LA DISCREZIONALITA’: DEFINIZIONI E CRITERI DI ANALIS
4. La discrezionalità degli organi requirenti nell’esercizio dell’azione penale Insufficienza delle enunciazioni di principio e analisi del contesto.
4.2. Pubblico ministero e sistema politico: dipendenza o indipendenza dal potere esecutivo.
Un’altra angolazione da cui pare di dover inquadrare il tema dell’esercizio dell’azione penale, è costituita dai rapporti fra gli organi requirenti e il sistema politico, in specie dal rapporto di dipendenza o indipendenza che lega i primi al potere esecutivo. A tale questione, peraltro, si correla quella della responsabilità cui i pubblici ministeri sono esposti per le scelte effettuate.
79 Scrive l’Autore, op. cit., p. 582: «D’altra parte, per “obbligatorietà” dell’azione penale non
deve intendersi, come si è detto a proposito dell’ “inderogabilità”, un irrealizzabile dovere di procedere per ogni più “lieve” o “occulto” delitto, ma solo l’obbligo degli organi della pubblica accusa di promuovere il giudizio su ogni notitia criminis – magari per domandare l’archiviazione o l’assoluzione, ove ritengano che il fatto sia penalmente irrilevante, o che non sussistano indizi di colpevolezza – venga ad essi sottoposta. In questo senso l’obbligatorietà dell’azione penale è solo un aspetto, o se si vuole un corollario, di altri essenziali connotati strutturali del sistema garantista SG: innanzitutto della legalità o soggezione soltanto alla legge dell’intera funzione giudiziaria […]; in secondo luogo dell’indisponibilità delle situazioni penali […]; in terzo luogo del principio di uguaglianza penale […].»
Il panorama europeo si presenta tendenzialmente uniforme nel prevedere, in diversi modi, la subordinazione delle strutture requirenti al potere esecutivo e comunque la loro responsabilità, diretta o indiretta, dinanzi al Parlamento o, in taluni casi, all’elettorato. Si inseriscono in tale quadro, indipendentemente dal sistema di azione penale prescelto l’Inghilterra, gli Stati Uniti, la Francia e la Germania, in cui il raccordo fra sistema politico e pubblica accusa è assicurato dalla figura del Ministro della giustizia o dall’Attorney General.
D’altra parte, pare questa la sede per confutare la percezione che la sottoposizione del p.m. alle indicazioni del Governo si traduca necessariamente in un detrimento di garanzie a svantaggio dei cittadini o in un esercizio di parte dell’azione penale80. Occorre riconoscere, infatti, che in molti paesi, anche europei, forme di controllo sull’attività del p.m. non hanno avuto risvolti drammatici né per il funzionamento della giurisdizione né per la realizzazione di forme democratiche81. In generale, l’argomento della pericolosa commistione fra funzione requirente e funzione esecutiva non giustifica un rigetto globale della discrezionalità nell’esercizio dell’azione penale ma evidenzia soltanto l’opportunità di arginare tali fenomeni mediante il ricorso a meccanismi organizzativi e processuali specifici82.
Così è stato negli U.S.A., ad esempio, in cui il tradizionale conflitto di interessi che coinvolge il pubblico ministero è stato risolto, dopo lo scandalo Watergate, con il ricorso alla nomina di uno special prosecutor, figura istituzionalizzata dal legislatore a partire dall’Ethics in Government Act del 1978. A tale figura si è fatto da ultimo ricorso anche nelle inchieste sul Russiagate.
Allo stesso modo in Francia, in cui vige la facoltatività dell’azione penale del
80 Una fra le critiche più ricorrenti all’adozione di un sistema di azione penale discrezionale è che
questa favorirebbe le connessioni fra attività d’accusa e potere esecutivo. Per vero, con riferimento a tale rischio di utilizzazione di parte dell’azione penale L.M. Diez-Picazo, op. cit., p. 930 ss., precisa come tale pericolo si riferisca in specie alla c.d. criminalità politico amministrativa, cioè agli illeciti commessi da titolari di cariche politiche o alti funzionari, soprattutto inquadrati nel potere esecutivo, e il cui tratto distintivo è il possibile conflitto di interessi che potrebbe crearsi fra p.m. ed esponente del potere esecutivo da cui questo dipende.
81 C. Castelli, Esigenze di deflazione e risposte possibili tra obbligatorietà e discrezionalità dell’azione penale, in Questione Giustizia, 1990, p. 101.
pubblico ministero, magistrato sottoposto alle direttive del Ministro della giustizia, sono state introdotte modifiche volte a rendere controllabili e trasparenti le decisioni di quest’ultimo prevedendo pure un parere del CSM su tutte le proposte formulate dal Ministro in relazione ai trasferimenti, sanzioni, promozioni inerenti i magistrati del pubblico ministero83.
In questo quadro, il sistema italiano si presenta come il caso deviante del panorama delineato: ivi le funzioni requirenti vengono svolte da soggetti appartenenti alla magistratura, in posizione di indipendenza dagli altri poteri e in assenza di meccanismi di responsabilità politica; meccanismo cui fa da contrappeso il principio di obbligatorietà dell’azione penale.
Per vero, la garanzia dell’indipendenza84, storicamente derivante dalla teoria montesquieiana della separazione dei poteri, se pare coessenziale all’esercizio della funzione giudicante, non informa necessariamente l’attività delle strutture requirenti85. Essa, cioè, se riferita a queste ultime, non deriva dal principio di separazione dei poteri86 e non è una caratteristica essenziale dei regimi liberal democratici. È una constatazione obiettiva, infatti, che all’interno di forme di stato contemporanee, eredi dell’esperienza liberale e oggi di stampo democratico, la natura discrezionale dell’azione penale e la dipendenza del p.m. da altri poteri
83 G. Di Federico, Il pubblico ministero: indipendenza, responsabilità, carriera «separata», cit.,
pp. 404-405.
