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L’iniziativa di Dio

LA FORMAZIONE DELL’IDENTITÀ CARISMATICA

DONO DI DIO E ALLEANZA D’AMORE Antonia C oloMbo 1

2. L’iniziativa di Dio

La grazia di unità, verso cui converge l’esperienza vocazionale, ha il suo fondamento nell’iniziativa di Dio, nel primato del suo amore.

La nostra risposta è possibile soltanto a partire da Lui che si propo-ne come primo partpropo-ner dell’alleanza. L’alleanza è la celebraziopropo-ne delle nozze tra Dio che previene nell’amore e la persona umana che risponde con fiducioso abbandono, è relazione interpersonale che impegna a re-ciproca solidarietà; continua presenza di Dio che interpella la persona nel suo modo di essere e nel suo destino e costituisce la radice della sua stessa fedeltà.

Il tema del Cg XXII: Chiamate ad essere oggi segni ed espressione dell’amore preveniente di Dio punta sul nucleo fondamentale della fede cristiana e del carisma salesiano. L’amore di Dio ha infatti questa qua-lità: è amore preveniente. Un amore che precede ogni nostra iniziativa.

Siamo chiamate ad accoglierlo, a fargli spazio dentro di noi, nella no-stra comunità e ad irradiarlo nel mondo, specialmente presso le/i gio-vani, i bambini, le famiglie. Benedetto XVI nella Enciclica Deus Caritas est richiama questa verità affermando: «Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono»; «l’amore può essere comandato perché prima è donato».9

L’amore è la forza che trasforma il mondo, ciò di cui tutti hanno bisogno per vivere. Dobbiamo tuttavia costatare come, oggi più che in altri tempi, l’umanità è minacciata nella sua vita e nel suo futuro dalla mancanza di amore. Riaffermarne il primato significa risalire alla sua sorgente: un Dio grande nell’amore. È Lui che ci rende capaci di amare e ci chiama ad essere segni ed espressione dello stesso amore.

Di conseguenza, amare non è anzitutto impegno morale o conquista della santità attraverso lo sforzo, ma accogliere l’amore del Padre rive-lato in gesù ed effuso dallo Spirito nel mondo. Questa è la solida roccia su cui si basa la nostra vocazione, il nostro vero tesoro.

Le grandi domande che ci dobbiamo porre sono: crediamo davvero che Dio ci ama, che ama personalmente ogni suo figlio/a? Poniamo le condizioni per sperimentare in profondità l’amore preveniente di Dio?

Accompagniamo le giovani in questa esperienza personale?

Quali vie proponiamo, quali mediazioni offriamo per orientare

9 DC 7; 14.

all’incontro con il Signore gesù e fare del quotidiano dai mille volti il luogo dell’esperienza di Dio?

Il Progetto formativo dichiara che ci inseriamo nel solco fecondo di chi ci ha preceduto, il solco del carisma, secondo l’esperienza vissuta nelle comunità di Valdocco e di Mornese e nella più genuina tradizione salesiana. Essa ci è stata consegnata in maniera vitale e richiede che continuiamo a trasmetterla con la vita. Con i colori dell’oggi dobbia-mo dare luminosità e sfumature alla bozza tracciata da don Bosco. La nostra esistenza con i suoi molteplici impegni dovrebbe essere il libro illustrato in cui si svela la ricchezza del vangelo.10

Le comunità del noviziato e ogni nostra comunità devono configu-rarsi come comunità di vita, dove risuona ogni giorno l’invito di gesù a diventare amici, dove si coltiva la certezza di essere frutto dell’amore del Padre e della conseguente esperienza di essere donne fondamen-talmente felici, anche quando la nostra esistenza è segnata dalla croce.

Possiamo sempre, infatti, sperimentare la felicità della sequela coeren-te, lo stupore per l’amore di Cristo che ci ha scelte e continuamente ci recupera dalle nostre cadute per rilanciarci nel cerchio della comunio-ne e rendere feconda la missiocomunio-ne.

