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3. INTERNAZIONALIZZAZIONE E PROSPETTIVE TEORICHE

3.4 Le teorie strategiche

Il fenomeno dell'internazionalizzazione è stato affrontato all'interno degli studi strategici solo in un secondo momento. In tale ambito i contributi principali sono riconducibili a Kogut (1985)e a Porter (1986, 1990)

Il modello di Kogut

Kogut elabora la sua teoria nel tentativo di dare risposta ai seguenti interrogativi: 1) in quali attività le imprese devono concentrare le proprie risorse e 2) dove estendere a livello internazionale le attività della catena del valore. Per rispondere a queste domande, il suo modello fa riferimento alle teorie del vantaggio comparato delle nazioni ( definito anche location-specific advantage, influenza le scelte organizzative riguardo alla locazione delle attività) e del vantaggio competitivo (elaborato da Porter e conosciuto anche come firm- specific advantage, influenza la scelta su quali attività della catena del valore investire risorse). Poiché ogni nazione possiede un vantaggio comparato nello svolgimento di determinate attività, e ogni impresa si differenzia dalle altre per le attività che svolge, esiste una tendenza da parte delle aziende a spostare le proprie attività all’interno delle nazioni dotate di un vantaggio comparato nello svolgimento delle stesse (questo spiega ad esempio la propensione a localizzare attività ad alta intensità di lavoro nei paesi in via di sviluppo). Il dispiegamento internazionale della catena del valore può comunque non realizzarsi per via di barriere all’entrata oppure perché l’azienda decide di sfruttare i propri vantaggi competitivi in altre attività per compensare la debolezza derivante dalla localizzazione di una particolare attività, in una nazione non dotata di un vantaggio comparato nella realizzazione della stessa. L’interazione tra vantaggio comparato e competitivo e la loro presenza o assenza individua tre modalità di internazionalizzazione. La prima si fonda esclusivamente sul vantaggio comparato delle nazioni: il flusso del commercio è unidirezionale, dalle nazioni dotate di tale vantaggio a quelle che ne sono prive, e gli investimenti diretti hanno luogo in caso di integrazioni verticali con le attività di approvvigionamento in loco. La seconda si fonda solo sul vantaggio competitivo

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delle imprese, in cui il flusso del commercio può essere incrociato e gli investimenti diretti delle imprese sono collegati ad attività di integrazione orizzontale. La terza modalità si fonda infine sull’interazione tra vantaggio comparato e competitivo che determina una dispersione e un'integrazione molto complessa delle attività dell'impresa. La complessità dello sviluppo internazionale permette all’impresa un grado maggiore di flessibilità strategica, derivata principalmente da opportunità di arbitraggio (sui fattori di mercato, ma anche sull’informazione) e opportunità di leva (derivanti dalla differenziazione globale dei prezzi e dalla riduzione del rischio).

Il modello di Porter

Il modello elaborato da Porter, molto simile a quello di Kogut, applica alla nazione i concetti relativi al vantaggio competitivo delle imprese, sostituendo così al concetto del vantaggio comparato della nazione, il concetto del vantaggio competitivo della nazione. Quest'ultimo viene definito come l'insieme dei fattori nazionali che favoriscono il vantaggio competitivo in particolari settori industriali ed è determinato da un insieme di quattro elementi che si rafforzano vicendevolmente:

Le condizioni dei fattori: Porter parte dall'assunto che i fattori produttivi, utilizzati nel processo per realizzare l'output, possono essere classificati in categorie abbastanza ampie riconducibili a fattori naturali, lavoro e beni capitali. Le condizioni dei tali fattori devono essere analizzate in base alla dotazione dei fattori e alle gerarchie tra i fattori.

La dotazione dei fattori rappresenta lo stock di fattori produttivi che una nazione ha a disposizione, raggruppabili in cinque categorie: le risorse umane, le risorse fisiche, le risorse di conoscenza, le risorse di capitali e le infrastrutture.

Per comprendere meglio le condizioni dei fattori è necessario distinguere delle gerarchie al loro interno. Una prima distinzione può essere tra fattori di base (ereditati in modo passivo dalle nazioni o creati attraverso investimenti modesti: risorse naturali, clima, posizione geografica, mod. semi qualificata) che non concorrono al raggiungimento del vantaggio competitivo sostenibile nel tempo,

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e fattori avanzati, necessari invece per acquisire un vantaggio competitivo di livello superiore in quanto fondati su prodotti e tecnologie più sofisticate. Questi ultimi, dal momento che richiedono importanti investimenti di risorse fisiche e umane, sono relativamente scarsi ed il loro sviluppo dipende direttamente dalla dotazione dei fattori di base. Una seconda possibile distinzione è tra fattori generalizzati (sistema autostradale, fonti di capitali) e fattori specializzati (dotati di un grado di specificità più elevato, come infrastrutture particolari): i fattori generalizzati sono disponibili su larga scala ma sono facilmente annullabili, al contrario di quelli specializzati, che richiedono investimenti più mirati e quindi più rischiosi ma che possono al tempo stesso generare un vantaggio competitivo maggiormente significativo. La terza distinzione è tra fattori ereditati e creati: i secondi permettono di acquisire un vantaggio competitivo più elevato, ed è per questo motivo che le istituzioni devono adottare meccanismi atti a favorire gli investimenti per la loro creazioni.

