IL SISTEMA ITALIANO: PUBBLICO MINISTERO ED ESERCIZIO DELL’AZIONE PENALE.
5. Indipendenza interna e organizzazione dell’ufficio del p.m.
Una volta delineato il quadro normativo (e i controlli endoprocessuali) entro cui il pubblico ministero esercita l’azione penale, pare utile considerare – così come fatto per gli altri paesi – pure l’influenza che sull’esercizio della potestà accusatoria, e quindi sul principio di obbligatorietà di cui all’art. 112 Cost., gioca l’organizzazione interna dell’ufficio del pubblico ministero.
In tal senso giova considerare che gli stessi presidi costituzionali che operano per garantire l’indipendenza esterna del p.m. non sembrano riguardare l’indipendenza interna degli uffici requirenti, la cui regolamentazione è prevalentemente affidata alla legge sull’ordinamento giudiziario. In tal caso, infatti, la delega costituzionale a favore della legislazione ordinaria pare molto più ampia e indeterminata di quanto non lo sia con riferimento alla indipendenza esterna73.
Così, la disciplina dell’organizzazione degli uffici del pubblico ministero è oggi contenuta nel d. lgs. 106/2006, attuativo della legge delega n. 150 del 2005 e successivamente modificato con l. 269/200674.
A norma dell’art. 1, il Procuratore della Repubblica è titolare esclusivo dell’azione penale e la esercita nei modi e nei termini fissati dalla legge75. Egli assicura il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale e il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio; determina i criteri di organizzazione dell’ufficio, fissa i criteri di assegnazione dei procedimenti
73 E. Albamonte-P. Filippi, Ordinamento giudiziario: leggi, regolamenti e procedimenti, UTET,
Torino, 2009, p. 234.
74 Per vero, tale modifica interviene anche in seguito alla risoluzione urgente con cui, il 5 luglio
2006, il CSM aveva denunciato le storture potenzialmente derivanti dal nuovo d. lgs. 106/2006. Fra queste, si lamentava un possibile contrasto con l’art. 112 Cost. dell’assetto eccessivamente gerarchizzato degli uffici, oltre che lo svilimento di funzioni che ne sarebbe derivato in capo al CSM stesso.
75 Con la l. 269/2006 sono state soppresse, nell’art. 1, le parole “sotto la propria responsabilità”.
P. Auriemma, op. cit., pp. 190-191 ritiene che l’eliminazione dell’inciso di cui si discute vada intesa «come una riconduzione del dettato normativo all’interno dei parametri di costituzionalità che impongono all’organo requirente l’obbligo di indagine e di eventuale successivo esercizio dell’azione penale in presenza di una notitia criminis con esclusione di qualsiasi potere discrezionale nell’esercizio di tale attività; un potere discrezionale che, invece, il richiamo alla “responsabilità” nell’esercizio di un potere di azione che, più propriamente, si configura come un vero e proprio dovere, avrebbe potuto richiamare».
nonché le linee a cui i sostituti devono attenersi nello svolgimento delle proprie funzioni76. Può esercitare personalmente l’azione penale o può assegnare il suo esercizio ad uno o più magistrati afferenti al proprio ufficio77.
Qualora la trattazione di uno o più procedimenti, o di singoli atti di questi, sia assegnata dal Procuratore della Repubblica a uno o più magistrati, con l'atto di assegnazione il procuratore della Repubblica può stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell'esercizio della relativa attività. Se il magistrato non si attiene ai principi e criteri definiti in via generale o con l'assegnazione, ovvero insorge tra il magistrato ed il procuratore della Repubblica un contrasto circa le modalità di esercizio, il procuratore della Repubblica può, con provvedimento motivato, revocare l'assegnazione; entro dieci giorni dalla comunicazione della revoca, il magistrato può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica.