84 Il termine indipendenza, tradizionalmente riferito alla magistratura, può essere utilizzato in più
accezioni. Si distingue, infatti, tra indipendenza istituzionale o organica esterna, relativa all’autonomia dell’organizzazione nel suo complesso da qualsiasi centro di potere; indipendenza
organica interna; indipendenza funzionale. G. Di Federico, Obbligatorietà dell’azione penale e indipendenza del pubblico ministero, cit., p. 528, sottolinea come lo stesso concetto di
indipendenza non possa essere utilizzato indifferentemente per il giudice e per il pubblico ministero, poiché questi hanno caratteristiche funzionali profondamente differenti.
85 In questo senso si esprime C. Guarnieri, Pubblico ministero e sistema politico, cit., pp. 127 ss.,
secondo il quale la garanzia dell’indipendenza istituzionale si giustificherebbe soltanto in relazione ai giudici, per assicurarne l’imparzialità e come contrappeso alle altre branche di governo. Non anche con riferimento al pubblico ministero, le cui garanzie istituzionali si ritiene possano dipendere solo da considerazioni funzionali e operative.
86 G.U. Rescigno, L’esercizio dell’azione pubblica ed il pubblico ministero, in Associazione
nazionale dei costituzionalisti, Annuario 2004: separazione dei poteri e funzione giurisdizionale,
Atti del XIX Convegno annuale, Padova 22-23 ottobre 2004, CEDAM, Padova, 2008, pp. 130 ss.,
secondo il quale sono numerosi gli Stati che, ispirati per universale consenso al principio di separazione dei poteri, in una delle molte versioni possibili e sperimentate, adottano sistemi diversi con riferimento all’ufficio del pubblico ministero.
siano ritenute compatibili con il principio di separazione dei poteri. E che anzi, forme di dipendenza e di responsabilizzazione politica degli uffici requirenti fungano da contrappeso necessario proprio alla indipendenza riconosciuta alla magistratura87.
Tale garanzia apparirebbe, inoltre, in contraddizione con la natura politica della funzione di persecuzione penale che, come scrive Castelli, «è tipica funzione di governo di situazioni sociali; essa è anzi quella che si esercita nel modo più acuto e penetrante, di modo che da un coordinamento con essa non può prescindere il più generale “progetto della società”. […]. Il potere di azione penale […] incarna, per la precisione, l’interesse sociale a controllare situazioni, dinamiche e comportamenti secondo quelli che si dicono gli “orientamenti politici generali”, che non sono altro che il progetto politico che, fondato su forze politiche, sociali, economiche e culturali dominanti, è quello di maggioranza»88.
Dunque, da quanto detto sembrerebbe che anche quando si voglia riconoscere al pubblico ministero la garanzia dell’indipendenza, data la politicità delle funzioni da questo svolte, occorrerebbe prevedere meccanismi di responsabilità democratica che fungano da contrappeso per le scelte da questo effettuate89. Da ultimo, si orienta in questa direzione anche la proposta di direttiva volta alla istituzione del pubblico ministero europeo in cui si prevede, all’art. 5, la garanzia della sua indipendenza (assicurata anche mediante il meccanismo di reclutamento) cui fa da contrappeso, tuttavia, la previsione di forme di
87 C. Guarnieri, Pubblico ministero e sistema politico, cit., p. 175 e p. 180, in cui l’Autore
afferma: «[…] è proprio l’indipendenza del giudice che sembra richiedere, per essere giustificata in un contesto democratico, una certa dipendenza del pubblico ministero: tanto più indipendente il giudice – e le ragioni per andare in questa direzione non mancano – tanto più diventa necessario trovare contrappesi alla crescita del potere giudiziario, come appunto un pubblico ministero politicamente responsabile».
88 C. Castelli, op. cit., p. 101.
89 C. Guarnieri, Giustizia e politica. I nodi della seconda repubblica, Il Mulino, Bologna, 2003,
pp. 26-27, il quale, con riferimento alla magistratura (in cui, in Italia, è inserito anche il pubblico ministero) precisa: «se il giudice in qualche modo esercita potere politico […] in che misura sono giustificate le sue garanzie di indipendenza? Non devono forse queste garanzie essere compatibili con il più generale principio, che sta alla base di questi regimi, che chi esercita potere politico deve essere chiamato a rispondere davanti alla comunità? Ma come conciliare meccanismi di responsabilità con la necessità di garantire l’imparzialità del giudice che, come abbiamo visto, è alla base delle sue garanzie di indipendenza?».
responsabilità politica del Prosecutor europeo, chiamato a dar conto del proprio operato generale attraverso una relazione annuale da trasmettere al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, alla Commissione europea e ai vari Parlamenti nazionali90.
In Italia, invece, il contrappeso necessario all’affidamento dell’esercizio dell’azione penale a un soggetto indipendente e politicamente irresponsabile è il principio di obbligatorietà dell’azione penale tramite cui si esclude, almeno nelle intenzioni del Costituente, ogni ponderazione di opportunità e si rafforza l’esclusiva soggezione del p.m. alla legge.
Come vedremo (cap. IV), gli spazi di discrezionalità di fatto esercitati dal p.m. italiano contraddicono tale costruzione e si risolvono, alla fine, in un fattore di irresponsabilità delle scelte di politica criminale effettuate dalla magistratura requirente91.