È necessario che le comunità del noviziato e ogni altra comunità si presentino come ambienti di umanizzazione, in cui lo spirito di sem-plicità e di famiglia facilitano l’adesione a Cristo. La testimonianza di comunione tra compagne o sorelle rappresenta il primo annuncio della vita consacrata, poiché diventa segno efficace e forza persuasiva che conduce a credere in Cristo.11

Le case di Valdocco e di Mornese erano ricche di vita e di memoria, impastate di tradizione e innovazione, attente alle esigenze dei tempi.

Erano, soprattutto, case dell’amor di Dio.

L’accompagnamento delle persone avveniva nell’orizzonte di una vera mistagogia. Camminare nel mistero di una Presenza che si ma-nifestava nel quotidiano aiutava a liberare le potenzialità positive per esprimerle nella gioia e nel servizio.

L’iniziativa dell’amore di Dio suscitava una risposta di fedeltà che si apriva ad accogliere la necessaria componente della croce.

10 Cf beneDetto Xvi, Messaggio per la XXI Giornata Mondiale della Gioventù (Co-lonia 9 aprile 2006), in www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/youth/docu-ments/hf_ben-xvi_mes_20060222_youth_it.html.

11 Cf rdC 33.

Oggi la fedeltà, l’impegno per sempre, fa paura. Le nuove generazio-ni preferiscono afferrarsi al momento presente agganciandolo piuttosto al futuro che al passato e alla tradizione. Con la conseguenza, spesso, dello scoraggiamento e della resa. Il futuro, infatti, si presenta incerto e dai contorni sfumati; la tradizione è relegata in un passato incapace di offrire slancio.

Nell’orizzonte dell’alleanza con Dio la fedeltà non è pura perseve-ranza, ma continuo rinnovato abbandono nelle mani di Colui da cui ci sentiamo amate; risposta gioiosa, nell’oggi, ad un amore che non verrà mai meno. Lo slancio verso il futuro deriva infatti dalle radici. Possia-mo dire che la fedeltà è sbilanciata dalla parte di Dio. È Lui che sostie-ne la nostra fragile risposta, suscitando ad ogni istante una rinnovata intensità di amore.

Ci sentiamo parte di una storia meravigliosa che, proprio perché grande nel passato, è in grado di produrre semi di genuina novità nel presente e offrire garanzie per il futuro. Vivere l’oggi della fedeltà di Dio è l’unico modo per dare volto e credibilità al futuro.

La difficoltà del per sempre si ripercuote sulle indefinite possibilità di scelta che il contesto culturale oggi mette a disposizione. Ogni scelta suppone la rinuncia ad eventuali altre. C’è però una scelta che tutte le comprende. Teresa del Bambino gesù avrebbe voluto abbracciare tut-te le vocazioni, senza esclusione. Superò ogni esitazione quando scoprì nella profondità del suo essere questa chiamata: Nel cuore della Chiesa io sarò l’amore. L’amore è il vero segreto della felicità e della fedeltà.

L’amore di oggi è garanzia di futuro, il qui ed ora rivestito di novità ha un orizzonte che sconfina nell’oltre.

Le difficoltà comunitarie, a volte addotte per lasciare l’Istituto, spes-so mascherano situazioni più profonde e irrispes-solte. Soltanto se ripartia-mo da Cristo e ci impegniaripartia-mo a «ritrovare il priripartia-mo aripartia-more, la scintilla ispiratrice da cui è iniziata la sequela»,12 potremo testimoniare quel vangelo vivente che oggi unicamente la gente legge. Si tratta di custo-dire nel tempo il gusto di Dio. Ma, come avverte sant’Agostino, per sentire il sapore di Dio occorre avere un palato sano.

Questa qualità è presente in Maria di Nazaret: prima testimone dell’amore preveniente del Padre. Le incomprensioni, la lontananza dal Figlio, la sofferenza che condivide con Lui fino alla sua morte in

12 rdC 22.

croce, non le tolgono la certezza e la gioia di essere amata da Dio e di accogliere questo amore nella ferialità della sua esistenza per donarlo ai figli e figlie che gesù le ha affidato nell’ora del compimento.