I progetti di organizzazione, ivi compresi quelli che regolano l’assegnazione dei procedimenti, devono essere trasmessi al Consiglio Superiore della Magistratura. Si consideri, in tal senso, che con il d.lgs. 106 del 2006 è stato abrogato il comma 3 dell’art. 7 ter dell’Ordinamento giudiziario, in cui si conferiva al CSM il potere di regolamentare anche l’organizzazione interna degli uffici del pubblico ministero. Ciò nonostante, con successiva delibera del 12 luglio 2007, il CSM,
76 Con riferimento a tale specifica funzione del procuratore capo, pare utile riportare quanto
precisato dal CSM nella delibera di Plenum del 12 luglio 2007 (reperibile al sito http://www.csm.it/documents/21768/131364/06+-
+Disposizioni+in+materia+di+organizzazione+degli+uffici+del+PM+a+seguito+dell’entrata+in+ vigore+del+D.L.vo+20.2.2006+n.+106+-+12.7.2007.pdf/29ffa62b-0a85-4158-af78-
450b784400c7), in cui, al punto 3.2 c), si legge: «I criteri adottati dai procuratori nella organizzazione, come già detto, assumono rilevanza ai fini delle valutazioni di professionalità e di idoneità del dirigente (anche attraverso l’inserimento nel fascicolo personale) e, nei casi più gravi, sul versante dell’incompatibilità funzionale. In prospettiva – approvata la temporaneità delle funzioni direttive – saranno anche utile elemento di valutazione per il “rinnovo” dell’incarico. Ogni valutazione dei provvedimenti adottati dal Procuratore della Repubblica, da parte del Consiglio Superiore, terrà conto delle linee guida consiliari, delle motivazioni adottate dal dirigente dell’ufficio e dei risultati gestionali concretamente ottenuti».
77 Con la l. 269/2006 è stato eliminato il riferimento alla delega delle funzioni sostituendolo con
l’assegnazione. Il testo dell’art. 2 d.lgs. 106/2006, infatti, prevedeva originariamente che «Il procuratore della Repubblica è il titolare esclusivo dell’azione penale che esercita, sotto la sua responsabilità, nei casi, nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, personalmente ovvero delegando uno o più magistrati addetti all’ufficio. La delega può riguardare la trattazione di uno o più procedimenti ovvero il compimento di singoli atti di essi. Sono fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 70-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni».
facendo leva sull’obbligo di comunicazione dei criteri organizzativi comunque vigente in capo ai Procuratori, rammenta come il compito dello stesso di esaminare i diversi piani organizzativi si possa tradurre anche nell’espressione di valutazioni negative inseribili negli stessi fascicoli personali dei procuratori e poi utilizzabili in sede di valutazione di professionalità78.
Ad esclusione della ipotesi di revoca sembra, tuttavia, che i sostituti godano di una certa autonomia nello svolgimento delle proprie funzioni79. In particolare, in base a quanto previsto negli artt. 53 c.p.p. e 70, comma 4, ord. giud., sembra che sia assicurata piena autonomia ai sostituti quando intervengano a sostenere l’accusa nelle udienze penali: in tali ipotesi, infatti, la loro sostituzione sarebbe ammessa solo in casi di gravi impedimenti o in presenza di rilevanti esigenze di servizio o qualora dovessero ricorrere ragioni di convenienza tali da giustificare l’astensione del magistrato dall’adempimento delle sue funzioni in quel certo procedimento80.
Nell’art. 6 del d. lgs. 106/2006 si prevede che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo, nonché il puntuale esercizio da parte dei procuratori della Repubblica dei poteri di direzione, controllo e organizzazione degli uffici ai quali sono preposti, acquisisca dati e notizie dalle procure della Repubblica del distretto ed invii al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno annuale.
78 G. Di Federico, Diritti umani e amministrazione della giustizia, cit., p. 4.
79 Si orientano in tal senso anche le successive delibere del CSM. Così, nella delibera 21
settembre 2011, il CSM ha precisato che «in quanto titolari dei procedimenti loro assegnati, i sostituti esercitano in piena autonomia le scelte investigative e hanno diretta competenza ad dottare qualsiasi atto del procedimento, quando tali determinazioni n on risultino in contrasto con specifiche direttive impartite dal Procuratore della Repubblica». Nella delibera 21 luglio 2009, ha ricollegato la salvaguardia del principio di autonomia dei sostituti procuratori all’art. 11 Cost. Allo stesso modo, con delibera del 12 luglio 2007, il CSM aveva specificato che «la scelta dei procuratori di impartire direttive e criteri generali, cioè di linee di azione di carattere generale – ad esempio protocolli investigativi – costituisce una positiva modalità di esercizio dell’azione penale. […] Comunque dovrà essere preservata la sfera di autonomia professionale e la dignità delle funzioni esercitate dal magistrato dell’ufficio di procura».
