• Non ci sono risultati.

Vita religiosa samaritana

DELLA VITA RELIGIOSA Antonia C oloMbo 1

4. Vita religiosa samaritana

Il Congresso sulla Vita Consacrata ha parlato di vita religiosa sa-maritana come di un nuovo orizzonte. Questo nel duplice senso di ri-vitalizzazione alla sorgente dell’amore e di vicinanza alla gente. Alla scuola dell’Alleanza, la samaritana e il samaritano diventano per noi mistagoghi di una contemplazione impegnata e di una misericordia contemplativa.

In questa parte svilupperò il secondo aspetto: una vita religiosa sa-maritana capace di chinarsi sulle povertà e sofferenze della gente.

Come FMA viviamo una vita religiosa nel mondo per collaborare alla sua salvezza perché tutti abbiano vita. Questo aspetto deve essere costantemente tenuto presente nelle tappe della formazione.

Il dilagare della povertà nelle sue forme antiche e nuove colpisce soprattutto le giovani generazioni e in particolare le donne. L’emar-ginazione e lo sfruttamento, i movimenti migratori sempre più estesi, l’analfabetismo tradizionale e nuovo, i disagi di varia natura, la crisi delle famiglie e delle istituzioni interpellano in modo particolare la no-stra missione. Sono sfide che attendono risposte, e sollecitano un tipo

di formazione capace di entrare in dialogo nella realtà dei nuovi sce-nari.

Segnalo alcuni aspetti che ritengo prioritari.

4.1. Promuovere una cultura della vita

Promuovere una cultura della vita là dove, per molti versi, sembra predominare una cultura di morte. Muoversi nella prospettiva di una cultura della vita sollecita ad offrire condizioni degne della persona umana, specialmente nelle situazioni in cui più evidenti sono i fattori di impoverimento: lo smarrimento di significato della vita, presente in tante giovani violentate, la sete di spiritualità di molti giovani, la po-vertà di amore, che spesso è alla radice del consumismo sessuale, le varie forme di egoismo che turbano il processo di sviluppo di bambine e adolescenti, deviandolo verso l’evasione dall’impegno, la violenza, il relativismo.

In questa ottica assume un rilievo particolare l’attenzione alla fa-miglia, primo santuario in cui la vita sboccia e cresce. È sfida per noi presentare con convinzione la famiglia fondata sul matrimonio a fronte di concezioni alternative che vanno affermandosi e diffondendosi.

La proposta di una cultura della vita non si fa soltanto con le parole, ma con la propria esistenza. Dovremmo mostrare di essere persone feli-ci perché lo siamo realmente: il Padre feli-ci ama e feli-ci chiama a condividere questo stesso amore con gli altri. È difficile che comunichino amore alla vita e riescano a scommetterla per gli altri persone spesso depresse.

Sorelle che non hanno risolto i loro problemi affettivi, che si trascinano, a volte, dall’infanzia, stentano a comunicare con efficacia la via della bellezza, della libertà e felicità evangeliche.

4.2. Essere presenti sulle frontiere delle povertà giovanili

Essere presenti col nostro carisma sulle frontiere delle povertà giovani-li: sia delle nuove frontiere – la mobilità umana, i media, lo sfruttamen-to, i cosiddetti non-luoghi – sia nelle aree tradizionali di educazione.10

10 Cf istituto FiglieDi Maria ausiliatriCe, In preparazione, 19-22.

Tali povertà sono causa e insieme conseguenza della povertà di educa-zione. Ci interpella particolarmente la situazione della giovane donna.

Sappiamo che chi educa una donna educa un popolo e che maggiore cultura è anche maggiore possibilità di avere voce.

La missione educativa richiede senz’altro nuove acquisizioni cultu-rali e nuove competenze educative e professionali, soprattutto una più profonda sensibilità interculturale e interreligiosa. Ma questo aspet-to della competenza può risultare ambiguo: possiamo infatti lasciarci prendere dalla tentazione di essere esperte professioniste, dimentican-do la vera missione della nostra vita religiosa: appartenere a Dio, essere discepole di gesù e sue testimoni.

4.3. Favorire il dialogo interculturale, ecumenico, interreligioso

La compresenza di razze, civiltà, culture diverse, dovuta alla mobi-lità umana, ha risvolti ambigui. Da una parte la persona può farsi più curiosa e disponibile, più sensibile e pronta al dialogo; dall’altro, la provvisorietà della situazione può indurre a preferire aspetti di novità senza un sicuro vaglio critico. Tutto questo costituisce una sfida che interroga la formazione nella vita religiosa aprendola a nuovi orizzonti di missionarietà: cosa fare perché sia riconosciuto e rispettato il diritto di tutti alla vita, all’educazione, alla libertà, anche religiosa, alla pace?

Come porci di fronte a coloro che professano un credo diverso dal nostro e come promuovere un dialogo fecondo con i fratelli e sorelle di altre confessioni cristiane? Come educare all’interculturalità, affinché i popoli non si limitino a tollerarsi, ma dialoghino e si arricchiscano evitando forme di predominio e manipolazione?

