervento alcuno di soggetti esterni ed erano state dalla stessa cedute in modo volontario.

La fattispecie penale di cessione di materiale pedo-pornografico distingue l'utilizzatore dal minore utilizzato (oggetto delle riprese).

Il Tribunale dei Minorenni specificava che la giovane non poteva ritenersi utilizzata da terzi soggetti e che il caso in esame non poteva rientrare nel perimetro descritto dall'art. 600ter c.p., pena una palese violazione del principio di divieto di analogia

malam partem in ambito penale.

Il Procuratore della Repubblica presentava ricorso contro la Sentenza del Tribunale dei Minorenni per inosservanza ed erronea applicazione della Legge penale.

Secondo il Procuratore deve essere punita la diffusione del materiale raffigurante un minore tout court, indipendentemente da chi e come l'abbia prodotto (quindi, anche nel caso in cui sia stato realizzato autonomamente dal minore medesimo).

Secondo la Cassazione, la decisione del Tribunale è corretta e deve essere condivisa ed ha, pertanto, rigettato il ricorso proposto dal Procuratore.

L'interpretazione offerta dal Tribunale, secondo cui la punibilità della cessione è subordinata alla circostanza che il materiale pornografico sia stato realizzato da terzi,

attraverso l'utilizzo di minorenni, senza che le due figure possano in alcun modo coincidere è corretta alla luce del dato letterale dell'art. 600ter c.p. . 60

Secondo la Cassazione, l'art. 600ter c.p. non disciplina un qualsivoglia materiale pornografico minorile ma esclusivamente quel materiale formato attraverso l'utilizzo strumentale dei minori ad opera di terzi: l'impiego, l'utilizzo del minore da parte di un terzo costituisce un elemento costitutivo del reato stesso.

La Cassazione specifica che le norme - contro lo sfruttamento sessuale degli adolescenti - puniscono la cessione di materiale pedopornografico ma a condizione che lo stesso sia stato realizzato da soggetto diverso dal minore raffigurato dal momento che la normativa distingue l'utilizzatore del materiale dal minore utilizzato.

La Cassazione ribadisce, infatti, che, il presupposto logico prima che giuridico della

ratio che punisce chi diffonde immagini pedo-pornografiche è che tale soggetto sia

altro e diverso rispetto al minore da lui (prima sfruttato, oggi utilizzato), indipendentemente dal fine, di lucro o meno, che lo anima e dall'eventuale consenso, del tutto irrilevante, che il minore stesso possa aver prestato all'altrui produzione del materiale o realizzazione degli spettacoli pornografici.

Oggi tuttavia, non si può ignorare il fatto che le modalità attraverso le quali la pornografia, in specie minorile, può creare e crea danno alle sue vittime, si sono sdoppiate: accanto alla modalità classica, legata al circuito della pedofilia, nell'ottica della quale la pornografia è creata utilizzando sfruttando il minore per fini sessuali ed economici, e nell'ambito della quale il momento cardine in cui si realizza il danno al minore è quello nella produzione del materiale sessualmente esplicito che lo rappresenta, non è possibile ignorare la presenza di un diverso e sempre più frequente, utilizzo della pornografia minorile, prodotta anche senza manipolazione o strumentalizzazione diretta da parte dell'imputato, finalizzato - e questo è l'elemento di diversità - a colpire personalmente il minore stesso.

Questo secondo tipo di utilizzo della pornografia minorile vede, come elemento centrale e costitutivo del danno, la divulgazione del materiale sessualmente esplicito,

M. Alovisio, Il selfie: la cessione online di materiale pedopornografico prodotto dal minore stesso,

60

mentre la produzione assume un rilievo normalmente secondario, per livello di offensività.

Se nella prima tipologia di abuso pornografico, il danno alla personalità del minore si crea nella strumentalizzazione che si realizza nel momento della produzione del materiale, mentre la divulgazione costituisce solo un mezzo per ricavare poi un utile, nella seconda tipologia il rapporto si inverte: la produzione, che, spesso, avviene nell'ambito della diffusa pratica del sexting, senza una strumentalizzazione del minore ritratto, rappresenta più che altro il mezzo che rende possibile divulgare successivamente tale materiale realizzando quel tipo di c.d. sexting secondario definibile, con una metonimia c.d. revenge porn, ed è nell'ambito della divulgazione che tale gravissimo abuso, reso possibile dalla fase precedente, quella del c.d. sexting primario, viene realmente a costituirsi.

In proposito vale la pena di sottolineare che tale nuovo modello sta assumendo una rilevanza tale che il timore dello stesso, nella percezione che del problema hanno i giovani stessi, supera addirittura il timore che accompagna il primo modello.

La percepita pericolosità della modalità di abuso legata alla malevolenza del proprio pari costituisce, insomma, una minaccia che spaventa i giovani molto più che non quella ricollegata alla modalità classica di abuso pornografico, nella quale il colpevole è il cosiddetto pedofilo . 61

A. Verza, Sulla struttura speculare e opposta di due modelli di abuso pedopornografico,

Capitolo 10.2