Un ulteriore ragionamento deriva dal fatto che anche l'assenza di alcuni fattori produttivi, possa creare vantaggio competitivo, dal momento che le imprese reagiscono a tali carenze con forti spinte all'innovazione.

Le condizioni della domanda: possono essere determinate in riferimento a tre attributi principali: la composizione della domanda domestica, le dimensioni della domanda e il modello di crescita della domanda interna, e l’internazionalizzazione della domanda domestica.

Il primo attributo è rappresentato dalla natura e dalla gamma dei bisogni dei consumatori interni: più questi bisogni sono dinamici e sofisticati, maggiore è la pressione che i consumatori eserciteranno sulle organizzazioni locali affinchè innovino più rapidamente per soddisfarli. All'interno della composizione della domanda si devono distinguere tre caratteristiche principali, ovvero la struttura per segmenti della domanda, il livello di esigenza degli acquirenti, e la loro capacità anticipativa (rispetto alle altre nazioni) nella manifestazione dei fabbisogni.

Le dimensioni e il modello di crescita della domanda sono un fattore importante perché aiutano a capire quanto velocemente la domanda cresce e poi sarà

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saturata, e in che scala avverranno questi cambiamenti. La terza ed ultima caratteristica è l’internazionalizzazione della domanda domestica, che spiega i meccanismi attraverso cui le preferenze interne di una nazione vengono trasmesse ai mercati esteri. Ciò dipende dal tipo di acquirenti, e dal grado di influenza sui fabbisogni stranieri.

Settori industriali correlati e di supporto: la presenza di settori industriali internazionalmente competitivi a monte (fornitori) o correlati può costituire un vantaggio per i settori a valle. Questi ultimi possono accedere alle informazioni, alle competenze e alle innovazioni dei fornitori; in tal senso se i fornitori sono presenti a livello internazionale, allora le imprese acquirenti sono in grado di attingere all'esperienza che questi hanno accumulato nei confronti dei clienti esteri.

Strategia, struttura e rivalità delle imprese: quest'ultimo fattore infine, può essere analizzato con riferimento a tre attributi; il primo che si concentra sugli aspetti di strategia e di struttura delle imprese domestiche, analizza le differenze riscontrabili tra le nazioni in relazione alle modalità di gestione e alle competenze organizzative; il secondo attributo, invece si riferisce alle differenze esistenti tra le diverse nazioni in termini di obiettivi delle aziende e degli individui che vi lavorano. Il terzo attributo infine, riguarda il grado di competizione tra le imprese (rivalità delle imprese) che hanno la stessa base domestica.

A questi quattro elementi si aggiungono due ulteriori variabili:

Il ruolo del caso, dettato da quegli accadimenti (invenzioni, discontinuità tecnologiche, variazioni della domanda di beni, guerre) sui quali le imprese e i governo non possono esercitare il loro controllo ma che influiscono comunque sul vantaggio competitivo nazionale.

Il ruolo del governo, che può influenzare e allo stesso tempo essere influenzato da ciascuno dei quattro determinanti sopraelencati, sia in termini positivi che in termini negativi. Basti pensare ad esempio ai sussidi, alle politiche sui mercati dei capitali, alle politiche fiscali, alle leggi anti trust o alle regolamentazioni.

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Le caratteristiche e le differenze tra questi fattori, nonchè la loro interazione, fanno si che ogni nazione possa ottenere un vantaggio competitivo, relativamente a specifici settori o segmenti industriali e motivano le decisioni di localizzazione delle imprese.

Il modello di Porter ha avuto una risonanza ed un'adozione molto estesa in quanto ha fornito una descrizione dell'internazionalizzazione sotto la congiunta prospettiva dei singoli settori, delle imprese e delle nazioni. Nonostante ciò sono numerose le critiche mosse all'analisi Porteriana; ad esempio la non ancora soddisfacente definizione teorica del concetto di "sistema paese"; l'essere approcci di tipo deterministico, in cui le capacità competitive delle imprese sono pesantemente condizionate dalla struttura del sistema nazionale; ed ancora l'eccessiva ampiezza dei quattro fattori del modello che tendono talvolta a sovrapporsi. E' da tali limiti che si sono sviluppati nuovi contributi nell’ambito dell’internazionalizzazione, come ad esempio gli studi di Collins, Tallman, Moon e Lado, Chang, la maggior parte dei quali ruota attorno ad un approccio resouce- based. Attualmente non esiste un’unica teoria dell’internazionalizzazione, ma piuttosto un insieme di teorie e modelli come afferma Dunning (2000) che, attraverso un’evoluzione incrementale teorica interagente con l'evoluzione storica, cercano di analizzare e spiegare alcuni fenomeni che si verificano nell'esperienza reale e che non si riescono a prevedere o ad interpretare all'interno degli schemi teorici precedentemente analizzati

Il fatto di non possedere ancora una teoria unificata non significa che non siano stati comunque trovati dei tratti comuni per le imprese che vogliano internazionalizzare le loro attività. I modelli e processi alla base delle scelte di internazionalizzazione verranno analizzati nel prossimo capitolo.

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