80 Orlandi R., voce Pubblico ministero (ufficio del), in Enciclopedia del diritto, Annali, vol. II,
Il procuratore generale presso la Corte di Cassazione svolge, infine, un’attività di sorveglianza generale e ha il potere di iniziare l’azione disciplinare, su cui decide il CSM.
La dottrina ritiene che il nuovo assetto delineato con il d.lgs. 106/2006 abbia configurato, in generale, un rapporto di gerarchia attenuata fra titolare dell’ufficio e appartenenti allo stesso81. Altra dottrina accentua, ciò nonostante, l’elevato grado di indipendenza interna di cui ciascun p.m. gode rispetto all’ufficio di appartenenza82.
In ultimo, pare questa la sede per accennare al potere di avocazione, cioè al potere dell’organo superiore di sostituirsi a quello inferiore nello svolgimento di un dato compito. Nel codice di procedura penale, tale potere è espressamente conferito al procuratore presso la corte d’appello nei confronti del procuratore della repubblica presso il tribunale in ipotesi specifiche.
In particolare, nell’art. 372 c.p.p. si prevede l’esercizio obbligatorio del potere di avocazione nei casi in cui: a) sia impossibile sostituire il magistrato astenutosi; b) il capo dell’ufficio ha omesso di provvedere alla tempestiva sostituzione del
81 P. Tonini, Manuale breve di diritto processuale penale, Giuffrè, Milano, 2012, p. 60. In
particolare si nota come per effetto della recente riforma si sia passati da un sistema classificabile come “personalizzazione delle funzioni” a quello di “gerarchia attenuata”: «In base al principio di “personalizzazione delle funzioni” il titolare dell’ufficio designava il magistrato in modo automatico in base al sistema tabellare che vige per i giudici e che il CSM con vare circolari aveva esteso all’ufficio della pubblica accusa. esisteva un rapporto di sovraordinazione; ma il magistrato designato conservava una vera e propria autonomia operativa. Il titolare poteva dare soltanto direttive di carattere generale, e non particolare, per l’organizzazione dell’ufficio». Nello stesso senso, E. Albamonte-P. Filippi, op. cit., p. 238: «L’esame degli interventi operati con legislazione ordinaria e mediante la normazione secondaria del Consiglio superiore porta a concludere che il modello verticistico di organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, sotteso alla originaria disciplina contenuta nell’art. 70 o.g., si è progressivamente e gradualmente evoluto verso un assetto connotato da una gerarchia attenuata ovvero da un poteri di sovraordinazione del Procuratore verso i megistrati dell’ufficio connotati da forti limitazioni nell’assegnazione degli affari, nell’auto assegnazione e nel potere di revoca della designazione».
82 G. Di Federico, Diritti umani e amministrazione della giustizia, cit., p. 3: «A differenza degli
altri paesi democratici i nostri PM non solo godono di una completa indipendenza esterna a ciascuno di essi gode di un’ampia indipendenza anche all’interno degli uffici cui appartiene, certo, a livello dei singoli uffici di procura vi è formalmente una struttura gerarchica. Di fatto però i poteri di direzione e supervisione dei capi degli uffici vengono severamente limitati da alcune leggi, e più ancora dagli orientamenti del sindacato della magistratura e dalle regole molto analitiche di ordine generale che da molti anni sono fissate dal CSM – ove i rappresentanti del sindacato dei magistrati sono in stragrande maggioranza – per disciplinare il funzionamento interno degli uffici del PM: regole per la distribuzione del lavoro, per le avocazioni, per le sostituzioni nei casi di impedimento e moltissimi altri aspetti ancora».
magistrato che si sarebbe dovuto astenere; c) sia mancato il coordinamento delle indagini collegate e le riunioni per il coordinamento non abbiano dato esito. A norma dell’art. 412 c.p.p., inoltre, il procuratore generale presso la corte d’appello deve obbligatoriamente avocare a sé le indagini qualora, entro il termine previsto dalla legge o prorogato dal giudice, il p.m. non abbia avanzato richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio.
L’avocazione è facoltativa nel caso di cui all’art. 412, comma 2, c.p.p., quando il giudice non accoglie la richiesta di archiviazione ovvero l’offeso si oppone alla richiesta stessa; e nella ipotesi prevista nell’art. 421 bis, comma 2, c.p.p., quando il g.u.p. indica al p.m. le ulteriori indagini da compiere.