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Il processo di formazione delle scelte di internazionalizzazione

2. L'INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE: ASPETTI INTRODUTTIVI

2.3 Le strategia di internazionalizzazione

2.3.4 Il processo di formazione delle scelte di internazionalizzazione

La scelta di internazionalizzazione presenta a prima vista tutte le proprietà delle decisioni che non si prestano ad essere affrontate in forma sistematica e razionale; tutt'al più parrebbero scelte da valutare con modelli che si fondano su ipotesi di informazioni scarse, in condizioni di incertezza elevata e quindi in base a comportamenti di razionalità limitata. Si potrebbe ritenere infatti che sia

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impensabile avere a disposizione tutte le informazioni necessarie per individuare la scelta ottimale dal punto di vista logico, o che comunque anche potendole avere il costo per la loro acquisizione risulterebbe eccessivo per la maggior parte delle imprese; in ultima analisi, anche ammesso che sia possibile acquisirle risulterebbe difficile elaborarle in forma sistematica e razionale, tali e tante esse sono. Comunque lo so guardi sembra davvero un problema che non può essere affrontato con la logica delle scelte razionali. Eppure sono molteplici i libri e gli articoli che spiegano cosa dovrebbe essere fatto per prendere una decisione corretta riguardo alla scelta dei mercati di approvvigionamento, di produzione o di sbocco. Attraverso la definizione di determinati modelli, tali scritti suggeriscono come realizzare nel modo migliore le scelte razionali di internazionalizzazione. La domanda che sorge risulta dunque la seguente: sono questi articoli e libri in errore oppure la complessità del fenomeno è solo apparente?

La verità è che la maggior parte degli scritti da per scontata l'acquisizione delle informazioni sulle quali esercitare la facoltà di scelta, mentre esse il più delle volte mancano o la loro acquisizione risulta troppo onerosa. In oltre, molto spesso, i modelli di scelta vengono rappresentati in forma semplificata, focalizzando l'attenzione solo sulle variabili ritenute rilevanti, senza quindi approfondire il problema in maniera adeguata. Nonostante siano elaborati in forma semplificata, questi modelli concettuali aiutano molte imprese a percorrere il proprio sviluppo verso nuovi paesi. Per non cadere nell'errore di burocratizzare eccessivamente i processi gestionali, è bene prestare particolare attenzione a come il problema si presenta alle imprese e come la maggior parte di esse( soprattutto le imprese minori) lo affrontano. Il primo passo che occorre fare è chiedersi cosa abbia spinto l'impresa a varcare i confini nazionali e quindi da cosa nascano gli impulsi iniziali, e come questi impulsi vengano elaborati. I fattori di spinta verso nuovi mercati possono essere differenti: l'informazione, in particolari mercati, della presenza di costi di acquisto dei fattori inferiori o di prezzi di vendita dei prodotti superiori; la consapevolezza che i costi potrebbero diminuire a fronte di un incremento della produzione(effetto scala); le pressioni

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create dalla saturazione del mercato interno; una richiesta sollecitata da importatori esteri incontrati casualmente. Talvolta il processo viene innescato su basi occasionali;altre volte prende avvio da una serie di azioni, che espongono l'impresa all'attenzione di potenziali clienti e fornitori esteri,come ad esempio la partecipazione ad una fiera, senza una scelta preliminare del campo geografico a cui si vuole accedere o del tipo di cliente o fornitore che si vuole attrarre; altre volte ancora l'impresa mette in moto azioni mirate verso specifici paesi, con viaggi o partecipazioni a fiere in loco, senza che vi sia stata una scelta preventiva basata su analisi sistematiche.

Questa prima serie di contatti producono risultati a volte positivi, a volte negativi, ma generano in ogni caso una massa di informazioni aggiuntive che, se opportunamente raccolte e gestite, agiscono come meccanismo di orientamento per i passi successivi. Soprattutto per le imprese di piccole e medie dimensioni, il processo di internazionalizzazione prende avvio da èsili e poco razionalizzati puntelli iniziali, sviluppandosi poi come un meccanismo di apprendimento continuo, certamente guidato dal raziocinio, ma in itinere piuttosto che a priori. Tale processo consente di abbandonare o rinforzare le ipotesi iniziali, di mettere a punto definitivamente strategie di approvvigionamento all'inizio tentate sulla base di informazioni sporadiche, di concentrare gli sforzi su un paese rispetto ad un altro. L'impresa ha modo nel contempo di verificare se l'espansione geografica verso nuovi mercati, consenta di rinforzare l'equilibrio basato sul posizionamento locale, oppure se lo indebolisca disperdendo le risorse su un fronte troppo ampio. Nelle imprese minori l'internazionalizzazione avviene quasi sempre in questo modo, seppur con esiti differenti in base al caso: alcune di essere riescono infatti a gestire il processo di apprendimento con grandi abilità, cogliendo adeguatamente le opportunità che si prospettano e riducendo al minimo gli errori; altre invece incappano in maggiori difficoltà dovute ad esempio all'incapacità di leggere i segnali che via via maturano dall'esperienza sul campo. Nessuna o quasi, in ogni caso, imposta il processo effettuando analisi preliminari che consentano di orientare le scelte su basi più ragionate e sistematiche.

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A fronte di quanto appena affermato, da una parte si potrebbe pensare che alcuni degli errori che le imprese commettono nella realizzazione del processo potrebbero essere evitati se si facessero degli investimenti per raccogliere informazioni e simulare gli esiti delle differenti opzioni di internazionalizzazione. E' evidente però dall'altra parte, come la raccolta e l'organizzazione di una massa articolata ed incerta di informazioni necessaria ad una programmazione razionalistica ed accurata delle strategie scarichi sull'impresa un compito costoso ed oggettivamente ingestibile.

A giudicare da come si comportano le imprese che hanno avuto maggiore successo, rispetto alle altre, ci sono spazi per immettere nei processi di internazionalizzazione elementi di maggiore razionalità, senza però dimenticare che tali processi sono necessariamente caratterizzati anche da dinamiche omeostatiche che nessun meccanismo razionale può anticipare perchè costituite su informazioni che si precisano mano a mano che l'esperienza internazionale si consolida.

Se quanto detto fosse vero, dal punto di vista della gestione non si tratta semplicemente di elencare le variabili da prendere in considerazione o le informazioni da raccogliere; ne tantomeno di costruire algoritmi e modelli razionali dove collocare le informazioni con l'obbiettivo di individuare la scelta ottimale. Risulterebbe necessario invece interrogarsi su come acquisire il maggior numero di informazioni al minor costo possibile; riflettere sulle strutture e sui processi organizzativi che facilitano l'apprendimento in tempo reale nel mentre si sperimentano operazioni di internazionalizzazione; chiedersi quali attitudini personali consentano un ascolto rapido ed approfondito dei segnali deboli e quali favoriscano l'elaborazione di azioni che permettono di sondare la struttura dei problemi nel mentre si svolge l'azione, non necessariamente e non solo a priori.

Questo modo di interpretare il problema riconosce che l'internazionalizzazione raramente si presenta come una scelta a sé stante, ed ammette l'utilità di una formulazione preventiva basata su ipotesi documentate ed argomentate.

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Riconosce anche al contempo che molte informazioni necessarie a valutare le alternative possibili non sono acquistabili a priori, ma solamente in corso d'opera. Tale approccio quindi pone al giusto posto gli strumenti concettuali attraverso i quali si discriminano le varie opzioni e contestualmente le condizioni organizzative che consentono di gestire il processo di apprendimento necessario a sintonizzare le scelte man mano che le informazioni vengono raccolte.