Inoltre, come vivere nelle comunità, sempre più spesso multicultu-rali e comunque costituite da persone con esperienze, età e cultura di-verse? È facile sentire a volte discorsi sull’interculturalità come meta da perseguire, è facile anche condannare episodi di violenza nell’ambiente che ci circonda, nel mondo. Ma come ci abilitiamo nella nostra comu-nità ad una convivialità serena e costruttiva? Come viviamo il processo del perdono? È una vera sfida per la formazione che richiede, ora più che in passato, personalità consistenti e libere.

4.4. Elaborare continuamente la propria identità di donne consacrate Elaborare continuamente la nostra identità di donne consacrate, nel quadro di una maggiore autocoscienza femminile e nella diversità dei contesti culturali in cui siamo inserite. Questo può richiedere un modo alternativo di organizzare la vita religiosa femminile, la capacità di vive-re rapporti di vive-reciprocità, e non di omologazione, con persone di sesso diverso, la scelta di stare dalla parte delle donne, sentendo nella propria carne le violenze da esse subite nel nostro tempo, il coraggio di essere presenti negli organismi e nei luoghi dove si decidono le politiche per i giovani e per le donne.

Il punto di vista femminile dona alla nostra vita uno stile partico-lare. Lo stesso stile di Maria di Nazareth. Lo sguardo d’insieme, la vi-sione olistica, di cui siamo capaci quando esprimiamo con libertà il nostro essere profondo, apre a letture inedite della realtà, ci fa scoprire in ciò che è piccolo, debole, diverso, un seme di vita, un germoglio di speranza, un’esigenza di essere accolto e aiutato a crescere. Per essere come Maria, ausiliatrici tra le giovani e i giovani, dobbiamo riprodurne i lineamenti. La nostra vita di relazione, il nostro stare tra la gente e i giovani deve far pensare alla presenza di Maria. Lei, maestra nell’arte di educare, ci insegna l’amorevolezza salesiana che è amore nutrito di concretezza e perciò percepibile.

4.5. Valorizzare con senso critico la comunicazione mediatica

Valorizzare con senso critico la comunicazione mediatica che carat-terizza in larga parte la realtà attuale, consapevoli delle sue ambiguità.

Spesso, infatti, ciò che conta non è tanto il contenuto ma la capacità di far presa sulla gente, di essere divulgato. Le nuove tecnologie offrono però anche possibilità, un tempo impensate, di proclamare la verità salvifica di Cristo alla famiglia umana, parlando un linguaggio com-prensibile alla gente. Per una formazione adeguata ai tempi dobbiamo interrogarci in che modo la vita consacrata può entrare nei nuovi areo-paghi mediatici in maniera critica e propositiva, valorizzando le inedite possibilità e educando al senso critico. La stessa educazione si configu-ra oggi come educomunicazione. Se vuole essere vitale ed efficace essa deve infatti confrontarsi con le sfide dell’era della comunicazione.

4.6. Scegliere la sobrietà come stile di vita

Scegliere la sobrietà come stile di vita, in alternativa alle logiche con-sumistiche e competitive, per educarci ed educare all’etica del limite.

In questa ottica è importante recuperare la valenza formativa della di-mensione economica nella vita religiosa. Questo punto elencato come ultimo è, in realtà, uno dei più importanti.

L’attenzione alla dimensione economica è presente come esigenza nel Progetto formativo dell’Istituto e diventa un’istanza sempre più av-vertita. È significativo, del resto, l’interesse crescente per la dimensione relazionale nell’economia.

L’attenzione a limitare il consumo non è mossa solo dalla motiva-zione di risparmiare. La povertà religiosa è per la solidarietà. Le no-stre scelte quotidiane devono essere finalizzate al ben-essere di altre persone. Ho spesso la gioia di ricevere il frutto dell’impegno di auto-delimitazione per destinarlo a bambini/e e ragazzi/e poveri. E questo anche da parte di comunità economicamente modeste. Nessuno è tanto povero da non poter condividere qualcosa con altri. Con la solidarietà si attiva un cerchio di comunione che si allarga a cerchi concentrici.

La sobrietà rende anche attente al problema ambientale. Un punto fermo in proposito è che l’ecologia umana è alla base dell’ecologia di un eco-sistema che rispetta i diritti della natura, la sacralità della terra.11

Concludo rilanciando la domanda: saremo ancora capaci di passio-ne? In quanto FMA, la passione che vogliamo alimentare è quella del da mihi animas coetera tolle, che hanno vissuto don Bosco e i salesiani della prima ora, Maria Domenica Mazzarello e le sorelle di Mornese.

Non si formulavano allora progetti formativi elaborati, ma si viveva lo slancio di chi ha donato ogni cosa con totalità di amore.

I nuovi orizzonti della vita consacrata, la nuova spiritualità di cui parla l’UISg consistono in questa radicalità di amore. Dobbiamo non solo accendere il fuoco, ma vegliare per mantenerlo acceso.12 Allora saremo vigili per cogliere il passo di Dio nella nostra vita, per indivi-duare i cammini di futuro dell’Istituto e perciò i percorsi di formazione adeguati ai tempi.

11 Cf giovanni Paolo ii, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2007, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2007, 8-9.

12 PosaDa Maria Esther - Costa Anna - Cavaglià Piera, La sapienza della vita. Let-tere di Santa Maria Domenica Mazzarello [= L], Torino, SEI 20043, 27, 8.

E DELL’INTERCULTURALITÀ